MI70[01-06-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, prendendo spunto da qualche brano del libro di Leo Trese “Il sacerdote oggi”, sottolinea l'importanza della carità fraterna nei rapporti comunitari. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 32’. 1. IntroduzioneIl testo registrato è lacunoso all’inizio per cui la meditazione parte improvvisamente senza introduzione: forse, don Ottorino riporta una riflessione sulla conquista spagnola dell’America, citando anche il parere di monsignor Giovanni Sartori, suo figlio spirituale.
L’espressione è evidentemente pronunciata in tono scherzoso.
MI70,1[01-06-1966]
1.Quando i primi conquistatori andarono in America uccidevano gli indiani che non volevano convertirsi perché rifiutavano la verità ed erano quindi degni di morte: rifiutavano la verità e meritavano la morte. Allora vi è stato uno che ha fatto una dimostrazione, sostenendo che non meritavano la morte perché non respingevano la verità, e ne è nata una grande discussione. Monsignor Sartori ha citato nomi e cognomi. In sintesi gli indiani non respingevano la verità perché i cristiani che li condannavano a morte non erano veri cristiani e non presentavano il vero cristianesimo; essi non respingevano il cristianesimo, ma il cristianesimo ingiusto; non era il cristianesimo che non accettavano, ma i cattivi cristiani. La conclusione è che il Cristo è male interpretato. Ritorniamo a quello che si diceva ieri mattina: noi dobbiamo testimoniare il Cristo, essere suoi testimoni; nella nostra vita gli altri devono vedere il Cristo. Se noi non manifestiamo il Cristo, falsifichiamo il cristianesimo perché gli altri vedono in noi il Cristo. A volte si sente dire, anche ingiustamente: “I preti sono peggiori degli altri; quelli che vanno in chiesa sono peggiori degli altri”. Hanno torto, ma anche ragione. Hanno torto perché, anche se tutti bestemmiano, non si ha il diritto di bestemmiare; però, a un certo momento, se io non sono cristiano praticante e vedo il popolo di Dio che qualche volta non è un popolo di Dio, ma per metà di Dio e per metà del demonio, mi è naturale dire: “Se quello è il popolo di Dio, io preferisco non farvi parte”. Se voglio arruolarmi nell'esercito, però vedo che uno è disertore e l'altro è disertore, logicamente mi viene da dire: “Per carità: io in mezzo a quella naia non ci vado!”. Hai capito tu, figlio mio, che vuoi farti comunista? E andiamo avanti. 2. La carità scusa le mancanze e le debolezze altruiCHIESA cristianesimo
GESÙ
imitazione
APOSTOLO testimonianza
ESEMPI testimonianza
Nel testo originale, a questo punto della citazione, commenta don Ottorino: “Cioè come abbiamo detto ieri mattina, trangugiando, tacendo quando qualcuno ci fa un’osservazione. Marco, ti senti poco bene?”. Il richiamo è a Marco Pinton, che all’epoca era ancora novizio.
Don Ottorino comincia a leggere qualche frase dal libro di LEO TRESE, Il sacerdote oggi. Pensieri di un parroco americano, Morcelliana Brescia 1958, nel capitolo XI che ha come titolo “La carità”, alle pagg. 85-92. Le citazioni vengono riportate sempre in corsivo, senza ulteriori richiami.
Luigi Smiderle stava completando, all’epoca, il 3° anno del corso teologico.
Raffaele Testolin era all’epoca novizio: la domanda retorica a lui rivolta è scherzosa, come l’esempio che ne segue con l’accenno al lavoro duro e pesante delle case prefabbricate.
Zeno Daniele seguiva la parte amministrativa e in parte anche la vendita delle case prefabbricate costruite nei laboratori della Casa dell'Immacolata essendo stato, prima di entrare in Congregazione, impiegato negli uffici amministrativi della grande impresa edile Grassetto di Padova.
Il riferimento è a Renzo Dabionelli che aveva completato il corso ginnasiale e stava facendo l’anno di noviziato.
Don Ottorino evidentemente ironizza.
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2.“La prima volta che tenteremo di comportarci così, passeremo certo momenti penosi e scoraggianti, specialmente se avevamo deciso di far dello spirito sulle mancanze e debolezze degli altri”. È certo, caro Smiderle , che essere un po' spiritosi, far piacere agli altri, buttar là un frizzo, è attraente. Se uno domina in mezzo a un gruppo di dieci o quindici ragazzi o ha in mano la situazione, questo alletta la propria superbia. Supponiamo di trovarci in dieci o dodici, e Smiderle butta in mezzo una frasetta. È logico che tutti ridono. Chi sa far ridere, chi sa dominare, è naturale che faccia bella figura; è una bellissima cosa, ma se tu lo fai alle spese degli altri? Sarebbe come se Smiderle facesse il generoso dicendo: “Andiamo in città: vi offro le paste, vi offro il vermouth, vi pago questo, quello...”, e poi si venisse a sapere che egli ruba i soldi dalle cassette delle elemosine. Scusa, Smiderle, è possibile fare il generoso rubando i soldi degli altri? Sarebbe bello farlo con i propri; non è vero? Quando uno vuole fare dello spirito a spese degli altri fa la stessa cosa: paga le paste e il vermouth, ma con i soldi degli altri. Benedetto dal Signore, qualsiasi stupido è capace di farlo in questo modo! Lo spirito è vero spirito quando uno sa farlo senza offendere, senza portar via nulla agli altri. La via più semplice per fare dello spirito è quella di rubare agli altri senza far fatica: non è vero, Raffaele ? Infatti, tu porti via... È più facile rubare in una cassaforte dieci milioni che guadagnarseli preparando pannelli o elementi di case prefabbricate e andare a venderle da una parte e dall’altra! Zeno , che ne dici? È più facile andare da Grassetto e, dopo avergli somministrato un paio di pillole perché dorma un po' di tempo, rubargli dei soldi e poi venire qui: in pochi giorni combineremmo tutto. Ogni tanto, per un po' di giorni, si farebbe così. Sarebbe facile, però non si dirà che questa è la strada più onesta per fare soldi. Attenti. Qui c’è una paginetta che, forse forse, stamattina farà pensare. "... specialmente se avevamo deciso di fare dello spirito sulle mancanze e debolezze degli altri". Per esempio, ecco là Renzo che dorme e uno dice: “Ecco Renzo!”, e lo prende in giro. A proposito di Renzo: ieri stavi sul tetto dell'officina meccanica. Chi di voi vi è salito? Non voglio che saliate lassù per due motivi: primo, perché non voglio; secondo, perché è pericoloso. È pericoloso perché potrebbe cedere la parte di copertura che è di eternit, e se si rompe si cade giù. È vero che c'è il polistirolo che fa da cuscinetto: allora vedi il polistirolo volare per aria e tu scendi adagio seduto sul pezzo di polistirolo. È pericoloso: bisogna camminare con i piedi sopra i ferri, non sulle lastre; gli operai camminano sui ferri perché sanno dove sono. Nemmeno si deve camminare sopra le tegole, perché al Signore non piace che facciamo del danno. Dico male? Perciò non andate su quei posti sui quali c'è un po' di pericolo. Non so se voi siete d'accordo. Grazie!VIZI superbia
ESEMPI carità
CARITÀ
MI70,3[01-06-1966]
3.“Mentre sederemo silenziosi e confusi, gli amici saranno pronti a chiederci cosa ci turba, se stiamo poco bene...”. Supponiamo che ci sia uno di noi che faccia sempre dello spirito e che improvvisamente dica: “Voglio dominare me stesso. Basta! Qui io faccio il pagliaccio, faccio lo spiritoso, ma prendo in giro tutti. Insomma sono qui in Congregazione e prendo in giro il tale perché è gobbo, l'altro perché è storto; trovo da ridire su tutti. Bisogna che cambi comportamento; non è questo il modo di fare”. È logico che in un primo momento sembrerà malato, che stia poco bene, perché prima era quello che teneva alto il morale con il prendere in giro tutti. Adesso comincia un po' a moderarsi, e finché non trova una strada nuova, una maniera nuova per far ridere, ci vorrà del tempo per riuscire a volgere il suo umore verso un'altra parte. Allora i suoi compagni cominceranno a pensare e ad interrogarsi. “Mentre sederemo silenziosi e confusi, gli amici saranno pronti a chiederci cosa ci turba, se stiamo poco bene, o in ogni caso cosa passa nella nostra mente, ma anche quella situazione sarà superata e, a poco a poco, i colleghi cominceranno a credere al nostro valore, perché la nostra è proprio la personalità di Cristo”. E qui l'autore comincia a dire: “Non c'è dubbio su questo: il prete più popolare in qualsiasi pubblico, il più amato e rispettato, è l'uomo che non costituisce mai una minaccia alla reputazione di qualcuno”. Se comprendessimo queste cose! “Il prete più popolare in qualsiasi pubblico - anche in mezzo ai cattivi è il più popolare -, il più amato e rispettato, è l'uomo che non costituisce mai una minaccia alla reputazione di qualcuno. Se gli accade di urtarsi con un curato ostinato (o con il parroco) nessuno viene a saperlo da lui”.CARITÀ
amore al prossimo
PECCATO
COMUNITÀ
critica
Don Ottorino accenna in forma scherzosa alle eventuali incomprensioni che possono nascere fra parroco e cappellano, anche nelle migliori situazioni.
Don Ottorino ipotizza una lite tra il maestro dei novizi, don Luigi Furlato, e il novizio Zeno Daniele.
Daniele Galvan frequentava all’epoca l’ultimo anno del corso liceale.
Don Ottorino descrive in maniera vivace l’abilità per nascondere un eventuale litigio, e sottolinea l’importanza della carità anche in queste situazioni.
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4.Se un parroco litiga con il suo cappellano, nessuno deve venire a saperlo da lui. In una parrocchia, ad un dato momento, il parroco e il cappellano si dicono parole più grandi di loro, vola qualche piatto, lo rompono sulla testa l'uno dell'altro: un colpetto di nervi. Può capitare anche ai santi, e non c'è da meravigliarsi. Ecco, non siamo santi: quel giorno è stato inghiottito un osso di pollo che si è scontrato con un osso di faraona del giorno precedente ed è successo l'imprevisto. Veniamo in casa nostra. Supponiamo che don Luigi litighi con Zeno. Però, dato che sono in due, nessuno dei novizi viene a saperlo. Perché? Perché don Luigi non ne parla. Un'altra volta si invertono le parti: nessuno ne sa nulla perché Zeno non parla. Invece non è cosi! Se capita: “Ecco...!”, si dice. In questo siamo tutti uguali, figlioli, tutti uguali: non sappiamo sopportare, non sappiamo tacere. Infatti si può, sai, Daniele. Se un giorno un parroco fa qualche parola con il suo cappellano e capita un incidente: pazienza; nessuno verrà a saperlo, nemmeno la perpetua. Supponiamo che sia successo, arriva la perpetua: “Che cosa è capitato? Qualcosa?”. “Ah, no: era la radio accesa...”. “Mi pareva di sentire la sua voce”. “Sarà stata una voce simile a quella del cappellano...”. “E il piatto?”. “Oh, è successo perché ho preso un po' di paura ed è caduto per terra”. Ma allora questo è un modo bugiardo di dire le cose. Misterium! 3. La carità evita la critica negativaSACERDOZIO prete
CARITÀ
amore al prossimo
Il riferimento è ad Antonio Bottegal, all’epoca alla fine del corso liceale, che stava facendo pratica nella segreteria di don Ottorino per sostituire don Pietro Martinello che sarebbe partito l’anno seguente per l’Argentina.
Luciano Bertelli, ancora studente del corso teologico, era aiutante del maestro dei novizi.
Don Luciano Gallinaro era stato consacrato sacerdote l’11 aprile di quell’anno, e con il nuovo anno scolastico avrebbe sostituito don Luigi Mecenero come direttore dell’Istituto San Gaetano di Asiago.
L’espressione di don Ottorino è, evidentemente, scherzosa.
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5.“Se viene promosso ed il suo successore cerca di sminuirlo col criticare la sua amministrazione, egli non offre rabbiosa difesa e neppure recriminazione, e quando la conversazione verte su un atto della autorità ritenuto insensato, egli rimane scioccamente silenzioso”. Supponiamo che a un dato momento Antonio occupi il posto di don Pietro Martinello, cioè gli succeda, e cominci a commentare: “Che disordinato è stato don Pietro; ma guarda, nemmeno queste carte ha messo in ordine! Ma guarda... ma guarda!”. Ecco che Bertelli succede a don Luigi e incomincia a prendere in esame alcune cose: “Che cosa faceva questo don Luigi? Doveva ricevere i novizi ogni mese perché si era stabilito un incontro ogni mese... Ma perché queste cose? E poi... sì, mi pare che abbia fatto troppo qui... troppo là...". E critica, critica, critica... Passiamo al concreto. Supponiamo che il direttore vada ad Asiago, dove si trova don Luciano che gli dice: “Adesso va bene con don Luigi Mecenero, ma quando don Luigi se ne andrà, io cambierò tutto: qui è un disastro! Don Luigi...”, e comincia a criticare tutto, dall'amministrazione ai gabinetti (quelli medici e anche gli altri ), e a dire: “Sa, bisogna...”. Sì, è vero, ci saranno cose che non vanno bene, ma lui, invece di mettere olio, incomincia a criticare. Supponiamo che ad Asiago ci sia Luciano, e che Luciano, dopo due anni, venga promosso vescovo. A succedergli come direttore, ad Asiago, va don Luigi Furlato: ammettiamo per ipotesi assurda. Immaginate che cosa prova don Luigi vedendo che un confratello più giovane di lui è stato fatto vescovo e che lui deve succedere al suo posto: invece di fare carriera è andato a finire là, mentre è stato fatto vescovo un prete che, a suo giudizio, meritava meno di lui: “Modestia a parte, ma... insomma, insomma, mi sembra di valere un po' più di don Luciano; ho più esperienza io, io...”. Invece vescovo è l’altro e sente i commenti della gente: “Oh, quello... Quello è un vescovo!”. E lui, con una punta di invidia nel cuore, lui più anziano, più santo, più bravo, va proprio a succedergli! Come può non vedere nero? La superbia mette a prova: “Sì, sì, vescovo; ma in quali condizioni era messo l'Istituto!”. Logico: troverà sempre qualcosa che non va bene. Anche i santi si sono lasciati indietro qualcosa! E allora: “Sì, sì, però, però...”.COMUNITÀ
critica
CARITÀ
amore al prossimo
VIZI invidia
VIZI superbia
MI70,6[01-06-1966]
6.State attenti perché queste cose capiteranno, specialmente quando vedrete qualcuno che farà carriera, sai, Zeno, qualcuno che diventerà parroco. State attenti, perché anche noi abbiamo a che fare con la parte umana; ogni uomo ha la sua superbia, e allora anche noi portiamo questa miseria. “Se viene promosso e il suo successore cerca di sminuirlo (egli pensa che il suo successore debba avere più intelligenza, essere più anziano, più preparato) col criticare la sua amministrazione, egli non offre rabbiosa difesa e neppure recriminazione, e quando la conversazione verte su un atto recente dell'autorità ritenuto insensato, egli rimane scioccamente silenzioso. Scioccamente, almeno, per coloro di noi che considerano le azioni dei superiori diocesani sempre oggetto di critica”. Ieri sera mi sono fermato con monsignor Fanton a parlare su questo argomento: mi ha presentato fatti concreti che ora non è il caso di citare, ma che mi confermano di più l'idea che ho, e che a voi ho manifestato tante volte. C'è una corrente tremenda ed è la corrente di coloro che credono che la Chiesa si salvi senza la grazia di Dio o che, per lo meno, non negano la grazia di Dio, ma non la tengono presente. È stata la passione del Signore a salvare il mondo. Non si può negare l'azione della grazia: noi siamo suoi amministratori, suoi strumenti e, se togli questo, casca il palco. Se si riduce l'azione della Chiesa ad un'azione umana, pur ammettendo che ci vuole la parte umana perché Dio si serve di noi, se si riduce ad una pura azione dell'intelligenza e dell'opera umana, casca il palco, casca il palco. Nei prossimi dieci o quindici anni potremmo vedere molti palchi cascare, perché non si può ridurre tutto ad azione umana. Ho conosciuto purtroppo alcuni casi molto riservati, ma il quadro che ho in testa, del quale vi ho dato a volte appena qualche goccia, vi assicuro che è straziante. E non è un quadro che comprende solo la nostra diocesi, ma è piuttosto vasto. Vi dico soltanto questo: noi, ringraziando il Signore, siamo sulla strada giusta quanto alle idee, ma non lasciamoci travolgere da quello che sta venendo avanti e che è negazione implicita dell'azione propria dello Spirito Santo riducendo tutto al piano umano. Naturalmente, sul piano umano, sono tutte stupidaggini. Quello di cui sto parlandovi è una stupidaggine sul piano umano, perché - è chiaro - sul piano umano si cerca di tutto per farsi il proprio posticino e soppiantare il fratello, screditarlo: sul piano umano! E sul piano soprannaturale? Ecco qui:VIZI
PECCATO
GRAZIA
GESÙ
salvatore
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
CHIESA
DIO Spirito Santo
CARITÀ
amore al prossimo
Don Ottorino non legge una riga senza fare qualche osservazione personale. A questo punto, nominando Giampietro Fabris, che frequentava il 2° anno del corso liceale e che aveva una particolare capacità umoristica nel gruppo, aggiunge: “Senti che cosa dice! È una cosa strana, sai, Giampietro”.
Don Erasmo De Poli era sacerdote novello essendo stato consacrato l’11 aprile di quell’anno.
MI70,7[01-06-1966]
7.“Scioccamente, almeno, per coloro di noi che considerano le azioni dei superiori diocesani sempre oggetto di critica. Questo prete potrà possedere un magnifico senso di humour, ma non lo userà mai per colpire la reputazione di un altro”. Puoi avere un humour meraviglioso, ma mai per colpire un altro e la sua reputazione: mai! “Il suo sarà un tipo di spirito tranquillo, e se gli uscirà detto qualcosa di più piccante, il riso che ne seguirà sarà esplosivo, ma mai lesivo della personalità di qualcuno. È piuttosto strano, ma costui è proprio la persona di cui tutti sentono maggiormente la mancanza...”. Quest'uomo che prima era colui che dominava su tutti, scherzava, prendeva in giro, eccetera, con il quale tutti ridevano e che aveva l'impressione di essere la persona più importante, è invece compatito. Anche un buffone è così. Quando entra nella sala da pranzo un buffone e si mette a fare il pagliaccio, tutti lo considerano un buffone. Se un buffone entra in una sala da pranzo e comincia a fare il pagliaccio, tutti si mettono a ridere e lui ha l'impressione di essere la persona più importante, ma dopo gli danno anche un calcio. Un buffone non è la persona più importante; è la persona che interessa in quel momento per un po' di chiasso, ma soltanto in quel momento. Ora quel tale che si illude di essere la persona più importante perché sa colpire qua e là e domina sugli altri è un pagliaccio, non è stimato dagli altri, anche se lui ha l'impressione di essere stimato. Se tu parli privatamente con qualcuno e gli chiedi: “Che cosa pensi di quel tale?”. “Boh...!”, ti risponde. Ne sei convinto, don Erasmo ? Però, quando quel tale comincia a dire: “Adesso basta con lo humour a spese altrui, criticando ora questo, ora quello: basta! Lo humour sì, ma sano!”, allora, come prima cosa, passerà per uno sciocco perché non è capace e gli domanderanno: “Che cosa hai? Sei serio. Che cosa ti accade?”, e passerà per uno sciocco. Quando, però, comincerà a riprendersi un pochino, mettendosi per un'altra strada, vestito da frate (mette la divisa da frate: ci capiamo!), sembra strano. “... ma costui è proprio la persona di cui tutti sentono maggiormente la mancanza e che tutti rimpiangono quando è assente, e questa è la prova migliore che un prete non ha bisogno di lingua acuta e tagliente per essere popolare. Vi sono preti come quello che vi ho descritto; quanto a me, devo pregare che possa crescerne di uno il numero”. 4. La carità fraterna richiede una retta conoscenza di séCARITÀ
amore al prossimo
ESEMPI carità
VIZI
COMUNITÀ
MI70,8[01-06-1966]
8.“Se noi preti non siamo uniti l'uno all'altro in Cristo, allora Dio ci usi davvero misericordia. Ci saranno sempre, è naturale, preti che ci infastidiscono, preti i cui errori evidenti ci irritano...”. Qui si può dire "confratelli" perché ci saranno sempre confratelli che infastidiscono, qui, in America, anche in America, per carità! “... preti che non vedono con i nostri stessi occhi e che sembrano di continuo opporci difficoltà. Vi saranno sempre, al nostro occhio penetrante, politicanti clericali e parassiti vestiti da preti, vescovi esigenti e superiori poco ragionevoli. Ma ci sarò sempre anch'io”. Ci saranno sempre queste realtà, sempre. Ci saranno sempre preti politicanti, preti parassiti, superiori poco ragionevoli, tutto quello che volete, ma ci sarò sempre anch'io: questo è il male! “E magari potessi sentirmi analizzato e criticato da coloro che non condividono l'opinione soddisfatta che io ho di me stesso!”. È tutto qui, cari figlioli! È vero, ci sarà sempre qualcuno che dirà: “Ma il vescovo, ma il superiore, ma i confratelli, ma...”: ma ci sei anche tu e, purtroppo, ci sei con un'opinione soddisfatta di te stesso. State attenti, fratelli miei: se avete un'opinione soddisfatta di voi stessi, abbiate paura, andate in cerca di qualcuno che non abbia un'opinione soddisfatta di voi. Qualche volta tu fai un'osservazione a uno e lui: “Ah, no, no!”, e ti intavola mezz'ora di discussione per dimostrare che non è vero che lui è così, e dimostra di avere l'intenzione dell'intenzione. Allora pensi dentro di te: “Per carità, mio caro, tieniti pure la tua opinione soddisfatta di te stesso e rimani con i tuoi pantaloni rotti”. Andate a dire ad uno che ha i pantaloni rotti e vi risponderà: “Non è vero, non sono rotti: è un ricamo che mi ha fatto la mamma, perché adesso costuma così!”. Va bene, caro, vattene con i tuoi ricami! Fratelli, guardate che è facile dire queste cose, ma è difficile farle. Per quanto ci sforziamo di salire questa montagna, credo che dovremo sbuffare ancora parecchio e sarà faticoso arrivare alla cima. Però noi, come individui e come Congregazione, tanto più ci imporremo nel senso del bene, quanto più saremo arrivati a questo punto, perché qui sono messe insieme la parte umana e quella spirituale. Qui ci caschiamo tutti, incominciando da me e arrivando a voi: ci caschiamo tutti. Però, onestamente dobbiamo dire che, se vogliamo essere gli uomini di Dio, dobbiamo testimoniare Dio e testimoniare Cristo testimoniando queste cose. Qui bisogna fare una vera battaglia intima per poter dire: “Io d'ora innanzi voglio vincere me stesso; non voglio più giocare con le miserie del prossimo”. 5. ConclusioneCARITÀ
COMUNITÀ
confratelli
COMUNITÀ
critica
VIRTÙ
umiltà
VIZI superbia
COMUNITÀ
correzione fraterna
CONVERSIONE
CONGREGAZIONE spiritualità
APOSTOLO uomo di Dio
Don Ottorino è sempre pittoresco nelle sue immagini e nel suo modo di parlare, a volte anche esagerato, ma con una capacità unica per mettere insieme le verità più profonde con la battuta scherzosa e serena.
MI70,9[01-06-1966]
9.Che cosa faremo durante l'estate? Ho invitato anche monsignor Fanton a venire lassù in campeggio per rivolgerci la sua parola. Mi ha risposto di sì, ben volentieri. Verrà lassù alcuni giorni, anche se mi ha detto: “Io non voglio dormire in tenda”. Invitandolo gli ho detto: “Cominci a mettere da parte del materiale perché durante l'estate vogliamo trattare sulla formazione umana. Lei ci pensi, e se le verrà in mente qualche idea, la butti giù. Se per caso poi avesse dei libretti che potrebbero essere interessanti, per quell'esperienza che anche lei ha sulla formazione umana...”. “Sì, sì, volentieri, - mi ha detto - verrò volentieri”. Cari figlioli, se avete anche voi qualche suggerimento, fatelo presente: è importante prepararci fin d'ora in modo che, quanto minore è il lavoro che dovremo fare durante l'estate, tanto più potremo andare in cerca di stelle alpine, tanto più potremo tenere gli sci addosso, andare ad ammazzare qualche maialino; se, invece, saremo tanto occupati in questo, ci rimarrà poco tempo per fare il resto. Fratelli miei, è arrivata l'ora del numero, ma stiamo attenti che il numero non assassini la qualità. Non bisogna dormire perché non c'è tempo: i bisogni stanno crescendo tremendamente e non è giusto che noi ci sediamo, che stiamo ad aspettare che venga la manna dal cielo. La parte umana la dobbiamo compiere anche noi. Ve l'ho detto tante volte: una Congregazione di questo secolo, alla fine di questo secolo, non può correre con la velocità di una Congregazione di cento o di cinquant'anni fa. Non si fanno confronti! Allora una casa si costruiva in tanto tempo, adesso la costruiamo in una o due stagioni. Quando abbiamo costruito la Casa dell'Immacolata abbiamo iniziato in inverno e siamo andati a finire ad ottobre o meglio in primavera. Una volta, cioè cinquanta o ottant’anni fa, sarebbe stato pazzesco pensare di fare in un anno una costruzione così: in pochi mesi abbiamo avuto una casa. Adesso bisogna cambiare velocità. Ora al male che sta venendo avanti ad una velocità missilistica dobbiamo rispondere con il bene che avanzi ad una velocità missilistica.FORMAZIONE
DOTI UMANE
APOSTOLO vita interiore
APOSTOLO uomo
CONGREGAZIONE missione
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
CONGREGAZIONE spiritualità
Don Ottorino parla per immagini ed esempi. In questo nomina Girolamo Venco, alunno del 2° anno del corso teologico ma più esperto in problemi pratici di lavoro che in sottili argomentazioni teologiche, e Pietro Simonetto che frequentava l’ultimo anno del magistero ed era un provetto falegname.
Don Ottorino continua con il suo parlare scherzoso, ma trattando problemi importanti ed attuali.
Anche alla fine, nominando Severino Stefani, allievo del magistero e destinato a partire con il primo gruppo per il Guatemala, che veniva soprannominato “Rosso” per il colore dei capelli, don Ottorino scherza parlando di eventualità gravi e terribili.
MI70,10[01-06-1966]
10.“Conditio sine qua non” perché il bene avanzi con questa velocità è che tutti ci mettiamo sincronizzati con questo spirito; altrimenti è inutile. Se non ci sincronizziamo, a un dato momento è come far girare un asse di pialla, come discorrevamo ieri sera con Venco parlando di una pialla elettronica per mettere a posto i pannelli. C'è qui un falegname? Dov'è Pietro? Come lo chiamate voi? Rullo. Se il rullo di una pialla non è equilibrato, che cosa succede? Spacca tutto. Può girare forte, ma deve essere equilibrato: vuol dire che se ha un po' di peso in più quando lo fai girare, non deve fermarsi sempre allo stesso punto perché il peso lo porta in basso; qualche volta basta un nonnulla. Infatti anche i motori hanno l'equilibratrice dinamica, che costa milioni, per equilibrare i rotori dei motori. Al rotore devono togliere ed aggiungere, togliere ed aggiungere finché non è equilibrato, altrimenti un motore andrebbe da solo da qui all'Astichello perché sbanderebbe tutto, traballerebbe, salterebbe tutto, quando corre ad una certa velocità. Ci vuole l'equilibrio di tutte le parti, perché se no succede un disastro. Ora la nostra Congregazione sta partendo, ma non parte con una velocità bassa. Se il rullo della pialla andasse a centocinquanta giri al minuto, anche se non fosse equilibrato non ci sarebbe nessun problema; ma quando comincia ad andare a migliaia di giri, quanto più forte è la velocità, tanto più equilibrio ci vuole, perché altrimenti si arriva a un disastro. Anche la Congregazione, sia come individui che come società, deve essere equilibrata, perché senza equilibrio ad un dato momento comincerebbe a sballare e succederebbe un disastro. Fra alcuni anni incomincerebbe a staccarsi un gruppetto che formerebbe un'altra Congregazione, quella dei Fatebenefratelli; poi ne uscirebbe un altro, il gruppetto dei Fratelli dello loro Divina Volontà, e così via. Insomma capiterebbe il disastro, il disastro. E dopo costoro andrebbero in America; passato un po' di tempo vedresti che il “Rosso” comincerebbe... 2 giugno 1966ESEMPI apostolo
CONGREGAZIONE missione
CONGREGAZIONE appartenenza