MI78[14-06-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, prendendo spunto da una frase del libro di Leo Trese “Il sacerdote oggi”, sottolinea dapprima la necessità dell’amore nei rapporti con Cristo, e poi l’importanza della corresponsabilità nell’obbedienza e dell’adesione alla volontà di Dio. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 35’. 1. L’amore rende facile anche il sacrificioDon Ottorino inizia la meditazione leggendo una breve frase del libro di LEO TRESE, Il sacerdote oggi. Pensieri di un parroco americano, Morcelliana Brescia 1958, alla pag. 123 del capitolo XV che ha come titolo "La Passione". Le citazioni vengono sempre riportate in corsivo, senza ulteriori richiami.
Il riferimento è a Nilo Dalla Barba che, all’epoca, era maestro nella scuola tipografica dell'Istituto San Gaetano e aveva particolari doti per il disegno e la pittura.
Don Pietro Martinello era addetto alla segreteria di don Ottorino e della Congregazione, e per questo aveva frequenti contatti con la tipografia dell’Istituto e i suoi responsabili.
MI78,1[14-06-1966]
1.“L'amore cresce in noi attraverso la preghiera e il risoluto abbandono di noi stessi a Dio, e lo spirito di distacco procede di pari passo”. Quando noi qualche volta parliamo di penitenza, non dovremmo considerare la penitenza per se stessa, perché anch'essa potrebbe diventare una mania; dovrebbe esserci, come dice bene il nostro autore nelle parole che seguono sulla penitenza, quasi un distacco naturale da cose che non ci interessano più. Supponiamo che a un dato momento ci accorgiamo che in tipografia Nilo non è più quello di prima. Ci domandiamo che cosa ha quel ragazzo, perché come maestro di tipografia non è più lui; pare un po' astratto. Te ne sei accorto, tu don Pietro che vai qualche volta in tipografia; ti sei accorto, sì o no? Ti sei accorto che i lavori non vengono più fatti con impegno? Tutta la passione che aveva prima per il lavoro, per certi disegni, sembra quasi sparita. Ora fa le cose in fretta e senza cura; fa i lavori perché bisogna farli, ma fa un po' in fretta: non vedi più la passione che aveva prima. Se cercate le motivazioni di tutto scoprite che ora ha la fidanzata, ha la morosa. E allora c'è poco da fare! E allora, senza tante storie, l'amore di là ha portato via un po' l'amore di qua. È chiaro: mentre prima aveva sposato solo i bozzetti e il lavoro, nel quale si era talmente tuffato che lavorava anche di notte, adesso ha messo un po' di equilibrio e si è voltato dalla parte della ragazza. Qualcosa di simile dovrebbe accadere anche in noi. Se io amo il Signore, non è più un sacrificio, per esempio, rinunciare al divertimento per andare con alcuni amici a parlare del Signore. Il sacrificio che faccio, anche se mi costa, lo faccio per un altro amore. Per esempio, per il giovane che ha lavorato tutta una giornata non è un sacrificio prendere la bicicletta e fare venti chilometri per andare a trovare la fidanzata: cioè c'è il sacrificio fisico, c'è il sacrificio vero e proprio, ma è fatto per amore. Ora se io a un dato momento comincio ad amare veramente il Cristo, mi capita che il mio amore verso Gesù Cristo mi porterà certamente a fare volentieri quello che mi costa. Perché? Perché so che piace a Cristo. So che con questa sofferenza posso salvare anime, so che con questa mortificazione posso salvare anime, so che mandando giù questa cosa posso far piacere al mio Gesù, e allora lo faccio perché piace al mio Gesù.PENITENZA
APOSTOLO distacco
ESEMPI penitenza
ESEMPI distacco
DIO amore a Dio
GESÙ
amico
APOSTOLO salvezza delle anime
Zeno Daniele era ancora novizio all’epoca, ma collaborava già con don Ottorino nelle questioni amministrative, seguendo quindi da vicino anche i benefattori dell’Opera come la signora Irene Belgeri Scarpa e sua sorella Rosetta Belgeri, che don Ottorino nomina subito dopo con accenti scherzosi.
Fernando Murari era compagno di noviziato di Zeno.
Specie di cardo che si trova abbondante sui monti veneti verso i 1000 metri di altitudine e che assomiglia ad un piccolo fiore di ninfea aperto.
È la vetta più alta delle montagne che circondano l’altopiano di Asiago (VI).
MI78,2[14-06-1966]
2.Se, per esempio, quel giovane che deve andare a trovare la fidanzata facendo venti chilometri sa che alla fidanzata piacerebbe avere un mazzo di garofani, farà altri dieci chilometri in più per andarli a prendere e poi altri dieci chilometri per il ritorno e quindi andrà dalla fidanzata: fa venti chilometri in più. Perché? Perché va a prendere quello che piace a lei. Se io amo veramente il Signore, durante la giornata prendo quello che piace a Lui per darglielo, consegnandoglielo quando mi incontro con Lui, e siccome io devo incontrarmi con Lui sempre, perché cammino con Lui, raccolgo per Lui. Portiamo un esempio molto semplice. Il nostro caro Zeno va a passeggio in montagna con la signora Scarpa: lui, la signora e la signorina Rosetta, che è una signorina anziana, non abbiate paura, è anti tentazione, per cui non dovete pensare male; qualcuno l'avrà vista e perciò sa di che si tratta. Dunque vanno a passeggio insieme. Salendo la signora Scarpa dice: "Oh, quanto volentieri troverei un ciclamino! Quest'anno non ne ho trovato neanche uno. Come mi piacciono i ciclamini; come sarei felice se potessi avere due o tre ciclamini!". Sicuramente Zeno, camminando in montagna, continuerebbe a guardare per trovarne uno, e se c'è con lui Fernando anche lui continuerebbe a guardare di qua e di là. Anzi Zeno manderebbe Fernando come si manda un cagnolino alla ricerca dicendogli: "Su, forza, cerca... prova là, prova qua". E si vedrebbe Fernando correre di qua e di là in cerca di ciclamini, e la signora Scarpa tutta contenta: "Oh, non occorre, no, ragionier Zeno; non si disturbi, padre Zeno; non occorre". Ma sarebbe tutta contenta, e più lei dice di no più Zeno va alla ricerca di ciclamini. A un dato momento trovano un carciofo e lo portano alla signora, e Fernando le dice: "Non ci sono ciclamini, ma ho raccolto questo". E lei tutta felice: "Oh, che bello, che bello!", perché anche se non è un ciclamino ha visto la buona volontà di questo figliolo. Però, a un dato momento, Zeno vede un ciclamino; lo vede lassù distante cinquecento metri, perché ci vede molto bene, e allora manda il suo cagnolino a prenderlo: "Va' a prendere il ciclamino". La signora esclama di nuovo: "Oh, che bello, che bello!", e anche se non fosse bello direbbe che è bello perché ha visto l'interessamento per lei. Questo lo facciamo per la signora Scarpa, questo lo facciamo con le persone. Guai se qualcuno di voi fosse un domani fidanzato... chissà che cosa farebbe per la fidanzata: andrebbe a Cima Dodici per prendere una stella alpina e portargliela, magari, di notte!ESEMPI amore a Dio
VOLONTÀ
di DIO
DIO unione con...
CARITÀ
amore al prossimo
Forse don Ottorino legge qualche appunto che aveva preparato sulla spiritualità della Congregazione.
MI78,3[14-06-1966]
3.Ora, noi siamo tanto intelligenti che questo non lo facciamo con Nostro Signore Gesù Cristo, il quale è sempre a passeggio con noi tutto il giorno. Sappiamo che a Lui piacciono specialmente le cose che pesano, quelle che ci pesano: Lui le domanda, le desidera. Ci domanda se, per piacere, gliene offriamo qualcuna per salvare il mondo, e noi diciamo di no e andiamo cercando quello che piace a noi. Sul ciglio della strada ci sono dei ciclamini che piacciono alla signora Scarpa, e noi invece dei ciclamini, che lei non può raccogliere perché non può piegarsi, andiamo cercando le fragole che sono al di là. La signora dice: "Come mi piacerebbe avere alcuni ciclamini in mano!". Noi invece diciamo: "Come sono buone le fragole!". Sarebbe inconcepibile, secondo il galateo umano, che noi facessimo così con una persona; eppure lo facciamo, lo faccio io e lo fate voi, con Nostro Signore Gesù Cristo. 2. L’obbedienza implica la corresponsabilità nelle decisioni Figlioli, oggi gli uomini stanno soffrendo una crisi tremenda, e non sappiamo come andrà a finire. Dico gli uomini, non dico i giovani, perché non crediate che voglia offendere i giovani; adesso dico i giovani perché ho giovani davanti, ma se avessi dei vecchi direi le stesse cose ai vecchi. Figlioli, questa è la strada, questa è la strada! Fuori nel mondo c'è la crisi nei giovani, i quali sono preoccupati di conoscere i loro diritti. Vi dico questo perché neanche voi sarete immuni da tale pericolo: guardate che sta venendo avanti un pericolo enorme. La gioventù ha l'impressione di essere stata abbandonata, di non essere stata valutata convenientemente. Lasciamo da una parte la gioventù di fuori che per il momento non ci interessa, e mi rivolgo a voi, a quelli che sono giovani, mentre quelli che sono già in campo apostolico o che hanno da fare con gli stessi si interesseranno di queste cose: prima di tutto è meglio che cominciamo a mettere a posto la nostra testa e il nostro cuore. Ve lo dico perché l’ho scritto e non voglio falsificare quello che ho scritto: nella nostra Congregazione il rapporto, cioè la posizione dei giovani, deve essere questo, e se per caso non è giusto, prego i fratelli, giovani e anziani, di dirmelo, perché è giusto che mettiamo le cose in posizione corretta. “I giovani, nella nostra Congregazione, hanno il diritto e il dovere di partecipare attivamente in tutta la vita della Congregazione, sentendosi quasi gli unici responsabili dinanzi a Dio e agli uomini. Perciò i loro suggerimenti e la loro opera attiva sono ardentemente desiderati”.DIO amore a Dio
GESÙ
amico
APOSTOLO salvezza delle anime
VOLONTÀ
di DIO
DOTI UMANE
MONDO
SOCIETÀ
CONGREGAZIONE fondatore
Nella sala delle riunioni della Casa dell’Immacolata era prassi comune la domenica sera esporre una lavagna sulla quale i giovani potevano liberamente scrivere domande da porre a don Ottorino, problemi comunitari da risolvere, consigli, richieste varie, e don Ottorino cercava di rispondere a tutti in clima di famiglia.
MI78,4[14-06-1966]
4.Dico male? Attenti, figlioli, perché più di così non si può concedere. Si può dare più di così ai giovani? Nella nostra Casa voi siete considerati così: "Hanno il diritto e il dovere di partecipare attivamente in tutta la vita della Congregazione". Vi dico questo perché sentirete gridare a destra e a sinistra: "I giovani non sono considerati... Ma, insomma, i giovani che cosa sono? Ce l'hanno con i giovani!". Non lasciatevi ubriacare da queste affermazioni, perché, in coscienza, ve lo dico dopo la S. Messa, se io sento frasi di questo genere mando via immediatamente quei tali che le pronunciano. Qui da noi non è così, e perciò quando dite così voi insultate chi vi vuole bene, perché qui da noi giovani li abbiamo sempre considerati così, e cioè, ve l'ho detto più di una volta: consideratevi tutti superiori generali. È questa la frase che vi ho detto: perciò non dite che non avete, dite che non fate. Qui c'è un diritto e un dovere di partecipare attivamente: avete il diritto di dire una parola, ma anche il dovere di partecipare. Non potete dire: "Io me ne infischio!". Facciamo un esempio. Si sta levando il temporale e c’è il fieno sul prato che deve essere raccolto a mucchi altrimenti si bagna tutto. Non si può dire: "Non tocca a me!". Nossignore; tu hai il diritto di rimproverare il tuo fratello se abbandona il fieno sul campo. Se tuo fratello va all'osteria anziché a rivoltare il fieno, hai il diritto di dirgli: "Non è giusto! Il fieno è là; siamo tutti di famiglia e dobbiamo andare tutti a raccogliere il fieno". Ma tu hai anche il dovere di non imboscarti. Invece quello che può capitare è questo: tutti vogliamo avere il diritto di criticare e non sentiamo il dovere di dire e di partecipare. Figlioli miei, state attenti perché avete il diritto, ma anche dei doveri. Quando la domenica sera vi faccio scrivere i temi che volete siano trattati, che cosa vogliamo raggiungere? Non è una trovata di adesso questa esperienza perché l'abbiamo sempre fatto: voi dite chiaro e netto quello che volete sapere, quello che si potrebbe fare, le vostre proposte... Signori, qui si è agito sempre così! La gioventù, qui dentro, è stata rispettata perché anche i più giovani che hanno fatto delle proposte concrete sono stati ascoltati e le loro proposte sono state osservate.CONGREGAZIONE appartenenza
CONGREGAZIONE fondatore
FORMAZIONE
ESEMPI comunità
COMUNITÀ
corresponsabilità
Il riferimento è a Daniele Galvan che, all’epoca, stava completando il 3° anno del corso liceale.
Don Guido Massignan era, all’epoca, il direttore della Casa dell’Immacolata e uno dei più immediati collaboratori di don Ottorino.
Don Ottorino si riferisce al fatto che più volte aveva inviato a Roma don Pietro Martinello, quando questi era ancora studente di teologia, per alcune pratiche burocratiche presso le Congregazioni Romane o presso qualche Ministero dello Stato.
Don Ottorino scherza con Zeno Daniele, che era ancora novizio e già collaborava per la vendita delle case prefabbricate.
Il riferimento è a don Gabriele Grolla che era sacerdote novello da due mesi e che, nel testo registrato, risponde alle domande di don Ottorino.
MI78,5[14-06-1966]
5.Anche l'anno scorso dopo che tu, Daniele , riguardo al campeggio, hai detto che avevi estratto dal deposito i sacchi a pelo che non erano stati messi via bene, che erano stati lavati male, quest'anno abbiamo provveduto a lavarli, a pulirli e a metterli sotto chiave, e inoltre abbiamo aggiunto un paio di lenzuola per metterle dentro. Quando sono state fatte delle proposte assennate, non solo le ho rispettate, anzi ho lodato coloro che le hanno fatte, e fuori della porta ho detto: "Che bravo ragazzo! Che bravo giovane!". E quando ho visto un giovane che si è messo con vero impegno e ci ha messo l'anima, ho cercato di affidargli un impegno ancora maggiore. È sbagliato questo? Infatti abbiamo affidato ai giovani degli impegni che in altre Congregazioni, in altri posti, non darebbero qualche volta neppure agli anziani. Don Guido ne ha l'esperienza: non è vero, don Guido? Abbiamo cercato di affidare delle responsabilità a don Pietro Martinello quando era ancora chierico e andava a Roma negli uffici, di qua e di là a trattare, e vedeva bene che a Roma non erano i chierici che andavano in quei posti a fare quello che faceva lui. Mandiamo perfino i novizi all'estero a vendere case, non è vero don Zeno? Non abbiate paura perché rispetteremo la personalità di ciascuno. Vi dico soltanto di ricordare che avete dei diritti, tra cui quello di partecipare perché la nostra è una famiglia: partecipare, non imporre! È ben diverso il significato delle due parole: non potete imporre. Però, ho aggiunto più volte, quello che non avete il diritto di fare è quello di criticare alle spalle e di commettere delle stupidaggini madornali: questo no, questo non lo concediamo. Concediamo il diritto e il dovere. Attenti alla parola dovere. Perché se tu hai il diritto di dire una parola, hai il dovere, se vedi una cosa che non va bene, di parlare. Perché dico questo? Ieri sera mi è arrivata una lettera. Siccome abbiamo preso una certa disposizione, alcuni hanno scritto una lettera: "... riconosciamo che, forse, la colpa è anche nostra perché avremmo dovuto fare qualcosa di più affinché non succedesse questo... eccetera eccetera.". Io vi domando: "Avevate il dovere di farlo? Il diritto e il dovere di farlo?". Penso di sì. "Che ne dici, Gabriele; avevano il diritto di farlo?". "Il dovere?". Adesso loro dicono: forse la colpa è anche nostra perché non abbiamo fatto. Dunque, fare un'osservazione: avevano il diritto di farla?COMUNITÀ
corresponsabilità
CONGREGAZIONE fondatore
COMUNITÀ
Nel testo registrato don Ottorino usa una tipica espressione del linguaggio popolare: "Tacchete", che esprime l'avverarsi improvviso di una situazione imprevista, a volte gioiosa, più spesso dolorosa.
Modo di dire popolare per indicare persone che non si assumono responsabilità, che vivono alle spalle degli altri, che non si danno pena dell'andamento della casa, che sono cioè degli irresponsabili.
MI78,6[14-06-1966]
6.Siccome si discute tanto di diritti e doveri, mettiamoli in chiaro. Se, per esempio, tu che sei di casa bestemmi in mezzo al cortile, e un tuo compagno ti fa un'osservazione, potresti rispondergli: "Pensa ai fatti tuoi!". Lui che cosa dovrebbe dire? "Signore mio, tu sei di casa qua e io ho il diritto di fare un'osservazione!". Perciò ha o no il diritto di fare un'osservazione a suo fratello? Non solo ha il diritto, ma anche il dovere! Se quel fratello non va allora a confessarsi che ha mancato a un dovere, mi domando: quanti di voi si sono confessati, per esempio, di non avere fatto quello di cui mi avete scritto ieri sera? Mi avete giustamente detto: "La colpa è anche nostra...". E va bene! Adesso vi siete accorti che la colpa è anche vostra. Qualcuno mi ha detto privatamente: "Io ho firmato, però ho firmato per convenienza!". Perché? "Perché nel passato ho espresso la mia opinione e sono stato subito ripreso. In altre parole: avendo il diritto di fare un'osservazione, ho cercato di dire una parola e sono stato schiacciato. Per carità, ho rinunciato al diritto". Qualcuno è venuto immediatamente a dirmelo: "Non l'ho fatto perché era sconveniente nella forma". Figlioli, state attenti, state attenti perché vi lasciate ubriacare. Potete vantare tutti i diritti che volete su questo campo; però, se voi riconoscete di avere un diritto, e noi siamo felicissimi che finalmente la gioventù si svegli e capisca di avere questi diritti, noi diremo che saremo felicissimi che finalmente la gioventù si svegli e capisca di avere anche doveri. Avete capito? Dico male? È importante che i giovani finalmente capiscano che sono uomini anche loro e non figli di famiglia. Quante volte hanno accusato che nelle Famiglie religiose si rimane figli di famiglia! I preti sono accusati di essere figli di famiglia: consumano i soldi che non sono loro. La gente dice: "Si vede: danno perché hanno i soldi. Fanno questo e fanno quello senza interpellare la gente; fanno, decidono e dopo mandano la busta per le case".COMUNITÀ
corresponsabilità
COMUNITÀ
correzione fraterna
Nel testo registrato a questo punto c’è un intervento abbastanza lungo di don Guido, dopo il quale don Ottorino riprende la sua conversazione.
I luoghi citati si trovano sull'altopiano di Asiago ed erano meta di frequenti passeggiate dei giovani della Casa dell'Immacolata.
MI78,7[14-06-1966]
7.Figlioli, guardate che abbiamo dei doveri! Ad ogni diritto corrisponde un dovere. Perciò non vi dico: tirate via i diritti per non avere doveri. No, no... tirateli fuori i diritti, fuori, fuori, però, ricordatevi che, tirandoli fuori, la Congregazione andrà avanti se ai diritti corrisponderanno i doveri. Non so se ci siamo capiti sufficientemente. È abbastanza chiaro, don Guido? Oltre a questo io direi di partire da una considerazione ancora preliminare. Per esempio: siamo in dieci compagni, fra i quali non c’è alcun superiore perché l’esempio sia su una base completamente umana, e questi dieci compagni stabiliscono insieme di andare a passeggio. Alcuni dicono: "Andiamo a Cima Dodici", e gli altri dicono: "Andiamo al ponte di Roana", e si discute fraternamente. Alla fine, in sei o sette, la maggioranza, stabiliscono di andare a Cima Dodici, e gli altri si accodano. Però, per tutto il tempo della passeggiata si lamentano dicendo: "Che roba! Se fossimo andati invece al ponte di Roana! Ma guarda... ma questo, ma quello...!". Capita anche un incidente perché qualcuno si ferisce a Cima Dodici, e allora quegli altri: "Ecco, se fossimo andati al ponte di Roana non capitava questo incidente...!". Questo comportamento non è, figlioli miei, segno di virilità per il semplice motivo che se siamo in dieci e sette sono del parere di andare a Cima Dodici e tre sono contrari, ciò deve bastare. Quando si è stabilito di andare a Cima Dodici, tutti dieci devono essere d'accordo per Cima Dodici, capiti pure qualunque incidente, qualunque cosa: abbiamo stabilito Cima Dodici. Invece non è così, e questo accade anche nel campo umano. Quando in nove stabiliscono una cosa e il decimo non è d'accordo, state sicuri che - e siamo ancora nel campo umano - quel decimo, facilmente, continuerà sempre a ruminare - e questo lo si sente in giro a destra e a sinistra -: "Ecco, là... ma guarda...", sarà sempre un caprone trascinato. Questo accade nel campo umano! 3. L’obbedienza è adesione alla volontà di DioCONGREGAZIONE fondatore
Nel testo registrato c’è un nuovo intervento di don Guido, molto breve.
MI78,8[14-06-1966]
8.Nel campo un pochino più elevato, cioè in quello spirituale, bisogna che a un dato momento, agiamo diversamente perché siamo qui per fare la volontà del Signore e abbiamo ceduto a Dio la nostra volontà. Se consideriamo la parte del superiore, io dico: "Tu, superiore, devi sentire, devi vedere, devi cercare insieme la volontà di Dio". Però tu, confratello, ricordati che ti sei offerto al Signore, e se il Signore attraverso il superiore ti conducesse, non dico nel fosso, ma anche per una strada che secondo te non è quella giusta, basta che non sia peccato, tu hai fatto la volontà di Dio, ti sei immolato”. Bisogna che contempliamo le cose con una visione soprannaturale. Chi si trova ancora in capo naturale, può dire: "Sentite: voi che vantate la vostra virilità, se non fate così, cascate invece in una bambinata vera e propria". E allora, figlioli, ripetiamo che va benissimo la collaborazione fraterna, ma ricordatevi che prima bisogna agire da uomini. Se siamo in sette d'accordo e tre non lo sono, quei tre devono morire fino in fondo con gli altri sette: questo nel campo umano. Nel campo spirituale corrisponde al superiore, se non vuole un domani rendere conto a Dio e in forma grave, sentire la necessità della collaborazione; ma, ricordatevi, che il superiore non è tenuto a stare con i sette o con i tre: è tenuto a rispondere a Dio. Qualcuno potrebbe obiettare: "Allora a che cosa vale dire il nostro parere se lui poi non lo segue?". Figlioli miei, allora neghiamo completamente il soprannaturale! "Quel superiore è una testa dura e non capisce niente!". Tu dovevi fare a meno di farti Religioso; nessuno ti ha obbligato, ma se ti sei immolato, hai detto: "Signore, io metto me stesso nelle mani di una testa vuota perché in questo modo penso di rendere gloria a Te". Se si prescinde dal campo soprannaturale io vi dico che farsi Religiosi è una pazzia. Io sono libero... di farmi comandare da un altro. Sbaglio? Noi superiori cercheremo di rendere la parte umana più umana che sia possibile, e perciò voi giovani dovete sentirvi partecipi di tutta la vita della Casa, collaborare; e state sicuri che i superiori si sforzeranno in tutti i modi e in tutte le forme di venirvi incontro. In ogni caso, privatamente, andate da loro e dite il vostro pensiero. Bisogna collaborare tutti da buoni fratelli, ma ricordatevi che alla fine le risoluzioni bisogna prenderle con le mani giunte. E chissà quante volte bisognerà prenderle con le mani giunte, contro tutti e senza poter dire la motivazione. 4. Dolorosi esempi di disobbedienzaVOLONTÀ
di DIO
COMUNITÀ
superiore
CONSACRAZIONE offerta totale
CONSACRAZIONE obbedienza
APOSTOLO uomo
CONSACRAZIONE religioso
PREGHIERA
Nel testo originale don Ottorino fa il nome di questo sacerdote, che era stato suo compagno di scuola durante gli anni del seminario.
Terossa di Roncà è una piccola parrocchia della diocesi di Vicenza, ma in provincia di Verona.
MI78,9[14-06-1966]
9.Ieri, per esempio, parlavo con monsignor vescovo di alcuni problemi ed egli, in confidenza, mi ha raccontato che un sacerdote è andato da lui e gli ha detto: "Eccellenza, ringrazi il Signore che mi ha trattato con bontà altrimenti le sarebbe arrivato un pacchetto...". "Un pacchetto?". E allora mi ha raccontato che un sacerdote aveva abbandonato la parrocchia e se n’era andato. Il vescovo, infatti, lo aveva mandato alcuni anni fa parroco a Terrossa e lui aveva detto di no; lui voleva essere parroco, ma non a Terrossa. Aveva fatto gli esami di concorso per parroci ed era stato promosso, ma gli esaminatori dovevano dare al vescovo il loro parere; anche il vescovo ha le mani legate perché ci sono gli esaminatori che devono dare il parere se il candidato è adatto per una determinata parrocchia, e hanno dato voto negativo per la parrocchia che lui desiderava. Nonostante questo gli avevano offerto il posto a Terrossa, e lui rispose che voleva una parrocchia in città. Io gli avrei detto: "Scusa, sei andato prete per scegliere la parrocchia che vuoi tu? Ti dovevi sposare, e allora sceglievi la ragazza che volevi". Comunque lasciamo da parte questo discorso. Un bel giorno, vedendo che il vescovo non gli assegna la parrocchia in città, parte e se ne va: abbandona la diocesi e va a casa sua. Secondo il codice di diritto canonico il vescovo dovrebbe immediatamente sospenderlo "a divinis", o meglio ammonirlo, e se entro due mesi non torna deve sospenderlo "a divinis". Ci vuole un decreto, ma dovrebbe sospenderlo "a divinis". Passa il tempo. Il vescovo così mi ha detto: "Ho fatto di tutto per vedere se potevo trovare una scusa, anche per mettere a posto la mia coscienza perché i due mesi stavano per scoccare e lui ha risposto picche: non voleva tornare! E allora ho trovato il pretesto che stava poco bene di salute per considerare un po', cercare... Invece, stando al codice, avevo il dovere di sospenderlo. E allora ho provato a fargli scrivere in forma amorevole perché tornasse; lui domandò di andare a lavorare tra gli emigranti. Bellissima cosa, io non ho niente in contrario, ma non posso dire: "Scappa via!", e così gli concedo il permesso perché anch’io ho degli obblighi e delle norme da seguire. Perciò gli ho mandato a dire che tornasse in diocesi e che andasse dove voleva : in Casa del clero, nella parrocchia dei Servi, in qualunque posto della diocesi, e stesse lì un paio di giorni in modo che ci fosse l'atto di ritorno. Io allora avrei fatto il decreto e lo avrei autorizzato ad andare dove voleva". Il vescovo poteva fare più di così? Questo prete è andato dal vescovo e gli ha detto: "Eccellenza, mi ha trattato bene. Se non avesse fatto così le sarebbe arrivato un pacchetto". "Un pacchetto?". "La mia veste: le sarebbe arrivata la mia veste!". Il vescovo ha cercato di trattarlo paternamente. Dopo qualche giorno arriva al vicario generale una lettera piena di insolenze contro il vescovo.SACERDOZIO prete
CHIESA Vescovo
MI78,10[14-06-1966]
10.Figlioli miei, il vescovo mi ha raccontato anche il problema di un altro prete, di cui mi ha detto il nome. "Un bel giorno mi arriva una pacco. Lo apro con delicatezza per vedere che cosa contenesse: dentro c'era una pistola e uno scritto: 'Gliela mando perché si spari!’". Un prete, un altro prete: "Gliela mando perché si spari". Supponiamo che il vescovo, dinanzi a fatti di questo genere, dica a un sacerdote: "Senti, fa' il piacere: qui non puoi più stare; va' in un'altra parte", e lo cambia di posto. E quel tale dicesse: "Ecco, il vescovo, ma qua, ma là...". Dunque, per giustificarsi, il vescovo dovrebbe tirare fuori tutto? Per esempio, so di un altro sacerdote che era in un posto in diocesi. Un altro vescovo - guardate che conosco nomi e cognomi, e tutto il resto, - avvisa il vescovo di Vicenza che una certa casa malfamata della sua diocesi è frequentata regolarmente da un prete di Vicenza. Si trova chi è questo prete, e il vescovo lo avvicina: "Benedetto figliolo...". Il sacerdote riconosce il suo errore: "Sì, ho sbagliato...". Il vescovo gli dice: "Dovrei denunciarti al S. Uffizio, dovrei sospenderti. Non lo faccio, resta qui; però, in coscienza, non ti posso più lasciare nel posto dove sei". L'altro capisce e ringrazia. Il vescovo aggiunge: "Non lo faccio subito; aspettiamo un momentino perché nessuno sappia niente, in modo che nessuno possa pensare male". In un primo momento a questo tizio, scoperto in questo modo, sembrava che il vescovo fosse un papà: non ha contestato niente, non ha pubblicato niente, soltanto ha detto di aspettare un po’ di tempo per trovare un pretesto per dargli un altro incarico perché così non lo poteva lasciare. Lui accetta. Poi, a un dato momento, passati alcuni mesi, incomincia a scagliarsi contro il vescovo in una forma tremenda accusandolo di ingiustizia nei suoi riguardi. Il vescovo potrebbe rendere pubblico quello che è successo, ma non lo fa per carità, per amore del figlio, non lo fa. Il vescovo in questi giorni l'ha raccontato a me: io lo sapevo già per altra via, perché, a un dato momento, ho il polso della diocesi in mano. Questo tale, adesso, continua a dire - non lo dice in faccia al vescovo, ma a qualche altro pezzo grosso perché lo riferisca al vescovo, e lo ha anche scritto per cui non può neppure smentire - che il vescovo deve rimetterlo al posto dov'era o lui fa un pacchetto e manda la veste al vescovo. 5. L’obbedienza a volte richiede sacrificioCHIESA Vescovo
SACERDOZIO prete
La signora Mannino era insegnante di lingua francese all'esternato Ferdinando Rodolfi dove don Guido era direttore. A questo punto il testo registrato è incomprensibile per qualche minuto.
Don Ottorino riprende la frase iniziale della meditazione, dopo essersi lasciato trasportare dall’entusiasmo per trenta minuti nelle sue personali "distrazioni".
Il riferimento è alle continue mormorazioni del popolo ebraico contro il Signore durante i quaranta anni di peregrinazioni nel deserto, specialmente nei momenti di fame quando ricordava le cipolle d’Egitto, come in Num 11,4-6.
MI78,11[14-06-1966]
11.Figlioli miei, a un dato momento un superiore si troverà in molti casi a dover agire senza rendere conto delle sue decisioni. Evidentemente tale modo di comportarsi può sembrare, visto superficialmente, scorretto: "Che testa! Perché ha fatto quel cambiamento? Ma perché è successa una cosa simile? Perché?". Se voi negate un po' di fiducia a un superiore affinché possa agire salvando la carità, voi mettete il superiore nella condizione di dovere dire apertamente a tutti: "Faccio questo perché è successo questo, questo, questo...". Se questo capitasse a voi non avreste piacere che fosse fatto; perciò la carità proibisce che lo si faccia agli altri. Qualcuno potrebbe pensare: "Allora si tratta sempre di cose immorali". No, possono esserci delle altre cause che qualche volta sono anche peggiori dell'immoralità! È chiaro? Supponiamo, a un dato momento, che ci sia la professoressa Mannino pazzamente innamorata di don Guido... Se voi togliete l'amore a Cristo e il desiderio di soffrire con Cristo per salvare le anime, figlioli, è meglio che chiudiamo baracca e burattini e torniamo tutti al nostro paesello. “L'amore cresce in noi attraverso la preghiera e il risoluto abbandono di noi stessi a Dio, e lo spirito di distacco procede di pari passo. Le rinunce non saranno affatto delle penitenze: saranno il logico distacco dalle cose che non ci interessano più nel nuovo amore trovato”. Finché non troverete il nuovo amore è chiaro che vi troverete a rimpiangere le cipolle d'Egitto. Ricordate che il malcontento rivela il non-trovato amore. E quando vedi in una comunità il malcontento, dici subito: "Questo è un chiaro segno di una comunità tiepida". Quando due creature si amano, continuano ad amarsi anche in mezzo alle croci, alle difficoltà, al lavoro, alle malattie. Quando invece manca l'amore, anche in mezzo alle ricchezze, anche in mezzo al benessere, non è possibile la comunione. La vita religiosa, comunitaria, intesa nel vero senso della parola, non è possibile senza amore. Il Concilio parla di comunità, ed è necessaria la comunità, è necessario vivere in comunità, in fraternità, ma ricordatevi che alla base di questa comunità c'è un amore comune che deve legare, un desiderio ardente di amare Cristo, di portare a Cristo più che si può e dare un contributo di sangue a Cristo per la salvezza del mondo. Figlioli, torno a ripetere quello che ho detto nelle meditazioni precedenti: questo si impara solo meditando, meditando, meditando. Se non riuscite a fare un lavoro personale, se conoscete Cristo soltanto scientificamente, questo è impossibile. Si può conoscere Cristo scientificamente e avere il peccato nell'anima, fare sacrilegi e non salvare il mondo. Cristo bisogna conoscerlo personalmente, ma Cristo crocifisso. 15 giugno 1966COMUNITÀ
superiore
CARITÀ
amore al prossimo
DIO amore a Dio
APOSTOLO salvezza delle anime
COMUNITÀ
ESEMPI carità
CONSACRAZIONE vita religiosa
COMUNITÀ
fraternità
PREGHIERA meditazione