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LA SANTITÀ È ALLA PORTATA DI TUTTI

MI204 [26-10-1967]

26 Ottobre 1967

Mons. Francesco Snichelotto era stato per molti anni vicario generale della diocesi di Vicenza, dando testimonianza di un vero uomo di Dio.

Don Ottorino concede alcuni minuti di silenzio per realizzare il contatto personale con il Signore.

MI204,1 [26-10-1967]

1 L’ultima volta che ci siamo trovati insieme abbiamo visto che è fondamentale cominciare la meditazione mettendoci alla presenza del Signore. Il primo punto della meditazione è metterci alla presenza del Signore, e dopo esserci messi alla sua presenza invocare il suo aiuto, cioè chiedere a lui la forza per fare la meditazione. E dobbiamo metterci alla presenza del Signore come siamo: con i nostri peccati e con le grazie che abbiamo ricevuto. Chiediamo perdono e ringraziamo, e da qui partiamo.
Ecco, io vi pregherei: quando fate la meditazione per conto vostro, insistete molto su questo punto, perché altrimenti non diviene meditazione, altrimenti minaccia di essere studio, una soddisfazione dell’intelletto, mentre la meditazione è contatto personale e cosciente con Dio. La meditazione è la preghiera per eccellenza. Vi ho detto tante volte che il mondo, gli uomini, vengono da noi perché suppongono che noi siamo i profeti, cioè coloro che parlano loro in nome di Dio. Noi dobbiamo essere gli uomini che hanno una mano che tocca il Signore e una mano che tocca l’umanità, che ascoltano Dio, che parlano con Dio, che se la intendono con Dio. La gente semplice diceva a mons. Snichelotto : “Lei che si incontra ogni mattina con il Signore gli dica...”. La gente aspetta che qualcuno porti una parola nuova, che porti la parola dell’aldilà, la parola dell’eterno. E noi siamo gli uomini dell’assoluto, gli uomini dell’eterno, gli uomini che sono in contatto con Dio. Questo contatto noi dovremmo averlo spesso durante la giornata, ma un momento nel quale vogliamo e ci sforziamo veramente di averlo è all’inizio della meditazione. Vi ho già detto: qualcuno riuscirà ad avere questo contatto con Dio metafisicamente, cioè con il pensiero, pensando a Dio immenso; qualche altro pensando a Dio presente nel cuore; qualche altro pensando a Gesù, Uomo-Dio in Paradiso; qualche altro - credo sia la maggioranza - pensandolo presente davanti a noi, proprio lui, l’Uomo-Dio. Adesso lo abbiamo ricevuto da poco nell’Eucaristia, e allora sforziamoci di creare questa presenza.

PREGHIERA meditazione, contemplazione

VIRTÙ

umiltà

PREGHIERA unione personale con Dio

APOSTOLO profeta

APOSTOLO uomo di Dio

DIO rapporto personale

NOVISSIMI eternità

L’assistente Livio Adessa stava frequentando all’epoca il 2° anno del corso teologico.

MI204,2 [26-10-1967]

2 E adesso partiamo con la nostra meditazione.
Quest’anno andremo insieme alla ricerca di un metodo di attacco che serva per noi e che serva per gli altri. Se viene da me uno che ha bisogno di ripetizioni di matematica, prima devo sapere dove devo condurlo e poi vedere in che condizioni si trova, in che situazione è; poi, ognuno con il suo metodo, spiegherà la matematica, ma la matematica è matematica. Se io avvicino un’anima, devo portarla a Dio. Noi dovremmo essere gli specializzati per far salire le anime perché la nostra specializzazione dovrebbe essere questa: vivere in contatto con Dio e portare le anime a Dio. Questo compito vale tanto per gli assistenti come per i sacerdoti; si tratta solo della posizione dove uno si trova, ma la specializzazione è uguale. Vorrei dire che uno è medico in ospedale più che in famiglia e l’altro è medico più in famiglia che in ospedale. L’assistente è il medico condotto che avvicina le anime in qualunque parte, dove le trova; il sacerdote è il medico primario dell’ospedale. È chiaro? Dico male, Livio ? È giusto? Ambedue sono medici: uno ha la missione di avvicinare le anime dove le trova, di essere il pronto soccorso, di avvicinarle da una parte e dall’altra, di curarle in casa; l’altro le cura all’ospedale. L’assistente è un po’ più fuori, ma la specializzazione è questa: dobbiamo far salire le anime, dobbiamo portarle a contatto con Dio. La prima cosa pertanto che noi dobbiamo fare è quella di essere in contatto con Dio. Se uno non sa fare la moltiplicazione, è inutile che vada ad insegnarla agli altri; se uno non si è mai posto il problema di come farà ad insegnare la matematica, deve dire: “Io conosco la matematica, ma non saprei come insegnartela”. E in giro per il mondo abbiamo trovato tante persone che non sanno la matematica e pretendono di insegnare matematica, o che sanno la matematica ma non hanno nessuno sistema per insegnarla perché non si sono mai posto questo problema.

APOSTOLO uomo di Dio

ESEMPI apostolo

DIO rapporto personale

CONGREGAZIONE carisma

CONGREGAZIONE appartenenza

ESEMPI prete e diacono

APOSTOLO missione

Don Ottorino legge in questa meditazione alcuni passi della prefazione stesa dallo stesso San Francesco di Sales, che vengono sempre riportati in corsivo senza ulteriori richiami. Don Ottorino usa La Filotea delle edizioni Paoline, Alba 1947.

MI204,3 [26-10-1967]

3 San Francesco di Sales si pone questo problema e cerca di affrontarlo con i scritti. Naturalmente dobbiamo passare sopra alla forma e al modo di esporre la dottrina, perché è chiaro che se noi in Italia leggiamo i libri scritti cinquecento anni fa troviamo che non hanno la forma dei libri scritti adesso, anche come lingua. Perciò passiamo sopra alla forma e andiamo alla sostanza. Anche i paragoni che San Francesco di Sales può portare ci stanno e non ci stanno, ma lasciamo stare e andiamo a vedere quello che più ci interessa.
Nella prefazione San Francesco di Sales porta il paragone di una ragazza che faceva dei mazzi di fiori, che era specializzata nel fare i mazzi di fiori, per cui i fiori erano sempre quelli, ma la maestria della ragazza era tale che i mazzi di fiori risultavano sempre diversi, sicché sembravano mazzi diversi l’uno dall’altro. Così fa anche il Signore con i suoi santi: la santità è sempre quella, però li mette in un modo o nell’altro per cui sembrano diversi. Effettivamente se tu prendi una creatura che è in carmelo come Santa Teresina del Bambino Gesù, se prendi San Giovanni Bosco che è fuori, se prendi Papa Giovanni o San Pio X, se prendi Santa Bertilla che in fondo ha fatto la serva nel convento, tu vedi che la santità è sempre quella: sono fiori messi un po’ diversamente, ma la santità è quella, non c’è differenza di santità. San Francesco di Sales dice che la santità è una sola; c’è uno stato privilegiato per raggiungere la santità che è quello dei Religiosi, ma la santità è sempre quella. E noi, dice, dobbiamo raggiungere questa santità. E dopo avere premesso questo dice : “Quelli che hanno trattato della devozione hanno quasi sempre avuto riguardo all’istruzione di persone molto ritirate dalle occupazioni del mondo, o almeno insegnarono una specie di devozione che guida a questa completa ritiratezza”. Si coglie qui il vescovo, l’uomo dinamico. Voi conoscete la vita di San Francesco di Sales e perciò capite che uomo è. Dice che chi ha scritto trattati per la santità di solito li ha fatti per le suore dei conventi, per i frati ritirati dal mondo o, per lo meno, per uomini o per donne che non sono ritirati ma che devono ritirarsi se vogliono farsi santi; se vogliono farsi santi devono finire in un convento. In sintesi dice che finora i trattati per la santità sono stati fatti per queste persone, quasi che la santità fosse solo un’esclusiva di tali anime. E aggiunge: “Mia intenzione è di ammaestrare quelli che vivono nelle città, tra le faccende domestiche, e nei pubblici impieghi, che per loro condizione sono costretti a fare una vita comune quanto all’esteriore, i quali spesso, sotto pretesto di una apparente impossibilità, non vogliono neppure pensare a iniziare la vita devota...”.

ESEMPI santità

Il riferimento è al recente viaggio fatto da don Ottorino insieme con Zeno Daniele in Brasile, Argentina e Guatemala.

MI204,4 [26-10-1967]

4 “Io - dice - scrivo questo trattato non per quella gente, per quelle suore... hanno già i loro trattati, anche troppi”.
Dirà in un altro punto: “Io, vescovo, con tutto quello che ho da fare non mi metterei a scrivere un altro trattato di ascetica; neanche ci penso”. Ad un dato momento dice una cosa meravigliosa: “... quindi non vedrai un’opera completa, ma solo una raccolta di avvertimenti dati alla buona ed espressi in termini chiari e facili a capirsi; così almeno ho cercato di fare. Quanto agli ornamenti della lingua, non vi ho neanche voluto pensare, avendo molte altre cose da fare”. Si sente veramente il vescovo: “Non ho pensato agli ornamenti, a leccare l’opera, perché avevo altre cose da fare”. Che cosa interessano certe cose? Dice invece che ha voluto scrivere qualcosina per la gente che ha tante occupazioni e a un dato momento esplode: “Ah, è inutile! Bisognerebbe che mi fossi fatta suora! Se quella volta mi fossi fatta suora! Sono qui con dieci, dodici figli, con il marito e con il cognato in casa: come si fa? È impossibile! Ah, mamma mia, se quella volta fossi andata suora!”. No, dice San Francesco di Sales, la santità è anche per te! “Oh, se quella volta invece che andare missionario in Guatemala fossi andato frate in un convento, in una trappa...”. Con Zeno abbiamo trovato un padre che voleva andare in un convento di clausura per salvarsi l’anima. Io gli ho detto: “Benedetto dal Signore... si salva l’anima anche qui”. “No, no, qui in missione è impossibile salvarsi l’anima, è impossibile... Bisogna che mi ritiri e che pensi all’anima mia!”. No, anima del Signore, direbbe San Francesco di Sales, là tu puoi farti santo.

MISSIONI vita missionaria

Il riferimento è all’assistente Giuseppe Filippi, che all’epoca studiava presso la facoltà di ingegneria dell’università di Padova.

MI204,5 [26-10-1967]

5 Perché ho preso in mano questo libro? Perché mi pare che sia un argomento che riguarda proprio noi. In altri momenti noi dicevamo che i membri della nostra Famiglia religiosa dovrebbero essere ‘carmeli ambulanti’. Uso un termine, vorrei dire, un po’ profanato, nel senso che dovremmo essere ritirati, ma restando in mezzo al mondo, essere uomini di contemplazione nell’azione. Nella nostra vita apostolica noi siamo costretti a vivere in mezzo agli uomini, siamo costretti a camminare in mezzo agli uomini, siamo costretti ad avere vita comune con gli uomini, perché se vogliamo salvare gli uomini bisogna diventare non dico come loro nel peccato, ma come loro nella vita. E allora, se vogliamo salvare gli uomini, per forza la nostra vita sarà un po’ distratta; se fai un programma devi aspettarti che dopo improvvisamente gli uomini ti cambino quel programma.
Non mettiamoci nell’idea che per noi è impossibile la santità, anche la più alta, perché siamo distratti da queste cose. Noi possiamo raggiungere il più alto grado di santità anche in mezzo a queste mille distrazioni: costruendo la palestra, costruendo Bosco... Non dire: “Quando avrò finito di costruire la palestra, allora mi metterò...”. No, no, no! Adesso, nelle condizioni in cui ti trovi, tu puoi raggiungere il più alto grado di santità. L’inganno del demonio potrebbe essere questo: “Finita l’estate incomincio a farmi santo. Adesso ho un esame da fare; finito l’esame - vero, Filippi ? - mi faccio santo”. No, proprio adesso, con quell’esame, con quella preoccupazione che hai, proprio adesso in quella situazione che sei di salute, proprio adesso puoi farti santo. Questo per noi viene prima di tutto: capite che è importantissimo. San Francesco di Sales sembra che scriva per se stesso, che parli a se stesso, e lo fa capire anche se non lo dice esplicitamente: “Io, con tutto quello che ho da fare, mi faccio santo con tutte le preoccupazioni che ho, con tutti gli affari a cui devo badare...”. In altro posto dirà: “Scrivo queste cose proprio io, che sono l’ultimo, ma scrivendole mi viene voglia di farle anch’io”. Come fa don Ottorino che dicendole gli viene voglia di farle. Ecco, qualche volta bisogna rassegnarsi a questo: dicendo certe cose viene voglia di farle.

CONGREGAZIONE appartenenza

SLOGANS carmeli ambulanti

APOSTOLO salvezza delle anime

CONSACRAZIONE santità

CROCE Demonio

VOLONTÀ

MI204,6 [26-10-1967]

6 Lui parla a noi e noi, facendo l’esperienza che la santità è possibile anche in una vita dinamica, in una vita di movimento, noi possiamo un domani dire alle anime che incontriamo, in qualunque modo le incontriamo, che la santità è possibile anche in una vita di movimento, in una vita in mezzo agli uomini. Perché? Perché lo sappiamo per esperienza personale. Non so se ho reso il pensiero.
Noi abbiamo una vita molto movimentata, e San Francesco ci dice: “Voi potete farvi santi, dovete farvi santi nella situazione in cui siete”. Ed è possibilissimo. Non dovete rinunciare al più grande grado di santità perché siete in una vita dinamica: lo potete raggiungere. Noi, esperimentato questo, siamo nel mondo in grado di dire al presidente della repubblica italiana: “Tu puoi farti santo”, e di dire a un ministro: “Tu puoi farti santo”, di dire a un avvocato, a un medico, a un meccanico, a un industriale: “Tu puoi e devi raggiungere la santità”. “Ma... quando sarò in pensione”. “No, adesso, prima di andare in pensione!”. “Quando avrò i figli più grandi e loro prenderanno in mano l’industria”. “No, adesso tu lo puoi fare, non devi aspettare domani!”. Tutto questo è importantissimo. Mi sono fermato un po’ troppo, ripetendomi anche in quello che ho detto, ma non importa; lo faccio apposta perché vi resti bene impresso. Questa cosa è importantissima, perché ci troveremo un domani davanti a gente che rinuncia a salire con la scusa: “Ho tante cose da fare; non vado neanche alla Messa; a volte vado alla Messa e ho in mente solo gli impegni da compiere. Mi creda: lo vorrei anch’io, lo so anch’io che dovrei, ma...”. Oggi gli uomini vengono presi in mezzo a mille cose da fare e non hanno la forza di buttarsi in Dio. Noi, prima di tutto, dobbiamo avere la forza di gettarci in Dio e, quando ci siamo gettati in Dio, dobbiamo avere la forza di strappare questa gente dagli impegni materiali e di interessarli di Dio. Scusate se insisto su questo. Adesso insisterò ancora di più con le prossime righe, perché è facile per noi e per la gente del mondo lasciarci trascinare da una vita monotona e quotidiana, cioè lasciarci trascinare dalla corrente e andare avanti alla buona. Si diceva una volta: “Non progredi, regredi est”, che significa: “Non andare avanti vuol dire andare indietro”; si diceva anche che la via della santità è un andare contro corrente.

CONSACRAZIONE santità

APOSTOLO attivismo

APOSTOLO salvezza delle anime

Queste notizie geografiche e di animali fantastici, che erano patrimonio culturale dell’epoca di San Francesco di Sales, per la scienza moderna non sono attendibili e quindi da relegare a mito e a leggenda.

Cfr. Giosuè 10,12.

MI204,7 [26-10-1967]

7 O voi siete impegnati per farvi santi, cioè a lavorare positivamente per la santità, o altrimenti vi accontentate di andare avanti perché vedete che peccati grossi non ne fate, errori grossi non ne fate, e allora andate avanti tranquillamente. Non c’è nulla di peggiore, perché dopo non sarete mai capaci di prendere gli altri per lo stomaco e farli camminare. Se andate avanti così, un domani cadrete nella minaccia di diventare funzionari di Dio, quelli che distribuiscono a tavolino, non quelli che vanno alla conquista; sarete quelli che si mettono in attesa passiva di chi viene, quasi dei grammofoni o dei distributori automatici della grazia. Se invece voi siete dei conquistatori della santità, voi un domani sarete conquistatori di anime.
Dice ancora il nostro caro San Francesco: “Ed io insegno loro, che come le madreperle vivono nel mare senza prendere goccia d’acqua marina e che verso le isole Chelidonie v’hanno fonti d’acqua dolce in mezzo al mare, e che i pirausti volano dentro le fiamme senza bruciarsi le ali...”. Lasciamo stare se è vero o non è vero che questi uccelli volano in mezzo al fuoco senza bruciarsi le ali; lui allora credeva così perché anche a lui avranno detto così e lui ha preso questo esempio. Bisogna essere attenti nell’usare questi libri; guardate che il santo non è lo Spirito Santo. Ha usato un’immagine come l’ha usata Giosuè quella volta che ha detto: “O sole, fermati...” : usava il linguaggio del suo tempo, ma noi badiamo alla sostanza. Allora lui dice: “... così può un’anima energica e costante vivere nel mondo senza imbeversi di alcun umore mondano...”. Questo è giusto! In pratica dice che la madreperla che è in mezzo al mare è madreperla, e se la tiri fuori dall’acqua e la guardi non ha acqua dentro. Lasciamo ai fisici dire se ne ha o non ne ha; in quel tempo, all’occhio umano, sembrava che non ne avesse neppure una goccia. Allo stesso modo, dice il santo, un’anima che va in mezzo al mondo può vivere senza bere l’acqua del mondo, cioè senza lasciarsi prendere dallo spirito del mondo. Questa è la sostanza che dobbiamo cogliere! L’anima semplice che va cercando Dio non si perde dietro a qualche cosuccia, a qualche paragone: la sostanza è questa! L’anima che veramente vuol salire, può andare in mezzo al mondo senza lasciarsi prendere dallo spirito del mondo.

CONSACRAZIONE santità

APOSTOLO ambasciatore di Dio

ESEMPI santità

Il riferimento è forse a Renzo Dabionelli che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale.

Don Ottorino si riferisce sempre all’esempio della madreperla fatto da San Francesco di Sales.

Mons. Serafino Comin, padre spirituale nel seminario vescovile di Vicenza, era una persona dotata di un umorismo eccezionale.

MI204,8 [26-10-1967]

8 Quanto volte, figlioli, si vede invece che un apostolo va in mezzo al mondo e dopo un po’ di tempo resta impregnato dello spirito del mondo, invece di vedere gli altri trasformati nello spirito di Dio vedi lui trasformato nello spirito del mondo! Non c’è niente da fare! Tu mandi un apostolo in mezzo a un gruppo di anime: dopo un po’ di tempo o le anime sono come l’apostolo o l’apostolo è come le anime. Non c’è via di scampo! Non si può dire che a un dato momento è indifferente: o a un dato momento l’apostolo è diventato come quella gente, cioè sta umanizzandosi, o le anime stanno spiritualizzandosi. Se l’apostolo cede anche un pochino, la sua è una sconfitta. Potrà anche essere contento perché le anime vanno vicino a lui, perché tanti giovani lo accostano, ma, ricordatevi, la sconfitta è sua.
L’apostolo deve entrare in mezzo agli uomini ma restare come la madreperla in mezzo al mare, senza prendere l’acqua. Porto un esempio. Un domani Renzo è sacerdote e viene inviato in una parrocchia. Non vuol dire che tu non debba essere gentile con la gente e che, magari, vada anche a cena una sera da qualche parte, ma tu devi restare sempre quello che sei uscito dalla Casa dell’Immacolata, cioè prete. Perciò, durante il pranzo, non dovrai mai cedere con un sorriso a una cosa dinanzi alla quale tu, prete, non puoi cedere, perché se no tu hai lasciato entrare un po’ d’acqua ; tu non tirerai mai fuori una frase che non sia sacerdotale; starai allo scherzo, puoi ridere di una battuta, ma in quel momento che viene fuori una frase o una barzelletta che non è sacerdotale, tu non devi accettare, ti fermerai e mostrerai che quello che in quel momento viene detto non va bene. Capisci? Se invece, perché ci sono quindici o venti persone, perché c’è la signora, perché poi c’è la figlia della signora che è della tua stessa età, che ti dimostra tanta gentilezza e che, magari, ti porta i pezzi di carne migliori, e in quel momento viene fuori una battuta che non va, tu fai anche solo un mezzo sorriso, quel mezzo sorriso è già un cedere. “Ma che cosa devo fare?”. Mostrati serio o, altrimenti, fatti furbo come monsignor Comin che sa scherzarci sopra; sii accorto. “Ma, non ne sono capace!”. E allora fai a meno di andare a pranzo! Bisogna che il prete si mostri prete, che resti prete e che non ceda il suo sacerdozio per un piatto di fagioli. È chiaro!

APOSTOLO attivismo

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

SACERDOZIO prete

APOSTOLO testimonianza

CONSACRAZIONE fedeltà

Ginevra era la città dove Calvino aveva impiantato la sua riforma e dove più dura fu la reazione contro la dottrina della Chiesa cattolica e la lotta contro il clero fedele a Roma.

L’assistente Giuseppe Filippi era già perito tecnico e geometra, e ancora studiava ingegneria.

Don Ottorino celia sulla laurea in lettere conseguita da don Giuseppe Rodighiero presso l’università di Padova.

Romano Thiella era stato allievo della Casa dell’Immacolata per alcuni anni, era poi uscito e stava frequentando la facoltà di ingegneria all’università di Padova.

MI204,9 [26-10-1967]

9 Allora che cosa succederà? Che lì vicino, in breve tempo, nasceranno degli altri figli di Dio: le persone si trasformeranno. È possibile questo? Possibilissimo! San Francesco di Sales è andato a Ginevra ed è rimasto prete. E abbiamo l’esempio di tante e tante anime che sono andate in ambienti che non erano certo gli ambienti di Dio, ma sono rimasti uomini di Dio. Francesco ci dice questo: “Ricordatevi, voi vivete nel mondo, - e noi viviamo in mezzo agli uomini del mondo - che dovete essere di Dio e restare di Dio e fare in modo che anche gli altri diventino di Dio. Però per fare questo ci vuole energia e costanza”.
Ci vuole forza di volontà! In altre parole non potete, ed è qui l’errore nostro, non potete pretendere di fare questo senza fatica, senza prendere la cosa sul serio e dire: “Come devo fare?”. Cerca aiuto dal padre spirituale. Per esempio, uno che non frequenta regolarmente il padre spirituale e che non lavora sodamente con il padre spirituale, già in partenza non ci mette né energia né fatica, ed è destinato a cadere, è destinato a rinunciare alla santità. Perché? Perché non ci ha messo né energia né costanza. Nel mondo per ottenere qualunque risultato sono necessarie energia e costanza. Per esempio, guardate quanta fatica occorre a Giuseppe per raggiungere il titolo di ingegnere, quanta energia e costanza ci vuole! Guardate quanta fatica è costato a don Giuseppe Rodighiero il titolo di dottore in lettere e cartoline : quasi quattro anni di lavoro e di studio, anche di notte. E Filippi, che ormai sta facendo collezione di titoli, sa come è la questione. Ci vuole energia e costanza per ottenere qualunque cosa sopra questa terra. Per raggiungere il titolo di ingegnere che cosa non sta tribolando Thiella , poverino! È venuto anche ieri avvilito morto: aveva preso 30 in un esame scritto, e in orale lo hanno fatto ritirare per un nonnulla, e adesso deve andare a ripetere l’esame orale in gennaio e ha ancora dieci esami da fare e sta aspettando il suo avvenire; guardate che sono cinque o sei anni, mi pare, che lavora; no, anche sette ormai. Beh, pensate un momentino che cosa costa di sacrificio una meta che si chiama laurea in ingegneria!

APOSTOLO uomo di Dio

DOTI UMANE costanza

Santa Rita da Cascia non è la patrona degli studenti (il patrono sarebbe San Giuseppe da Copertino), ma essendo chiamata la santa degli impossibili, perché protegge da qualunque disgrazia, è una santa molto invocata anche dagli studenti fannulloni.

MI204,10 [26-10-1967]

10 E voi pretendete di raggiungere la meta che si chiama ‘ingegnere delle anime’ con minore fatica, con minore impegno di quello che ci mette uno per diventare ingegnere? È una pazzia! Non potete, figlioli! Uno che ha gli esami da fare, ad esempio Filippi, non può nel frattempo dedicarsi a giocare, a fare altre cose, e poi fare anche gli esami affrontandoli in maniera superficiale.
Raggiungere questa specializzazione è una cosa molto più difficile e molto più impegnativa. Perciò dovreste essere molto più impegnati su questa cosa che non don Giuseppe per fare i suoi esami all’università, che non Giuseppe per i suoi esami all’università. Se ci mettessimo tanto impegno per questa cosa come Giuseppe per fare l’esame, saremmo tutti santi; eppure, se non ce la mettiamo tutta, manchiamo di giustizia verso le anime. È qui che dobbiamo arrivare. Per esempio, l’andare avanti alla buona è una mancanza di giustizia verso le anime e, allora, piuttosto vi dico: “Ritiratevi!”. “E va bene, io mi ritiro!”: se hai la vocazione, arrangiati tu con il Signore! Ma piuttosto che venga fuori un medico che invece di essere un medico è un macellaio, è preferibile che non ci sia. Se tu sei chiamato ad essere prete, ad essere assistente, io mi inginocchio davanti a te e ti scongiuro: “Va’ avanti”. Ma piuttosto che tu divenga un macellaio di anime, ritirati! Io ti supplico in nome delle anime, dei milioni di anime che ho incontrato, ti supplico: “Fatti prete se il Signore ti ha chiamato ad essere prete, fatti assistente se il Signore ti ha chiamato ad essere assistente. Ti scongiuro, abbi pietà di quelle povere anime. Ti scongiuro, però, piuttosto che tu divenga un macellaio di anime: ritirati, ritirati!”. Le cose vanno fatte con serietà, e fare le cose con serietà vuol dire prendere a cuore questa cosa come l’unica, come la più importante; tutte le altre sono a servizio di questa. E perciò, come l’industriale pensa di giorno e di notte come far sorgere la sua fabbrica e svilupparla, io, giorno e notte, devo pensare come realizzare la mia comunione con Dio e come un domani poter portare gli uomini in unione con Dio. Questa è la mia specializzazione, e per fare questo ci vuole energia e costanza. Perciò fedeltà al padre spirituale, fedeltà nel lavoro con il padre spirituale. A volte s’incontra qualcuno che è da qualche mese che non va dal padre spirituale: ah, niente da fare, niente da fare, niente da fare! Quello non ha capito niente, non ha capito niente! È come quelli che non studiano mai e che il giorno prima dell’esame vanno a mettere la candelina a Santa Rita da Cascia. Quello non ha capito niente: le cose vanno fatte con serietà, con impegno.

DOTI UMANE costanza

CONSACRAZIONE santità

APOSTOLO salvezza delle anime

PECCATO

PECCATO tradimento

SACERDOZIO prete

ESEMPI santità

Mons. Vincenzo Sebben era il rettore del collegio vescovile di Thiene (VI), legato da profonda amicizia con don Ottorino e con la Casa dell’Immacolata.

MI204,11 [26-10-1967]

11 E allora tu vedi spuntare con facilità i compromessi; e allora vedi spuntare le piccole cose umane, piccole, per carità, piccole stupidaggini, ma non si è capaci di rinunciare a quel piccolo affettuccio, non si è capaci di rinunciare a quella piccola amicizia umana, di rinunciare a quel piccolo interesse di cognizioni di sport o di qualcos’altro del genere. Perché? Perché non si è partiti dando cento su cento, ma si è partiti a novantanove su cento, e Dio vuole cento su cento. “E allora se noi partiamo cento su cento non dobbiamo interessarci più di niente?”. No! Dopo vi interesserete ancora di più, ma quando avrete dato il cento. “E io, intanto, potrei prendere il resto; il cento lo do dopo”. No! Il cento deve essere dato prima, altrimenti non c’è niente da fare, altrimenti non attacca. Caro Luciano, sono cose serie.
È passato il tempo? Almeno leggiamo. “È vero che questo è difficile...”. Di questo bisogna convincersene. Lo dice anche San Francesco di Sales. È difficile; non c’è niente da fare! Non pretendete che sia un cosa facile: è dura. Diceva un frate a monsignor Sebben : “È una vita da cani... Ho provato a farmi santo due o tre volte. È una vita da cani, caro! Neppure cominciare; io ho mollato... È una vita da cani!”. No, è una vita da santi, ma ricordatevi che è difficile! Tanti fanno fatica per raggiungere un titolo. Credo che sia giustificato che un uomo di Dio debba fare un po’ di fatica per raggiungere Dio. “È vero che questo è difficile, e appunto per questo vorrei che molti si adoperassero con maggior ardore di quanto si è fatto fino ad ora”.

CONSACRAZIONE radicalità

CONSACRAZIONE offerta totale

MI204,12 [26-10-1967]

12 È vero che è difficile, e per questo io vorrei che molti, cioè don Ottorino e altri - non mi rivolgo a tutti quelli che sono qui dentro, ma parlo per me - si adoperassero con maggior ardore di quello che hanno fatto fino adesso. Non tutti, perché, ringraziando il Signore, ci sono alcuni che sono partiti e bisogna inginocchiarsi davanti a loro. Vi dico veramente che qualcuno qui dentro è partito sul serio; non vi dico chi è. Vi dico che qui dentro c’è qualcuno che può stare a fianco di Domenico Savio fin che volete. Non vi dico chi è, e chi è, se sa di esserlo, non lo è, ma vi assicuro che qui dentro vi sono, non uno, ma alcuni che possono stare benissimo al fianco di Domenico Savio. E se non volete credere, allora tiro fuori il crocifisso e giuro: è così, ci sono alcuni che possono stare al fianco di Domenico Savio. E di questo ringraziamo il Signore. Però, è inutile che pensiate: “Sono io per caso, Signore?”. No, quel giorno che costoro se ne accorgono non lo sono più. Però ci sono altri che sono partiti, ma non hanno ancora attaccato la quarta; sono partiti soltanto bene. Qualche altro ha appena ingranato le marce... pazienza! Io non sono partito con la quarta, ve l’assicuro, e neanche con la terza; non so se sono quello che ha appena ingranato le marce o se sono partito solo con la prima.
Francesco di Sales questa mattina ci dice che questa è una cosa difficile, e io sono d’accordo, però bisogna partire con maggior ardore di quanto si è fatto finora. Diciamolo al Signore, senza agitazioni, con semplicità. Questa partenza deve essere una partenza serena, tranquilla, non una partenza eccitata. No, no, proprio tranquilla e serena, ma partenza.

CONGREGAZIONE appartenenza