Don Ottorino inizia la meditazione con un invito al pensiero del Paradiso e al contatto personale con il Signore, per favorire il quale concede come sempre una pausa di silenzio, dopo aver nominato l’assistente Giorgio Pieropan, morto tragicamente il 12.11.1966, e don Pietro De Marchi, che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.
Don Ottorino coglie l’occasione della bella giornata per accennare a una vacanza sul monte Novegno, una delle camminate preferite dal villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI). Nomina don Luigi Furlato, maestro dei novizi, e Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 2° corso liceale.
Anche per questa meditazione don Ottorino prende lo spunto dal libro di L. G. SUENENS, Teologia dell’apostolato della Legione di Maria, Coletti Editore Roma 1953. Le citazioni, prese dalle pagine 189-191, sono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
Cfr. Salmo 82,6. La lezione giusta è : “Ego dixi: Dii estis, et filii Excelsi omnes”.
S. E. mons. Carlo Fanton era all’epoca vescovo ausiliare e vicario generale della diocesi di Vicenza.
MI239,1[07-05-1968]
1.Andiamo un momento in Paradiso ove c’è il nostro caro Giorgio: egli deve parlarci un momentino e presentarci a nostro Signore. Non frottole: il Paradiso esiste, figlioli, e là c’è anche il nostro Giorgio. Tu, don Pietro, ridi? Partiamo! Con una bella giornata come questa, caro don Luigi, caro Marco, si potrebbe partire e andare al Novegno, ma tempo verrà, non abbiate paura, che tutto il nostro noviziato sarà trasportato in alta montagna. L’azione apostolica, come abbiamo visto, è necessaria per tutti. Leggiamo ora un’altra sua caratteristica, cioè quella dell’universalità. Essa non è universale soltanto perché deve essere diretta a tutti, ma perché tutti hanno il dovere di farla. “Essere apostolo! “Ma - si dirà - non è un compito alla nostra portata. Solo i santi salvano il mondo... e noi non siamo dei santi. Non spingeteci dunque a cose impossibili”. Qualcuno, cioè, potrebbe cavarsela dicendo: “Sono solo i santi che salvano il mondo, e siccome noi non siamo santi, non è il caso che perdiamo la pace, e andiamo avanti come prima”. Il nostro caro autore ci dice, come prima cosa, di non perderci di coraggio e di non cavarcela perché, tanto per cominciare, dovremmo tutti essere santi. Infatti, egli dice, con il Battesimo noi siamo stati santificati. Noi parliamo della santità e della necessità di farsi santi... e va bene, ma guardate che la santità, la grande santità, il salto verso l’alto l’abbiamo fatto nel giorno del Battesimo. Quando siamo stati inseriti nel Cristo, quando abbiamo ricevuto la sua grazia, noi abbiamo fatto un balzo talmente alto che dobbiamo tenerlo presente. È lì la nostra grandezza! Qualche volta senti dei cristiani che dicono: “La dignità del sacerdozio... Viene prima il sacerdote e poi l’angelo”. Bellissime cose, ma non dimentichiamo che anche la dignità del cristiano è molto grande, senza offendere i preti, eh! È vero, il sacerdote ha una dignità grande: prende in mano un pezzo di pane, dice le parole della consacrazione e rende presente il corpo di Cristo. E il cristiano, a una persona che gli domanda: “Chi sei?”, può rispondere: “Sono figlio di Dio, fratello di Gesù, erede del Paradiso!”. Non sono scherzi! Lasciamo da parte l’eredità, guardiamo la sostanza: “Vos Dei estis” . Ecco che cos’è un cristiano! Ieri leggevo una frase su “L’Osservatore Romano”. C’è stato un convegno di religiosi, mi sembra a Napoli, nel quale ha parlato sua eccellenza monsignor Mauro, segretario. Ieri l’ho letta a monsignor Fanton ; mentre lui stava scrivendo una lettera io ho preso in mano “L’Osservatore Romano” e gli ho detto: “Stia attento, monsignore, ascolti quello che è scritto”. Monsignor Mauro diceva che bisogna sentire il cristianesimo, vivere il cristianesimo.NOVISSIMI paradiso
APOSTOLO missione
CONSACRAZIONE santità
GRAZIA Battesimo
CHIESA cristianesimo
SACERDOZIO prete
La frase è attribuita a Giulio Cesare, colpito dal pugnale del figlio adottivo Bruto, che s’era unito ai congiurati assassini: “Anche tu, figlio mio, Bruto!”.
MI239,2[07-05-1968]
2.Bisogna vivere da cristiani, figlioli! Anche i religiosi devono avere il coraggio di vivere da cristiani, e quando noi abbiamo il coraggio di vivere da cristiani siamo santi. Perciò non è valida la scusa: “Solo i santi salvano il mondo, io non sono santo, dunque...”. Devi essere santo! Basterebbe la santità ordinaria, quella richiesta dal Battesimo. Perciò, fratelli, insisterei proprio su questo: cerchiamo di pensare spesso al nostro Battesimo, alla dignità che deriva dal Battesimo. Non so se adesso sto per dire delle eresie; i teologi, caso mai, mi correggeranno. Quando si sale trentasei piani con l’ascensore, se si preme a quel punto il bottone si può salire un altro piano, e poi un altro piano ancora, ma questo piano è poca cosa a confronto degli altri trentasei. Non vi pare? Ora con il Battesimo siamo saliti trentasei piani, poi con il sacerdozio un altro piano, con l’episcopato un altro piano ancora; ma considerate i trentasei piani, e questi trentasei piani sono quelli del Battesimo. Dico male, Giuseppe? Non so se teologicamente sia corretto; teologicamente sono fuori strada? Ho l’impressione, fratelli, che pensiamo poco al nostro Battesimo, al nostro inserimento in Cristo, alla grazia che abbiamo ricevuto nel Battesimo, alla nostra dignità di cristiani, alla nostra grandezza di cristiani. Se pensassimo spesso a questo, allora avremmo una venerazione anche per i fratelli cristiani. Il nostro grande desiderio di salvare le anime dovrebbe nascere da un grande amore verso Dio, il quale vuole che i nostri fratelli siano cristiani come noi, e cioè grandi. L’amore per le anime parte da qui. Quando diciamo che dobbiamo essere presi dallo zelo per le anime, dall’amore verso di loro, intendiamo dire che dovrebbe essere questo lo spirito che ci anima: un grande amore verso Dio. Se io voglio tanto bene a don Guido e so che egli è ghiotto di gelati, se posso, tornando a casa, gli porto un gelato. Io voglio tanto bene a Dio: so che Dio desidera fare grandi tutti gli uomini, che ha già conquistato la grazia a prezzo del sangue del Cristo e vuole che tutti gli uomini siano salvi. Quando diciamo che tutti gli uomini siano salvi, diciamo che tutti gli uomini siano figli di Dio, fratelli di Gesù, membri della Chiesa, eredi del Paradiso. Questo vuole Dio! Non si tratta solo che gli uomini non vadano all’Inferno, ma di qualcosa di più: che vadano in Paradiso. Se noi non stimiamo la grazia ricevuta nel Battesimo, allora, sarà difficile che stabiliamo un colloquio intimo con il Signore, perché tale colloquio con Dio deve avere come oggetto: “Grazie, Signore, che mi hai fatto cristiano!”. Alla mattina quando diciamo: “Mio Dio, ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano...”, si sfugge questa parola “fatto cristiano” come se fosse una cosa da poco, lo stesso che dire: “Grazie per avermi dato una manciata di castagne secche”. Forse ci siamo abituati alle parole: “Sono cristiano, io sono cristiano: un’onda sacra è scesa su di me”. E invece bisognerebbe fermarsi spesso su queste parole, sentire la nostra dignità, pure prostrati dinanzi a Dio per i nostri peccati. Noi abbiamo ricevuto così tanto e abbiamo offeso il Signore. Cesare ha detto: “Tu quoque, Brute, fili mi!”, e il Signore potrebbe dire: “Tu pure, cristiano, figlio mio, che sei stato riempito di tante grazie da me, hai avuto il coraggio di peccare, di offendermi, di essere così indifferente dinanzi alle mie grazie!”. Rendetevi conto che cos’è un’azione buona fatta da un cristiano e che cos’è un peccato commesso da un cristiano: un’azione buona è potenziata in virtù della grazia, ma anche un peccato, figlioli, è potenziato, purtroppo è potenziato!CHIESA cristianesimo
GRAZIA Battesimo
ESEMPI vari
APOSTOLO salvezza delle anime
DIO amore a Dio
NOVISSIMI paradiso
NOVISSIMI inferno
VOLONTÀ
di DIO
PREGHIERA dialogo con Dio
PECCATO peccatore
PECCATO
Forse don Ottorino allude al dottor Bonifacio che in quegli anni stava curando i malati di tumore con una specie di vaccino di sua invenzione. La scienza medica ufficiale lo riteneva un ciarlatano e dovette intervenire anche il Ministero della Sanità per regolare la questione che tuttavia si trascinò per decenni perché molti ammalati di cancro volevano lo stesso curarsi con il suo vaccino, anche contro il parere negativo delle autorità sanitarie.
Nell’esempio don Ottorino nomina dapprima Fernando Murari, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale, e poi l’ing. C. Sartorelli, amico e benefattore dell’opera.
MI239,3[07-05-1968]
3.Quando il nostro autore dice che l’apostolato è un dovere universale, intende affermare che non è permesso cavarsela dicendo: “È un dovere dei santi, e io non sono santo”. Tu devi essere santo! Ci può essere anche una santità straordinaria, di eccezione; il Signore può scegliere qualcuno dandogli delle grazie particolari, ma, per il caso pratico dell’apostolato intendiamo la santità ordinaria, quella che è richiesta dalla nostra natura di cristiani. E questo non è valido soltanto per noi, ma anche per le anime. La base del catechismo che dobbiamo insegnare agli altri è questa: far capire che cosa significa essere in grazia di Dio, che cosa significa avere ricevuto il cristianesimo. Non so se sbaglio. Che ne dite voi? Alla gente bisogna far capire che non è la stessa cosa avere la grazia o non averla. La nostra gente non si cura di avere la grazia e di aumentarla; il nostro popolo cristiano, per la maggior parte, vive facilmente in peccato mortale e qualche volta va alla ricerca della grazia di Dio a Pasqua: “Sono pasqualino, sa, vengo, ecco...”. Mi trovavo un giorno a Roma, in taxi, perché dovevo fare un piccolo spostamento dalla Congregazione del Concilio a quella di Propaganda Fide per ritirare dei documenti. Il diavolo aveva cambiato la borsa. Allora ho intavolato con il taxista un breve discorso. A un dato momento ha cominciato a parlare di tumore e di quel famoso dottore... E mi ha detto: “Sono tutte invidie! Quel dottore ha certamente scoperto qualcosa che guarisce, e noi ne siamo convintissimi. Però la disgrazia è che siamo in Italia...”, e ha cominciato a spiegarmi scientificamente che era un gusto sentirlo. Questa gente sente dire che c’è una persona che può guarire i tumori e ha speranza di poter guarire dal tumore. Figlioli, che cos’è un tumore? È una malattia che può accorciare la vita di cinquanta, sessanta o settant’anni. Se capitasse a me l’accorcerebbe di qualche anno, se capitasse a Fernando forse gli potrebbe accorciare la vita anche di cinquanta o sessant’anni, se capitasse al signor Sartorelli che ha ottantacinque anni gliela accorgerebbe meno di cinquant’anni. Comunque il tumore è una malattia che può accorciare la vita solamente di alcuni anni. Prendiamo l’eternità e mettiamo questi alcuni anni a confronto con essa: chi se ne accorge, nell’eternità, di cinquant’anni più o cinquant’anni meno? Amici miei, si trova per la strada della gente che non ha un tumore solo, ma che è piena di tumori, ed è cristiana. Pazienza se fosse gente ignorante! Se si trovasse al centro dell’Africa o dell’America si direbbe: “Beh, poveretti, sono là, non hanno mai sentito parlare del Cristo, non è colpa loro se si trovano in questa situazione!”. Ma qui, qui...CONSACRAZIONE santità
CHIESA cristianesimo
GRAZIA
PASTORALE
APOSTOLO salvezza delle anime
CONGREGAZIONE fondatore
CROCE Demonio
SOCIETÀ
Da alcuni anni era ultimata la costruzione della A 1, chiamata l’autostrada del sole, che congiunge Milano a Roma. Il tratto da Bologna a Firenze si snoda in gallerie e viadotti che permettono di superare le forti asperità dell’Appennino Tosco-Emiliano. I viadotti sono costruiti su strapiombi di altezza considerevole e spesso appaiono all’improvviso davanti al guidatore all’uscita di qualche galleria.
MI239,4[07-05-1968]
4.Ieri sera, andando a Lonigo, a un dato momento tu vedi una cappella, la sua croce, e pensi alla Messa; procedi per altri quattro o cinque chilometri e trovi ancora una chiesa e senti il suo richiamo alla Messa... Sono tutte grazie di Dio, figlioli. Non è forse vero? Sono tutti inviti alle anime: “Ti avverto che c’è la Messa, ti avverto che c’è la Messa...”. Chissà quanti dovranno rispondere di questa grazia particolare! Mancando alla Messa essi dicono di no, di no, di no! Adesso, correndo in macchina da un posto all’altro, vedono tante chiese. Noi abbiamo tutte le possibilità, e queste creature che hanno il tumore nell’intimo dell’anima non si curano di andare ad ascoltare una Messa, non si curano di andare a confessarsi, non si curano, cioè non curano i tumori dell’anima. Per quale motivo, fratelli? Per ignoranza! Ma quando si accorgono, facendo la radioscopia, che hanno un tumore, corrono ai ripari. E allora il motivo è questo: non si accorgono, non capiscono che cosa vuol dire grazia, che cosa significa vita eterna. “Memorare Novissima tua, memorare Novissima tua”, ci viene detto. Ma essi non meditano più i Novissimi! E noi, fratelli, che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo ricordare agli altri queste verità. Lasciate stare tanti studi di psicologia, lasciate stare tante cose inutili, lasciate stare tanti rottami. “Memorare Novissima tua”, cari! Perché... “semel morior”, cioè si muore una volta sola. Capite? I nostri vecchi dicevano: “Si ha un’anima sola, se la si perde che sarà?”. Diciamola pure in francese adesso, diciamola in inglese, diciamola in spagnolo, ma la realtà è che abbiamo un’anima sola e respingiamo la grazia che Dio ci ha dato nel Battesimo e che tante volte ci ha restituita; si tratta di respingere tutto questo. Il nostro popolo, che è tanto preoccupato di seguire la moda, di essere vestito con questo e con quello, che si vergognerebbe di indossare un vestito dell’anno precedente, non si vergogna di vivere con il tumore nell’anima, con la morte nell’anima. E noi dobbiamo gridarlo, dobbiamo fermarla questa umanità che è attaccata alle cose del mondo, che ha perso la testa dietro il benessere, che si vergogna di andare con una macchina che ha tre anni di vita per cui bisogna prenderne una di nuova, e non pensa, e va velocemente verso la morte, verso la fine. Immaginate che ci trovassimo sull’autostrada del sole, e dall’alto di una collina vedessimo, dopo una curva, un ponte completamente crollato: voi capite che salto, e che colpo se un’auto vi cade! Beh, noi siamo lassù e vediamo le macchine precipitare: vediamo che dalla nostra parte le une passano davanti alle altre, mentre sulla corsia opposta nessuna continua la corsa perché sono tutte precipitate. Ecco il mondo d’oggi. Raffiguratevi la scena: dalla nostra parte l’autostrada con tutte le macchine che sfrecciano e poi precipitano. E noi siamo di qua che guardiamo e restiamo immobili. Ma, benedetti dalla Madonna, prendiamo una macchina, andiamo incontro a quelle auto, facciamo segnalazioni lungo la strada, esponiamo dei dischi, facciamo quanto è possibile, ma dobbiamo fermarle! Qualcuno passerà lo stesso: che vada alla malora se vuole uccidersi, ma fermiamola questa umanità, fermiamola!EUCARISTIA S.Messa
GRAZIA
PECCATO peccatore
GRAZIA Confessione
NOVISSIMI eternità
NOVISSIMI morte
APOSTOLO missione
GRAZIA Battesimo
SOCIETÀ
Monsignore Giuseppe Zaffonato era stato parroco di Araceli prima che don Ottorino arrivasse come cappellano e aveva lasciato la sua impronta di organizzatore capace e zelante.
MI239,5[07-05-1968]
5.Questa è la nostra missione: fermare gli uomini un momento per dire loro: “Guarda che caschi giù nel precipizio!”. Ma per fare questo dobbiamo essere convinti noi della grazia di Dio, noi dobbiamo fermarci dinanzi a Dio e capire che cosa vuol dire essere cristiani. Allora acquistate quelle virtù cristiane di cui avete bisogno, e una di queste è proprio il senso del dovere, che nasce dal cristianesimo, di far diventare cristiani gli altri. In questo modo noi ci creeremo anche dei collaboratori, perché se faremo dei veri cristiani avremo dei collaboratori. È inutile, fratelli, che un domani voi vi preoccupiate tanto di averne migliaia e migliaia di cristiani; cominciate ad averne uno o due, ma cristiani nel vero senso della parola. Qui, nella Casa dell’Immacolata, fin dall’inizio io ho puntato su questo: averne pochi per averne tanti. Anche voi dovete puntare un domani, nel posto dove il Signore vi manderà, ad averne pochi per averne tanti. Avete da cominciare l’Azione Cattolica? Fate come faceva monsignor Zaffonato . Monsignor Zaffonato ha cominciato l’Azione Cattolica delle donne, però diceva loro: “Donne, badate bene, eh! Io ne voglio poche, ma brave!”. E per le altre ha istituito il gruppo delle ‘madri cristiane’, con una conferenza settimanale. E allora, invece che avere cento e venti donne nell’Azione Cattolica, ne aveva sessanta o settanta, e aveva trecento ‘madri cristiane’ alle quali ogni mercoledì faceva la conferenza verso le tre pomeridiane, perché quella era un’ora buona nella quale avevano già finito di lavare le stoviglie, nella casa delle Suore Poverelle. Però con le iscritte all’Azione Cattolica era esigente e le faceva lavorare sodo; assegnava loro tante attività che non ne avete l’idea. “L’Azione Cattolica - diceva - è Azione Cattolica! Se volete essere dell’Azione Cattolica, venite, però dovete impegnarvi seriamente; in caso contrario siate buone madri cristiane”. “Ma io vorrei essere iscritta all’Azione Cattolica”. “E allora devi impegnarti”. Bisogna, anche fra i cristiani, avere il coraggio di domandare quello che il cristianesimo richiede: prima avere il coraggio di domandarlo a noi stessi, cioè la coerenza, e poi avere il coraggio di domandarlo agli altri. Siamo usciti dall’argomento? Pazienza, ma siamo lo stesso in argomento. Guardate che questo è necessario. Se noi facciamo un po’ di esame di coscienza, ci accorgiamo che abbiamo poco meditato nella nostra vita sul cristianesimo; noi siamo preoccupati di grandi cose e, forse, non siamo preoccupati di essere cristiani coerenti.APOSTOLO missione
CHIESA cristianesimo
GRAZIA
VIRTÙ
CHIESA Movimenti ecclesiali
Il riferimento è forse a Graziano Frison, un giovane che era entrato nella Casa dell’Immacolata abbandonando gli studi universitari e che all’epoca era ancora postulante mentre frequentava l’anno propedeutico al corso teologico.
La signora Irene Belgeri Scarpa era un’amica e benefattrice della Congregazione.
Il riferimento è a Giuseppe Biasio, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico e amava molto i lavori di giardinaggio, e a Ruggero Pinton che invece frequentava il 2° anno.
L’esempio suscita nell’uditorio una risata. La famiglia Nassi abitava in una casetta davanti alla Casa dell’Immacolata.
MI239,6[07-05-1968]
6.Crediamo che sia una cosa sublime dire la verità, non mormorare, non criticare, volersi bene... Invece è cristianesimo! Non dire una parola dietro la schiena, e se ti accorgi, per esempio, che un tuo fratello si trova nel bisogno, devi aiutarlo; se ti accorgi che ha un difetto, devi prenderlo in disparte. Capisci, Graziano ? Se ti accorgi, per esempio, che il tuo amico ha un difettuccio, correggilo, anche se ti costa prenderlo a braccetto e ammonirlo. È cristianesimo, caro, cristianesimo! L’ha detto lui, l’ha detto Gesù che bisogna fare così. E noi lo faremo quando questo sarà entrato nel nostro sangue. Quando noi facciamo tutto questo siamo come la signora Scarpa alla quale la mamma ha detto: “Hai fatto né più né meno che il tuo dovere”. E noi dovremmo dirci: “Perché tante storie? Hai fatto né più né meno che il tuo dovere. Ti credi santo per aver fatto questo? Sì, santo come diceva San Paolo, ma hai fatto né più né meno che il tuo dovere!”. “Sa, mi hanno ucciso mia madre”. “E tu hai perdonato?”. “Sì, sono stato eroico”. “No, hai fatto il tuo dovere di cristiano!”. “Ruggero - dice Giuseppe - mi ha rotto tutti i vasi che avevo... un colpo di rabbia! E io sono stato così bravo che sono andato a fargli un piacere. Che cosa le sembra?”. “Hai fatto il tuo dovere di cristiano. Non occorrono fare tante storie, è il tuo dovere di cristiano!”. Supponiamo che passasse per la nostra strada un tizio e uccidesse la signora Nassi - il marito naturalmente lo ringrazierebbe! - e il marito gli dicesse: “Beh, ti perdono! Quello che è stato è stato, e non se ne parli più. Vieni a cenare a casa mia. Ho capito che hai sbagliato. Pazienza!”. Questo è cristianesimo! Il cristianesimo domanda atti eroici di questo genere, figlioli. Io credo che salveremo il mondo solo se avremo il coraggio di domandare agli uomini questo cristianesimo, e di domandarlo così. “Ma, allora, a un dato momento, non verrà più nessuno in chiesa!”, si potrebbe obiettare. “No, in chiesa ne verranno pochi, ma fra qualche anno la chiesa sarà piena, ma piena di gente che crede”.CHIESA cristianesimo
COMUNITÀ
critica
PECCATO mormorazione
COMUNITÀ
correzione fraterna
APOSTOLO salvezza delle anime
Forse don Ottorino si rivolge a don Giuseppe Rodighiero, che all’epoca non aveva fatto l’anno di noviziato, ma che già pensava parroco nella zona di Laghetto a Vicenza, la cui parrocchia sarebbe stata assunta dalla Congregazione soltanto in seguito.
Cfr. Esodo 6,28-7,2.
MI239,7[07-05-1968]
7.Procediamo, ma adesso leggiamo. “Non abbiamo il diritto di misconoscere le nostre origini: “agnosce, o christiane, dignitatem tuam” (S. Leone Magno, cfr. P.L. 54, 192, n. 66). E concludiamo che ‘noblesse oblige’ e che la stirpe dei santi non ci è estranea. Questo ci aiuterà a comprendere che il dovere dell’apostolato è radicato nell’anima nostra come il sigillo del sacramento che ci ha fatto nascere alla vita”. Perciò quando noi siamo convinti che il dovere dell’apostolato è proprio radicato nella nostra stessa natura di cristiani, allora noi vivendo questo faremo in modo che ogni cristiano divenga un apostolo. Se tu, un domani, riuscirai a fare cristiano un buon giovane, una buona ragazza, un buon papà di famiglia, avrai poi un altro prete, un altro diacono nella tua parrocchia. Capisci, tu, parroco? A Laghetto, la tua cara parrocchia, tu devi fare prima un cristiano, poi un altro, poi un altro... “E gli altri? “. Alimenta anche gli altri, ma bisogna lavorare in profondità. Ecco, allora, quello che in modo particolare dovrebbero fare un domani i nostri sacerdoti nella diocesi, nella parrocchia. Il diacono fa, lavora, avvicina, e quando il cristiano giunge in mano al sacerdote, egli deve avere il coraggio di farlo lavorare in modo che scoppi e diventi un vero apostolo, naturalmente secondo le attitudini proprie di ciascuno. Perciò se uno è balbuziente non verrà mandato a predicare, se uno è zoppo non andrà a portare il cibo a chi è lontano dieci chilometri: ciascuno secondo le proprie possibilità! Chi è zoppo può essere un buon parlatore, e chi è balbuziente può avere buone gambe, e allora uno porterà e l’altro parlerà, come facevano Mosè e Aronne. “Se soltanto i Santi dovessero adempiere questo dovere, i Papi che chiamano - e con quale insistenza! - tutti i laici all’apostolato necessario, proclamerebbero una esigenza impossibile. Ora, Dio chiama al suo servizio tutte le buone volontà. Ciascuno di noi - qualunque sia il grado di virtù personale - può e deve essere strumento nelle sue mani. Dio si serve di ognuno e la sua grazia ci eleva. Con Lui ed in Lui arriviamo al di là dei nostri mezzi”.CHIESA cristianesimo
PASTORALE
SACERDOZIO prete
DIACONATO diacono
Nell’esempio don Ottorino accenna alla casa di Carraro che si trovava al limite della proprietà della Casa dell’Immacolata, e nomina don Gaetano Scortegagna, suo cugino e sacerdote da appena un mese.
MI239,8[07-05-1968]
8.Un’altra scusa che potrebbe essere sollevata è dire: “È chiaro: sono cristiano e devo essere santo, però mi accorgo che sono pieno di difetti, che ho poca fede, poca carità. Allora, come primo sforzo cerco di farmi santo io, cioè di vivere da cristiano - parliamo almeno di questa santità - e dopo comincio a fare l’apostolato”. No! Comincia subito a farti santo e contemporaneamente fa’ apostolato. Sarebbe come dire: “Vedo per la strada uno chi si è rotto una gamba, ma siccome anch’io ho male a un braccio, prima provvedo all’ingessatura del mio braccio, e quando sarà guarito...”. Tu provvedi pure al tuo braccio, ma con l’altro aiuta quel povero disgraziato, e vedrai che mentre lui guarisce anche tu guarirai; guarisce lui e guarisci tu! Mentre predichi la fede al fratello la fede crescerà in te; mentre spingerai lui ad esercitare la carità, tu, che ne hai poca, sentirai il bisogno di averne di più e crescerai nella carità. Il cristiano che fa l’apostolato agli altri, lo fa prima a se stesso, ne riceve lui il primo beneficio, sente il bisogno di crescere e la grazia passa attraverso di lui. Scusate se ricorro ad un esempio molto materiale. Scavo un fosso per portare l’acqua fino a Carraro e faccio scorrere l’acqua. Che volete: è inutile! Il fosso si riempie di acqua e tutta la terra intorno se ne impregna. Eppure bisogna farla arrivare. Carraro osserva: “La terra mi assorbe l’acqua e io ne ho bisogno”. Analogamente passa con la grazia di Dio che è veramente abbondante. Immaginate che io sia quel fosso e Gaetano la campagna da irrigare: a me è sufficiente essere in contatto con il punto di partenza dell’acqua; io la lascio scorrere... un po’ resterà anche a me. Non è vero? “Ma allora diminuirà la quantità d’acqua destinata a Gaetano!”. “Non preoccuparti di questo”.CHIESA cristianesimo
APOSTOLO missione
VIRTÙ
fede
CARITÀ
Don Ottorino interrompe la lettura del testo del card. Suenens con questa espressione personale.
Don Ottorino si rivolge a qualcuno dei presenti, che risponde dapprima: “Un abete”, e poi: “Mah!”.
S.E. mons. Di Stefano era il primo vescovo della nuova diocesi di San Roque nel Chaco (Argentina), dove nel 1967 la Congregazione aveva inviato due sacerdoti e tre assistenti. Don Ottorino accenna all’intervento di mons. Di Stefano presso Paolo VI a favore del diaconato nella Congregazione, che fu senza dubbio una spallata decisiva per la sua approvazione.
Don Ottorino legge con l’occhio dell’uomo di Dio alcuni fatti concatenati fra di loro. I giovani di quinta ginnasio della Casa dell’Immacolata rendevano abitualmente gli esami di ammissione al liceo come privatisti presso il ginnasio liceo statale A. Pigafetta di Vicenza, dove a volte venivano trattati troppo severamente. Don Ottorino nomina fra questi Luciano Bertelli, all’epoca già sacerdote. Per evitare tale situazione chiese ed ottenne che i suoi giovani dessero gli esami a Thiene presso il ginnasio parificato del seminario vescovile di Padova. Don Ottorino fu ben presto amato da tutti i professori e soprattutto nacque una bella amicizia tra lui e monsignor Sebben, il rettore del seminario. Don Ferruccio era uno degli insegnanti di Thiene e un giorno incontrò a Sotto il Monte monsignor Di Stefano, che era alla ricerca di sacerdoti per la sua nuova diocesi nel Chaco e lo invitò a conoscere la Congregazione.
Don Ottorino vuol dire che la necessità di ricorrere al collegio vescovile di Thiene (VI) per gli esami avviò i contatti con don Giuseppe Rodighiero, che ne era il vicerettore, con Zeno Daniele e con Graziano Frison che vennero messi a contatto con la Congregazione da don Giuseppe, e anche con mons. Di Stefano che accompagnato alla Casa dell’Immacolata da don Ferruccio, insegnante presso lo stesso collegio.
Nel testo registrato don Ottorino scherza nel citare ed applicare alla situazione il famoso versetto del preconio pasquale.
Nell’esempio don Ottorino nomina dapprima don Pietro De Marchi, all’epoca ancora novizio; poi l’assistente Livio Adessa, che frequentava il 2° anno del corso teologico; quindi don Giuseppe Rodighiero, entrato da poco nella Casa dell’Immacolata, e infine don Guido Massignan, direttore della stessa.
Il riferimento è a Giampietro Fabris, che all’epoca frequentava l’anno propedeutico al corso teologico.
MI239,9[07-05-1968]
9.“Vi sono delle grazie - e qui, cari, bisogna fare un esame di coscienza - che Dio lega a questo o quell’uomo, fosse pure ignorante o indegno”. Quale pianta cresceva sulla cima del campanile del tuo paese, che pianta era? Un abete! E chi l’ha portato lassù? Mah! Il Signore ha creato un rapporto tra quell’abete e la persona o l’angelo o il vento che lo ha portato lassù. Del resto il Signore - ed è un rilievo molto importante, sapete! - si serve degli uomini, vuole servirsi degli uomini, e ci sono certe grazie che sono legate a quell’uomo, a quella persona. Noi qui abbiamo avuto delle grazie particolari. Per esempio, l’essere andati nel Chaco è stata una grazia legata a monsignor di Stefano, il quale è venuto qui da noi, poi è ritornato nel Chaco, poi ci siamo andati noi, e in seguito lui è tornato qui. Forse anche il nostro diaconato è legato a monsignor Di Stefano. Torniamo indietro nel tempo. Come mai monsignor Di Stefano è venuto qui? Ad opera di don Ferruccio. Perché don Ferruccio? Perché i nostri ragazzi di quinta ginnasio erano stati trattati male durante gli esami al Pigafetta e allora ci siamo rivolti al collegio vescovile di Thiene e là... quante persone sono state coinvolte in quegli esami! Tutto per quel benedetto Bertelli perché era stato trattato male. Te ne ricordi, vero? Per difendere Bertelli ho detto: “Basta, non andremo più al Pigafetta”, e ci siamo indirizzati a Thiene. E a Thiene è stato legato Zeno, è stato legato don Giuseppe, e più o meno Graziano, e giù, giù, giù! Perfino il Chaco vi è stato legato. Se Bertelli avesse fatto un figurone... Forse lui, quella volta, avrà imprecato anche contro la professoressa! No, no, poverino; una volta era un piccolo angelo; adesso no! Vedete che non si può dire male delle croci perché quella croce è stata ‘O croce beata’, ‘O bocciatura santa!’, ‘O autunno felice!’, che ci ha procurato tanto bene. Che cosa ve ne pare? “O felix culpa, quae talem ac tantum meruit Salvatorem”. Osservate come queste grazie sono state legate a qualche persona. Non bisogna dimenticare che ci sono delle opere che il Signore vuole compiere per mezzo nostro. Per esempio, un domani, don Pietro si trova in quel tal posto; tu, Livio, in quell’altro: il Signore ha legato questo a Livio, quell’altro a don Pietro, a don Giuseppe, a don Guido. Non c’è niente da fare! Quell’anima, per esempio, che deve arrivare a Dio attraverso Fabris : il Signore ha già stabilito che si trovino insieme, ma deve essere lui il tramite al momento giusto. Dio ha stabilito per caso l’amicizia di quell’uomo con sua sorella, però tutto era prestabilito perché dovesse incontrarsi con una veste nera, con un ‘sacco di carbone’, il quale poi, a sua volta, dovrebbe affidarlo, per caso, a don Pietro. Così Fabris scompare dalla scena perché la sua missione è finita, ed è continuata da don Pietro. Capito?CONVERSIONE esame di coscienza
MISSIONI
DIACONATO
PROVVIDENZA
CROCE
DIO stile di...
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
APOSTOLO missione
Le Dame Inglesi avevano una scuola convitto per ragazze di fianco alla chiesa di San Marco a Vicenza.
MI239,10[07-05-1968]
10.Bisogna che ci mettiamo in testa che siamo degli strumenti nelle mani di Dio e che Dio, volendosi servire degli uomini, ha stabilito che certe grazie passino attraverso di essi. “Vi sono delle grazie che Dio lega a questo o quell’uomo, fosse pure ignorante o indegno”. Perciò, non dobbiamo dire: “Ma io sono pieno di difetti, sono ignorante, non ho grazie!”. “E va bene, domanda perdono al Signore, e basta! Adesso mettiti nelle mani di Dio come sei”. “Ma, se io avessi...”. “Lascia da parte “se io avessi”; ormai sei così, hai rotto tutto! Hai rotto la terrina, hai rotto la purezza, hai rotto tutto. Adesso, battiti il petto, domanda perdono a Dio e, nella condizione che sei, mettiti nelle mani di Dio!”. “Ma che cosa vuoi che faccia il Signore di me?”. “Mettiti nelle mani di Dio così come sei adesso, e lascia fare a lui! E, magari, proprio perché sei un povero stupido, un cretino, un ignorante, un peccatore, il Signore si servirà di te in modo che tu non pensi d’essere stato l’autore di qualcosa di grande”. È un rilievo importante questo, sapete! Perciò, né i peccati - non facciamone però! - né la miseria spirituale devono farci perdere il coraggio, perché il Signore si servirà di noi, proprio così come siamo, per entrare in un’anima. E magari potrà capitare che uno faccia un bel discorso, supponiamo, a quel peccatoraccio di Luciano, per due, tre, quattro, dieci volte, e non riesca ad ottenere nulla, e arriva magari suora Alberta, quella famosa suora delle Dame Inglesi , e riesce a convertirlo. Conoscete suor Alberta? Ah, è un monumento quella suora delle Dame Inglesi: è semplice come l’acqua! È la sacrestana. Io non l’avevo mai sentita di persona, ma me ne avevano parlato. La conosci, don Zeno? Bisogna che una volta o l’altra andiate a salutarla, a dirle che avete sentito parlare di lei. Ieri è venuta mentre ero nell’ufficio di monsignor Fanton, il quale l’aveva sentita parlare fuori e mi ha detto: “Aspetta che la facciamo entrare, altrimenti deve aspettare un po’”. È entrata con due grandi mazzi di fiori: un mazzo di garofani e un altro di gladioli. “Ah, Eccellenza, buongiorno. Deve perdonare, ma adesso abbiamo pochi fiori... ne portano pochi. Ieri c’è stata la prima comunione e allora il Signore ce ne ha mandati tanti e così, Eccellenza, sono venuta qui. Mi dispiace, Eccellenza, che ci siano pochi fiori, perché una volta venivo più spesso a trovarla... Beh, dove vuole che li mettiamo, Eccellenza?”. E allora il vescovo ha preso un bel vaso che io sono andato a riempire d’acqua. “Lo colloquiamo qui?”. E allora ha messo i fiori. “Ecco, vede, Eccellenza. Si ricordi di pregare tanto per me; lei conosce ormai i miei bisogni, glieli ho detti tante volte, Eccellenza, anche se non vengo spesso a trovarla. Le raccomando, perché ne ho tanto bisogno”. “Sì, madre”. “Ecco, Eccellenza. La madre mi ha permesso volentieri di venire quando ho detto che venivo da lei”.APOSTOLO chi è
l’
apostolo
CONVERSIONE pentimento
PECCATO peccatore
Do Pietro De Boni era all’epoca l’archivista della curia vescovile.
Don Ottorino scherza con don Ruggero Pinton, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico.
La registrazione si interrompe improvvisamente a questo punto, per cui la meditazione si conclude con questa esortazione finale.
MI239,11[07-05-1968]
11.Don Pietro De Boni ci ha raccontato che le aveva fatto un piccolo regalo per Natale: un quadro con Gesù Bambino mezzo nudo. Lí per lí l’ha rifiutato, poi le ha messo sopra un pezzo di nastro. Don Pietro si diverte a farla ammattire, e allora quella volta è andata a lagnarsi da monsignor Fanton... Facevano un chiasso da non dire! Quando suor Alberta è uscita, ne ho parlato con monsignor De Boni che ha detto: “È un’anima così candida che non deve avere neanche il peccato originale!”. È proprio un’anima veramente bella, non come Ruggero: sarebbe po’ troppo! Bisogna che una volta tu vada a fare la sua conoscenza. E magari il Signore si serve di un’anima come questa per convertire un professore di università, con una frase, con una parola... Forse un altro professore di dogmatica o di teologia prova e riprova, ma inutilmente. Insomma la grazia passa per dove vuole il Signore, figlioli: questa è la realtà! È giusto? La grazia passa dove vuole Dio! Noi dobbiamo collocarci al nostro posto, trafficare i nostri i talenti, domandare perdono dei nostri peccati, metterci in uno stato di umiltà...GRAZIA
APOSTOLO missione
VIRTÙ
umiltà