Don Ottorino usa il verbo “partire” per indicare il cammino di ascesa spirituale.
Il riferimento è a Ruggero Pinton, allievo dell’ultimo anno del corso teologico, mentre Marco Pinton, nominato subito dopo e al quale don Ottorino fa spesso riferimento per il suo carattere allegro, frequentava il 1° anno dello stesso corso.
Don Ottorino si riferisce con frequenza a don Matteo Pinton, l’estensore materiale delle note che aveva usato per le meditazioni precedenti.
“Nell’andare se ne andavano e piangevano” (Salmo 126,6).
Don Ottorino si riferisce, con termini molto scherzosi, a una gita che il diacono Vinicio Picco, all’epoca consigliere generale, aveva realizzato con il gruppo dei novizi.
Cfr. Atti 20,35.
MI290,1 [21-01-1970]
1. Sia lodato Gesù Cristo! Dopo le meditazioni che abbiamo fatto nei giorni precedenti, qualcuno, parlando insieme, si è mostrato fortemente preoccupato. Si è visto che qualcuno è partito, ha capito che bisogna partire, e che non si può scendere a compromessi. Per questo ringraziamo il Signore. Qualche altro, invece, è ancora fermo, ancora bloccato, e ci vorrebbe un po' di calore per farlo scoppiare. Per lui bisognerebbe insistere ancora sull'Inferno, come nelle meditazioni precedenti. Altri, invece, si sono un po' agitati: “Insomma... insomma!”, hanno mostrato un senso di agitazione. Anime più belle, come Ruggero , hanno detto: “Ma come? Allora...”. A questi ultimi verrebbe la tentazione di dire: “Guardate che l'ho detto per scherzo, non abbiate paura! Non è vero, Marco? Non abbiate paura: tutte quelle brutte cose le ho dette per scherzo!”. Invece è meglio che, prima di incominciare la meditazione, io dica a tutti un'altra parola, ed è questa: abbiamo guardato le conseguenze - brutte conseguenze! - che capitano a chi non vive la vita di famiglia con Dio. Però, avete mai pensato alla bellezza e alla gioia della vita di chi vive in famiglia con Dio? Noi consideriamo le conseguenze di un uomo, di un papà di famiglia che vive fuori di casa, che non fa la vita di famiglia, che insomma manca al suo dovere. Ma un buon papà di famiglia vi trova anche la gioia. E vero che nelle sue scelte è condizionato dalla famiglia, ma è altrettanto vero che, se lui dà alla famiglia, riceve anche da essa. È giusto, don Matteo ? Un papà di famiglia, che è sposato seriamente, deve darsi alla moglie, ma anche riceve da lei; si dona ai figlioli, ma anche riceve da loro. La vita di famiglia è un peso, ma è anche un premio. Per avere un po' l'idea di questo interrogate il nostro caro diacono Vinicio, che in questi giorni è andato a fare la sua lunga gita, preconizzata già “ab antiquo” dai profeti dell'Antico Testamento, ed è tornato... Eh! Ricordate bene l'“euntes ibant et flebant”? Noo! Non è stato così, perché sono partiti gioiosi e sono ritornati ancora più gioiosi. Ha sperimentato la gioia di vivere insieme. La vita religiosa è una donazione, ma è anche un ricevere. Infatti era contento quando si sentiva chiamare “papà Vinicio! papà Vinicio!”, ed è stato colpito quando qualcuno gli ha detto “nonno Vinicio!”. È stato solo un vento passeggero. In una famiglia, quando si dà per amore di Dio, diventa più gioioso dare che ricevere. Adesso lasciamo da parte lo scherzo, ma io penso che quel giorno Vinicio, che si è sacrificato durante la gita, abbia provato più gioia nel dare che nel ricevere. Perché dava ai giovani, a un gruppo di giovani, e lui sentiva la gioia del dare. E vero, padre Vinicio? Mi pare che questo sia giusto. In una famiglia uno dà, dà, dà, alla moglie e ai figli, ma sente anche la gioia del dare.NOVISSIMI inferno
FORMAZIONE
DIO rapporto personale
FAMIGLIA papà
ESEMPI famiglia
CONGREGAZIONE storia
CONSACRAZIONE vita religiosa
COMUNITÀ
fraternità
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
Il Villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI) si prestava non solamente per le vacanze estive, ma anche per momenti di spiritualità e di fraternità.
Don Ottorino nomina successivamente, dopo il diacono Vinicio Picco, don Girolamo Venco, don Zeno Daniele e don Guido Massignan, che avevano responsabilità di animazione dei vari gruppi della Casa dell’Immacolata.
Don Ottorino si richiama all’episodio della guarigione di Naaman dalla lebbra per intercessione di Eliseo, narrato in 2 Re 5,1-27. Il profeta rinunciò ad ogni ricompensa, mentre il servo Giesi si fece dare di nascosto argento e vestiti, e per questa frode fu punito con la lebbra.
Evidentemente don Ottorino scherza e dialoga, notando un certo brusio fra i presenti.
MI290,2 [21-01-1970]
2. Anche se questa gioia non ci fosse, non cambierebbe o non dovrebbe cambiare niente nel nostro modo di agire. Tuttavia Dio non ci fa mancare questa gioia: una gioia che è tale anche nel dolore. Una mamma trova gioia nell'assistere il proprio figliolo; soffre, perché il figlio soffre, ma dice: “Lascia stare, sto qui io; lasciami. Sono contenta di stare qui io vicino al letto di mio figlio”. Anche al capezzale del figlio morente una mamma trova la gioia di essere lei ad assisterlo. Prova dolore per il figlio ammalato, ma scongiura: “Lasciatemi questa soddisfazione, lasciatemela!”. Perciò io ripeto che Dio ci ha chiamati alla rinuncia, ma anche sul piano umano ci dà il centuplo su questa terra: la gioia di volerci bene. Questa gioia si sperimenta a volte a gruppetti, quando si sale a Bosco , si sta insieme o si va a fare una gita come l'ha fatta Vinicio, come può essere fatta una volta da don Girolamo con un altro gruppo, come può essere fatta da don Zeno, da don Guido o da qualche altro. E questa è la gioia di essere un gruppo unito, un gruppo di amici che si vogliono bene e sono animati dallo stesso ideale, dove ci si aiuta l'un l'altro per salire, per realizzare meglio la propria vocazione e quella della Congregazione, che è una per tutti. Questa, amici miei, è una gioia che non dobbiamo sottovalutare. Mi pare che a un dato momento, mentre sentiamo, ad esempio, il peso per dovere stroncare certi piccoli legami, per evitare di perderci in stupidaggini umane e per non fare le brutte cose di cui parlava don Matteo, mentre sentiamo il peso di rinunciare a qualche cosa, perché bisogna che il cuore sia a posto, bisogna che non andiamo a cercare luoghi e occasioni di peccato ai quali abbiamo rinunciato, non possiamo tornare a ricercarli come ha fatto il servo di Eliseo: Eliseo ha rinunciato a tutto e poi il servo è tornato indietro per farsi dare qualcosa. Qualche volta anche noi facciamo così: dopo aver rinunciato, torniamo indietro e rischiamo di prenderci la lebbra. Quando noi abbiamo rinunciato generosamente per amore di Dio, senza compromessi, allora siamo in grado di gustare. Altrimenti siamo come chi ha un'indigestione: non può né mangiare volentieri, né gustare. Invece è diverso il caso di chi non ha l'indigestione e, magari, è rimasto tre giorni senza toccare cibo, ed ha anche preso l'olio di ricino per gustare meglio, poi, la cena. Così hanno fatto i pellegrini che sono andati lassù in gita, per gustare meglio il pranzo a mezzogiorno... Non è vero, Vinicio? Siete rimasti per tre giorni a digiuno, e non l'avete fatto per risparmiare, ma per gustare il pranzo a mezzogiorno. Zeno comincia a dire: “Vinicio questa mattina è oggetto proprio di molte attenzioni”. Lo so. Che cos'hai detto? E un santo tiranno... un dolce tiranno? Questa è una dolce carneficina!FAMIGLIA mamma
CROCE sofferenza
APOSTOLO chiamata
APOSTOLO vocazione
COMUNITÀ
unità
nella carità
COMUNITÀ
servizio reciproco
CONGREGAZIONE missione
PECCATO passioni
CONSACRAZIONE distacco
CONSACRAZIONE generosità
CROCE tentazioni
DIO amore di...
DIO cuore di...
Padre Giuseppe Bertinazzo, comboniano, è stato compagno di seminario di don Ottorino, e insieme avevano condiviso l’ideale missionario che aveva animato i loro anni giovanili. Anche se poi don Ottorino non poté realizzare il suo sogno, rimasero sempre legati da vincoli fraterni di amicizia. Quando padre Bertinazzo tornava dall’Africa, don Ottorino lo invitava spesso a parlare ai giovani della Casa dell’Immacolata per ravvivare in loro lo spirito missionario.
S. E. mons. Italo Severino Di Stefano era vescovo di Presidencia Roque Sáenz Peña nel Chaco (Argentina), nella cui città la Congregazione aveva inviato nel 1967 il primo gruppo di missionari, fra i quali don Pietro Martinello a cui don Ottorino si riferisce subito dopo.
La meditazione, estremamente breve, termina con questa raccomandazione paterna, fatta a nome della Madonna.
MI290,3 [21-01-1970]
3. Prima di iniziare la meditazione, insisterei proprio su questo: guardiamo al lato positivo della vita, pensiamo alla gioia di avere Dio per padre, i fratelli della Congregazione come veri fratelli, e poi tutti gli uomini come fratelli; di avere come missione la stessa missione di Cristo, la salvezza del mondo intero, essere cioè gli eredi della sua missione. Dobbiamo sentire che tutto il mondo è un po' nostro, essere preoccupati della salvezza di tutti gli uomini, trattare nei nostri discorsi delle cose del mondo come se fossero nostre, della conquista del mondo come di una cosa nostra, di una cosa che è stata affidata a noi. Gustate la famiglia! Qualche volta si dice a chi è sposato: “Cerca di vivere di più in famiglia, di pensare di più alla famiglia, di gustare un po' la famiglia!”. Io dico anche a voi di gustare la vita di famiglia con Dio; in modo particolare non dimenticate che siamo in una Congregazione nuova, e che agli inizi delle Famiglie religiose Dio elargisce grazie straordinarie. Tante volte vi ho ripetuto che la gente che viene qui si accorge di questo, e voi l'avete sentito ripetere da tanti, perciò è inutile che ve ne parli. Padre Bertinazzo me l'ha detto tante volte in questo periodo che è stato qui con noi: “Ringrazia Dio! Tu non hai l'idea di che cosa il Signore abbia fatto qui dentro”. Mons. Di Stefano me l'ha fatto scrivere, si può dire, da don Pietro perché l'ha detto ripetutamente, e don Pietro me l'ha scritto dall'America, che in Italia ha trovato “mezzo disastro, ma la Casa dell'Immacolata molto bene”. Che significa questo “molto bene”? Che coloro che vengono qui si accorgono che Dio sta lavorando in mezzo a noi, che Dio ci vuole bene e ci vuole fondere in unità. E allora, state attenti: non capiti che mentre gli altri si accorgono dei doni di Dio, proprio noi non ce ne accorgiamo. Sarebbe una cosa grave. Gli esterni entrano qui, vedono che Dio ci vuol bene e ci ama, ed essi lodano Dio, mentre noi che siamo qui e mangiamo il pane di Dio forse neppure ce ne accorgiamo. In nome della nostra buona mamma, la Madonna, ve lo ripeto ancora una volta: cercate di rendervi conto di quello che Dio ha messo in questa casa, non per alzare la testa e dire: “Noi siamo!”, ma per abbassarla dinnanzi a Dio e dire: “Noi siamo beneficati da Dio, noi siamo amati da Dio; bisogna che amiamo il Signore”.APOSTOLO
DIO Padre
COMUNITÀ
confratelli
APOSTOLO missione
GESÙ
salvatore
APOSTOLO salvezza delle anime
FAMIGLIA
GRAZIA grazie attuali
CONGREGAZIONE storia
CONGREGAZIONE appartenenza
CONGREGAZIONE missione
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
COMUNITÀ
unità
nella carità
DIO lode a...
PROVVIDENZA
MARIA la nostra buona mamma
VIRTÙ
umiltà