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L’APOSTOLO NON SEGUE LE SIMPATIE UMANE

MI141 [1-02-1967]

1 Febbraio 1967

Il testo registrato è nella parte iniziale molto disturbato. Per qualche minuto si ascolta la voce dell’assistente Antonio Zordan, prossimo a partire per l’Argentina, che racconta il viaggio a Genova e la partenza, via nave, dei primi missionari della Congregazione per il Brasile.

Cfr. 1 Tessalonicesi 2,5.

Si tratta dei filosofi seguaci di Aristotele.

Cfr. 2 Timoteo 4,2.

Anche per questa meditazione don Ottorino prende lo spunto dal libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965. Le citazioni, che vengono sempre riportate in corsivo, senza ulteriori richiami, sono prese dalla pag. 48.

Termine dispregiativo dialettale: sta per stupido, sciocco.

Don Ottorino parafrasa scherzosamente una canzone del festival di San Remo.

L’assistente Vinicio Picco all’epoca era consigliere generale.

MI141,1 [1-02-1967]

1 Avanti, fratelli, si parte.
“Mai, infatti, come ben sapete, abbiamo avuto parole adulatorie...” . “Paolo non nutre certo simpatia per i molti filosofi peripatetici di quei tempi coi quali non vuole essere confuso in alcun modo. Chi annunzia la parola di Dio non può seguire le simpatie della gente: deve dire la verità di Dio “opportunamente e importunamente” . Vorrei che sentissero queste parole certi pretini che sono sempre preoccupati della loro biblioteca, di avere tutti gli ultimi romanzetti, tutte le ultime riviste, perché devono essere aggiornati, devono sapere se un ‘macaco’ ha detto che, adesso, la luna è dentro nel pozzo... bisogna sapere perché bisogna essere all’altezza dei tempi. E per essere all’altezza dei tempi bisogna sapere tutte le scemenze che gli altri dicono! Sarebbe come se, nel campo della musica, uno, non conoscesse le ultime canzoni del festival di San Remo: sarebbe considerato un povero ignorante. Non è all’altezza, non è aggiornato perché non conosce l’ultima canzone, perché... “Se rido mi tirano le pietre, se non rido mi tirano le pietre; se lavoro mi tirano le pietre, se non lavoro mi tirano le pietre; se son bello mi tirano le pietre, se sono brutto mi tirano le pietre...” . Non me la sono inventata io: come vedete sono aggiornato. Sabato sera, dopo il telegiornale c’è stato San Remo, e ho detto: “Non ho mai visto San Remo; almeno una volta voglio vederlo”. Ieri sera, a tavola, Vinicio ha detto: “Oh, è carnevale; siamo in carnevale”, e io gli ho risposto: “L’ho visto io il carnevale, caro. Non hai visto sabato sera?”. E Vinicio allora: “Quella, era quaresima... era quaresima!”.

DOTI UMANE aggiornamento

MONDO

Don Ottorino si riferisce evidentemente alla “teologia della liberazione” che in quegli anni cominciava ad affermarsi soprattutto in America Latina.

Ugo Gandelli era una vocazione adulta e, all’epoca, stava facendo l’anno di noviziato.

Nel testo registrato don Ottorino, dopo la parola filosofi, aggiunge: “E ce n’erano di in gamba, di buoni, c’era roba buona”.

MI141,2 [1-02-1967]

2 Figlioli miei, se fossi capace di farvi capire queste cose! L’uomo di Dio deve parlare la lingua di una nazione, ma non deve essere informato su tutte le stupidaggini; è giusto sapere, conoscere, ma è diverso il conoscere e l’essere preoccupato fino quasi a considerarla un’ignoranza se non si sanno tutte le stupidaggini che dicono in quella nazione. Non so se ho reso il pensiero. Tu vai, per esempio, in Brasile: è necessario conoscere il portoghese, conoscere un pochino il modo di pensare, le maggiori correnti di pensiero, per cui se là c’è una corrente che pensa in una certa maniera è necessario saper dire due parole. Ma importante è conoscere in vista della conquista, non per dire: “Io devo conoscere, se no mi stimano un ignorante”. Se ci sono delle persone che si mettono e scrivono un libro di scemenze... è giusto conoscere in vista della conquista, ma non per paura di passare come ignoranti.
Guai a voi, figlioli, se andate a leggere riviste e libri per paura di non essere all’altezza degli altri! Sarebbe il più grande disastro se un domani vi formaste cognizioni di questo e di quello per essere all’altezza, per poter parlare con proprietà. Guardate che sotto c’è una superbia tremenda che umanizza il vostro lavoro e sclerotizza. Capisci, Ugo caro? Uno che prendesse in mano di tutto perché bisogna conoscerlo si sbaglierebbe perché alla fine si vuol fare bella figura, si vuol fare bella figura in mezzo ai bellimbusti che credono di avere la cultura in mano e invece non hanno niente in mano, sono soltanto dei magnetofoni, dei nastri che hanno raccolto di qua e di là; un magnetofono non fa mai una predica sua, dirà sempre quello che dicono gli altri, e tante volte con cose sovrapposte per cui non si capisce niente. Figlioli, ascoltate quello che dice San Paolo. “Paolo non nutre certo simpatie per i molti filosofi peripatetici di quei tempi, coi quali non vuole essere confuso in alcun modo”. E invece mi pare che oggi, e ve ne renderete conto fra otto o dieci anni quando ci sarete in mezzo, che don Ottorino forse aveva ragione perché nella maggioranza dei casi non si vuole essere da meno: uno è preoccupato di non essere confuso, altri sono preoccupati di non essere da meno, preoccupati di non essere differenti da questi tali. Non è il numero dei preti che salva, non è il numero dei religiosi che salva: è la qualità! Se in Italia, invece di cinquantamila preti, avessimo cinquantamila San Paolo, basterebbero per salvare il mondo e anche a metterne un pochi in pensione. Cinquantamila San Paolo! Ci vuole coerenza: quando uno si dà al Signore deve darsi al Signore e basta; poi si serve di tutte queste cose, ma prima si dà al Signore.

APOSTOLO uomo di Dio

DOTI UMANE aggiornamento

VIZI superbia

DOTI UMANE cultura

APOSTOLO predicazione

SACERDOZIO prete

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

MI141,3 [1-02-1967]

3 “Chi annunzia la parola di Dio non può seguire le simpatie della gente...”.
Ecco perché certe volte questo povero prete grida forte, forte, forte; perché qualche volta - e siamo uomini, sapete! - si cerca un po’ la simpatia della gente. L’uomo di Dio non deve cercare la simpatia della gente. Anche qui vale quell’antico detto: “Piacere a Dio e non dispiacere agli uomini!”. La simpatia che io cerco è quella di Dio: cerco di non offendere gli uomini perché devo abitare in mezzo agli uomini, perché devo salvare gli uomini, ma io devo cercare una sola simpatia, quella simpatia. Come un ragazzo che ha la sua fidanzata ne cerca la simpatia, ma nello stesso tempo cerca di essere socievole, di comportarsi urbanamente in mezzo agli altri. Quello è il mio amore, quello è il mio Dio, a quello io ho dato il mio cuore! Perciò l’uomo di Dio non è preoccupato delle simpatie umane. Vi ho detto tante volte che Dio ci ha chiamati, ma noi restiamo uomini, e restando uomini abbiamo tutte le miserie degli uomini, e una delle miserie dell’uomo è sempre stata quella di desiderare di piacere, desiderare le simpatie. È una cosa umana, figlioli, è una cosa umana! Uno, per esempio, si sente certamente più contento se lo fanno monsignore che non se lo mettono in galera o se mettono un articolo contro di lui sul giornale o se il vescovo lo sospende “a divinis”. Voi capite chiaramente che l’uomo è uomo, la carne è carne, la natura è natura. La natura desidera la simpatia degli uomini, invece lo spirito deve cercare la simpatia di Dio.

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

DOTI UMANE

DIO amore a Dio

CREATO

DOTI UMANE stima

VIZI superbia

Piergiorgio Santagiuliana aveva già completato il corso ginnasiale e stava facendo l’anno di noviziato.

Mariano Apostoli frequentava all’epoca l’anno propedeutico al corso teologico.

Don Ottorino nomina don Guido Massignan, che all’epoca era il direttore della Casa dell’Immacolata, e il maestro dei novizi che era don Luigi Furlato

Raffaele Testolin aveva completato il corso ginnasiale e stava facendo l’anno di noviziato.

MI141,4 [1-02-1967]

4 Qualche volta ho sentito questa frase correre nei corridoi : “Se nel mondo c’è tanto male, chissà come andremo a finire, chissà come andremo a finire!”. Non ti sembra, Santagiuliana ? Non vi spaventate! Se voi abbracciate il Cristo totalmente, anche se vi capita qualche capitombolo perché qualche volta vi dimenticate di lui, se voi partite da questo momento dicendo: “Signore, io mi dono tutto, mi dono tutto!”, non abbiate paura; il Signore vi dà una mano. Cioè, in altre parole, io dicevo nella mia comunione: “Signore, fammi la grazia di morire piuttosto di diventare un buon prete”. Se io avessi detto questo, avrei sbagliato perché non si diventa neanche buoni preti, mentre bisogna mirare al massimo, alla donazione completa. Voi, in questo tempo, in questo momento, dovete mirare al massimo, dovete dire: “Signore, io voglio diventare santo, cioè voglio donarmi interamente a te! In altre parole io voglio fare cento su cento la tua volontà. Io parto con l’intenzione di donami cento su cento e voglio, desidero, darmi cento su cento a te!”. Poi succede che per strada ci sarà una giornata in cui date neanche il trenta per cento al Signore: “Oh, mamma mia, che razza di testone sono! Signore, ti domando perdono!”. Ecco fatto! Però, in partenza ci vuole una donazione al cento per cento, e anche lo sforzo; poi ci saranno dei momenti in cui la traiettoria tira in giù. Ora, per vostra consolazione, posso dirvi che tutti quelli che ho incontrato sul mio cammino e che hanno avuto l’intenzione e fatto lo sforzo di dare il cento per cento al Signore, anche se dopo hanno dato appena il quaranta o il cinquanta per cento al Signore, cioè sono andati avanti con la corrente alternata, almeno quelli che ho conosciuto io, ve l’assicuro che nessuno ha fatto fiasco. Perché? Ugo si consola! Perché il Signore non abbandona quando vede uno che vuole darsi a lui: no, neanche per sogno; lo fa morire cinque minuti prima. Se potessi parlare, tirerei fuori dei casi che dimostrerebbero proprio matematicamente quello che ho detto. Quando uno vuole donarsi al Signore interamente, anche se è debole, il Signore non lo abbandona neanche per sogno. Perciò non abbiate paura della vostra debolezza, non abbiate paura della vostra incapacità... abbiate paura della vostra testa.
Mariano mi guarda! Quando uno si è dato, e desidera darsi interamente al Signore, e si dà con umiltà conscio della propria debolezza: non abbiate paura, non abbiate paura! Andate in mezzo al fuoco e il fuoco non vi brucerà. Esagero, don Guido, nel dire questo? Il maestro dei novizi è d’accordo? Perché? Perché è impossibile che il Signore vi abbandoni, è impossibile! E invece quando uno dice: “Sì, io mi do al Signore: però, però... fino a questo punto... Io santo? Troppa fatica; mi accontento di diventare un buon prete, mi accontento di diventare un buon assistente, mi accontento così, mi accontento così!”. Può darsi che quello vada avanti dieci anni così... Quest’altro invece ha detto: “Voglio farmi santo!” e, poverino, va in altalena magari per dieci anni, mentre il primo lo deride. Eppure io sono più sicuro di quello che va in altalena, che combina qualche grosso pasticcio, piuttosto dell’altro, perché questo si è donato tutto al Signore, anche se combina qualche pasticcio, mentre l’altro non si è donato tutto e verrà il momento in cui potrebbe trovarsi improvvisamente scoperto e allora cade rovinosamente. Capisci, Raffaele ? Questa è la realtà!

CONSACRAZIONE offerta totale

SACERDOZIO prete

PREGHIERE di donazione

CREATO

DOTI UMANE buona volontà

VIRTÙ

umiltà

Luciano Bertelli e Luciano Rizzi frequentavano insieme il 3° anno del corso teologico.

“L’apostolo deve dare” è una delle frasi forti della spiritualità che don Ottorino cercava di inculcare nei suoi giovani Religiosi.

Edicola sacra lungo le strade; in dialetto veneto, scherzosamente, indica anche l’osteria.

L’espressione di don Ottorino è evidentemente scherzosa, pur affermando una verità importantissima, giocando sul significato del termine “capitello”.

MI141,5 [1-02-1967]

5 San Paolo si dona interamente al Signore ed è preoccupato solo di piacere al Signore, non gli interessa piacere agli uomini, non gli interessa apparire; se è necessario apparirà, ma non importa. Lui ha un messaggio da portare ed è questo messaggio che deve portare. Lui è l’uomo di Dio e a lui interessa apparire uomo di Dio; lui è il donato al Signore, e deve apparire come l’uomo donato al Signore.
“Perciò la parola dell’apostolo è incontaminabile, come quella di Dio”. La parola dell’apostolo è incontaminabile! Quante ore, caro Luciano , deve fare l’apostolo? Ventiquattro ore. Quante ore deve parlare di Dio? Trentasei ore nella giornata. Non c’è niente da fare: l’apostolo deve dare. E quando può parlare del suo Signore, deve parlare del suo Signore. Uno che è amante del canto, appena può lancia un gorgheggio. L’avete mai notato? Se uno è amante del canto, tu noti che durante la giornata, appena può, butta giù quattro note. È un gusto sentirlo cantare! Ebbene, l’apostolo è proprio così: pieno di Dio, quando può cantare canta; quando può parlare del suo Dio parla del suo Dio, e quando non può parlare del suo Dio prega il suo Dio, ma dentro, nel suo cuore, canta. L’apostolo è come un canarino che continua a cantare, a cantare; se si è donato interamente a Dio, sente il bisogno naturale di parlare del suo Dio; se può conquistare anime, è peggiore dei briganti che hanno voglia di soldi, è disposto a qualunque sacrificio. Ieri sera parlavano di uno che era uscito di prigione alla sera scappando, e alla mattina dopo aveva fatto un altro assalto alla banca. L’uomo di Dio è ancora peggiore: esce e dopo due minuti è dentro un’altra volta nello stesso posto. Supponi che vada a parlare con Raffaele di Dio, e intanto fuori trova Luciano: gli parla di Dio, e poi, fuori, ne trova ancora un altro... è peggiore di un ladro, è peggiore di un ladro! Lo stesso succede ad un ubriacone che va da un capitello all’altro: esce dal capitello di Sant’Antonio e va da quello di Santa Margherita Maria Alacoque.

APOSTOLO uomo di Dio

CONSACRAZIONE offerta totale

SLOGANS fuoco apostolico

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

ESEMPI apostolo

APOSTOLO F.A.

“Ad uso del delfino”. Gli ecclesiastici J.B. Bossuet e P.D. Huet vennero chiamati a censurare alcune opere classiche che dovevano servire agli studi del delfino di Francia, l’erede al trono del re Luigi XIV. La frase viene usata oggi per significare l’adattamento di una situazione a proprio vantaggio.

MI141,6 [1-02-1967]

6 “Il predicatore non può venire a compromessi, né lasciarsi persuadere a sottrarre nulla al messaggio affidatogli da Dio”.
Non si può sottrarre nulla. Può esserci il pericolo tante volte di sottrarre qualche cosa al messaggio di Dio: “Aspetta che... No, no, non devo dire adesso queste cose perché là, in fondo, c’è la Veronica. È una benefattrice, è quella che ha risolto il problema dei gabinetti della chiesa, e non vorrei offenderla... Perciò queste cose, niente! Aspetta... c’è il cavalier Grassetto là, in fondo, e allora queste cose niente!”. Il messaggio di Dio viene filtrato ‘ad usum delphini” . Il messaggio di Dio viene filtrato quando si dice: “Aspetta, aspetta a parlare un pochino troppo... Che non mi faccia vedere un pochino troppo santo dinanzi a Bertelli quando vado a cena in compagnia; là, di solito, si sentono le barzellette... dinanzi a quelle persone devo stare su un tono più culturale che spirituale perché non sono abituati a sentirmi parlare spiritualmente”. Sapeste quante volte vengono fatte queste cose, quante volte viene filtrato il messaggio di Dio perché ci si vergogna di parlare troppo di Dio quando si è davanti a persone con le quali non si parla quasi mai di Dio! Sto leggendo casi particolari, sto descrivendo preti, la gran parte! Qualche prete che non si è donato interamente al Signore, alla sera va a cena in casa di un medico, di un altro, di quest’altro, e al momento di parlare non parla di Dio; parla, sì, ma cambia discorso immediatamente, cambia tono, assume un tono culturale invece di un tono spirituale. Perché? Perché in quella casa non parla mai di cose spirituali; e allora si vergogna, si vergogna se apparisse troppo santo. Sono casi già capitati, figlioli, casi che capitano!

APOSTOLO predicazione

APOSTOLO ambasciatore di Dio

PECCATO omissioni

Ruggero Pinton frequentava all’epoca il 1° anno del corso teologico.

L’assistente Giorgio Pieropan era morto il 12.11.66 in un incidente stradale.

MI141,7 [1-02-1967]

7 “Il predicatore non può venire a compromessi, né lasciarsi persuadere a sottrarre nulla al messaggio affidatogli da Dio”.
La verità è verità. Anche se domani sera mi prepari cipolle per cena, caro Antonio Zordan, non c’è niente da fare: la verità è verità. Il messaggio di Dio è questo. Prima di portarvelo sono andato a domandare al Signore. Volete andarvene? Andate a farvi benedire! Contemplate Gesù Cristo, considerate il Vangelo: il Signore qualche volta si nascondeva per paura dei farisei, per tenerseli buoni? Analizzate se solo una volta Gesù ha sottratto qualcosa per convenienza, se una sola volta Gesù ha fatto sfoggio della sua cultura, e forse ne sapeva più di qualche altro! Solo verità, pura verità. “Paolo non indulge a deroghe di nessun genere per far piacere agli uomini...”. Ragazzi, ricordatevi di queste cose qui. Può darsi che io muoia, ma ricordatevi di queste cose! Sai, Ruggero caro: ricordatevi! Non preoccupatevi di piacere agli uomini... Un bel giorno tu, Ruggero, vai cappellano, supponiamo, in un’altra parte: “Che bel biondino è il nuovo cappellano! - dice quella signorina - È un pochino troppo poco fuori; bisognerebbe che venisse qualche volta all’osteria”. Cioè dovrebbe piacere agli uomini, e Ruggero ci va. Figliolo mio, la verità è piacere non agli uomini, ma piacere a Dio, piacere a Dio! Sarai un biondino fin che vuoi, ma quando muori, caro, diventi moro anche tu. Pensate qualche volta a Giorgio , pensate a dove si trova Giorgio adesso. Avete mai pensato, quando vi viene qualche tentazione, quando vi viene voglia di piacere agli uomini, per esempio, vi siete mai messi in quel momento davanti a Giorgio, davanti alla cassa da morto? “Cose da Medioevo”, dicono gli altri. Se andate là, non c’è Medioevo; adesso siamo in pieno secolo ventesimo! Provate ad andare davanti alla cassa da morto e domandate a Giorgio che cos’è contento di avere fatto, che cosa gli è servito e vi dirà: “I sacrifici che ho fatto: quando non avevo voglia di tagliare la carne e sono andato a tagliare la carne, quando mi sono sforzato di fare la volontà del Signore. Quello mi è servito. Tutte le volte invece che ho fatto la mia volontà, quello, mi dispiace, ma non mi è servito!”. “... né per riguardo alla mentalità del tempo...”.

VIRTÙ

trasparenza, sincerità

DOTI UMANE coerenza

PAROLA DI DIO Vangelo

DIO amore a Dio

NOVISSIMI morte

VOLONTÀ

Don Ottorino fa un gioco di parole: “urbem” è la città di Roma; “orbem” è l’orbe terracqueo, il mondo.

Cfr. Giovanni 15,19.

Giorgio De Antoni frequentava all’epoca il 1° anno del corso liceale.

Don Ottorino, scherzando, vuole dire che il parroco si è inserito tanto nell’ambiente che ha figli anche lui come tutti gli uomini della montagna.

MI141,8 [1-02-1967]

8 Noi, figlioli, siamo extratemporali, ‘extra tempus’. Uno ha detto: “Extra orbem”. Una volta hanno fatto uno monsignore, e invece di ‘extra urbem’ hanno messo sul decreto ‘extra orbem’, ‘fuori dell’orbe’ . Noi siamo ‘extra orbem’, non siamo del tempo. “Vos de mundo non estis. Voi non siete del mondo” . Quando anche voi avrete cinquant’anni vedrete che non vale la pena prendersela per il mondo. La politica, ad esempio: una volta ti dicono che la verità, l’unica verità, l’hanno in mano i fascisti; dopo, via i fascisti, e l’unica verità l’ha in mano Hitler; via Hitler... Adesso in Cina una volta c’è Mao, una volta c’è un altro; un volta corre il cane e una volta corre il gatto; non si sa mai, una volta l’uno e una volta l’altro! Che cosa volete fare, figlioli! E sì che la storia è “magistra vitae”! Non dobbiamo perdere la testa.
“... né per riguardo alla mentalità del tempo...”. Noi abbiamo la mentalità di Dio; dobbiamo avere la mentalità di Dio che è sopra la mentalità del tempo; dobbiamo parlare il linguaggio dell’uomo, dobbiamo non opporci agli uomini, conoscere gli uomini, ma ragionare con la testa di Dio. Sai, Giorgio ; dobbiamo ragionare con la testa di Dio. Perciò non lasciatevi prendere dalla mentalità del mondo: guardate che è facilissimo! A un dato momento mandi un povero parroco lassù, in montagna, in mezzo ai pastori, e dopo un po’ di tempo lo vedi pastore anche lui... e, magari, con i pastorelli! State attenti!

MONDO

SOCIETÀ

politica

APOSTOLO apostoli del Duemila

Giuseppe Parini (1720-1799), poeta ed educatore, appena ordinato sacerdote fu precettore presso nobili famiglie lombarde. Il suo capolavoro è il poemetto in quattro parti, “Il giorno”, finissima satira della vita frivola e oziosa della nobiltà del suo tempo.

Il prof. Riccardo Vicari era insegnante di lettere alla Casa dell’Immacolata, ma allo stesso tempo era stato dirigente diocesano di Istituzioni cattoliche ed era attivamente impegnato nel campo politico.

Personaggi del romanzo “I promessi sposi” di A. Manzoni.

Zeno Daniele prima di entrare in Congregazione aveva lavorato con mansioni direttive presso la grande impresa edile Grassetto di Padova e aveva quindi conosciuto a fondo i problemi sindacali che cominciavano ad agitare in modo preoccupante anche le aziende italiane dopo anni di relativa calma.

MI141,9 [1-02-1967]

9 “... né per riguardo all’indole o allo spirito delle razze e dei popoli, né per piacere ai ricchi né per piacere ai poveri...”.
Il pericolo che un domani forse si potrebbe incontrare è quello di piacere ai ricchi. Può succedere anche questo, che si ragioni come quei quattro o cinque ricchi che ci sono in parrocchia, con quel certo tono, e la gente capisce che sei un servo come al tempo del Parini... quando c’erano i cappellani della casa. Ma oggi, per conto mio, c’è anche un altro pericolo: quello di voler piacere ai poveri. Cioè, per piacere ai poveri ci si mette dalla parte degli operai quasi ponendosi a capo di movimenti sindacali, di movimenti rivoluzionari. Per conto mio anche questo è sbagliato: non tocca a noi, non tocca a noi, figlioli! Noi insegniamo la verità, ma lasciamo che si muovano gli altri: se volete, suggeriamo, consigliamo privatamente, ma non tocca a noi dal pulpito o nelle nostre sale metterci a dire: “Ma qui... Ma, è giusto? Voi, operai, unitevi!”. No, noi dobbiamo insegnare all’operaio che deve fare la volontà di Dio e deve fare il suo dovere se ha la famiglia e il suo lavoro, ma non metterci noi a fare i sociologi: non tocca a noi! Eventualmente sarà l’assistente che si metterà privatamente a muovere un pochino le cose, e poi siano gli altri che si muovano. Noi siamo i padri, come se si stesse litigando in una famiglia: noi siamo i padri per insegnare la strada del Paradiso a tutti, noi siamo i papà degli uni e degli altri. Questo non è per mettersi al sicuro, per salvarsi; è perché non è nostro compito! Sbaglio, don Guido? Non è il nostro compito, ricordatevelo! Ci sono dei preti che oggi hanno assunto quasi il ruolo di capi di movimenti sindacali; quello non è il posto del prete! Qualcuno potrebbe obiettare: “E, allora, questa povera gente?”. Istruite i laici perché si mettano loro in testa; questo è compito dei laici. Educate i laici all’azione sul modello del professor Vicari o altri: portate avanti quelli e ce ne saranno a sufficienza. Che non si veda che il prete è il capo del movimento dei popolari, il capo delle rivoluzioni, il capo di... Noi siamo gli uomini di Dio, di Dio e dobbiamo insegnare la strada di Dio a tutti: all’Innominato, ai bravi e a don Abbondio , a tutti. State attenti, state attenti! Il pericolo c’è perché se non si muove la gente, i poveri bisogna difenderli, e allora il prete si mette dal pulpito a gridare contro i padroni, contro le ingiustizie, contro i cattivi trattamenti. Voi muovete altre pedine. Il prete, eventualmente, potrà andare privatamente dal datore di lavoro a dire: “Senta, scusi, guardi... da buon cristiano...”, come ha fatto fra Cristoforo che è andato in casa di don Rodrigo; andrà a correggere quel cristiano, ma non si metterà lui a capo di un movimento. Zeno , tu sei d’accordo su questo? Zeno, non sei d’accordo?

PASTORALE parrocchia

SOCIETÀ

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

SOCIETÀ

sindacato

SACERDOZIO prete

L’assistente Picco Vinicio prima di entrare in Congregazione partecipò attivamente all’attività politica dell’immediato dopoguerra che vide l’affermarsi della democrazia in Italia dopo il ventennio fascista.

Don Ottorino scherza con un latino maccheronico molto approssimativo e facilmente comprensibile.

MI141,10 [1-02-1967]

10 Tanti preti non fanno più i preti per questi atteggiamenti. E poi, c’è da considerare che su cinquanta operai ci sono quaranta che pensano in un modo e dieci che pensano in un altro, e il prete finisce per mettersi in un gruppo di dieci, quindici, venti o cinquanta contro altri.
Per esempio, adesso ci saranno le elezioni comunali: perché il prete deve mettersi a capo di un gruppo? E tutte le altre anime non sono sue? Facendo così non rischia di tagliarle fuori? E anche se sono pecorelle smarrite, loro non lo vedono più nell’aureola del prete, ma lo vedono come il capo della Democrazia Cristiana, lo vedono un po’ come il capo del partito, di un partito! Ma no! Il prete è il padre della parrocchia e domani il liberale, domani il socialista, domani il comunista, devono vedere il padre, e quel giorno che ritorneranno confessando che hanno sbagliato devono trovare le braccia aperte: loro andranno dal prete e non dalla Democrazia Cristiana! Devono vedere il sacerdote di Dio, non il democratico cristiano, non il segretario del partito! Perciò il prete deve restare con la sua aureola di uomo di Dio che dice bianco al bianco e nero al nero, da qualunque parte sia. Penso che Paolo avrebbe fatto così. Conosco preti che fanno così, e così la Democrazia Cristiana va meglio perché in questo modo insegnano a quelli della Democrazia Cristiana ad essere più cristiani, e perciò ad avere meno cricche, meno parte umana dando meno il fianco all’avversario; questi preti insegnano a essere democratici, ma cristiani! Ma il primo cristiano deve essere il prete! Non si devono sentire nella casa del prete le discussioni su chi deve essere sindaco con giudizi sull’uno e sull’altro. È carità cristiana questa? Proprio un prete deve fare questo? E dice: “Corpus Christi... Corpus Christi... Orate fra tres...”, dopo aver fatto in casa sua mezza combriccola per fare in modo che quello non venga eletto, ed è un democristiano anche quello! No, non è il posto per il prete, non è il posto...Vinicio , dico bugie? Sapeste quanti preti fanno politica, e invece di salvare le anime, rovinano la parrocchia, nel vero senso della parola: la rompono in due, tre, quattro parti. È difficile dopo portare i fedeli a confessarsi da loro! “... né per piacere ai poveri...” Ricordate che siamo invitati ad ‘evangelizare pauperibus’: il Signore ci ha mandato ad ‘evangelizare pauperibus’ e non ad ‘organizzare pauperibus contadinibus’. “... né per incontrare il favore dei dotti né degli indotti. Questo rende degna di fede la parola annunziata”. È passato il tempo. Andiamo!

SACERDOZIO prete

SOCIETÀ

sindacato

SOCIETÀ

politica

PASTORALE

APOSTOLO missione

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO salvezza delle anime