Don Ottorino inizia la meditazione nominando Antonio Pernigotto, che all’epoca era novizio, e accennando evidentemente a qualche suo prossimo viaggio o alle partenze per l’America Latina: in luglio sarebbe partita la prima comunità per l’Argentina.
La citazione è della 1Tess 2,11-12 che don Ottorino legge dal libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965, che prende come testo base anche per questa meditazione. Le citazioni, riportate sempre in corsivo, senza ulteriori richiami, sono prese dalla pag. 51.
Cfr. 1Tessalonicesi 2,7.
Cfr. 1Cor 4,15
Don Ottorino amava condire di tanto in tanto il suo parlare con qualche espressione latina, come la presente che significa: “E così di seguito”.
Nel testo registrato don Ottorino dice “consorelli”, espressione familiare e scherzosa allo stesso tempo
Don Lino Dal Moro era partito per il Brasile il 31 gennaio di quell’anno, insieme con don Luigi Mecenero e l’assistente Giovanni Sgarbossa.
S. E. monsignor Costantino Luna, vescovo di Zacapa in Guatemala, aveva chiamato i missionari della Congregazione a lavorare nella sua diocesi e frequentava abbastanza spesso la Casa dell’Immacolata
In attesa di partire per il Brasile don Lino aiutava il parroco di Arsiero (VI) nel servizio pastorale.
MI150,1 [1-03-1967]
1 Coraggio, ancora un poco e mi vedrete, e un altro poco... caro Antonio Pernigotto, partiremo. “Ben lo sapete che, come fa un padre con i suoi figlioletti, abbiamo esortato, incoraggiato e scongiurato ciascuno di voi a condurre una vita degna di Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria”. “Come pastore d’anime, Paolo si sente non solo come una madre , ma anche, particolarmente nel suo ministero di maestro, come un padre. Egli ha ‘generato al vangelo’ anche i Tessalonicesi, come dirà più tardi dei Corinti. Ora, un padre ha il diritto di ammonire; e, sentendosi spinto dall’amore, Paolo non teme di essere ‘importuno’; all’amore infatti l’uomo è disposto a concedere molto”. Facciamo un po’ l’analisi grammaticale su queste parole. Paolo sente di essere un padre, sente di voler bene come un papà, e poiché sente di voler bene non risparmia quelle parole che ha detto: “... abbiamo esortato, incoraggiato e scongiurato”... bastonato e... “et ita porro, et ita porro”. Ora, state attenti, venerabili confratelli. Questo non ve lo dico per giustificare quello che ha fatto questo vecchio padre, ma per dirvi: “Guardate che se non fate così, andate a finire all’Inferno!”. Si presenta, per esempio, un caso; prendiamo un caso noto a tutti, perché è facile da capire. Si presenta il caso di don Lino Dal Moro che è partito per il Brasile. Chi non ha stima di don Lino Dal Moro? Chi non vuole bene ad un giovane sacerdote come lui, dotato di spirito buono, pieno di carità, provato dalla sofferenza per la morte del papà e la malattia della mamma, tanto che è partito mentre la mamma è ancora ammalata? Chi non capisce queste cose? Se tu guardi don Lino sotto i vari punti di vista, ti senti di volergli sempre più bene, sempre più bene, perché è un ragazzo, è un sacerdote che può fare tanto del bene; avrà anche lui qualche piccola pecca, come abbiamo tutti, ma se lo consideri nella sua completezza è un sacerdote che può fare tanto del bene. È uno che senti di amare per quello che ha fatto, per gli sforzi che ha fatto per arrivare a quel punto, per quello che ha sofferto, per la giovialità che ha. Questo lo sentite voi, ma io lo sento più di voi; se voi lo sentite perché siete fratelli, io lo sento perché sono papà. Quando è venuto qui, io ho vissuto con lui, ho trepidato con lui nei momenti della lotta: quando ho visto il fiore che stava crescendo e le tempeste che stavano venendo avanti io l’ho circondato di affetto, gli ho messo altri vicino, gli ho messo una siepe attorno, ho pregato, ho sofferto giorno e notte, si può dire, per questa creatura. Quando poi l’ho visto camminare tranquillo e sereno, sono rimasto come una mamma che sente la gioia quando vede il figlio fuori pericolo. Quando è arrivato il momento della partenza ho condotto monsignor Luna a casa sua perché portasse un po’ di tranquillità alla mamma. Insomma, è arrivato il giorno di lasciarlo andare, di farlo partire per l’America. Don Ottorino vuole un bene grande a don Lino, ma anche don Lino vuole bene a me. Notate un piccolo atto che sembra una stupidaggine: don Lino era ad Arsiero ; è andato in Svizzera con l’arciprete di Arsiero, e ha comprato due tavolette di cioccolato, una per sua mamma e una per me. Non so chi abbia mangiato il cioccolato che dopo un mese è venuto a portarmi. Capite che basta un atto di questo genere per capire il cuore di un figliolo. Avrebbe potuto prendere la tavoletta di cioccolato e portarla a uno di voi... Si vede che tra me e lui c’è una corrente di affetto.CONGREGAZIONE storia
CARITÀ
amicizia
DOTI UMANE sensibilità
Don Flavio Campi era il superiore della comunità di Monterotondo (Roma) ed era stato cappellano a Belvedere di Tezze sul Brenta (VI), paese dove viveva la famiglia di don Lino.
Noto proverbio che indica l’inutilità di decisioni prese senza la presenza di colui che solo ha l’autorità per confermare le decisioni stesse perché è ‘il padrone’ della situazione.
MI150,2 [1-03-1967]
2 Ora dico una cosa nota a tutti: non lo faccio per rivelare peccati, ma perché ciò che è avvenuto deve servirci per creare dei principi. Don Lino sta per partire e mi domanda di andare a salutare un fratello in Italia meridionale. Lui ha capito una cosa, io un’altra: lui ha capito che poteva andare a trovare anche sua cugina a Napoli. E va bene; è andato a trovare sua cugina suora a Napoli. Ma poi, nel viaggio di ritorno si è fermato anche a Monterotondo a trovare i fratelli e si è fermato con loro. Oggettivamente che cosa c’è di male? Niente di male, oggettivamente. Se me lo avesse detto gli avrei risposto: “Fermati finché vuoi!”; se me lo avesse detto, gli avrei detto di telefonare almeno a casa per vedere se era arrivato l’ordine di partire per l’America : Oggettivamente niente di male. Però, un mese e mezzo prima, sapendo che vuole bene a don Flavio , l’ho mandato con don Aldo a Monterotondo per tre o quattro giorni. Lui è andato senza pensarci, non per cattiveria; praticamente ha fatto una cosa che un religioso non dovrebbe fare senza pensarci. Allora mi sono trovato davanti a questo dilemma: io avrei potuto lasciar correre, come più di uno di voi mi ha detto privatamente: “Don Ottorino, è l’ora della sua partenza... È proprio necessario dare a don Lino un disgusto del genere?”; più d’uno mi ha detto questo, che, cioè, non era il caso di dargli un disgusto del genere. Io mi sono trovato dinanzi a questo dilemma: lasciar passare pensando che non valeva la pena amareggiarlo quando aveva già lo strazio del cuore per la partenza, anche per la malattia della mamma. Perché dobbiamo perdere la pace per questo? Un papà avrebbe detto così, e vi dico sinceramente che quello era il mio primo sentimento: su questo neanche una parola! Poi avevo una seconda scelta pensando che mando don Lino in America a dirigere un Istituto, lo mando ad impiantare una casa, lo mando dove io non posso essergli vicino né nessun altro di voi. Ora lui deve fare in ogni azione la volontà del Signore, non può prendersi il lusso di dire: “Adesso mi sembra che vada bene così e faccio così...”, e anche se quello che decide sembra la cosa migliore non può dire: “A me sembra che questo vada bene e allora lo faccio, mi sembra che vada bene!”, perché se ragiona in questo modo sembrandogli di fare bene andrà a finire giù per il fosso. Se io vado avanti dicendo: “Secondo me... Mi sembra che vada bene così...” e non mi preoccupo di dire al Signore: “Signore, adesso, secondo me va bene così, ma secondo te va bene così o non va bene così?”, non sono sulla strada giusta. Cioè, se io non mi fermo a domandare al Signore quello che piace a lui, ma ci mettiamo in due o tre e decidiamo: “Don Lino, che cosa ne dici? Bene, bene, facciamo così!”, e non vediamo prima se c’era il Signore con noi, facciamo i conti senza l’oste . Sarebbe come se voi vi foste riuniti questa mattina in tre o quattro e aveste deciso: “Stamattina niente scuola; si va a fare una gita!”. “E dove? A chi avete domandato?”. “Eh, ci siamo messi d’accordo e ci sembra che quello che abbiamo deciso vada bene!”. Non si può fare così! Se ci mettiamo in due o tre a discutere e non prendiamo il Signore in mezzo e non cerchiamo di vedere lui e di sentire lui, a un dato momento facciamo quello che ci pare che vada bene, ma anche facendo cose che apparentemente sembrano grandi, e forse in principio sono grandi, mancano di fondamento se non c’è la volontà di Dio in mezzo. Allora il papà dice: “Perdona... Poverino! Soffre lo stesso; perché vuoi aggravare la sua sofferenza?”.CONSACRAZIONE mediocrità
COMUNITÀ
correzione fraterna
CONGREGAZIONE storia
MISSIONI
VOLONTÀ
di DIO ricerca della...
VIRTÙ
L’assistente Antonio Zordan stava preparandosi per andare in Argentina.
Don Ottorino usa ripetutamente i termini “bastonare, stangata” con il significato di “correggere, rimprovero”.
MI150,3 [1-03-1967]
3 A me, responsabile della Congregazione, il Signore dice: “Tu ti rendi responsabile dinanzi a me se non gli dai un colpo forte in modo che si attacchi all’orecchio che prima di fare un’azione bisogna domandare al Signore”. “Ma, Signore, soffre se io faccio questa cosa”. Lo Spirito dice: “La carità cristiana è aiutare il tuo fratello a farsi santo e a fare la volontà di Dio”. E allora salta fuori la natura umana: “Signore, quello che dici va bene, ma è giusto, allora, che un ragazzo che va in missione, se ne vada via un po’ freddo verso di me? Guarda là: saluta Antonio Zordan con calore e lo bacia, e magari saluterà me dicendo: “Chissà che mi liberi! Finalmente... vado via!”. Credete voi che il cuore del superiore sia fatto di pietra? Pensate che a me non dispiaccia dare una stangata a don Lino sapendo che, per quanto santo sia, il suo cuore si staccherà un pochino da me? Scusatemi tanto, ma anche se uno è santo, quando prende una bastonata, si stacca un pochino con il cuore da chi lo colpisce, e se anche esternamente non lo dimostra, insomma, insomma, non c’è il calore di prima. Credete che a me non costi vedere questo distacco di calore? Costa, ma se io voglio bene a don Lino e se voglio che faccia la volontà di Dio, devo accettare volentieri anche questo distacco del cuore, anche se questo distacco dovesse durare per tutta la vita: strazio per me... strazio per lui. Ma questa è la volontà del Signore! Costa fatica, costa fatica... È la cosa che forse costa più di tutte! Vi faccio una confessione intima, proprio intima. Nel bastonare la gente quello che costa più di tutto, poiché ho rinunciato e avete rinunciato anche voi ad una moglie e ai figli e per me voi siete moglie e figli umanamente parlando, è quando viene meno quella santa amicizia che sta bene in una famiglia, e per me la famiglia è questa. Ora, pensateci un momentino: il bastonare vuol dire un po’ staccare uno da sé. Quando, per esempio, ho cominciato a bastonare i grandi, quando in montagna abbiamo preso in mano la questione dei Focolarini, mi pare che sia sempre stato così, perché quando ho cominciato le prime volte avevo dieci amici: bastoni uno, tan; bastoni un altro, tan; bastoni un altro, tan! E, dopo, ho visto che quell’amico che è stato bastonato, senza volerlo, faceva amicizia con un altro che era stato bastonato... e, senza volerlo, poi commentavano: “Sì, don Ottorino... Ma...”; avevano un orecchio ammaccato l’uno e l’altro. Se uno prende una bastonata da me, e dopo prende una bastonata anche un altro, vanno in infermeria tutti e due, e in infermeria, cosa volete, arriva un altro ancora: “Oh, anche tu? Ecco, anche tu?”. Se si vuole sapere bisogna andare in infermeria perché questa diventa il luogo dove vengono captate le lamentazioni di Geremia profeta.CONGREGAZIONE superiore generale
DOTI UMANE responsabilità
DOTI UMANE sensibilità
COMUNITÀ
correzione fraterna
FORMAZIONE
APOSTOLO distacco
VOLONTÀ
di DIO
CROCE sofferenze morali
CARITÀ
Modo di dire popolare per indicare il dover fare una cosa o adattarsi a una situazione senza provare alcun gusto, alcun piacere, alcuna gioia dal punto di vista umano.
Cfr. Giovanni 13,15.
Con l’ “imprimatur” della diocesi di Vicenza del 12.1.67 era uscito un opuscolo di grande formato, contenente in 8 pagine a colori, con fotografie, grafici e didascalie, i principi essenziali della spiritualità della Congregazione. Il libro, graficamente molto curato e rilegato con particolare preziosità (copertina in similpelle e titoli dorati), doveva servire a far conoscere la Congregazione soprattutto negli ambienti ecclesiali
MI150,4 [1-03-1967]
4 Ricordatevi, figlioli miei: ho fatto tanti peccati, ho tante miserie, però, mi pare, dinanzi a Dio, di non avere mai risparmiato una bastonata per conservarmi l’affetto del figliolo, e vi assicuro che mi è costato. Perché mi è costato? Perché in certi momenti, quando tu hai dieci figlioli e li bastoni tutti e dieci, o ne bastoni nove e il decimo si unisce ai nove bastonati, tu sai che devi restare da solo, tu sai che poi devi rassegnarti, e se vuoi un po’ di consolazione umana devi “succhiare ferri da mulo” che è come il Signore risponde in quel momento. Mi sono permesso di dirvi questo, non per farmi bello, neanche per sogno, ma per dirvi: “Exemplum enim dedi vobis, ut quemadmodum ego feci vobis, ita et vos faciatis” . Figlioli, non dite: “Ma, io non ho il coraggio...”. A volte qualcuno potrebbe dire: “Io non ho il coraggio! Una volta ho fatta la correzione e ho visto che si è arrabbiato; non ho il coraggio di rifarlo!”, cioè in altra parole: “Io voglio troppo bene a me stesso e non voglio diventare noioso, non voglio un domani essere lasciato solo perché se la prendono con me!”; in altre parole: “Non voglio creare il vuoto vicino a me; sono tanto umano nel mio modo di agire che mi dispiacerebbe perdere le amicizie per fare il mio dovere”. Figlioli, state attenti! Non umanizzate il vostro lavoro, non umanizzatelo! Siate veri membri della Comunità: vogliatevi bene, ma vogliatevi il vero bene; non vogliatevi tanto bene, ma il vero bene, che vi porta anche a bastonare uno. Credete che non abbia sofferto, e che non soffra, pensando a quanto soffre don Lino per quel rimprovero? Ma appunto perché gli voglio bene sarei disposto ad attraversare il mare, a dargli una nuova bastonata e poi tornare a casa. Qualcuno dirà che ho trovato gusto a bastonare la gente e a tornare a casa. Credo che non ci si abitui mai a bastonare, ma c’è da aiutare il fratello ad amare di più. Guardate che, in genere, quando ho bastonato, l’ho fatto sempre per portarci a vivere quel libro che abbiamo stampato ultimamente , per salvare i principi, per salvare quanto abbiamo scritto insieme.DOTI UMANE sensibilità
COMUNITÀ
correzione fraterna
DOTI UMANE amicizia
COMUNITÀ
unità
nella carità
Adolfo Soprana, amico e benefattore della Congregazione, gestiva un negozio di oreficeria, orologeria e ottica nella Basilica Palladiana in piazza dei Signori.
Il venerdì è il giorno in cui gli Amici della Congregazione offrono le loro preghiere, sofferenze e penitenze per i Religiosi, ricambiati dalle loro preghiere, sofferenze e penitenze: una corrente di carità che serve a santificare gli uni e gli altri.
Don Ottorino prende a prestito il linguaggio della censura dei film: se un film era ‘per adulti’ poteva essere visionato solo da persone maggiorenni, se era ‘per adulti con riserva’ poteva essere visionato solo da maggiorenni con una preparazione culturale e morale adeguata.
Don Luigi Rigodanza era incaricato in diocesi di dare il giudizio morale per la censura dei film.
Era abitudine per don Ottorino invitare a cena in occasioni particolari amici e benefattori. Le cene della Casa dell’Immacolata erano ricordate dai partecipanti proprio per il clima di gioiosa letizia che regnava tra don Ottorino e i suoi giovani religiosi.
MI150,5 [1-03-1967]
5 Portiamo un caso, da buoni fratelli, in clima di famiglia. Iera sera Soprana è venuto alla conferenza e poi si è fermato un pochino con me. Mi ha commosso sentire questo cristiano che diceva: “Il venerdì ha preso per me un altro colore. Quando penso che arriva il venerdì sento gioia; poter offrire sofferenze, la corona, eccetera per voialtri mi fa sentire di casa. Il venerdì mi ha fatto diventare di casa; sento che qui sono in famiglia. Però... che differenza fra questi preti e quelli che si trovano fuori!”. E mi ha confidato, facendomi il nome di un sacerdote, che era andato a pranzo con alcuni preti: “Non ho mai sentito barzellette così sporche come quelle che ho sentito a pranzo con i preti!”. Ecco la frase: “Non ho mai sentito barzellette così sporche come quelle che ho sentito a pranzo con i preti!”. Poi, mi ha detto: “Oggi è venuto nella mia bottega il tale”, e ha detto il nome di un prete. “Mi vergognavo, anche per le persone che sono entrate in negozio, per il frasario basso che aveva nel parlare”. “Sabato sono stato a pranzo con i canonici, con quelli della curia e con il predicatore della cattedrale che ha raccontato dalle venti alle trenta barzellette. Tutto il pranzo - io lo avevo alla mia destra - è stato accompagnato da barzellette sporche. “Questa è per adulti, non per ‘adulti con riserva’ . Qui siamo tutti adulti, non è vero?”. E comincia un’altra barzelletta, e don Rigodanza : “Padre, è per adulti?”. “È per persone mature. Veda lei se è una persona matura”. E tutto il discorso è continuato su queste banalità. Non possiamo dire queste cose di fuori, ma è molto triste doverle dire anche fra di noi”. E Soprana ha aggiunto: “Perché devono succedere queste cose? Quando, per esempio, sono venuto qui, in refettorio , ho notato che si ride e si scherza, e che qui non c’è meno allegria. Si vede che qui hanno la vera gioia: ridono, scherzano... Quando vengo qui mi sento sollevato, perché si ride e si scherza, ma in un’altra forma, in un altro modo: ci si diverte lo stesso, ma senza sporcarsi la bocca”. Ah, ma quante bastonate ho dato, figlioli, siamo sinceri, per fermare certe espressioni: “No, non voglio quella parola!”, e bruummm, giù una bastonata, bruummm, giù una bastonata! Ho ancora male alle braccia, ho ancora male alle braccia. Però io vi domando: “Quanti di voi mi avete aiutato, concretamente, per fermare certi andazzi?”. Voi direte: “Don Ottorino è sempre preoccupato!”.CONGREGAZIONE amici
APOSTOLO testimonianza
SACERDOZIO prete
PECCATO scandalo
DOTI UMANE ottimismo
FORMAZIONE educazione
Giancarlo, Antonio ed Egidio Farina erano tre fratelli, allievi della Casa dell’Immacolata, e Giancarlo aveva iniziato anche l’anno di noviziato.
Nel testo registrato don Ottorino scherza con alcune parole dialettali particolarmente sonore e caratteristiche.
MI150,6 [1-03-1967]
6 Vi porto un altro esempio. L’altra domenica è venuto Giancarlo Farina ; è venuto e si è fermato un momentino e dopo se ne è andato a casa. Ha visto suo fratello Antonio al quale avevano tagliato i capelli da poco e ha detto pubblicamente, tanto che gli altri hanno sentito, anche suo fratello Egidio che ne è rimasto meravigliato: “Chi è stato quel disgraziato che ti ha tagliato i capelli?”. Questo modo di dire, queste frasi così volgari in bocca a un giovane della Casa dell’Immacolata meriterebbero uno schiaffone di quelli dritti e rovesci. E allora io gli ho fatto osservazione quando ho sentito quelle parole e mi ha risposto così: “Eh, abbiamo un frasario cosi!”. Nella Casa dell’ Immacolata abbiamo un frasario così? Uno va avanti con un frasario così e nessuno lo riprende? Uno è mantenuto, è trattato da fratello, e ha il coraggio di dire verso l’organizzazione parole del genere? Anche se avessero rapato a zero suo fratello, poteva dire: “Chi è stato quel disgraziato, quel disgraziato...”, e nessuno gli ha dato un sonoro ceffone?FORMAZIONE educazione
COMUNITÀ
correzione fraterna
MI150,7 [1-03-1967]
7 Figlioli, fate un po’ di esame di coscienza: avete mai sentito parlare un po’ volgare, frasi un pochino banali? Come avete reagito? Vi dico: “Tocca a voi, non tocca a me; tocca a voi intervenire per correggere”. Con l’aiuto di Dio siamo arrivati a una certa tonalità, ma ricordatevi che è arrivata l’ora che da solo non basto più per sostenerla. Finché eravamo in otto o dieci potevo essere in mezzo, sentire, e a un dato momento, durante la conversazione, poteva arrivare una secchia d’acqua sulla testa di uno. Si è diffusa la voce che la mano di don Ottorino sia pesante... Figlioli miei, figlioli miei, allora io ho fatto quest’opera di vigilanza e con l’aiuto del Signore siamo arrivati a questa tonalità, però, ricordatevi che non posso più farlo da solo, è impossibile che uno possa fare da solo. In montagna quest’anno abbiamo fatto dei gruppi perché tutti insieme eravamo in troppi. Bisognerà, per forza, dividerci, fare dei gruppi, ma ricordatevi bene che non dovete tralasciare per vigliaccheria quello che vi compete. Bisogna che mi aiutate non a mantenere questa tonalità, ma a crescere. Per esempio, le parole volgari: “Lazzarone... vigliacco...”, le parole un po’ banali, non si possono tollerare tra cristiani, tanto meno tra Religiosi! Certe espressioni, certe parole non si possono tollerare. Noi abbiamo sempre detto che presentiamo prima l’uomo, ma l’uomo compito, corretto, non l’uomo volgare: l’ “homo Dei”, non l’uomo selvaggio. Ora, chi ci aiuterà in questo compito? Dovete essere voi. Ognuno di voi ha la responsabilità in quest’opera: salvare i principi, per esempio quei principi che abbiamo raccolto in quel libro famoso che abbiamo stampato e che adesso è rilegato in forma elegante; adesso arriveranno anche gli altri rilegati con una bella copertina, anche se un po’ più economica, ma dentro è tutto uguale, con la stessa carta, lo stesso contenuto; i primi costano cinquecento lire l’uno per la rilegatura e mi sembrerebbe di mancare contro la povertà darvene uno per ciascuno perché per ottanta Religiosi sono quarantamila lire solo di copertine, per cui abbiamo scelto una bella copertina grossa che va bene lo stesso. Ma, poi, mangiatelo quel libro, mangiatelo... non in senso letterale affinché non succeda che qualcuno lo mangi sul serio.FORMAZIONE educazione
COMUNITÀ
corresponsabilità
APOSTOLO uomo
APOSTOLO uomo di Dio
I notabili e i ricchi, di solito, alla domenica, partecipavano alla Messa delle dieci, e spesso avevano atteggiamenti di supponenza e di noia per il rito che veniva celebrato dimostrando la loro poca fede e il poco rispetto per l’Eucaristia.
Cfr. Matteo 18, 15-17.
MI150,8 [1-03-1967]
8 E quando leggerete una frase di quel libro, ad esempio, poniamo: “Uomini del 2000”, non vuol dire soltanto uomini che vanno in aereo, uomini che fanno bella figura con la borsetta e con i guanti neri, vuol dire: l’uomo del 2000 è un uomo gentile, è un uomo che saluta, è l’uomo che in ricreazione non se ne esce con banalità. L’uomo del 2000 non è solo quello che va in aereo, ma che si disinteressa degli altri che lavorano e va a divertirsi. Egli è tutto un insieme di atteggiamenti positivi: dai piedi puliti al comportamento decoroso, dalla signorilità nell’ agire e nel parlare al pensare corretto. E quando si dice: “Uomo di 2000 anni fa”, non basta soltanto che sia un uomo che parla come duemila anni fa, ma che vive come i cristiani di duemila anni fa e perciò ha un atteggiamento pieno di fede in chiesa. A volte si vede qualche Religioso che in chiesa sembra a qualcuno degli uomini che vanno a Messa alle dieci e che si mettono vicino alla pila dell’acqua santa, con certi atteggiamenti screanzati. No, no, no, l’uomo di 2000 anni fa è un uomo che in chiesa e fuori di chiesa vive del Vangelo, e quando si parla con quest’uomo si sente che il suo modo di ragionare è improntato allo spirito evangelico, ai principi del Vangelo. E quando quest’uomo si incontra con un fratello che non vive questo spirito, che cosa fa? Lo prende da una parte come dice il Vangelo e gli dice: “Senti, scusami, ma questo non va... questo non va!”. E quando il fratello non vuole ascoltare, lo manda in “assemblea” ... ma se quella cosa non va, non va, non va, non va! “Sicché toccherebbe a me, fare questo?”. “Sissignore, tocca a te!”, perché tu sei membro della Congregazione, sei membro della Famiglia! Supponiamo che questa sera Antonio Zordan vada a casa e che, arrivato a casa, si accorga che la credenza sta bruciando; certamente chiamerebbe: “Mamma, vieni giù!”. “Che cosa succede?”. “C’è la credenza che brucia”. “E dai, allora spegniamola”. “Non tocca a me!”. “Ma, non sei anche tu della famiglia?”. “Ah, beh, io sono a Vicenza e la mia credenza non brucia certamente”. State attenti perché tante volte noi facciamo così. Siamo in casa nostra, c’è qualcuno che brucia e diciamo: “Ah, non tocca a me!”. E perché? Perché è fatica, figlioli, è fatica! Perché tu, forse, devi bastonare quel tale che è tuo amico e che, forse, ti diventerà meno amico. Non aver paura perché più tardi ti diventerà amico, forse in Paradiso. Don Lino, quando andrò a trovarlo, mi darà tre baci invece di uno e mi dirà: “Grazie... grazie per quello che ha fatto!”, e se anche in terra non me li darà, in Paradiso continuerà per dieci anni a baciarmi. Mi guardate, cari? Questa è la realtà! Concludendo: vi rendo tutti responsabili della civilizzazione della nostra Famiglia religiosa. In modo particolare vi pregherei di riguardarvi dalle parole volgari, dalle frasi sconvenienti, dal modo di fare e di agire poco educato. Vi rendo tutti responsabili. E quando, ad esempio, sentite dire che uno ha detto una parola sconveniente e non lo correggete, vi dirò: “Cane, perché non hai abbaiato? Sei tre volte cane!”.APOSTOLO apostoli del Duemila
DOTI UMANE signorilità
APOSTOLO apostoli di 2000 anni fa
PAROLA DI DIO Vangelo
COMUNITÀ
correzione fraterna
COMUNITÀ
corresponsabilità
CARITÀ
amore al prossimo