r. 1ª Tessalonicesi 3,10.
Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965. Le citazioni, tratte dalla pagina 67, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
Cfr. Matteo 5,48.
Cfr. Matteo 20,20-28; 26, 20-24; 26,56.69-75.
Cfr. Atti 15,36-40.
Il riferimento è al gruppetto che si stava preparando per la prima missione nel Chaco (Argentina), i sacerdoti don Graziano Celadon e don Pietro Martinello, e gli assistenti Antonio Ferrari, Mirko Pasin e Antonio Zordan.
Storiella popolare che viene usata come proverbio.
Il detto latino vuole indicare che se a volte anche un grande genio può essere distratto e cadere in errore, a maggior ragione possono sbagliare i comuni mortali.
MI165,1 [19-04-1967]
1 “Notte e giorno noi lo preghiamo, con tutto l’ardore, che ci dia di rivedere i vostri volti e di completare ciò che manca ancora alla vostra fede”. “Paolo non si dilunga sulle notorie debolezze e deficienze della comunità, poiché il suo sguardo è tutto rivolto a ciò che vi opera Dio”. Dunque: “Paolo non si dilunga sulle notorie debolezze...”. Mi pare di averlo detto in altra circostanza, e prima di chiudere questa lettera è necessario che ci soffermiamo ancora sulla questione. È impossibile che le nostre Comunità non abbiamo debolezze! Idealmente devono essere qualcosa di meraviglioso, di caloroso, come le abbiamo descritte, perché il punto di arrivo è: “Siate perfetti come il Padre vostro che è nei Cieli!” , però mettete in preventivo che ci saranno delle debolezze, mettete in preventivo che ci sarà la parte umana. Il Signore è stato così buono da farci vedere la stessa esperienza anche nel collegio apostolico; l’ha sottolineata poi lo Spirito Santo anche nel contrasto tra San Paolo e Barnaba : la parte umana ha giornate in cui vola e giornate in cui non vola. Ieri sera ho avuto il piacere di assistere a una partita di pugilato con i missionari. Invece della musica ieri sera abbiamo avuto per televisione tutta la partita di pugilato. Non è vero, don Pietro? Però, abbiamo visto una cosa: “Ne ho date di botte, ma ne ho anche prese!” ; infatti dopo la lotta ognuno dei due avrà dovuto dire così. Per conto mio il pugilato è uno sport disumano, anche se adesso io non voglio fare dei giudizi, ma ognuno dei due è andato via dicendo: “Ne ho date, ma ne ho anche prese”. Anche i campioni mondiali ne danno e ne prendono. Penso che anche i santi, che sono i campioni mondiali nella virtù, “ne hanno date, ma ne hanno anche prese”, e cioè danno esempi meravigliosi di virtù, ma qualche volta si dimenticano di essere santi e anche loro le prendono e cioè fanno qualche sgorbio che non dovrebbero fare. Capita loro come recita il famoso detto: “Aliquando etiam Omerus dormitat” . E se anche Omero qualche volta dormiva, permettete che questo capiti anche a tre santi radunati insieme: un colpo dorme uno e un colpo dorme l’altro. Siete in una Comunità, vivete insieme, e non tutti i momenti sono uguali o per un motivo o per l’altro, per cui bisogna anche mettere in preventivo le debolezze della Comunità, le debolezze dei singoli.COMUNITÀ
CONGREGAZIONE spiritualità
PAROLA DI DIO Vangelo
CREATO
PECCATO
DIO Spirito Santo
AUTOBIOGRAFIA
DOTI UMANE sport
CONSACRAZIONE santo
MI165,2 [19-04-1967]
2 Adesso partono i cinque del Chaco: si giurerebbe che andranno d’accordo, che tra loro non ci sarà mai niente. Vorrei vedere io a un dato momento Antonio Zordan con don Pietro: “Ma va’ a farti benedire... Ohhh! Brombomboon!”, e sbaglia; dopo si danno un bacetto, ma ogni tanto sbagliano. Bisogna mettere in preventivo le debolezze, bisogna metterle in preventivo. Sta’ attento, don Pietro, che non ci siano Antonio Ferrari da un parte e Zordan dall’altra e che non ti tirino uno per le gambe e uno per i piedi e così di te non resti più niente; attento che non ti rigirino come un lenzuolo perché allora saremmo messi male! Figlioli, mettete in preventivo che ogni Comunità è fatta di santi, ma di santi uomini, i quali, pur cominciando ad essere santi, tuttavia restano uomini, e perciò naturalmente portati alla debolezza, fragili, bisognosi di confessarsi ogni otto o ogni quindici giorni, e che nella confessione, purtroppo, dicono sempre: “Signore, prometto che ce la metterò tutta...”, e poi piangono perché non sono riusciti a mantenere i propositi. Guardate che questo è importante, sapete! È importante perché, allora, mettendo in preventivo queste realtà si sopportano più facilmente, altrimenti si pretenderebbe di vedere la Comunità ideale e si darebbe sempre colpa agli altri se la carità non c’è. Questo sarebbe pericoloso, come è pericoloso dire: “Le cose non vanno perché c’è quello, le cose non vanno perché c’è quell’altro...”. È un po’ la malattia di oggi dare la colpa agli altri, e dire: “Quando sarò fuori sarà diverso”. Qualcuno, ad esempio, che nella Casa dell’Immacolata non è capace di andare d’accordo con il collega, può dire: “Sì, sì, quando sarò prete...”; dopo non andrà d’accordo con il suo superiore: “E, sì, ma quando sarò superiore io...”; e dopo non andrà d’accordo con gli altri: “Eh, quando ero inferiore io...”. Tutta la vita è passata dando la colpa agli altri, trovando negli altri la causa dei propri insuccessi. State attenti, figlioli! Mettete, invece, in preventivo che abbiamo da fare con gli uomini e che siamo uomini anche noi, e che se gli altri ci fanno soffrire qualche volta, noi forse li facciamo soffrire sempre. In una Comunità siamo in cinque o sei: “Guarda, guarda... guarda quello, guarda quello!”. Prova a guardare anche te! Generalmente noi vediamo gli altri far soffrire noi, e non ci accorgiamo che noi facciamo soffrire gli altri. Ecco dunque: “Paolo non si dilunga sulle notorie debolezze”. Notorie debolezze significa che sono cose note, perciò non bisogna perdere la calma per esse. Quando un domani si andrà e si chiederà: “Come va?”, e l’altro risponderà: “E, sai, questo... E, sai: quell’altro... E, sai, quest’altro...”, lascia stare perché già sappiamo che debolezze umane ce ne sono.CONGREGAZIONE storia
MISSIONI
COMUNITÀ
fraternità
CREATO
PECCATO
FAMIGLIA papà
COMUNITÀ
CONSACRAZIONE santità
GRAZIA Confessione
COMUNITÀ
confratelli
ESEMPI comunità
COMUNITÀ
uniti nella diversità
La Comunità del Guatemala era composta da don Gianni Rizzi, don Ugo Caldini, e dagli assistenti Lino Ceolato e Severino Stefani. Nell’esempio don Ottorino sottolinea scherzosamente qualche aspetto caratteristico, come il carattere burbero di don Ugo, il colore rosso dei capelli di Severino...
Nel testo originale si ascolta a questo punto una voce.
Con la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II, nelle celebrazioni liturgiche dei defunti, per i paramenti, al colore nero si è sostituito il colore viola.
MI165,3 [19-04-1967]
3 Se un domani andiamo a visitare la Comunità in Guatemala, ad esempio, e vediamo cose che non vanno, venendo a casa commentiamo. Certamente vedremo che don Gianni ha i piedi sporchi, che don Ugo che brontolava sempre è diventato troppo dolce, che Severino ha i capelli neri e quell’altro li ha bianchi ... troverai qualcosa da dire su ognuno per quanto santo sia. Hanno trovato da dire anche a proposito di Nostro Signore e lo hanno trattato da peccatore! Qualcosa che non va la trovi sempre. Ecco che cosa ci dice qui l’autore: “... poiché il suo sguardo è tutto rivolto a ciò che vi opera Dio”. Il nostro sforzo è vedere quello che Dio opera all’interno della Comunità. Nella Comunità c’è Dio che sta operando? Ebbene, vediamo la mano di Dio, quello che sta facendo Dio. Cioè, in altre parole: bisogna essere ottimisti, ottimisti; non faciloni, ma ottimisti che significa vedere la parte buona dei nostri fratelli e aiutare i nostri fratelli a svilupparla. Mi diceva ieri la mamma di quella ragazza che è morta e di cui ho letto ieri mattina un pensiero, che è venuta qui ieri pomeriggio: “Io, le dico la verità, avevo tanto da imparare da mia figlia, tanto da imparare. Era così ottimista! Veniva a casa e vedeva che avevo delle preoccupazioni e subito mi diceva: “Coraggio, mamma...”. Chi era presente? Giuseppe, non ha detto così? Che cosa ha detto? Di’ che cosa diceva quando andava a casa. Era sempre sorridente e ottimista: “Ma, va là, andiamo... Vuoi prendertela per quelle cose?”. Aveva la capacità di elevare il tono, però senza faciloneria. Dire: “Bene, bene... Non diamo peso a queste cose...”, non vuol dire essere faciloni, ma che bisogna vedere la realtà in forma ottimistica, altrimenti in casa c’è sempre Messa da morto... una volta il “Dies irae”, un’altra volta il “Libera me, Domine”, un’altra volta il “Requiem aeternam”. Vedo che anche la Chiesa sta pensando di levare il colore nero dai paramenti liturgici , mi pare di avere sentito una voce in tal senso; tu, don Pietro, che sei liturgista, mi confermi che andando avanti hanno intenzione di levare il nero dalla liturgia dei defunti? Mi pare di aver sentito dire dalle parti di Roma che c’è questa intenzione. Ora diamo anche alla croce, e anche alle difficoltà, il colore della Pasqua, il mezzo per arrivare a Cristo, per arrivare al Signore. Perciò cerchiamo di vedere in forma un po’ ottimistica gli altri, cerchiamo di vedere il bene che c’è negli altri.MISSIONI
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
ESEMPI giudicare
PECCATO mormorazione
COMUNITÀ
confratelli
COMUNITÀ
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
CARITÀ
AUTOBIOGRAFIA
COMUNITÀ
servizio reciproco
FAMIGLIA mamma
ESEMPI ottimismo
DOTI UMANE ottimismo
VIZI scoraggiamento
CHIESA
PECCATO
EUCARISTIA liturgia
CROCE difficoltà
Don Erasmo De Poli faceva parte, all’epoca, della Comunità della Casa dell’Immacolata ed era il responsabile della Scuola F. Rodolfi per allievi semiconvittori.
La Comunità di Monterotondo era composta all’epoca da don Flavio Campi, don Graziano Battistella e assistente Mario Zorzi, ai quali si erano aggiunti gli studenti don Matteo Pinton e Giorgio Girolimetto.
MI165,4 [19-04-1967]
4 Può capitare che nella Comunità ci siano cinque o sei elementi che fuori della Comunità sono stimati e in casa non sono stimati. Non so se rendo il pensiero: don Erasmo , mi sono spiegato? E per gli altri il discorso è abbastanza chiaro? Non è un caso che avvenga questo in una Comunità. Faccio l’esempio di Monterotondo, ove c’è l’assistente Mario . Può capitare - guardate che questo, ringraziando il Signore, non è capitato - che sia portato in palmo di mano nella parrocchia, reputato come un santo dalla gente, e in casa si veda soltanto il nero e sia invece considerato una pietra d’inciampo. Invece di Mario, mettete don Matteo o mettete un altro o mettete me. Perché? Perché in casa, invece che guardare l’uomo nel suo insieme, si guarda soltanto quella parte negativa che tutti abbiamo, chi più, chi meno, la quale qualche volta può impedire una corsa, una discussione... Ci si perde, insomma, nella parte umana che noi forse non abbiamo messo in preventivo perché ogni uomo la porta. Dobbiamo guardare la parte positiva di ognuno. Questo, forse, è un inganno del demonio, per rovinare le nostre Comunità. Il demonio, per rovinare la nostra attività apostolica, si inserisce in questa forma, piano piano, e cerca di fare in modo che noi non sopportiamo i nostri fratelli perché non sono come dovrebbero essere, e li accusiamo nel nostro intimo come i responsabili del cattivo andamento della parrocchia: “Ma sì... si dovrebbe essere così, si dovrebbe essere colà...”, e intanto non rinnoviamo niente. Ci erigiamo a maestri, a giudici, e siamo quelli che manchiamo di carità più di tutti gli altri. Non so se ho reso il pensiero, Antonio, tu che sei pratico di problemi, ti sembra corretto?COMUNITÀ
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
ESEMPI comunità
PASTORALE parrocchia
DOTI UMANE stima
CREATO
Prima di entrare in Congregazione Zeno Daniele aveva una posizione invidiabile nell’amministrazione dell’azienda dove lavorava, l’impresa Grassetto di Padova.
Antonio Pernigotto conduceva assieme ai genitori e ai fratelli una avviata azienda agricola sui colli veronesi.
Umberto Manzardo, durante il servizio di leva, era stato selezionato per il gruppo sportivo del Corpo degli Alpini nel settore dell’attività pugilistica.
MI165,5 [19-04-1967]
CARITÀ amore al prossimo DIO amore di...;DIO cuore di...;DIO bontà di...;APOSTOLO distacco;COMUNITÀ confratelli;APOSTOLO vocazione;ESEMPI giudicare;PECCATO mormorazione;COMUNITÀ critica5 Dobbiamo partire con l’idea che siamo uomini. Prendiamo ancora come esempio Mario: ha lasciato una ragazza, ha lasciato una famiglia, ha lasciato dei figlioli, ha lasciato un paese, ha lasciato tutto, ed è là che lavora come un disperato dalla mattina alla sera... “Sì, ma è così!”. Ma lascia perdere e dagli una mano; non è un fratello? Questo per quanto concerne Mario; lo stesso può capitare ad Antonio Zordan in America Latina. Guardiamo la parte positiva dei nostri confratelli e quello che Dio già opera in queste creature. La gente, la buona gente capisce queste cose e ammira questi apostoli che hanno abbandonato la mamma, il papà, la famiglia per andare lì e consacrarsi, e forse coloro che meno ammirano sono coloro che hanno meno venerazione per i loro fratelli. Un domani dobbiamo avere, ognuno di noi, venerazione per il proprio fratello. Io dovrei dire: “Guarda quel giovane! Non è venuto perché non sapeva cosa fare; avrebbe potuto fare qualcosa d’altro”. È venuto qui Zeno e non è venuto perché era un fallito; Antonio e Umberto Manzardo ... che poteva andare a tirar pugni senza andare in America: campione mondiale! Figlioli miei, bisogna saper vedere la parte positiva: “Sì, guarda quel giovane... guarda quel giovane...”. Che piccini siamo quando, invece, ci fermiamo a vedere i difetti, a criticare, a osservare con occhio nero, nero, nero! Questo vuol dire che in fondo si ha poca stima del proprio confratello. Per esempio, due confratelli sono con un gruppetto di ragazzi: come fanno a non volersi bene quando uno considera quell’altro: “Che generoso è stato quel giovane: ha abbandonato tutto per servire il Signore!”, e l’altro: “Che generoso è stato...”? A un dato momento ci dovrebbe essere una ammirazione che passa sopra le piccolezze umane, sopra tutto, sopra tutto.APOSTOLO uomo
CREATO
Monsignor Antonio Bizzotto era il vicerettore del seminario vescovile di Vicenza.
MI165,6 [19-04-1967]
6 Proprio ieri monsignor Bizzotto mi parlava così: “Sono preoccupato fortemente di una cosa: non riesco più a ottenere che i prefetti stiano con i ragazzi. Si sta osservando questo fenomeno: i ragazzi in cortile si organizzano per giocare e giocano fra di loro che è un piacere vederli. Questi poveri piccolini si sforzano, ma i prefetti non sanno stare a guardarli, non sanno stare in cortile insieme; non sono neppure capaci di stare a sorvegliarli. Non pretendo che giochino, ma che almeno stiano in mezzo ai ragazzi; molte volte non ce n’è neppure uno!”. E allora io ho detto: “Negli anni che siamo stati in seminario noi, i prefetti stavano con i ragazzi o no?”. Noi ci ricordiamo che i prefetti erano sempre con i ragazzi, sempre, sempre, sempre e non accadeva mai che non stessero con loro. Anche perché altrimenti ci sentivamo come una mamma che alla mattina non avesse preparato da mangiare ai suoi figlioli e che fosse andata a ballare. E dopo ho detto: “Ti ricordi quando avevamo questi e i viceprefetti, don Antonio? Se non li avessimo visti con noi, avremmo creduto loro?”. E lui ha detto: “Questi prefetti accampano la scusa che è pesante stare con i ragazzi, ma un domani - dicono - quando saremo in parrocchia, quando saremo qua, saremo là...”. Sarà la stessa cosa. Un domani sarà pesante stare in parrocchia, confessare cinque o sei ore; sarà pesante stare in oratorio, e allora si andrà via con la macchina: faranno gli impiegati statali. Non c’è niente da fare: inesorabilmente, se oggi tu assistente non vai d’accordo con il tuo collega assistente perché non lo stimi, forse vuol dire che stimi te stesso e non stimi lui. Se oggi tu non stai volentieri, e con amore in mezzo ai tuoi ragazzi, e più sono discoli e più sono cattivi e più ci stai con amore, più ti consumi in mezzo a loro, vuol dire che non ami le anime, che non capisci niente delle anime, e domani sarai un impiegato, inesorabilmente sarai un impiegato. Figlioli, scusate se ho presentato questo particolare perché proprio ieri ho veduto monsignor Bizzotto ed era giusto che tirassi fuori l’argomento. Volevo toccare il problema, e perciò ho stiracchiato un pochino la meditazione per arrivarvi. La nostra Comunità deve essere formata sulla convinzione delle debolezze dei fratelli, ma anche sulla convinzione della grandezza dei nostri fratelli che abbiamo insieme con noi e sui grandi doni che lo Spirito Santo ha messo nel cuore di ognuno dei nostri fratelli. Se non facciamo così, le nostre Comunità andranno in malora e, allora, invece che essere luce saremo tenebre. Andiamo avanti!FORMAZIONE
APOSTOLO
PASTORALE
PASTORALE parrocchia
CONGREGAZIONE assistente
APOSTOLO salvezza delle anime
MONDO
FAMIGLIA papà
COMUNITÀ
COMUNITÀ
confratelli
In attesa di partire per il Chaco (Argentina), don Pietro Martinello, don Graziano Celadon, e gli assistenti Antonio Ferrari, Mirko Pasin e Antonio Zordan stazionavano nella Casa dell’Immacolata.
Espressioni tipiche di don Ottorino per indicare una Comunità ideale e lontana.
Cfr. 2 Timoteo 4,2.
Come al solito don Ottorino mima durante la meditazione: in questo caso mima la misura dell’uovo rubato da don Pietro nella similitudine che da quanto si arguisce dal discorso è piccolo, un piccolo difetto di don Pietro.
MI165,7 [19-04-1967]
7 “Tuttavia, dove scopre le deficienze, se ne preoccupa molto e ne cerca il rimedio”. È giusto che io metta in preventivo nella Comunità dei contrasti. Prendiamo come prototipo quella del Chaco dato che qui abbiamo quella del Chaco. Quando sarà partita ne prenderemo un’altra, quella della Mesopotamia, e dopo la Comunità ideale di Copenaghen. Allora, prendiamo quella del Chaco. Mettiamo in preventivo che ci sarà qualche cosa, mettiamoci però in testa di avere grande stima di ognuno dei nostri fratelli. “Eh, ma Antonio è venuto in America per... Quell’altro è venuto per... non avendo trovato la fidanzata è venuto qui a fare il frate... Quell’altro... Quell’altro!”. No, dobbiamo avere stima dei nostri fratelli, dobbiamo avere stima dei nostri fratelli! Messo in preventivo che le piccole deficienze ci devono essere e che io devo avere tanto stima di mio fratello, resta il dovere di aiutare il fratello ad essere perfetto; ho il dovere, non il consiglio, ho il dovere. Perciò voi, Comunità del Chaco, non potete cavarvela dinanzi a Dio se domani capita questo dicendo: “Eh, glielo ho detto tante volte! Glielo ho detto un paio di volte! Che si arrangi! Non ha la sua età? Dovrebbe capirla!”. No e no; dovete insistere ‘opportune et importune’ . Per esempio, se un domani c’è uno di voi che non agisce bene, supponiamo che don Pietro cominci ad andare a rubare le uova. Don Pietro va e ruba un uovo, e dopo un paio di giorni un altro, eccetera, eccetera, diciamo una cosa grossa così , non uova di cioccolata o di elefante. Che cosa dovrebbe succedere? Che uno dei fratelli dovrebbe prendere don Pietro e dirgli: “Senti, Pietro caro. Tu sei il superiore, tutto quello che vuoi, però non puoi andare a rubare le uova”. Non potete dire: “Glielo ho detto due volte: si arrangi!”. No, “opportune et importune”; la carità ti deve portare ad insistere anche se sai che dopo don Pietro ti guarderà con gli occhi brutti: gli occhi brutti passeranno con il tempo, e tu intanto hai fatto il tuo dovere.COMUNITÀ
CROCE difficoltà
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
MISSIONI
COMUNITÀ
confratelli
DOTI UMANE stima
PECCATO difetti
CARITÀ
amore al prossimo
COMUNITÀ
correzione fraterna
COMUNITÀ
Cfr. Luca 15,4-7.
MI165,8 [19-04-1967]
8 Ricordate che il Signore vuole che tu aiuti tuo fratello perché hai la responsabilità di correggerlo. La mamma non tralascia di correggere il figlio per paura di divenire impopolare o per paura che il figlio non la ami più, perché questo sarebbe amore di se stessa, non amore verso il figlio. State attenti, perché questo è un altro pericolo tremendo: se non aiutiamo il fratello per vigliaccheria, per non perdere la sua confidenza, per non perdere l’affetto del fratello o qualcosa del genere: è una vigliaccheria che non è cristianesimo! San Paolo mette già in preventivo le deficienze della comunità, che sono ben note, ma sa anche che lo Spirito Santo ha fatto cose grandi nella comunità e ne è ammirato, però non tralascia di correggere quando lo ritiene opportuno. Dovete assolutamente avere tanto amore verso il fratello che vi spinge a fare la correzione fraterna, perché se non l’avete oggi questa carità, non sarete apostoli domani: ricordatevelo bene! Non illudetevi di essere diversi un domani nell’apostolato. Non dire: “Eh, domani, domani...”. Domani sarai quello che sei oggi, né più né meno. Se oggi tu, fratello, non vuoi bene a Raffaele fino al punto anche di inimicartelo per dirgli la verità, domani tu nella parrocchia non ti inimicherai con la Geltrude o con quell’altra, perché sai che la Geltrude ti fa il sorrisetto e quindi non le si può dire la verità, e quell’altra ti porta il cappone e quindi non le si può dire la verità. La mia esperienza è questa: se oggi tu hai la fraternità verso il tuo amico da dirgli le cose come sono e sai accettare anche che il tuo amico ti risponda male, e tu dopo otto giorni insisti accettando che ti risponda male un’altra volta, domani tu sarai l’apostolo della verità; tu dirai la verità con semplicità anche se corri il rischio di inimicarti tutti i parrocchiani, di cascare come un agnello in mezzo ai lupi che ti mangiano a pezzi... in caso contrario un domani non ci riuscirete. Questo ve l’assicuro e potrei ormai portarvi decine di esempi... Ricordo che in seminario c’era un giovane a cui avevo detto più di una volta: “Parla!”, e lui: “L’ho detto una volta, due volte... Che si arrangino!”. Adesso è prete e continua a dire: “Che si arrangino, che si arrangino! Io celebro la Messa... se vogliono venire sanno dov’è la chiesa, lo sanno... La campana suona, sanno a che ora è la Messa, si arrangino: all’Inferno ci vanno loro!”. Io non so se ci vanno loro o se ci va il parroco all’Inferno! È comodo dire: “Io, la Messa la dico, la predica la faccio, sanno che c’è... e che si arrangino!”. Gesù parla della pecorella smarrita e del buon pastore che va in cerca della pecorella smarrita , che se la prende in spalla e se la porta a casa.COMUNITÀ
confratelli
APOSTOLO
FAMIGLIA mamma
COMUNITÀ
correzione fraterna
VIRTÙ
trasparenza, sincerità
DIO Spirito Santo
CHIESA cristianesimo
ESEMPI formazione
FORMAZIONE
CARITÀ
APOSTOLO F.A.
VOLONTÀ
di DIO
CARITÀ
amore al prossimo
MONDO
PASTORALE parrocchia
APOSTOLO trasparenza
DOTI UMANE coerenza
COMUNITÀ
fraternità
VIRTÙ
semplicità
AUTOBIOGRAFIA seminario
ESEMPI apostolo
GESÙ
Probabilmente don Ottorino mima i pugili che prima dell’incontro sul ring continuano a scaldarsi portando colpi a vuoto contro un avversario invisibile.
Il cav. Danilo Barban era un amico e un benefattore dell’Opera, non più in giovane età e di costituzione abbastanza robusta.
MI165,9 [19-04-1967]
9 Se tu non hai l’amore verso il tuo fratello che è qui vicino e con il quale c’è poca differenza, come farai un domani avere amore verso quell’altro che dice male di te, che ti calunnia, che ti offende... come farai ad avere tanto amore da andare a cercare la pecorella smarrita? Se oggi non hai amore verso il tuo fratello perché ti fa un pochino il muso, come puoi un domani avere amore verso un altro fratello? Eppure il cristianesimo ci porta a questo! Questo è un termometro che risponde sempre a verità. Datemi un giovane seminarista, un giovane religioso, un giovane chierico che vive la vita di comunità da fratello, che stima il suo confratello, e che perciò si mette in atto di umiltà dinanzi al suo confratello, che dà una mano al suo confratello con la correzione fraterna, e tu un domani avrai un diacono o un sacerdote meraviglioso, che farà cose meravigliose nella parrocchia. Datemi invece uno che si direbbe uno smussa fatiche, che continuamente dice: “Ah, che fatica farsi santo!”, che ama il quieto vivere e perciò ripete: “A me non interessa... Non tocca a me...!”, e un domani avrai né più né meno che il mercenario. Guardate che apostoli mercenari ce ne sono tanti! E guardate che un po’ mercenari siamo tutti; guardate che un pochino di quello spirito mercenario lo abbiamo tutti! Abbiamo la semente di tutte le virtù, ma anche quella di tutti i vizi, e perciò un po’ di spirito mercenario lo abbiamo tutti. Perciò dobbiamo cominciare da qui, dalla Casa dell’Immacolata. Ieri sera quei pugili prima di cominciare stavano così perché fino all’ultimo momento devono stare in allenamento. Se non siete così anche voi qui, adesso, un domani non tirerete pugni. Un domani non si può prendere improvvisamente il cav. Barban e metterlo sul ring a fare pugilato, perché gli scoppierebbe la pancia. Ci vuole allenamento, ci vuole allenamento! Perciò non ditemi che domani sarete apostoli. Il Santo Curato d’Ars era Santo Curato d’Ars da quando andava a zappare la terra, ricordatevelo bene! San Giovanni Bosco era San Giovanni Bosco fin da quando andava a giocare con i ragazzi: prima faceva le corse e dopo faceva loro un po’ di catechismo. E quando ha sfidato il giocoliere a fare i salti, ha vinto lui e poi ha detto: “Adesso niente salti; tutti in chiesa”. Vi ricordate la storia? Ma San Giovanni Bosco già là era San Giovanni Bosco. Oh, naturalmente, anche se era San Giovanni Bosco ne combinava qualcuna di grossa perché dalla vaporiera usciva un po’ di tutto, ma lui ha chiuso i bulloni da una parte e ha aperto dall’altra e ne è uscito il santo; ma era anche allora San Giovanni Bosco.COMUNITÀ
confratelli
CARITÀ
amore al prossimo
FORMAZIONE
COMUNITÀ
correzione fraterna
CROCE sofferenze morali
CHIESA cristianesimo
COMUNITÀ
VIRTÙ
umiltà
DOTI UMANE stima
DIACONATO
CONGREGAZIONE assistente
PASTORALE parrocchia
APOSTOLO
VIRTÙ
VIZI
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
Poema che canta le lodi della perfetta padrona di casa: Proverbi 31, 10-31.
Daniele Zeno, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico, era entrato in Congregazione dopo una certa esperienza di vita nel mondo.
Nel testo registrato si ascoltano a questo punto vivaci commenti.
Modo di dire popolare: significa che in quella casa comanda la moglie, che ‘l’uomo di casa’ è la moglie.
MI165,10 [19-04-1967]
10 Fa paura vedere qualche volta dei giovani che vanno avanti come degli impiegati: “Domani sarò, mi preparerò, domani sarò!”. Che cosa vuoi essere un domani? Domani sarai quello che sei oggi, né più né meno, né più né meno! Sapete che cosa succede? Quello che succede nella famiglia quando una ragazza si sposa: da piccola aveva una bambolina, faceva il gioco della casetta e avanti... Quando è diventata un pochino più grande asciugava i cucchiai insieme con la mamma che le insegnava a fare la minestra, anche se poi sbagliava con il sale mettendone poco o troppo, e piano piano ha voluto cucinare, fare il vestitino... E allora tu vedi che arrivata a diciotto o vent’anni questa bamboletta va a finire in casa di un giovanotto e diventa “mulierem fortem quis inveniet?” , perché sa fare un po’ di tutto e allora è una ricchezza per la casa. Invece quell’altra che per prepararsi al matrimonio legge trattati di pedagogia, legge una cosa e l’altra, legge, legge, legge, e dopo va sposa in una casa e non è neppure capace di lavare i pannolini dei suoi bambini. E quanti mariti dicono: “Non è capace di fare niente; devo far fare tutto!”. Avete mai sentito dire questo? Lei bisogna che legga riviste e guardi la televisione, e lui si alza persino per portarle il caffè a letto: il marito va a lavorare e deve portare il caffè a letto alla moglie! Zeno , dico bugie? Non ce ne sono donne così in giro? Io ho detto: “Deve!”; significa che in quella casa comanda la Francia.PASTORALE giovani
FORMAZIONE
ESEMPI formazione
MI165,11 [19-04-1967]
COMUNITÀ;VOLONTÀ di DIO11 Guardate che è la stessa cosa anche nella formazione dell’apostolo. Datemi un giovane, datemi un ragazzo giovane che sia bene animato, cioè che abbia un forte desiderio dell’apostolato, dei sacrifici, della correzione fraterna, e avrai un giovane che arriva ad essere un vero sacerdote o diacono, come la ragazza che sta preparandosi coscienziosamente arriva al matrimonio da vera mamma. Per cui quando arriva ad essere apostolo qualcosa fa, perché non è capace di stare fermo, perché vuole anime, perché non si scoraggia, prova in un modo e nell’altro, è come una donna a cui riesce male la pastasciutta, ma subito si affretta a preparare gli gnocchi. Datemi invece quell’altro che va avanti calmo, tranquillo, tutto sorrisi, tutto rose, al quale chiedete: “Che cosa hai da fare?”, e risponde: “Sto preparandomi, sto preparandomi...”. A fare che cosa? A fare la moglie che si fa portare a letto il caffè, che comanda. A fare che cosa? Che cosa sai fare un domani se non c’è in te fuoco apostolico, se non hai sviluppato in te lo spirito dell’azione apostolica, se non hai aiutato oggi tuo fratello che era lì e che aveva bisogno di te? Ognuno di noi chiuda gli occhi, passi in rassegna tutti i fratelli e si domandi: “Sono tutti santi? Potrebbero fare qualcosa di più?”. Per esempio, Antonio Ferrari potrebbe fare di più? Vinicio? Don Ottorino? Potrebbero fare di più? Eh sì, sì, sì! E tu, tu, che cosa hai fatto per aiutare questi a fare qualcosa di più? Un domani, nella parrocchia i miei parrocchiani sono tremila o cinquemila: potrebbero fare di più? Eh, sì! E che cosa ho fatto io? Se oggi tu, chiudendo gli occhi, guardando la Comunità, ti accorgi che c’è qualcuno che potrebbe fare di più e lo aiuti a farlo, lo farai anche un domani; se non lo fai oggi, vi giuro dinanzi al crocifisso che non lo farete neanche domani. Agimus tibi gratias...FORMAZIONE
COMUNITÀ
correzione fraterna
APOSTOLO
FAMIGLIA matrimonio
APOSTOLO F.A.
COMUNITÀ
confratelli
PECCATO
COMUNITÀ
CONSACRAZIONE santità