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LA VOLONTÀ DI DIO È LA NOSTRA SANTIFICAZIONE

MI170 [27-04-1967]

27 Aprile 1967

1ª Tessalonicesi 4,3.

Già nell’Antico Testamento era risuonata questa parola di Dio, cfr. Levitico 11,45 e 19,2, come verrà ricordato nel testo di questa stessa meditazione.

L’espressione “volontà di Dio” è presente 17 volte nelle lettere paoline.

Il riferimento è a Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale.

Il Tretto è la località collinare sopra Schio (VI), dove la Congregazione aveva da poco acquistato il terreno per la costruzione del villaggio montano per le vacanze e gli incontri spirituali.

Michele Sartore frequentava all’epoca il 3° anno del corso liceale.

Anche per questa meditazione don Ottorino usa il libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965. Le citazioni vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami, e sono prese dalle pagine 73-74.

Don Ottorino ironizza su alcuni comportamenti dettati dalla vanità più che da considerazioni evangeliche.

Cfr. Matteo 5,16.

Cfr. Mt 5,15.

MI170,1 [27-04-1967]

1Fratelli, partiamo.
“Poiché questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione...”. Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione. È San Paolo che lo dice. Paolo ha parlato tanto, soprattutto affermando che se vogliamo fare qualche cosa dobbiamo fare la volontà del Signore, dobbiamo essere preoccupati di fare la volontà del Signore: prima invita a fare la volontà di Dio e poi dà una bastonata: “Questa è la volontà di Dio!”. Sarebbe come se io continuassi a dire: “Attenti: bisogna fare la volontà di Dio, bisogna fare la volontà di Dio, bisogna fare la volontà di Dio...”, e poi dicessi: “Questa è la volontà di Dio: oggi prendiamo il pullman e andiamo tutti a Venezia!”. Marco ride perché a Venezia c’è San Marco. Ovvero: “Questa è la volontà di Dio: e andiamo tutti a piedi al Tretto a mangiare le ciliegie”. Oggi i seminaristi vanno lassù: quindici chierici del seminario di Vicenza andranno a mangiare in osteria... forse andranno a mettere a posto il luogo dove noi costruiremo! Hanno già cominciato a vendere la terra a millequattrocento lire al metro; se aspettavamo tre settimane era troppo tardi. Comunque San Paolo ce l’ha fatta bella: prima ci ha spinti per convincerci a fare la volontà del Signore, e adesso, caro Michele , ci dice: “Questa è la volontà di Dio: la tua santificazione”. “Introducendosi, qui, e poi nella conclusione, Paolo espone quale sia la meta dell’agire morale: la santità. Dio l’esigeva già nell’Antico Testamento: ‘Mostratevi santi e siate santi perché io sono santo!’”. Il Vangelo di stamattina ci parla chiaro: non soltanto invita ad essere santi, ma anche a mostrarsi santi. Qualcuno, per esempio, esternamente non mostra di essere santo adducendo che nel santo Vangelo è stato scritto che bisogna fare in modo che la destra non sappia quello che fa la sinistra e che quando si digiuna bisogna non farlo vedere, e allora si fa la righetta, si mette i profumi, eccetera, e questo per non mostrarsi santi, perché questo è il santo Vangelo. Dalle opere bisogna conoscere: “Sic luceat lux vestra coram hominibus, ut videant vestra bona opera et glorificent Patrem vestrum qui in caelis est”. “Non si nasconde la lucerna sotto il moggio, ma lo si pone sopra il candelabro!”. Perciò il Signore ci dice chiaramente: “Siate santi e mostratevi santi!”. Abbiamo il dovere di manifestarlo anche esternamente, non per ostentazione, ma perché “glorifichino il Padre”.

VOLONTÀ

di DIO

CONSACRAZIONE santità

ESEMPI Volontà

di Dio

CONGREGAZIONE storia

PAROLA DI DIO Vangelo

CONSACRAZIONE santo

VIZI

APOSTOLO testimonianza

APOSTOLO trasparenza

Paese sulle colline sopra Chiampo (VI).

Il testo biblico è preso da Lev 11,44-45.

MI170,2 [27-04-1967]

2 Quando una domestica vede venire avanti una persona, si mette a posto prima di presentarsi per non far fare brutta figura alla padrona. Il giorno che siamo andati ad Altissimo , il maestro era nell’orto e stava piantando i cavoli, e prima di venire ha mandato il bambino ad accoglierci e dopo un pezzettino è venuto anche lui: si era messo bene, aveva posto la giubba, si era lavato e pettinato, e si è presentato decorosamente perché bisogna presentarsi decorosamente. Se una domestica si presentasse alla porta per ricevere una persona in maniera indecorosa, la padrona poi le farebbe le lamentazioni di Geremia profeta.
Noi dobbiamo presentarci santi anche esternamente. Per quale motivo? Perché rappresentiamo Dio che è santo. Dobbiamo esserlo veramente: non deve essere una cosa apparente, ma dobbiamo esserlo anche esternamente. Già altre volte vi ho detto che il nostro modo di parlare, il nostro modo di camminare, il nostro modo di agire, devono essere il riflesso del modo di parlare, di camminare, di agire, di diportarsi del divino maestro. Gli uomini devono vedere Gesù anche nel nostro comportamento; perciò a noi non sono permesse certe barzellette, certe frasi, certe stupidaggini; a noi non sono più permesse! Se una persona di mondo può anche dire certe frasi, fare certi gesti, certi scherzi, per noi non sono più permessi. Noi dobbiamo rappresentare Gesù, e quando rappresentiamo Gesù siamo persone ufficiali, e la persona ufficiale non può più fare quello che vuole. Qualche volta dicono: “Il vescovo, per il fatto di essere vescovo, non può più andare in bicicletta di qua e di là!”. Va bene, può andare in bicicletta lo stesso se vuole, ma c’è un certo decoro come persona ufficiale per cui certe cose che faceva prima non le può più fare; in caso contrario può scandalizzare. Ora noi siamo proprio così: i rappresentanti di Dio, e certe cose non le possiamo più fare perché abbiamo il dovere di mostrarci santi anche esternamente. “Mostratevi santi e siate santi, perché io sono santo! Sono io, Jahve, che vi ho fatto uscire dalla terra di Egitto per essere il vostro Dio: voi quindi sarete santi perché io sono santo”. “Mai è stato formulato in maniera più valida ciò che Dio vuole da noi. Nel Nuovo Testamento, però, la santità non consiste più nell’offerta di sacrifici e nell’osservanza degli usi liturgici, come avrebbero potuto intendere i pagani; e neppure nell’adempimento della legge e nell’osservanza delle tradizioni, come la pensavano i giudei: ora si esige invece una santità morale. Questa santità viene da Dio, da Cristo; è opera sua, opera dello Spirito Santo...”.

ESEMPI testimonianza

CONGREGAZIONE storia

ESEMPI retta intenzione

APOSTOLO trasparenza

CONSACRAZIONE santo

DIO

GESÙ

imitazione

CONSACRAZIONE

MONDO

CHIESA Vescovo

PECCATO scandalo

Il riferimento è alla città romana di Pompei, presso Napoli, distrutta e ricoperta dalla lava del Vesuvio nel 79 d.c., e riscoperta a partire dal 1740 in uno stato di conservazione eccezionale. Don Ottorino accenna agli “uomini pietrificati” in forma poco esatta, perché i vuoti conservati dalla lava con le forme degli uomini e degli animali vennero riempiti di gesso e risultarono perfettamente conservate le scene al momento dell’eruzione.

MI170,3 [27-04-1967]

3 In questi giorni siamo stati tutti preoccupati per andare a Bosco di Tretto per cercare il posto in montagna, per convincere la gente che ci dia il pezzettino di terra... Pensate che ieri l’impresario, quello che ci farà i lavori, mi ha detto: “Come avete fatto? Avete avuto il Signore dalla vostra perché nessuno è mai stato capace di mettere d’accordo quella gente. Noi del posto abbiamo detto subito che era impossibile mettere d’accordo quella gente, quando vi abbiamo visto venire avanti e indietro. Qui la gente non si mette d’accordo: uno ce l’ha contro l’altro, uno non cede per fare dispetto all’altro... Noi siamo restati stupiti che siate riusciti”. Noi ce l’abbiamo messa tutta, e il Signore ha fatto il resto, cioè ha fatto tutto lui. Però, anche umanamente parlando, ce l’abbiamo messa tutta; le cose vanno avanti, però anche in queste cose materiali bisogna mettercela tutta.
Però, però, io ho fatto un esame di coscienza: per farmi santo ce l’ho messa tutta alla stessa maniera? Se in tutta la mia vita ci avessi messo la stessa tensione per farmi santo! Queste cose le faccio per il Signore e solo per lui, e non si discute, ma se la mia preoccupazione per essere tutto di Dio fosse come quella preoccupazione che si ha in certi momenti per fare certe azioni, vi rendete conto che santi saremmo? Eppure deve essere così! Il nostro affare principale, vorrei dire il nostro unico affare è questo: la nostra santificazione. Il resto, figlioli, che cosa volete che valga? Ho sempre dinanzi agli occhi l’immagine di Pompei , con le statue che ho visto, gli uomini pietrificati: non si sa se fossero avvocati, se fossero laureati o no, se fossero ricchi o poveri... non si sa neanche se fossero uomini o donne nella posizione in cui si trovano. Eppure, eppure loro ci sono ancora, ci sono ancora; il corpo è ridotto così, ma loro ci sono ancora. E come sono adesso? Capite che allora noi dobbiamo porci la domanda: “Quid prodest hoc ad aeternitatem?”. Questi sono i pensieri che fanno i santi! Che cosa interessa tutto il resto? Interessa essere di Dio, essere uniti a Dio, fare istante per istante quello che è il volere di Dio. Figlioli miei, bisogna innamorarsi della santità, desiderare la santità: santità che vuol dire unione con Dio, santità che vuol dire uniformare il nostro volere al volere di Dio, fare che le nostre azioni siano come le vuole il Signore, che i nostri pensieri, i nostri affetti, tutto quanto sia come vuole il Signore. Questa è l’unica cosa che vale!

CONGREGAZIONE storia

VIRTÙ

DIO

DOTI UMANE

CONSACRAZIONE santità

CONSACRAZIONE generosità

FAMIGLIA papà

AUTOBIOGRAFIA viaggi

CREATO

ESEMPI novissimi

Il riferimento è a Giorgio Pieropan, morto circa sei mesi prima.

Cfr. Mt 24,42.

Zeno Daniele, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico, si preparava ad accompagnare don Ottorino nel suo terzo viaggio in America Latina, realizzato dal 31 agosto al 14 settembre 1967.

MI170,4 [27-04-1967]

4 Posso assicurarvi che i cinquant’anni volano come un soffio di vento. Vi accorgerete come gli anni scolastici passano: abbiamo appena cominciato l’anno scolastico e siamo ormai alla fine. Finché arriverà l’ultimo giorno della nostra vita. Ah, se potesse per un momento venire qui il nostro caro Giorgio e parlarvi di queste cose! Se venisse qui Giorgio, se il Signore concedesse la grazia a Giorgio di venire in mezzo a noi in questo momento e dire: “Fratelli miei, guardate che l’unica cosa che vale...”! Vi rendete conto che cosa sentireste? Vi rendete conto, che cosa potrebbe insegnarci Giorgio? Che prediche ci potrebbe fare in questo momento senza essere laureato? Come potrebbe insegnarci bene la teologia, la filosofia, la pedagogia? Potrebbe insegnarci tutto molto bene! Giorgio potrebbe dirci: “Figlioli, state attenti, guardate, state attenti, sapete! Quello che vale è essere santi, essere di Dio, credere, credere ai Novissimi: Morte, Giudizio, Inferno, Paradiso! Ecco qui: Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso, e ‘estote parati quia qua hora non putatis Filius hominis veniet’. A me è capitato a Este, per qualcuno potrebbe essere a Genova mentre sta partendo per l’America! Finis et initium!”. Così è! Può capitare a qualche altro che sta partendo per l’America, caro Zeno : per aria... pum, patapum! Andate a trovarlo in mezzo all’oceano, nella pancia di una balena!
Figlioli miei, bisogna vivere per l’eternità e tutte le azioni farle nella luce dell’eternità. Se il Signore ci facesse capire queste cose! Non saremmo meno uomini, ma saremmo di più uomini; non è detto che, a un dato momento, per vivere solo queste cose ci dobbiamo chiudere in un convento: no, no, no! Se è volontà di Dio buttiamo giù l’Istituto e ne facciamo un altro di nuovo. Perché nostro Signore Gesù era santo e chissà quante carriole e credenze ha costruito e chissà quanti pezzi di legno ha piallato, ed era santo, ed era santo! Ora, se tu sei santo, sei di Dio e anche nelle opere esterne fai quello che il Signore vuole. Non è che uno che è chiamato alla santità non compia opere esterne, anzi, se è volontà di Dio, ne compie più degli altri suscitando la meraviglia e la confusione: “Come hai fatto? Come ha fatto? Come hanno fatto?”. Chissà che cosa salterà fuori un domani dal Chaco: “Ma come avete fatto, ragazzi, in poco tempo a fare tutte queste cose?”. “Haec fecit Dominus! Haec fecit Dominus!”. Ricordatevelo bene, in mano di Dio compirete cose meravigliose, cose grandiose, ma l’unica cosa che conta è quella di essere nelle mani di Dio.

NOVISSIMI morte

ESEMPI novissimi

NOVISSIMI eternità

DIO

NOVISSIMI

PAROLA DI DIO Vangelo

FAMIGLIA papà

CREATO

APOSTOLO uomo

VOLONTÀ

di DIO

GESÙ

lavoratore

CONSACRAZIONE santo

CONSACRAZIONE santità

VOLONTÀ

L’assistente Giuseppe Filippi era esperto nelle scienze tecniche e matematiche, e faceva spesso uso del regolo per i suoi calcoli.

Monsignor Carlo Fanton era il vicario generale della diocesi di Vicenza e grande amico di don Ottorino.

Il riferimento è al detto di un gondoliere veneziano che conduceva per il Canal Grande un ricco turista, pieno di orgoglio e fanfarone, quando una violenta onda colpì la gondola e la travolse.

MI170,5 [27-04-1967]

5 Ecco quello che dice il nostro autore della meditazione di questa mattina: “Questa santità viene da Dio, da Cristo; è opera sua...”. Rendetevi conto: questa santità è opera di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo. “Spirito Santo, dammi la tua santità!”. Bisogna andare dinanzi a Dio e domandarla la santità; non si fa la santità, non si costruisce matematicamente la santità, non si costruisce la santità a forza di calcoli, né con il regolo, capisci Filippi caro? Nella santità siamo tutti bambini d’asilo dinanzi a Dio, anche i più grandi dottori; quando si tratta di fare, di costruire la santità siamo tutti discepoli, dal Papa in giù, dal professore di università in giù. Quando si tratta di vincere se stessi, di mettersi in contatto con Dio, siamo tutti bambini.
Monsignor Fanton direbbe, andando via in macchina assieme: “Cabala, se si ferma la tua macchina, io non so niente. Attento, eh! Se si ferma io non so neppure dove mettere le mani. Io non saprei cominciare dalle ruote o dal motore: io vado in giro volentieri, ma guardo...”. In fatto di santità siamo tutti così. Come quell’altro che non sapeva nuotare: “Sei capace di nuotare, caro? No? Allora hai persa la tua vita, caro!”. Figlioli miei, bisogna essere convinti di queste cose perché, se noi siamo convinti di questo, ci metteremo in atteggiamento di discepoli dinanzi al Signore. “Signore, fa’ che io veda”, diceva il povero cieco. Bisogna andare dinanzi al tabernacolo e dire: “Signore, fa’ che io veda! Signore, fa’ che io parli! Signore, fa’ che senta la tua voce! Signore, fa’ che io cammini nella via della santità e del bene! Signore, solo tu puoi aiutarmi!”. Questo è l’atteggiamento del discepolo che è nelle mani di Dio. Poi questo discepolo diventa maestro, poi questo discepolo santo mostra la sua santità con semplicità dicendo: “Le cose le ha fatte il Signore; non sono mie!”. Bisogna avere questo atteggiamento per tutta la vita: “Signore, vedo che io da solo non sono capace di camminare; sostienimi, Signore!”. Siamo come le marionette: se il Signore taglia lo spago tutto crolla. Conoscete le marionette mosse da spaghetti: se tagli i fili casca giù tutto! Noi siamo così nelle mani di Dio, dobbiamo sentirci nelle mani di Dio, sentire che siamo nelle mani di Dio e sentire il desiderio di essere portati da Dio. Direte che sono sempre le stesse cose: pazienza, figlioli! Verranno altri e diranno altre cose, intanto io dico queste.

CONSACRAZIONE santità

DIO

DIO Spirito Santo

PREGHIERA domanda

PENITENZA

ESEMPI santità

FAMIGLIA papà

EUCARISTIA tabernacolo

PREGHIERE di donazione

VOLONTÀ

di DIO

VOLONTÀ

di DIO abbandono alla...

VIRTÙ

semplicità

Il riferimento è a don Luigi Furlato, padre maestro dei novizi.

Cfr. Giovanni 8,3-9.

MI170,6 [27-04-1967]

6 “... e solo dopo diventa anche nostro impegno personale, al quale siamo chiamati”.
La santità è anzitutto opera di Dio, opera di Cristo, opera dello Spirito Santo, e poi diventa impegno personale nostro. E allora dobbiamo fare! Fuori di chiesa, quando Dio ha dato la sua forza, quando Dio ha dato la sua luce, andiamo avanti. Dio dirà: “Adesso fa’ quell’azione!”, e allora tu ce la metti tutta, come tutto dipendesse da te, perché allora metterai a disposizione tutte quelle doti che Dio ti ha dato per compiere quella data azione che Dio vuole da te. E per te sarà indifferente se questa azione sarà andare a comperare un pezzo di terreno o se sarà andare a fare un’ora di religione a scuola, o se sarà andare a confessare a Grumolo o a predicare un’ora di adorazione, perché tu sei di Dio. I tuoi desideri devono scomparire, ma metterai tutta la tua parte umana nel compiere quell’azione che Dio vuole da te. Prima dovrai essere convinto che solo lui , lui solo è la fonte della santità, lui solo è colui che ti sosterrà, ti aiuterà e ti condurrà, e poi tu partirai in nome di Dio e compirai tutto quello che Dio ti suggerirà di fare. “Viene così definitivamente inserito, nella nostra esistenza, un fine, di fronte al quale ogni altro diventa secondario, anzi falso”. Quando siamo entrati nell’idea che l’unica cosa necessaria è farci santi, essere santi e mostrarci santi, quando abbiamo capito che solo lo Spirito di Dio è quello che ci fa santi e che noi dobbiamo mettere tutte le nostre energie a disposizione di Dio per questa realizzazione, abbiamo un fine nella vita e il resto diventa secondario. E quando noi abbiamo un fine, un fine forte nella nostra vita che ci conduce, siamo potenziati e la nostra personalità è potenziata perché ci sono dentro di noi delle energie che saltano fuori soltanto quando abbiamo qualche cosa di importante da compiere. Avete mai osservato che ci sono delle giornate in cui si è un po’ stanchi e avviliti, ma quando capita un affare un po’ importante saltiamo su? Non sappiamo neanche noi come mai quel giorno ci siamo ritrovati pieni di energia. Alla sera diciamo: “Come ho fatto oggi a fare queste cose?”. Se capita qualcosa che ci piace, qualcosa che ci interessa, ci buttiamo dentro e ci dimentichiamo anche di mangiare. Se riusciamo a mettere questo fine come il motore di tutta la nostra vita, a un dato momento noi siamo potenziati. E allora a coloro che dicono: “Fare l’obbedienza fa perdere la propria personalità!”, rispondiamo: “No, quando uno si è inserito così, ha una personalità come altri non hanno”. E io credo che i santi abbiano una personalità molto più forte e molto più grande che non gli altri. Non so se in questo siate d’accordo! Tu, don Luigi ? Questo avverrà anche un domani, quando sarete in una parrocchia. Prendete un parroco che non sia un duce, ma un parroco che abbia lo spirito che abbiamo detto, cioè lo spirito di servizio, o un diacono con lo spirito di servizio. A un dato momento, quando sono impegnati così, hanno una forza tale, una personalità tale che nessuno può opporre niente: quando voi toccate questo tasto bisogna che tutti abbassino le orecchie. Capiterà come nell’episodio evangelico: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra!”, quando sono scappati via tutti cominciando dai più vecchi. Chi domina? Chi vince la battaglia? Quando noi abbiamo una linea chiara e precisa della metadove dobbiamo andare e che è la realizzazione del Vangelo in noi e negli altri, a un dato momento l’ultima parola spetta a noi, la prima e l’ultima spettano a noi, non a noi come uomini, ma come rappresentanti di Dio. E nessuno può opporci niente nella verità, e non andiamo a compromessi perché esponiamo il Vangelo “sine glossa”!

CONSACRAZIONE santità

DIO

DIO Spirito Santo

VIRTÙ

CONSACRAZIONE disponibilità

DOTI UMANE

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO uomo di Dio

PENITENZA

DOTI UMANE personalità

DOTI UMANE talenti

ESEMPI ideale

CONSACRAZIONE obbedienza

PASTORALE parrocchia

Monsignor Ernesto Dalla Libera era insegnante di canto e musica sacra in seminario, e fu promotore con il vescovo Rodolfi di una vasta riforma del canto liturgico nella diocesi attraverso le scuole di S. Cecilia. Musicologo e musicista di notevoli qualità morì ultranovantenne, dopo don Ottorino.

Formula che veniva pronunciata nelle cerimonie per l’investitura di un nuovo Sommo Pontefice.

MI170,7 [27-04-1967]

7 “Viene così definitivamente inserito, nella nostra esistenza, un fine, di fronte al quale ogni altro diventa secondario, anzi falso”.
Che meschino sarebbe un sacerdote, un religioso che avesse come fine la propria gloria! E ce ne sono, ce ne sono, che si comportano un po’ da insensati, che ci tengono alla gloria personale... un soffio di vento che passa! Ne ho visti tanti, ne ho visti tanti così: hanno come fine la gloria, e allora un appartamento, e allora quadri, e allora... Passa tutto in un momento, vanno via, e i loro quadri sono venduti, i loro libri sono buttati... Dov’è ora quell’uomo? Che cosa pesa? Dopo cinquant’anni di vita ho visto molte di queste cose! C’erano posti dove tu non avevi neanche il coraggio di andare dentro: il signore A, il signore B, il sacerdote signore A, il sacerdote signore B... e dopo, a un dato momento, ti chiamano, magari la sorella ti chiama: “Don Ottorino, qui c’era... mio fratello... speriamo di riuscire a vendere questo materiale per i suoi ragazzi!”. Ed entri là, e ti sembra di vedere quell’altro di cui prima avevi quasi paura e terrore, e ti metti a frugare fra le sue carte: questo via, questo va bene! Fa una certa impressione! Mi è capitato parecchie volte. Dov’è ora quest’uomo, dove quest’uomo? Dov’è questo tale che aveva tante arie? Morto! E le sue ricchezze? Vedi un gruppo di quei parenti ricchi che vogliono spartire: a me tanti polli, a te tante galline... sono occupati a spartire e a dividere, e quell’altro è partito! Dov’è quel signore che passava? Fratelli miei, l’unico fine che ci sostiene è sempre questo; gli altri fini cascano. Mi dispiace dover essere io a dire queste parole adesso, ma verrà il tempo in cui anche voi vedrete fatti, vedrete azioni, e allora, mentre parlate, vedrete a un dato momento la fine che ha fatto l’uno, l’altro, quest’altro. Quando si ha una certa età, scusate se dico questo, si vede il mondo diverso. Per esempio, entrando nel seminario di Vicenza io lo vedo come quando vi sono entrato io perché il seminario è fatto di muri, ma è fatto anche di uomini, e quando sono andato c’erano queste persone: mons. Scalco, mons. Volpato, mons. Carpenedo... L’unico che si regge ancora è mons. Dalla Libera : è sempre stato così, tale e quale. Gli altri? Patapum: morto, morto, morto! Vai in seminario ora e trovi altri uomini, uomini che, chiudendo gli occhi, io li vedevo che giocavano con le palline, che giocavano a palla avvelenata, e che avevano ancora da entrare in seminario. Di qui a cinquant’anni ci saranno altri uomini ancora che adesso, forse, sono ancora in fasce e sono quelli che entreranno in seminario... e dopo altri ancora... “Sic transit gloria mundi”. Al mio paese, il podestà, l’uno, l’altro, quest’altro: dove sono? A Vicenza, il prefettto, il sindaco, l’uno, l’altro... dove sono andati a finire? Ogni tanto vedi qualcuno ancora in giro con il bastoncino in mano, in pensione, lo vedi in giro per la città: “Ohh!”, e prima: “Uhh!”; e adesso cercano di dire una parola: “Si ricorda come l’ho aiutato? Si ricorda?”... a tribolare ha aiutato! Dove sono, dove sono adesso? Figlioli, vale così poco una lode, un biasimo, se non è approvato da Dio! Che interessa ricevere una medaglia d’oro? È stata fatta tanta festa per la medaglia d’oro, con tanto di ingresso trionfale in comune, e adesso vai in comune e sei uno come gli altri... è come avere un pezzo d’oro su per i denti! Figlioli, vanità, vanità, vanità!

SACERDOZIO prete

CONSACRAZIONE religioso

VIZI

MONDO

NOVISSIMI morte

ESEMPI apostolo

ESEMPI Novissimi

NOVISSIMI

AUTOBIOGRAFIA seminario

CREATO

CONGREGAZIONE storia

FAMIGLIA papà

Il riferimento è forse ad Antonio Donà, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso liceale, perché subito dopo lo mette in relazione con Lorenzo Centomo, suo compagno di corso.

Luciano Bertelli frequentava all’epoca il 3° anno del corso teologico e collaborava nell’animazione dei giovani novizi.

Don Ottorino scherza con il cognome dell’assistente Vinicio Picco, all’epoca consigliere generale.

MI170,8 [27-04-1967]

8 “Ma stiamo ben attenti: la volontà di Dio, il fine proposto alla nostra vita, non è l’autoperfezionamento, l’autorealizzazione, bensì, appunto la santità: dobbiamo cioè sforzarci di piacere a Dio e compiere obbedienti la sua volontà”.
Dobbiamo “sforzarci di piacere a Dio”. Ricordate la filmina: “La danza del diavolo”? Chi era il protagonista? Gianni? Quel ragazzetto era contento quando era contenta sua mamma, e quando cantava a lui interessava che fosse contenta sua mamma. Vi ricordate? Era tutto contento che la mamma fosse contenta e allora si metteva a cantare di gusto... Non si era ancora accorto della malizia del mondo: invidie, non invidie, eccetera. In seguito sono subentrate anche quelle cose, ma prima era contento che fosse contenta sua mamma e faceva le cose con semplicità. Anche voi avete una bella voce? E fate che Dio sia contento: cantate, figlioli, cantate figlioli, in nome di Dio! Se siete capaci di predicare bene, predicate bene! Siete capaci di fare scuola bene, di confessare bene, di fare conferenze? Ma che sia contenta la mamma, che sia contento Dio; il resto non importa. Comprendi, caro Antonio ? Penso che la preoccupazione che dobbiamo avere dovrebbe essere quella di fare le cose con semplicità, ma perché sia contento Dio. Dopo cercherò di accontentare anche i fratelli, ma prima che sia contento Dio. Cercherò di voler bene a Lorenzo, di aiutarlo, basta che sia contento Dio. Io ho la preoccupazione che sia contento Dio, e so che se io non voglio bene ai miei fratelli Dio non è contento, per cui cercherò di amarli. Figlioli miei, se noi riuscissimo ad inserire profondamente nella nostra vita queste parole: “Questa è la volontà di Dio! Haec est voluntas Dei: santificatio vestra!”, avremmo il fine della nostra vita, avremmo la gioia della nostra vita, e avremmo trovato la forza, avremmo trovato il punto di appoggio e la leva per sollevare noi e il mondo. Quando ieri sera sono venuto a casa dall’alta montagna, e non ne potevo più, sono scappato a Monteviale e ho detto: “Mi butto su una sedia a sdraio e leggo per prepararmi al mese di maggio”. Arriviamo e troviamo l’armadio chiuso. Avrei mangiato chi aveva portato via la chiave perché dentro l’armadio avevamo le cose da mangiare. Chi è stato? Bertelli ? Comunque avevamo sempre detto che le chiavi dell’armadio restavano su, mentre uno le ha portate giù. Mi sono detto tra me: “Giù non torno neanche per sogno, neppure se diventano più belli del sole!”, e allora ho cercato di scassinare l’armadio, per aprirlo un po’... Abbiamo trovato un picco, non Picco Vinicio, un’altro tipo di piccone, e allora con quello posato sotto e con una chiave inglese abbiamo cominciato a fare leva, e a forza di fare leva abbiamo aperto ed è uscito quello che volevamo. Se riuscissimo a trovare quel punto di appoggio, se riuscissimo a trovare nella nostra vita questa leva, sicuramente, figlioli, riusciremmo, a sollevare non una porticina della dispensa, ma qualcosa di più: tutte le anime che il Signore ci affiderà.

DIO

VIRTÙ

FAMIGLIA mamma

ESEMPI retta intenzione

FAMIGLIA papà

APOSTOLO predicazione

VIRTÙ

semplicità

COMUNITÀ

fraternità

COMUNITÀ

servizio reciproco

CARITÀ

amore al prossimo

VOLONTÀ

di DIO

MONDO

CONSACRAZIONE santità