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LA SPERANZA DELL’ETERNITÀ

MI179 [16-05-1967]

16 Maggio 1967

Don Ottorino si rivolge a fratel John Berchmans Kayondo, religioso ugandese, ospite nella Casa dell’Immacolata.

L’inizio della meditazione è scherzoso, ma don Ottorino intende dire che il tema sarà interessante e aiuterà a superare la sonnolenza del mattino.

1ª Tessalonicesi 4,14.

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965. Le citazioni, prese dalle pagine 83-84, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Raffaele Testolin era neo professo da circa due mesi.

Don Erasmo De Poli era sacerdote da un anno e, all’epoca, dirigeva la Scuola F. Rodolfi per semiconvittori.

MI179,1 [16-05-1967]

1 Buongiorno, venerabili padri e diletti figli. Io ho sonno e voi? John , avere sonno tu? Padre John, tu non avere sonno; beato te! Come fare per non avere sonno? Adesso parliamo del corpo, e vedrete che certamente dormiremo.
“Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, dobbiamo anche credere che Dio condurrà con Gesù coloro che sono morti con lui”. Ho saltato un brano, quello che parla della speranza, perché se parliamo del Paradiso io vorrei andarci subito. “L’uomo non ‘ha’ come per caso, un corpo che può deporre, e senza il quale possa perfino credere di vivere meglio; egli vive la sua vita totale solo in unità col suo corpo, se ‘è’ col corpo”. Se non avessimo questo corpo, se non avessimo questo corpo benedetto, si starebbe così bene! Caro Raffaele , sei stato creato con anima e corpo; tutti siamo stati creati con anima e corpo, e con anima e corpo dobbiamo andare in Paradiso. Questa è la realtà! Don Erasmo , tu vorresti essere senza corpo; niente da fare; devi rassegnarti e il tuo corpo è come è, così. Siamo stati creati con il corpo; la nostra vita totale è con il corpo, corpo che oggi porta con sé tante miseriole, ma queste miseriole sono poi causa di meriti per l’anima, se sa sopportarsi.

FAMIGLIA papà

CREATO

NOVISSIMI paradiso

VIRTÙ

speranza

Antonio Pernigotto, che aveva emesso la professione religiosa nel mese di gennaio di quell’anno, era un giovanottone robusto e forte.

Bortolo e Carlo Scortegagna erano fratelli di mamma Clorinda.

Don Ottorino scherza. Il trenino che portava ad Asiago, data la pendenza che doveva superare, era in molti punti a cremagliera e pertanto la velocità non poteva essere elevata.

Don Ottorino scherza evidentemente perché non è mai stato un buon camminatore, e tanto meno in montagna.

Natalino Peserico stava completando all’epoca il 1° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.

MI179,2 [16-05-1967]

2 “La vita dell’anima senza corpo, dopo la morte, appariva già agli antichi una vita non pienamente umana, paragonabile ad un vago sonno: piuttosto una parvenza di vita che una vita vera. A ragione perciò la speranza degli ebrei e dei cristiani aspetta la completa salvezza nella risurrezione del corpo e nella nuova creazione”.
Ricordo che da giovane mi faceva impressione uno dei santi Padri, che non ricordo chi sia, che diceva: “Signore, credo che risorgerò con questa carne, - e si palpava - risorgerò con questa carne; credo, Signore, che risorgerò con questa carne!”. Perciò anche se avremo mortificato un po’ il corpo, non certo fino a ridurlo a un ramo secco, perché altrimenti, povero Antonio , dove andiamo a finire, ma mortificarlo un po’ questo corpo è necessario. Mi ricordo che un altro santo diceva al suo corpo: “Beh, porta pazienza, vedrai che dopo ti tratto bene!”. È come un papà che va con suo figlio e il figlio, strada facendo, dice: “Papà, ho fame, non ne posso più, ho fame, ho fame...”, e il papà: “Porta pazienza; a casa c’è il pranzetto apparecchiato. Non avere paura; a casa è pronto da mangiare. Vedrai, vedrai a casa, porta ancora un po’ di pazienza”. “Quanto ci vuole ancora, papà?”. Ricordo che questo ragazzetto era piccolo, e ricordo anche il posto in cui avvenne il fatto: quel bambino era Ottorino Zanon. Mio zio Bortolo, il fratello di Carlo , mi aveva condotto ad Asiago; allora ero un ragazzino, non ricordo neanche quanti anni avessi. Ricordo che siamo arrivati con il trenino, con il rapido , ad Asiago: era come un fuoribordo perché ogni tanto potevi sporgerti dal finestrino perché c’era una specie di poggiolo, e ricordo che quando si passava sotto una galleria, bisognava rientrare precipitosamente altrimenti ti affumicavi tutto e quasi ti mancava il fiato; potete immaginarvi, era elettronico! Siamo arrivati alla stazione, e poi da Asiago a Gallio a piedi, e dopo da Gallio ai Ronchi; io poi sono sempre stato un grande scalatore di montagne! Mi sembra ancora di essere sul posto, a metà strada; vedo ancora i luoghi, poco distante dal cimitero di Gallio, quel cimitero militare che c’è nella discesa prima di arrivare alla chiesa, sulla sinistra. Mi sembra di vedere mio zio, che tra l’altro portava anche la valigia: “Zio, quanto c’è ancora? Quanto c’è ancora? Io sono stanco”. E lo zio Bortolo diceva: “Ci siamo subito, dai, dai, su coraggio, ci siamo subito, ci siamo subito!”. Qualcosa di simile bisogna che noi facciamo con il nostro corpo: il nostro corpo è un povero ragazzino, Natalino caro, un povero ragazzino che si stanca sempre e che bisogna imbrogliare santamente dicendo: “Porta pazienza, caro. Ancora un pochino e ci siamo subito; siamo subito arrivati, non avere paura, ci siamo subito, vedrai che ci arriviamo!”.

AUTOBIOGRAFIA

CREATO

PENITENZA

VIRTÙ

pazienza

ESEMPI Il corpo nostro compagno verso l’

eternità

, il corpo deve seguire l’

anima

AUTOBIOGRAFIA famiglia

L’assistente Giorgio Pieropan era morto nel novembre del 1966 in un incidente d’auto.

Don Ottorino intende riferirsi all’anima.

Per porcherie don Ottorino intendeva quasi sempre riferirsi al peccato sessuale.

MI179,3 [16-05-1967]

3 Il nostro caro Giorgio è già arrivato con il suo corpo: anzi non ancora con il corpo perché il corpo arriverà tra poco, adesso è fermo al bagagliaio. Sì, di solito, il corpo si ferma al bagagliaio, e dopo, a un dato momento, tutti i corpi vengono ritirati. Anche i nostri corpi risorgeranno; non soltanto l’anima godrà l’eternità, ma anche il corpo, questo povero corpo, che i santi hanno così maltrattato, che il vero cristiano non deve maltrattare, ma frenare. Il vero cristiano deve frenare il corpo, lo deve mortificare; non si tratta di martirizzare il corpo, anche se qualche santo, in qualche caso particolare, ha avuto l’ispirazione di farlo. Io non voglio giudicare di questo, ma il Signore non ci ha comandato di ucciderci, però di mortificarci perché altrimenti il corpo si ribella, la carne finisce per trascinare l’anima all’Inferno.
Questo corpo è stato sempre sotto il controllo dell’anima, e qualche volta è stato accontentato e qualche altra volta no; è stato tenuto a bada dalla padrona di casa dalla quale si sentiva dire: “No, non licet!”. “Mah, vorrei...”. “Adesso no, adesso fai il fioretto”. “Mah, vorrei stare a letto fino alle dieci, stamattina”. “No, alzati!”. “Ma ho sonno!”. “Niente; adesso ti alzi e vai a Messa”. Questo corpo, che per tutta la vita è stato soggetto all’anima ed è stato mortificato, un bel giorno godrà della gioia di questo sacrificio. Il Signore ha stabilito che anima e corpo siano uniti nell’eternità. Questa è la nostra fede, fratelli! Io risorgerò! Supponi di andare a letto stanco alla sera e di non poterne più, e questo corpo vorrebbe quasi ribellarsi: “Basta, finiscila, anima!”, vorrebbe fare divorzio, allora si deve dirgli: “No, porta pazienza, vedrai, vedrai che verrà il giorno in cui anche tu sarai accontentato. Tu oggi ti senti dire di no, di no, di no; porta pazienza, e verrà giorno che sarai accontentato, non nelle ‘cose basse’, ma sarai accontentato in tutto quello che è lecito e santo”. Figlioli miei, specialmente a una certa età, per vincere certe tentazioni qualche volta questo può essere un ottimo pensiero: “Eh, va bene, pazienza, pazienza!”. Quando il demonio presenta certe fantasie, certe soddisfazioni non si deve dire: “Ma, io devo sempre rinunciare?”. Sentivo un giorno un giovane che mi diceva: “Ma, insomma, devo sempre dire di no, di no, di no... sempre di no? Fare porcherie , no; mettere le mani fuori posto, no; guardare certe cose, no; no, sempre no, no”. Il corpo qualche volta fa il capriccioso, e allora bisogna dirgli: “Beh, senti, piano piano: verrà il giorno in cui il corpo sarà soddisfatto, ma non nelle bassezze; sarà accontentato, non avrà più mal di testa, no avrà più sonno, non avrà più niente”.

NOVISSIMI morte

NOVISSIMI eternità

CREATO

CHIESA cristianesimo

PENITENZA

CONSACRAZIONE santo

NOVISSIMI inferno

PENITENZA sacrificio

VIRTÙ

fede

VIRTÙ

pazienza

FAMIGLIA papà

CROCE Demonio

CROCE tentazioni

VIRTÙ

MI179,4 [16-05-1967]

4 “A ragione perciò la speranza degli ebrei e dei cristiani aspetta la completa salvezza nella risurrezione del corpo e nella nuova creazione. Ma come avverrà ciò? Non possiamo che riferirci a Cristo: noi saremo simili al Signore risorto. Noi aspettiamo dal cielo “il Signore Gesù Cristo che trasformerà il nostro misero corpo, rendendolo conforme al suo corpo glorioso, in virtù di quel potere col quale può assoggettare a sé ogni cosa”. Allora, dunque, la creazione sarà liberata dalla “schiavitù della corruzione”.
La nostra vita ha un senso solo se aspettiamo queste cose; se non aspettiamo queste cose la nostra vita non ha senso, diventa un lavoro di filantropia. Si trova a volte qualche uomo, fuori nel mondo, che pur senza fede lavora per gli altri uomini, e per la salvezza di quell’anima lasciamo fare al Signore; ci sono uomini senza fede, che lavorano, fanno del bene, fanno anche opere caritative, fanno opere filantropiche: io ne ho conosciuti di questi uomini senza fede. Per esempio, c’era il famoso Tretti, il padrone delle fornaci Tretti-Marelli, di Grisignano. Quell’uomo ha sempre detto di non aver fede e lo affermava apertamente: “Io no credo in niente, neanche per sogno!” . Però, s’è dedicato agli asili infantili, era presidente di molti asili infantili. Non era sposato e tutto quello che aveva lo dava agli asili: ne ha piantati cinque o sei, a spese sue, con i suoi soldi, e li manteneva lui. Lui si divertiva molto in mezzo ai bambini, e non credeva né a Dio né alla Madonna, né ai santi, né alla vita futura. Si diceva che qualche volta se ne andasse con qualche signora; era anche logico, per lui che non credeva, divertirsi un po’ con qualche ‘pia signora’. Però la sua vita e i suoi mezzi erano per far del bene; lui non conosceva sacrificio quando si trattava di fare del bene! Per la sua salvezza lasciamo fare al Signore: è lui che fa. Per noi è inconcepibile la vita se non guardiamo in avanti, se non pensiamo al Paradiso, se non pensiamo alla vita eterna. Voi direte: “Questo è un pensiero egoistico!”. Figlioli miei, io voglio tanto bene al Signore, lo amo, sono pronto a stare in Purgatorio fino alla fine del mondo per amore suo, ma un bel giorno andremo insieme. Lo ha promesso lui, e allora dobbiamo vivere con la speranza di questa Pasqua che verrà, della nostra risurrezione: è risorto lui, risorgeremo anche noi! Il tempo che abbiamo da vivere è brevissimo.

VIRTÙ

speranza

MONDO

CREATO

VIRTÙ

fede

MONDO ateismo

MARIA

VIZI lussuria

PENITENZA sacrificio

NOVISSIMI paradiso

FAMIGLIA papà

NOVISSIMI purgatorio

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

GESÙ

Don Ottorino nelle meditazioni usava spesso gesti e parole onomatopeiche per essere più comprensibile e incisivo.

L’espressione latina significa: “Mi fermo, o Signore?”.

MI179,5 [16-05-1967]

5 Ieri sera dicevo a un confratello che noi ci troviamo come sopra la rampa di un missile e la miccia è già pronta: a un dato momento parte tutto e si va in orbita. Ora noi siamo così, questa è la vita, la nostra situazione: ci troviamo già dentro la capsula, siamo pronti e quando arriva la fine della miccia partiamo, ma non sappiamo quando questo avvenga; potrebbe capitare quest’oggi, potrebbe capitare fra dieci o quindici o venti o trent’anni. Quello che è vero è questo: la miccia è già accesa, la mia e anche la vostra, e noi siamo in cima al razzo. Ogni volta che sentite l’orologio che fa tic tac sapete che il zzzzzzz della miccia della vita sta ardendo. Alla luce di questo, per un’anima che ama veramente il Signore, il solo guardare l’orologio deve far venire in mente la miccia che sta ardendo; il solo vedere sorgere e tramontare il sole deve farci venire in mente che stiamo avvicinandoci alla partenza della capsula, e che a un dato momento scoppia tutto. E allora, che cosa succede? E’ finita? No, la vera vita comincia allora.
Si tratta allora di fare in modo che tutte le nostre azioni, che tutta la nostra vita sia illuminata da un principio, non da una fine. Sapete che quando San Carlo Borromeo è andato a Milano e ha visto in un dipinto la morte con la falce in mano, le ha fatto mettere in mano una chiave d’oro; ha detto: “Via la falce; dipingete una chiave d’oro perché la morte è la chiave del Paradiso!". La morte è una galleria oscura, ma alla fine c’è una porta che si apre: noi stiamo andando verso una porta che si apre. Perciò bisogna guardare la morte, ma non guardarla con angoscia. Morirò... per carità, per carità! È chiaro che umanamente parlando la morte è uno strappo, è una separazione, ma, spiritualmente parlando, per noi è l’inizio di una vita, per noi è il raggiungimento della ricompensa di tutti i nostri sacrifici, di tutto il nostro lavoro: abbiamo sempre puntato là! Uno che va sopra la capsula di un missile e va in orbita sente la gioia di entrare nella capsula perché va in orbita: ha fatto tanta preparazione, tanti voli simulati, ha fatto tante prove prima e finalmente sente la gioia perché va in orbita. Noi entreremo in Dio, entreremo nel cielo, proprio dentro nell’amore di Dio, e questo non soltanto con l’anima, ma anche con il corpo. Ma bisogna pensarci spesso a queste cose, figlioli, spesso; perché se pensiamo spesso a questo affronteremo facilmente rinunce e sacrifici. Nella vita qualche volta i sacrifici saranno pesanti, e più di una volta verrà voglia di dire anche a voi: “Sisto, Domine, sisto, Domine? Non ne posso più!”. Vi capiterà spesso di avere prove; nella vita verranno momenti di vuoto in cui direte: “Insomma, che cosa devo fare? Basta, basta, basta!”. Siamo creati per l’eternità, figlioli; non possiamo scappare dall’eternità, e se siamo creati per l’eternità pensiamo a quello che ci attende. Eccola la parola:

ESEMPI Novissimi

NOVISSIMI morte

DIO amore a Dio

NOVISSIMI eternità

ESEMPI di santi

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

CREATO

PENITENZA sacrificio

CROCE prove

Il cimitero di Vicenza era situato nella parrocchia di Aracoeli ed era custodito dai frati minori francescani.

Don Luigi Smiderle era sacerdote novello da appena due mesi.

Era il preside di una scuola professionale di Vicenza e, per un periodo, anche della scuola F. Rodolfi.

Sacerdote e professore del seminario vescovile di Vicenza.

Era il tipografo che manovrava la macchina che stampava “La voce dei Berici”, il settimanale diocesano

Giorgio Sala era all’epoca il sindaco di Vicenza e grande amico di don Ottorino.

Monsignor Francesco Snichelotto era stato vicario generale della diocesi con i vescovi Rodolfi e Zinato.

I marchesi Roi erano stati benefattori dell’Opera nei difficili anni degli inizi.

MI179,6 [16-05-1967]

6 “... il Signore Gesù Cristo, che trasformerà il nostro misero corpo, rendendolo conforme al suo corpo glorioso, in virtù di quel potere col quale può assoggettare a sé ogni cosa. Allora, dunque, la creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione...”.
Quando avevo più tempo, sebbene fossi solo, andavo due o tre volte alla settimana al cimitero, specialmente il primo anno di sacerdozio. Andavo al cimitero in bicicletta per recitare la corona. Andavo sul tardi, e avevo fatto un accordo coi frati , e alle dieci, dieci e mezza, undici di sera andavo, specialmente d’estate, per dire la corona. Qualche volta, specialmente le prime volte, avevo anche un po’ di ‘fio fio’, ma dopo mi sono fatto un po’ di coraggio in mezzo a questi morti. Provate anche voi ad andare al cimitero da soli, alla sera, quando non c’è nessuno. Smiderle no perché morirebbe prima degli altri. Provate, provate voialtri! Ieri sera sono andato a visitare il professor Gambetti ; lasciamo passare dieci anni di vita, e poi vai al cimitero e cominci a camminare e vedi la tomba di Gambetti; ti fermi e pensi che siete vissuti insieme. Un pochino più avanti: Tovo Sergio ; un pochino più avanti vedi, Burato, quello della tipografia; più avanti vedi: Ottorino Zanon, in mezzo ai preti e ai frati con una lapide e la scritta: Ottorino Zanon... Un pochino più avanti: Giorgio Sala ; vai più avanti: Snichelotto ... e giù, e giù, in tutto il cimitero: trovi sepolte persone con le quali hai vissuto, persone che quando venivano qui si preparava una calda accoglienza, e adesso le vedi là... E’ una realtà che fa impressione! E invece di dieci anni facciamone passare venticinque o trenta, e provate ad andare al cimitero: “Chi è questo? Chi è quello? Ah, quello famoso!”. Quelli che riempivano la città, quelli davanti ai quali bisognava fare due o tre genuflessioni per arrivare vicino, come; marchesi Antonio e Giuseppe Roi , ora sono nel luogo dove tutti si ritrovano. Guardando dentro al cimitero, uno che è vissuto ventisette anni in città e altri quattro anni prima quando era in seminarietto, cioè praticamente è vissuto in città per più di trent’anni, vede là dentro mezza città che conosceva fuori, la passa in rassegna: “Ehi, sei qui? Anche tu sei qui?”.

AUTOBIOGRAFIA

PREGHIERA

NOVISSIMI morte

Nel testo registrato si ascolta a questo punto uno scoppio di risa.

Canzone molto in voga in quegli anni.

Era la canzone cantata dai “Balilla” durante il regime fascista.

MI179,7 [16-05-1967]

7 Allora capisci la realtà: insomma la realtà è che fra vent’anni verranno altri e vedranno anche me in cimitero. E allora bisogna che io lavori in vista di questo, perché che cosa vale tutto quello che non è eterno? Bisogna che io viva pensando all’eternità, e allora la morte non è una coltre nera applicata sulle spalle. A un dato momento, se io ho la fede, morire dà un senso di gioia, quasi mi fa dire: “Signore, presto, presto, vado anch’io al cimitero e dopo staremo in compagnia!”. In un primo momento il pensiero di queste cose può portare magari un senso di dispiacere, di pesantezza: “Dunque finisce tutto!”, ma poi ti valorizza, infonde forza.
Figlioli, io andavo al cimitero per avere la forza di sostenere la Congregazione religiosa, altrimenti avrei mollato tutto. Quando, per esempio, mi sentivo schiacciato dagli uomini, proprio da quelli che mi dovevano aiutare, dicevo: “Bene, un bel giorno morirà anche lui e verrà a finire qui”. Eh, state buoni! Voi ridete? Ma quando uno ti bastona, quell’altro ti bastona, e senti botte a destra e botte a sinistra, uno ti dice che sei matto e quell’altro ti dice che sei stupido... io pensavo: “Beh, insomma... Che cosa mi fanno costoro? Tutt’al più mi uccideranno, ma fra cent’anni quello che ho fatto, se io ho fatto la volontà di Dio, resterà valido. Le lodi, i rimproveri e i biasimi, non possono colpire!”. Alla luce della morte, pensando che gli altri moriranno e che anche tu morirai, hai la forza di fare quello che altrimenti non avresti il coraggio di fare. Praticamente scegli e vivi la verità, prescindendo da incenso e turibolo che ti vengono addosso: ti incensano, importa niente, ti danno anche il turibolo addosso, importa niente! Ora si canta: “Se sei bello ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre...” , e una volta si cantava: “Fischia il sasso...”.

NOVISSIMI morte

NOVISSIMI eternità

VIRTÙ

fede

AUTOBIOGRAFIA

CONGREGAZIONE storia

CONGREGAZIONE fondatore

CROCE prove

CROCE sofferenze morali

VOLONTÀ

Il riferimento è al dottor Arnaldo Marzotto e alla moglie Mina Martinelli, che in Brasile avevano molti beni, e che avevano affidato alla Congregazione il Patronato per bambini poveri di Resende.

Daniele Zeno stava terminando all’epoca il 1° corso teologico presso il seminario vescovile.

MI179,8 [16-05-1967]

8 Andiamo avanti!
“È questa ‘manifestazione gloriosa dei figli di Dio’ che ‘il creato attende con ansia’. Certo, chi crede a un Dio creatore, non ha difficoltà a pensare che Dio possa far nuova la creazione, ricrearla migliore; è sicuro, anzi, che Dio un giorno la porterà a glorioso compimento: “Colui che sedeva sul trono disse: Ecco faccio nuove tutte le cose”. Alla fine ci sarà “un nuovo cielo e una nuova terra”. Cristo è però la “primizia dei morti”. Con la sua resurrezione, quindi, la risurrezione dei morti ha già avuto inizio. Ma non solo questo. Il Risorto è la causa della nostra risurrezione. Ecco pertanto: tutti i morti in Cristo, “in Cristo riavranno anche la vita...; primizia è Cristo quindi quelli che alla sua venuta saranno di Cristo”. È Cristo colui nel quale e per mezzo del quale verrà attuata la nostra risurrezione”. Pensavo, ai signori Marzotto , e come loro in Brasile ce ne sono a migliaia e migliaia. Hanno un palazzo nella Praia do Flamengo che è difficile descrivere: il palazzo è alto dodici piani, e loro abitano un piano intero, ma tutto il palazzo è di loro proprietà ed è situato in uno dei posti più incantevoli che abbia visto. Non c’è confronto neppure con Napoli, caro Zeno , con Posillipo; Posillipo scompare dinanzi alla bellezza naturale di quel posto... Vi assicuro che è un posto naturale meraviglioso. Il palazzo è di dodici piani, e loro occupano l’undicesimo con una vista completa all’intorno: da una parte hanno la spiaggia, dove ci sono dodici o quindici parchi giochi per ragazzi, e poi migliaia e migliaia di auto perché le strade sono immense; davanti hanno il “Pan di zucchero” e in fondo una cerchia di monti; dalle finestre posteriori invece vedono il famoso Cristo. E’ una posizione meravigliosa! All’interno c’è aria condizionata dappertutto, un poggiolo da una parte e dall’altra; tutta la parte anteriore che guarda verso la spiaggia è un soggiorno - loro hanno detto che è lungo più di venticinque metri, ma io credo che sia più lungo di venticinque metri! - e nella parte interna dove non ci sono rumori ci sono tutte le stanze da letto... e i corridoi; naturalmente ci sono gli ascensori.

AUTOBIOGRAFIA viaggi

MONDO

Negli anni 60 in Italia vennero statalizzate tutte le centrali elettriche private: l’amministrazione e la cura di queste fu affidata all’ente statale ENEL, e il servizio agli utenti peggiorò e gli sprechi di denaro pubblico non si contarono più.

Cfr. Luca 16, 19-31.

Era l’accusa più insistente e dura che il marxismo poneva alla Chiesa, quella cioè di tacitare i poveri con la speranza di una felicità ultraterrena dopo la morte, e che, anzi, le sofferenze presenti sarebbero state fonte di merito per l’aldilà.

MI179,9 [16-05-1967]

9 Ora, figlioli, vicino a questo lusso c’è la miseria più nera, le ‘favelas’, agglomerati umani di miseria proprio nera. Da una parte ci sono i più grandi signori, che hanno di tutto, e dall’altra la miseria più nera. I Marzotto sono due buoni cristiani, figlioli... Verrà il comunismo che porterà via ai signori, per cui a un dato momento mancheranno i Marzotto, mancheranno i Grassetto, mancheranno quelli che organizzano e il povero finirà per restare più povero. Abbiamo l’esempio dell’ENEL, alle cui dipendenze è entrata molta gente: prima avevamo la corrente elettrica ed ora facciamo fatica ad averla! . Ma non stiamo a discutere; io non entro in questioni sociali, entro piuttosto in una questione reale: i poveri li avremo sempre con noi. Questa povera gente, cioè i poveri ci saranno sempre. La Chiesa e gli uomini cercheranno di migliorare le condizioni della società, ma i poveri ci saranno sempre, infatti sono poveri perché non ‘ci arrivano’ e perché la situazione li ha portati ad essere così. Noi dovremo cercare di aiutarli, di sollevarli, ma i poveri ci saranno sempre: queste povere creature, questi poveri corpi devono stare là a patire il caldo mentre gli altri hanno l’aria condizionata. I ricchi hanno bagni, i poveri disgraziati bisogna che vadano al mare, da una parte o dall’altra, per fare un bagno, perché non hanno niente. Queste povere creature saranno lasciate eternamente in quelle condizioni? Nel caso del famoso Lazzaro di cui parla il Vangelo abbiamo visto il cambiamento di scena: prima i cani leccano le ferite di Lazzaro, ma dopo la sua morte lo vediamo glorioso in Paradiso.
Fratelli miei, questo pensiero per noi e per gli altri è un pensiero forte, non è un pensiero illusorio, non è ‘l’oppio dei popoli’ per dire ai disperati : “State tranquilli, cari, perché dopo avrete il Paradiso!”. No! Ma siccome croci per il corpo ce ne saranno sempre, siccome difficoltà ce ne saranno sempre, gente che soffre ce ne sarà sempre, e noi dobbiamo essere i primi a soffrire e a consolare: ricordiamoci che il Signore non ha promesso il bene qui sulla terra, lo ha premesso per l’aldilà. La Madonna ha detto a Bernardetta: “Ti farò felice, non in questa vita, ma nell’altra vita!”. Perciò finché saremo sopra la terra, questo benedetto corpo avrà sempre qualche dolore.

MONDO

SOCIETÀ

MONDO comunismo

CHIESA

PASTORALE poveri

CREATO

NOVISSIMI paradiso

APOSTOLO testimonianza

CROCE

Leonzio Apostoli stava completando all’epoca il 3° anno del corso teologico presso il seminario vescovile.

M179,10 [16-05-1967]

10 Bisogna guardare all’eternità, cioè guardare la vita, guardare gli avvenimenti alla luce delle tombe, come vi dicevo prima, ma di tombe gloriose, tombe che si apriranno, e un bel giorno tu marchese Roi, tu don Erasmo, tu Gambetti, tu don Ottorino... risorgerete, risorgerete e avrete con voi anche il corpo e riceverete la ricompensa del vostro lavoro. Hai sofferto? Va bene, non avere paura, non verrà perso niente: il Signore ti darà la ricompensa di quello che hai fatto. Capite che allora la nostra vita acquista un altro colore. Questo non ci impedisce di bere un’aranciata se abbiamo caldo o di mangiare un gelato; questo non ce lo impedisce nessuno, ma dobbiamo guardare verso là, e perciò fare tutto in vista di là.
Con questo termino leggendo le ultime righe. “Da lui viene ogni salvezza: quindi, da lui, anche quest’ultimo definitivo atto di salvezza. I trapassati potranno avere parte al seguito trionfale del Cristo quando verrà la fine. Noi dunque non dobbiamo rallegrarci soltanto della felicità eterna, bensì anche del giorno della parusia, poiché esso sarà il giorno della vittoria di Dio. Allora sarà manifesto che Dio aveva ragione, e sarà un grande trionfo per Cristo...”. Quante volte la gente dice: “Don Ottorino, dica la verità: pensava che sarebbe risultato un affare grande così quando ha iniziato l’Opera?”. Il giorno che ho ricevuto la medaglia una signora mi ha detto: “Don Ottorino, pensava lei un simile risultato? Si ricorda i primi tempi: quante ne ha prese, ah!”. Verrà il giorno in cui risorgeremo tutti e allora qualcuno dirà: “Tu, vecchietta, pensavi che avresti avuto un simile trionfo?”. Questa è la realtà! “Pensavi tu, caro Leonzio , che avresti avuto questa ricompensa anche con il corpo? Ora non hai bisogno di busti, di cure termali, di andare al mare; ora non senti più il bisogno di andare al mare...”. “... “Quindi la fine, quando rimetterà il regno a Dio e Padre, dopo aver annientato ogni principato e ogni dominazione e potenza. Infatti è necessario che egli regni, finché non abbia posto sotto i suoi piedi tutti i suoi nemici”. Chi potrà non rallegrarsi nella prospettiva di questa grande festa? La speranza di potervi un giorno partecipare dà grande consolazione e grande aiuto in ogni contrarietà”. Vi confido la mia esperienza personale: questo pensiero della risurrezione del corpo mi ha aiutato nell’età giovanile per vincere quelle che erano le tentazioni di piacere: “Mi piacerebbe il corpo così... curarlo...”. Qualcuno potrebbe dire: “Mi piacerebbe essere un cappellone, avere i cappelli lunghi, usare quel profumo, portare la ‘righetta’ sui capelli!”. Beh, in Paradiso te li faranno crescere lunghi un metro e mezzo, e sarai bello come il sole, di un’altra bellezza, e si dirà: “Oh, che bel... ‘signorina’!”. Paradiso, Paradiso! Adesso lascia stare, pensa al Paradiso! Ci siamo capiti? Amen.

NOVISSIMI eternità

CROCE sofferenza

AUTOBIOGRAFIA

CONGREGAZIONE

CROCE

CREATO

NOVISSIMI paradiso

CROCE tentazioni