Anche per questa meditazione don Ottorino prende spunto dall’articolo di DOMENICO MONDRONE, Don Edoardo Poppe. Un modello insigne del clero d’oggi, in La civiltà cattolica del 15 aprile 1967, quaderno 2804, pagine 127-141. Le citazioni, tratte dalla pag. 139, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
Don Ottorino nomina nel suo esempio alcuni Religiosi che sarebbero partiti il mese seguente per il Chaco (Argentina), e che erano don Graziano Celadon e don Pietro Martinello, e gli assistenti Antonio Ferrari, Mirco Pasin e Antonio Zordan.
Il riferimento è a padre Bruno Sernagiotto ofm, del convento di Santa Lucia di Vicenza: era una figura di religioso francescano allegro e giocoso, amante dei giovani per i quali scrisse anche dei libri. Era l’assistente spirituale della squadra del Lanerossi Vicenza Calcio. Molto amico di don Ottorino, fu da questi aiutato spiritualmente dopo che un grave infarto lo aveva colpito. Morì al volante della sua macchina, colpito da un altro attacco cardiaco.
Termine dialettale, che sta per paura matta, paura tremenda.
San Giovanni Calabria (1873-1954), prete veronese, fondatore dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza, negli ultimi anni di vita fu assalito da scrupoli e dal pensiero di essere dannato; pensava di essere stato un mistificatore e un propagatore di idee sbagliate e eretiche. La sua fu una sofferenza terribile, anche perché da tutti a Verona era ritenuto un santo.
Il riferimento è a Lorenzo Meneguzzo, vocazione adulta che stava decidendo di entrare nella Casa dell’Immacolata.
Don Ottorino scherza nei riguardi dell’assistente Giuseppe Filippi, perché era notoria la cura, spesso esagerata, che lui metteva nei calcoli delle portate dei materiali usati per la costruzione delle case prefabbricate che venivano preparate nella Casa dell’Immacolata.
MI190,1 [15-06-1967]
1 “Il 22 dicembre 1923 don Edoardo dovette recarsi a Moerzeke per un po’ di riposo. Si mise lì pure a sistemare alcuni lavori e a ritoccare il disegno di un’ampia opera sulla dottrina mariana. Ma fu sorpreso da una nuova crisi cardiaca, gravissima. Alle sofferenze fisiche il Signore aggiunse le angosce dello spirito: un crollo di fiducia e un terrore torturante della morte. Da due anni viveva nella persuasione di dannarsi, mentre agli altri distribuiva a larghe mani la pace, la fiducia e la serenità”. Voi siete ancora giovani e non avete provato tutte le esperienze della vita, ma quando vi troverete nel Chaco, ecco là don Pietro con le ‘angosce dello spirito’, e gli altri, il nostro caro Antonio, a consolarlo, a meno che anche Antonio Zordan non abbia le sue ‘angosce dello spirito’. Padre Bruno mi diceva alcuni giorni fa: “Ho paura di morire e di andare all’Inferno. Ho paura di morire... ho una paura ‘porca’ di morire, una paura ‘porca’”. Mi ricordo che don Giovanni Calabria negli ultimi anni, negli ultimi due anni della sua vita, ha sopportato una lotta, ma una lotta tremenda, tremenda. Figlioli, questo potrebbe capitare anche a noi. Potrebbe capitare proprio al nostro caro Antonio Zordan: vai là, nel Chaco, e dopo pochi mesi ti piomba addosso un senso di sfiducia: “Ormai non c’è più niente da fare qui! Che cosa sono venuto a fare? Non faccio niente...”. E perché? Perché ha tentato di convertire una persona e invece di convertire quell’altro si è mezzo convertito lui; dopo si è pentito, ma intanto è entrato in lui un senso di sfiducia. Siete preparati? Tu, Renzo, sei preparato a una di queste prove? E se capitasse al nostro caro Filippi? Se venisse da me a dirmi: “Don Ottorino, io sono convinto di dannarmi, io vado all’Inferno perché ho consumato tanto tempo dietro ai numeri. Io vado all’Inferno perché sono responsabile di aver fatto i calcoli troppo alla leggera: non ho calcolato bene il peso che le tavelle del tetto devono sopportare, e se uno si uccide è colpa mia, io sono responsabile. Bisogna rinforzare tutto, bisogna rinforzare tutto, perché ho sbagliato tutti i calcoli: sono stato troppo superficiale; io vado all’Inferno, io vado all’Inferno...”.ESEMPI di Santi
MISSIONI
CROCE sofferenze morali
NOVISSIMI morte
NOVISSIMI inferno
CROCE prove
FAMIGLIA papà
ESEMPI critica
CONVERSIONE
PASTORALE
Nell’esempio don Ottorino nomina dapprima don Luigi Furlato, maestro dei novizi, e poi Giorgio De Antoni che stava completando il 1° anno del corso liceale, Umberto Manzardo che aveva fatto la professione religiosa il 22 gennaio di quell’anno 1967, e don Luigi Smiderle sacerdote da soli tre mesi.
MI190,2 [15-06-1967]
2 Possono capitare queste crisi, figlioli. Può capitare che il maestro dei novizi venga da me e mi dica: “Don Ottorino, ho la convinzione di andare all’Inferno perché ho lasciato passare troppa gente. Per conto mio avrei dovuto fermare qualcuno e invece l’ho lasciato andare avanti; Giorgio De Antoni non doveva andare avanti... e l’altro non doveva andare avanti... e l’altro... e Smiderle non doveva andare avanti, e provo rimorso. Dirà ai consiglieri che ho rimorso, che ho rimorso perché Umberto è arrivato”. Noi ci scherziamo sopra, ma state attenti che accadranno anche queste esperienze. Capiteranno delle prove intime, e chi è sacerdote da un pezzo sa che ciò accade se ha incontrato qualche anima impegnata, perché di solito è alle anime più belle che il Signore permette queste cose. È l’esperienza di questo sacerdote che è arrivato ad essere prete soltanto da otto anni, quattro da sano e quattro da malato, e due di questi passati nella convinzione di dannarsi e di andare a finire all’Inferno, “mentre agli altri distribuiva a larghe mani la pace, la fiducia e la santità”. Guarda che è bella! Lui convinto: “Ormai per me non c’è più niente da fare; vado all’Inferno....”, mentre molti andavano a parlare con lui: “Ho paura di andare all’Inferno.”, e lui diceva a tutti: “Per carità! Si deve credere alla misericordia di Dio, alla bontà di Dio!”. Io vado e resto consolato, ritorno a farmi consolare e quell’altro continua a consolarmi, torno a casa pieno di fiducia, e lui niente. È come un assetato che sta morendo di sete, non ne può più ed è là che deve distribuire fiaschi di vino agli altri che dicono: “Ah, come sto bene!”: gli assetati vanno, bevono, e si rimettono a posto, e lui sta morendo di sete. Voi direte: “Che cosa combina il Signore?”. Purifica, il Signore purifica, il Signore si serve delle anime buone per salvare le altre anime. Quando il Signore trova un’anima disposta a dire di sì, allora chiede a quest’anima: “Dai, aiutami, dai, aiutami.”.FAMIGLIA papà
CROCE prove
NOVISSIMI inferno
APOSTOLO
ESEMPI apostolo
CREATO
CROCE sofferenze morali
SACERDOZIO prete
APOSTOLO salvezza delle anime
DIO
ESEMPI Croce
CONSACRAZIONE generosità
Il riferimento è a Raffaele Testolin, che da pochi mesi aveva fatto la professione religiosa.
Cfr. Isaia 53; 2 Corinzi 5,21; Galati 3,13.
Cfr. Luca 2, 33-35.
MI190,3 [15-06-1967]
3 Quando, per esempio, si trattasse di fare un lavoro un po’ eccezionale, si trattasse, per esempio, di compiere oggi un lavoro che duri, magari, fino alle undici di stasera, è chiaro che vi guarderei in faccia, e chi chiamerei? Chiamerei quelli che so più disposti a dire di sì. È inutile, ad esempio, che chiami uno che so che fisicamente non ce la farebbe, che non ha resistenza, che va avanti due o tre ore e dopo non ce la fa più, o che so che pur riuscendo a farcela fisicamente la cosa gli costerebbe un sacrificio enorme, per cui, a un dato momento, dice di sì, ma la corda potrebbe rompersi. Invece se prendi quattro o cinque che sai che hanno buona volontà e spirito di sacrificio, quasi naturalmente chiameresti quelli perché sono certamente i più disposti. Questi metodi li ha anche il Signore. Quando vede un’anima disposta, essendoci necessità di sangue per la salvezza del mondo, dice: “Raffaele, ti dispiacerebbe...”. “Tocca sempre a me”, dice Raffaele. Questa è una cosa naturale: sapendo che alcuni sono buoni, disposti e pieni di buona volontà, se ho bisogno di un piacere straordinario, di un sacrificio straordinario, è naturale che chiami quelli. Sopra la terra ci sono anime buone e generose. Il Signore ha bisogno di un atto straordinario di sacrificio per la salvezza delle anime, ed è naturale che chiami quelle. Il Padre ha fatto così con Gesù Cristo: ha guardato sulla terra e non ne ha visto uno di più buono, e allora lo ha preso e lo ha trattato come ‘un maledetto’ e lo ha trattato più duramente di tutti gli altri; ha visto la Madonna e l’ha messa nelle stesse condizioni. Però resta questo: rimanendo in uno stato d’animo così si ha la forza di dare agli altri l’acqua che tu non puoi bere. Caro Luigi, queste sono parole dure: non è teoria, è pratica.ESEMPI croce
VIRTÙ
PENITENZA sacrificio
CREATO
CROCE sangue
MONDO
CONSACRAZIONE disponibilità
CONSACRAZIONE generosità
APOSTOLO salvezza delle anime
DIO Padre
Lega durissima per utensili meccanici, soprattutto per punte di trapano e lame per fresatrici.
Il riferimento è ad Adriano Conocorpo, che all’epoca stava completando il 1° anno del magistero.
S. E. monsignor Sebastiano Baggio, nativo di Rosà nel vicentino, era, all’epoca, nunzio apostolico in Brasile.
MI190,4 [15-06-1967]
4 “Gli ultimi mesi furono un martirio lento, sofferto ed offerto goccia a goccia, mentre le visite attorno all’infermo si succedevano alle visite. Sacerdoti, maestri di novizi, direttori di opere andavano a consultarlo”. Chi andavano a consultare? Dio. “Io riscontro, scriveva, sempre la stessa piaga: mancano i santi!”. Qualche anno fa avrei potuto dirvi questo per sentito dire; adesso vi dico questo perché ho girato un po’ il mondo: mancano i santi! Non è che manchino gli uomini: mancano i santi! Non facciamo nomi di luoghi per non offendere le persone, ma vi dico che sono stato in tanti posti dove gli uomini c’erano, ma il cristianesimo non nasceva. Quando in un certo posto non nasce il cristianesimo può esser una prova del Signore, ma può essere anche perché manca la semente buona. Se semini zucche, è inutile che aspetti che nasca granoturco; nasceranno zucche. Se tu mandi un apostolo, che va a fare il mestiere dell’apostolo, non pretendere che possa cambiare un ambiente. Dove ci vuole una punta di acciaio Widia è inutile adoperare una punta di piombo. Se si tratta di forare la ricotta basta anche una punta di piombo, ma deve trattarsi di una ricotta tenera, appena fatta, perché se è vecchia, se è rinsecchita, la punta di piombo non basta; ma se hai da forare una piastra di acciaio bisogna cambiare tono, non basta la punta che perfora la ricotta. Se dobbiamo vincere il mondo, come è il mondo d’oggi che è peggiore di una piastra d’acciaio, caro Adriano , le punte da ricotta non bastano più. E allora? Gli apostoli devono essere santi e allora si vince, allora si aggredisce l’ambiente. Quando in un posto tu metti un uomo santo, quell’uomo santo vince l’ambiente. Per esempio, posso dire che a Rio c’è monsignor Baggio , un prete che è di pietà, non perché sia di Vicenza: ha uno spirito buono e gode la stima della gente che è ammirata dalla sua pietà. “Ah, il nunzio apostolico è uno che ci crede!”. Allora si confronta la differenza tra lui e quelli dell’ambiente dove vive, e anche senza parlare, lo stesso comportamento, la genuflessione che fa, sono esemplari. Per esempio, lui fa una cerimonia, una cerimonia militare e c’è la Messa e lui come nunzio è invitato ove ci sono vari generali, il nunzio con la sua presenza, con il segno di croce che fa lascia un segno. È inutile: c’è un qualche cosa che non può passare inosservato.DIO
MONDO
CONSACRAZIONE santo
CREATO
CHIESA cristianesimo
CROCE prove
APOSTOLO
ESEMPI apostolo
CONSACRAZIONE santità
SACERDOZIO prete
DOTI UMANE stima
APOSTOLO testimonianza
Antonio Bottegal stava completando all’epoca l’anno propedeutico al corso teologico e già lavorava accanto a don Ottorino nella segreteria.
Adolfo Soprana, grande amico e benefattore della Congregazione, gestiva un negozio di preziosi, di orologeria e di materiale ottico in un negozio sottostante la Basilica Palladiana.
Il sig. Siller Cappellari era il portinaio dell’Istituto San Gaetano, e come tale prestava anche il servizio di centralinista.
MI190,5 [15-06-1967]
5 Questi sono gli uomini che occorrono per il mondo, che quando sono vestiti da preti o da diaconi predicano il Vangelo anche se vanno in bottega a comprare il salame: vi dico anche se vanno a comprare il salame. Ieri sono andato in un certo posto, e Bottegal era con me. Quando siamo entrati la signora si è messa a piangere, faceva le lacrime dicendomi: “Preghi per me, don Ottorino”. E non ha detto tutto perché c’era Antonio presente, ma mi ha fatto capire tante cose, anche se siamo andati dentro per aprire una cassaforte perché è una magazzino di oro e di cose preziose e ogni anno mi regalano una catenina per gli alunni uscenti dell’Istituto, una catenina con medaglia; ne danno una quarantina e vado lì ogni anno. Bisogna suonare il campanello e allora aprono la porta e i padroni ti vedono attraverso i monitor e poi aprono porte e porte... la casa è una cassaforte. Non si tratta di un negozio; ci sono porte molto spesse, e dentro poi ci sono le casseforti... c’è oro e oro e tutta roba preziosa; è il magazzino dove Soprana va a comprare gli oggetti preziosi. È un magazzino all’ingrosso di oggetti d’oro e d’argento, dove quelli che hanno un negozio di oreficeria vanno a comprare la merce. Però vedi che anche questa signora, che ne è la proprietaria, sente dentro di sé il bisogno di un uomo che rappresenti Dio, sente il bisogno di mettersi in contatto con Dio attraverso di lui. Sarebbe come dicesse: “Scusi, dato che lei è in comunicazione con Dio, posso fare una telefonata?”. All’Istituto in portineria abbiamo il telefono. Quando qualche famiglia vicina ha bisogno di telefonare, e questo capita abbastanza spesso, chiede: “Scusi, signor Siller . Avrei bisogno di fare una telefonata...”. Quando la gente si incontra con un uomo di Dio è come se dicesse: “Scusi, signor Don Guido. Avrei bisogno di fare una telefonata. Per piacere mi presterebbe il suo telefono, lei che è in comunicazione con il Signore, lei che parla con il Signore, lei che vive in contatto con Dio? Mi presterebbe il suo telefono, per favore?”. L’uomo di Dio, il santo, l’uomo che vive in contatto con il Signore, in mezzo agli uomini è come il telefono pubblico al quale tutte le persone possono accedere liberamente per poter comunicare con amicizia con il Signore.MONDO
CREATO
SACERDOZIO prete
DIACONATO diacono
PAROLA DI DIO Vangelo
APOSTOLO testimonianza
APOSTOLO predicazione
AUTOBIOGRAFIA
CONGREGAZIONE storia
ESEMPI prete e diacono
ESEMPI apostolo
APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO ambasciatore di Dio
PREGHIERA telefonate a Dio
DIO rapporto personale
CONSACRAZIONE santo
Il riferimento è all’ assistente Antonio Zordan, che si stava preparando a partire per il Chaco (Argentina).
MI190,6 [15-06-1967]
6 Nell’Antico Testamento, la gente si rivolgeva ai profeti. Uno diceva: “ Io sono profeta...”, e andavano a consultarlo. Andavano a consultare chi? Andavano a consultare coloro che parlavano con Dio, coloro che parlavano in nome di Dio, i profeti: coloro che, praticamente, erano un po’ i telefoni pubblici che funzionavano per mettere l’uomo in comunione con l’Altissimo. Noi abbiamo questa missione: siamo telefoni pubblici. Non so se ti offendo, don Guido, dicendo così. Siamo telefoni pubblici e dobbiamo disperderci nelle varie parti del mondo affinché la gente abbia la possibilità di comunicare con l’Altissimo. Ma è una commedia se questi telefoni sono soltanto come gli orologi dei ragazzi, dei bambini, che sono fatti di cartone, perché i bambini si consolano con il fatto di avere l’orologio di cartone. Se i nostri telefoni sono soltanto come quelli che usano in teatro, posti su un tavolino, ma non funzionanti neanche per sogno, anche se suona il campanello, ma è un altro campanello che suona da dietro le quinte e l’attore fa finta di rispondere: “Pronto, pronto. Sì, sì, va bene...”, ma non c’è niente di vero, c’è solo l’apparecchio là, sul tavolino e un campanello di sotto che suona, tanto per far credere al pubblico che l’attore telefona... stiamo facendo una commedia. Quanti preti, quante suore, quanti religiosi stanno facendo una commedia così! Hanno un bel telefono sopra il tavolo, messo bene, ma non funziona, non funziona: mancano i fili. Quello del santo è un telefono che funziona con i fili; l’altro è un telefono da teatro. Tu, don Luigi, se non sei santo sei un telefono da teatro, vecchio e brutto, anche se sei giovane e nuovo; sei già sorpassato. Antonio , tu sei un bel telefono, caro: da teatro o funzionante? Guardate che io vi mando per essere cinque centralini telefonici a servizio della gente: il sacerdote in modo particolare in chiesa, l’assistente per le strade. Non ci sono i telefoni per le strade, sui pali della luce? Li avete mai visti in giro? Avete mai visto che in qualche autostrada ci sono i telefoni sui pali della luce? Ci sono anche alla stazione ferroviaria. Gli assistenti sono i telefoni pubblici, e invece il prete è una cabina telefonica in chiesa. L’assistente è un po’ il telefono in giro per le strade, per il pronto soccorso; il prete è la cabina telefonica. Scusatemi questi accostamenti, fatti così in famiglia; si possono anche fare, no?APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO ambasciatore di Dio
MISSIONI
MONDO
CONSACRAZIONE autenticità
CONSACRAZIONE radicalità
DOTI UMANE coerenza
SACERDOZIO prete
Gaetano Scortegagna stava terminando all’epoca il 3° anno del corso teologico.
Nel testo registrato don Ottorino pone a questo punto un esempio non facilmente comprensibile nei particolari, nel quale nomina l’assistente Vinicio Picco e Umberto Manzardo che lavorava con lui nel laboratorio di meccanica della Casa dell’Immacolata.
Il riferimento è ad Antonio Pernigotto che aveva emesso la professione religiosa il 22 gennaio di quell’anno.
MI190,7 [15-06-1967]
7 “Io riscontro, scriveva, sempre la stessa piaga: mancano i santi! Questa gente, purtroppo, predica mirabilmente la vita interiore, ma non la mette in pratica! Sono passato anch’io per questa tentazione... Ma credo alla mia missione: conformarmi al Cristo perché il Cristo appaia in me ai sacerdoti, perché dalla mia bocca ascoltino lui. Ho sempre conservato la fede in questa missione che l’ubbidienza mi ha affidato”. Maestro dei novizi, predichi mirabilmente la vita interiore, ma la metti in pratica? Sì, sì, poverino, altrimenti si mette a piangere. È una tentazione quella di predicare mirabilmente la vita interiore e di non metterla in pratica. Tu, caro Gaetano , devi preparare una predica: come devi fare? Devi prepararti a predicare il Vangelo in mezzo ai ragazzi l’anno venturo. Leggi i libri, ma non per imparare le parole che dovrai dire, ma per imparare quello che devi fare. I libri noi li abbiamo acquistati per studiare tanto, ma per imparare che cosa dobbiamo fare. Non devi studiare per insegnare a Vinicio come deve essere per conformarsi a Cristo, ma per diventare tu simile a Cristo, e dopo l’insegnerai anche a Vinicio: “Ecco, guarda, io ho fatto così e così. Ho fatto fatica per riuscire in questo punto, ma dopo sono riuscito: così, così, così....”. Questo è importante! “... conformarmi al Cristo perché il Cristo appaia in me ai sacerdoti...”. Mi domando: ti sei conformato al Cristo quando sei un criticone, un brontolone? Il distintivo della nostra Congregazione dev’essere specialmente questo: sapersi compatire, comprendere. È facile, invece, rinchiudersi, cioè volere che gli altri siano Cristo e dimenticarci che anche noi dobbiamo essere Cristo. Praticamente uno può esigere che gli altri siano conformati a Gesù e che lui si dimentichi di essere Gesù, e si dimentica di essere Gesù se continua a dire male degli altri invece che prendere per lo stomaco il fratello che sbaglia e dirgli: “Guarda che fai così, così....”. Ecco l’errore dove è facile cascare: è facile mettersi in atteggiamento di condanna degli altri perché non sono Gesù, invece che prenderli amichevolmente e dire: “Fratello mio, guarda che tu non assomigli a Gesù!”, invece di aiutarli singolarmente. E allora è facile che Antonio Pernigotto , per esempio, impegnato nel lavoro a un dato momento sbotti: “Eh, qua, sono loro... Eh, sì, qua e là, sotto e sopra... Che tutti abbiano un po’ di responsabilità”. È facile che condanniamo invece che aiutare ad essere, e non ci preoccupiamo di essere noi e di aiutare gli altri ad essere. Non so se dico male? Antonio, c’è questo pericolo o no? Faccio il nome di Antonio perché l’ho visto ora, ma potrebbe essere quello del maestro dei novizi, quello di don Ottorino... siamo tutti uguali. Siamo d’accordo che il distintivo della Congregazione e del cristianesimo è la carità, il volerci bene, ma dobbiamo stare attenti di non essere più preoccupati di far divenire Cristo gli altri, e magari di metterli in croce, che di essere noi Cristo, e Cristo crocifisso. C’è questo pericolo: che non facciamo quello che faceva lui.PREGHIERA vita interiore
APOSTOLO predicazione
PAROLA DI DIO Vangelo
PASTORALE giovani
CONSACRAZIONE
ESEMPI apostolo
GESÙ
imitazione
COMUNITÀ
critica
CONGREGAZIONE carisma
CARITÀ
COMUNITÀ
COMUNITÀ
confratelli
COMUNITÀ
correzione fraterna
COMUNITÀ
corresponsabilità
CARITÀ
amore al prossimo
Il riferimento è all’assistente Vinicio Picco, responsabile del laboratorio di meccanica della Casa dell’Immacolata, e a Giuseppe Azzolin, che all’epoca frequentava il corso del magistero.
Don Ottorino sta parlando di sé stesso: messo da Dio a guidare la Congregazione sente tutta la responsabilità di essere non solo guida autorevole, ma anche guida che trasmette ai suoi Religiosi la vera immagine di Dio.
Cfr. 1 Corinzi 4, 16.
Don Ottorino nomina ancora Lorenzo Meneguzzo, come aveva già fatto all’inizio della meditazione, sottolineando che era in grado di cogliere più degli altri eventuali frasi contro la carità venendo dall’ambiente della propria famiglia.
MI190,8 [15-06-1967]
8 “... credo alla mia missione: conformarmi al Cristo perché il Cristo appaia in me ai sacerdoti...”. Io devo conformarmi al Cristo perché i miei fratelli vedano Cristo in me. Quando, per esempio, tu, Vinicio, ti accorgi che in laboratorio Giuseppe non è Cristo, per prima cosa devi chiederti: “E io sono Cristo in modo tale che lo faccio innamorare del Cristo?”. È il primo esame di coscienza che devo fare. Io, per esempio, vedo un assistente o un sacerdote che non fa il proprio dovere, che non è veramente conformato a Cristo, per prima cosa devo chiedermi: “E io? Io, che sono messo qui sopra , sono conformato a Cristo?”. Se, per esempio, metto un modello qui in cima e dico a uno di voi: “Ehi, riproduci Gesù”, e invece di Gesù metto il diavolo, lui riproduce un diavolo, non può riprodurre Gesù. Ognuno di noi, quando ha qualche incarico, deve poter dire: “Imitatores mei estote, sicut et ego Christi” . Scusa, Vinicio, che sei l’uomo della giornata, tu dovresti poter dire in laboratorio: “State attenti: siate imitatori miei come io sono di Cristo. Io sono una copia di Cristo; voi dovete essere come me, perché poi dovete andare in giro nel mondo a dire: figlioli, siate come me!”. Bisogna riprodurre il Cristo, e in modo particolare voi lo riprodurrete esternamente con la carità. Dalla vostra bocca non deve mai uscire una parola di condanna, mai una parola di critica, mai una parola che va a colpire qualcuno tra voi. Poi, vi raccomando, nella nostra Casa non ci siano certe frasi che qualche volta si sentono: non ci devono essere, non ci devono essere perché, altrimenti, diciamo carità e non abbiamo carità. Renzo , dico male? Renzo, hai osservato anche tu qualcosa del genere? Che cosa? Dillo con semplicità, dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; dai, dai che qui ci vogliamo bene. Per esempio? Che cosa hai osservato? Glielo dici privatamente, allora? Sento odore di bruciato là in fondo. Tu hai osservato che qualcuno di noi dice qualche frase che non dovrebbe dire. È vero? E allora hai il dovere di dirlo a quel tale, devi dirglielo. L’impressione di uno che viene da fuori può essere ottima, perché è come se fossimo in una stanza e chi vi vive dentro non sente l’odore perché un pochino si abitua; l’entrata di un adulto che viene da fuori può essere un aiuto a tutta la Comunità per salire, per togliere qualcosa che non va. Può darsi, però, che sia tu a sbagliare e allora è meglio, visto che hai sbagliato tu, caro Renzo, che tu cambi naso: forse hai sentito male e hai considerato puzza quello che è profumo, ma può darsi che tu porti un beneficio ai giovani. Questa è la carità vera e propria: dirsi le cose da buoni fratelli. Il signor maestro dei novizi è d’accordo? No? Pazienza!COMUNITÀ
confratelli
COMUNITÀ
correzione fraterna
CONSACRAZIONE
APOSTOLO testimonianza
PECCATO
SACERDOZIO prete
PECCATO omissioni
CROCE Demonio
GESÙ
imitazione
MONDO
CARITÀ
PAROLA DI DIO
COMUNITÀ
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
ESEMPI comunità
ESEMPI correzione fraterna
ESEMPI critica
L’assistente Antonio Ferrari, in partenza per il Chaco insieme ad altri fratelli, tra i quali don Pietro Martinello come superiore, era un giovanottone robusto e prestante.
Cfr. Atti 2, 41.
MI190,9 [15-06-1967]
9 “Mi è sembrato che tale missione si potesse moltiplicare nella oblazione totale della mia vita, e poiché mi consideravo indegno di compierla, mi sono offerto a Dio come il grano di frumento, che per propagarsi deve sparire nella morte”. Voi, figlioli che andate nel Chaco, troverete difficoltà al vostro arrivo, e allora dovete dire al Signore davanti al tabernacolo, non per fare la commedia, ma ognuno nella comunione, nell’incontro con il Cristo: “Signore, tu vedi quanto abbondante sia la messe. Io sono nelle tue mani: fa’ di me quello che vuoi. Pestami, bastonami, dammi però la forza di sopportare le prove: fa’ di me quello che vuoi, purché le anime siano salve. Mi vuoi ammalato? Mi vuoi umiliato? Mi vuoi tradito? Mi vuoi...? Fa’ di me, Signore, quello che vuoi. Io non metto condizioni, accetto proprio quello che vuoi, purché trionfi il tuo nome!”. Questo è apostolato, questa è la comunione, dire ogni mattina: “Signore, fai di me quello che vuoi.”. Dice Antonio Ferrari : “Signore, vuoi che io pesi trenta chili? Desideri consumarmi? Ecco, Signore, eccomi qua, Signore: fa’ di me quello che vuoi. Vuoi che muoia mangiato a pezzi da don Pietro? Va bene, Signore, eccomi qua!”. Figlioli, l’amore di Dio porta a questo, a desiderare una sola cosa: il trionfo di Dio sulle anime. Dovete fare in modo che tutto il Chaco, tutta l’Argentina, divenga come le nostre buone parrocchie, e le loro famiglie come le nostre buone famiglie. Quando vai là e vedi che appena il dieci per cento delle famiglie sono regolari e tutte le altre sono irregolari, è naturale dire: “Signore, è possibile? Guarda quella buona famiglia: non è possibile metterla a posto? Quell’altra non è possibile perché ci sono tanti catenacci... Signore, che cosa puoi fare?”. E allora questi cinque apostoli si offrono uno a uno al Signore: “Signore, eccomi qua, sono tutto tuo! Sono venuto, Signore; ho lasciato mia mamma, ho lasciato anche quella buona ragazza a cui volevo tanto bene. Signore, ho lasciato tutto per amore tuo”. State buoni perché è la realtà. Antonio, non è vero? Questa è la realtà! “Ho lasciato tutto per amor tuo, Signore. Ho lasciato persino i miei amici, la patria... Signore, ho lasciato tutto per le anime e non sono venuto qui per spassarmela, perché sono venuto al caldo, sono venuto in mezzo alle difficoltà, e se tu vuoi ti do ancor di più. Signore, la mia vita, eccola qua, fa’ di me quello che vuoi. Pestami, Signore, ma dammi anime, dammi anime, cioè dammi la salvezza dei miei fratelli, fa’ che tutti i miei fratelli siano salvi!”. Questo è il nostro spirito. E, forse, il Signore umilia questi cinque: sconfitta completa di questi cinque. E nei giornali: “Quelli di San Gaetano? Fiasco completo!”. E poi vanno i Francescani e loro colgono una messe copiosa: oh, giardino aureo! “Eh, quelli della San Gaetano sono andati, ma quella gente non era preparata! Eh, i Francescani, sì... ah, quelli!”. Il sangue di Cristo è il trionfo di Pietro: nel Vangelo non si trova che il Signore abbia battezzato cinquemila persone in un sol colpo, ma San Pietro sì, tre o quattromila. Il sangue di Cristo è il trionfo di Pietro; il sangue di Antonio è il trionfo, magari, di fra Fulgenzio. Non è vero? Dico male? “Estote parati”. Figlioli, questa è la strada per la quale dobbiamo passare.FAMIGLIA papà
MISSIONI
EUCARISTIA tabernacolo
EUCARISTIA comunione
GESÙ
incontro personale
PREGHIERE di donazione
CROCE
APOSTOLO F.A.
DIO
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
PASTORALE parrocchia
FAMIGLIA
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO distacco
DIO amore a Dio
CROCE difficoltà
PREGHIERE per la salvezza delle anime
CONGREGAZIONE missione
CROCE fallimento
CROCE sangue
GESÙ
MI190,10 [15-06-1967]
10 Basta perché, se incominciamo a discorrere, facciamo un’altra mezzoretta. Come ricordo della meditazione di questa mattina vi raccomando: dobbiamo essere telefoni che funzionano, perché quando viene uno per il pronto soccorso e il telefono non funziona ciò può essere causa di morte, e la responsabilità può essere nostra. Viene una povera mamma, un povero papà, vengono al telefono, il telefono non funziona e c’è il morto: la colpa di chi è se non è venuto il dottore a tempo? Di quel centralinista che non avuto cura del suo telefono. Guardate che è una responsabilità tremenda!COMUNITÀ
dialogo
APOSTOLO