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L’APOSTOLO HA BISOGNO DI UNA FORMAZIONE SERIA

MI207 [13-11-1967]

13 Novembre 1967

Don Marcello Toniolo è un sacerdote diocesano di Vicenza, con spiccate qualità per l’apostolato giovanile.

Don Giovanni Rossi, che era stato segretario del cardinal Andrea Ferrari a Milano, aveva fondato ad Assisi un centro per incontri e per studi sulla figura di Cristo e sul modo di presentarlo adeguatamente al mondo contemporaneo.

Don Ottorino soleva usare questo giro di parole per indicare che un nuovo giovane stava per entrare in Congregazione. Nell’occasione si tratta del giovane Graziano Frison, che sarebbe entrato come postulante in quei giorni.

Carlo Carretto, fra i massimi dirigenti dell’Azione Cattolica nel dopoguerra, si ritirò nella congregazione dei Piccoli Fratelli di Gesù di Charles de Foucauld. Vicino ad Assisi, a Spello, aveva iniziato un’opera per portare soprattutto i giovani in contatto con Gesù attraverso la preghiera e la contemplazione.

Marco Pinton frequentava all’epoca il 2° anno del corso liceale.

“Lussia e Veronica” ovvero “Lucia e Veronica” era una farsa popolare sostenuta da due stagionate signorine di una contrada di paese che avevano sempre da spettegolare su tutto e su tutti, comprese loro stesse.

Nel testo registrato si coglie che don Ottorino concede un momento di silenzio per favorire l’incontro personale con il Signore.

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1 Don Marcello Toniolo , che verrà questa sera con una trentina di giovani per fare un momento di ritiro spirituale, la Santa Messa e poi per avere un incontro con noi, è stato ad Assisi a fare un corso di esercizi spirituali con don Rossi ; è andato con Graziano, quello che è morto e di cui presto celebreremo i funerali. Ad Assisi c’è anche Carretto, il famoso Carretto, e con lui alcuni giovani vivono in una casetta ove hanno una piccola cappella: mezza giornata vanno a lavorare e poi, mi pare, fanno tre ore e mezza di adorazione. Don Marcello è andato lì insieme con Graziano, e Carretto ha detto: “Finora abbiamo sbagliato la forma di adorazione. L’adorazione non è mettersi dinanzi a un re lontano, a un sovrano, ma è mettersi coscientemente dinanzi a uno che è nostro amico”. Siamo abbastanza in sintonia in casa nostra con questa idea. Ha detto proprio queste parole: “Mettersi coscientemente dinanzi a uno che è nostro amico e parlare con lui”.
Quando tu hai un amico, è naturale che due amici non finiscano più di chiacchierare. Che cosa ne dici, Marco ? Se la raccontano che è un piacere, come “Lussia e Veronica” che si trovavano tra di loro che era un piacere. Quando ci incontriamo con lui dobbiamo incontrarci con un amico; sforziamoci di farlo sempre, ma specialmente all’inizio della meditazione. Proviamo adesso.

EUCARISTIA adorazione

PREGHIERA unione personale con Dio

Il riferimento è alla meditazione del 7.11.1967.

MI207,2 [13-11-1967]

2 Siamo ancora alla prima meditazione della prima sera degli esercizi spirituali, la quale è divisa in tre punti. Gli Apostoli, durante il loro ritiro nel Cenacolo, avevano veramente coscienza della loro responsabilità apostolica, avevano il senso delle loro deficienze e della loro incapacità, ma erano anche ripieni di fiducia. Mi pare che questi erano i tre punti.
E siamo arrivati al terzo punto, se non sbaglio. Dobbiamo fare la terza meditazione, cioè fermarci un pochino su questo. Però prima di fermarci sulla confidenza assoluta che devono avere gli Apostoli in Cristo, voglio sottolineare ancora il primo punto. Perdonate se lo sottolineo soltanto, perché dopo cerchiamo di scappare via: dobbiamo avere coscienza della responsabilità apostolica. Noi, quando abbiamo fatto questa meditazione , ci siamo soffermati in questo e abbiamo detto: noi siamo responsabili del mondo intero. Ricordate? Abbiamo detto che non dobbiamo chiuderci e dire: “Beh, io faccio il cappellano là, il parroco là, l’assistente qua o là”. Noi siamo responsabili del mondo intero. Come in una famiglia uno lavora in stalla, uno lavora i campi... però lavorano tutti per la stessa famiglia. Per cui se c’è un temporale, quello della stalla corre in mezzo ai campi e si lavora insieme. Non rimangono in quattro in stalla e uno in mezzo ai campi se è necessario che tutti vadano nel campo. Siamo tutti una famiglia e siamo responsabili di tutta la campagna, e la campagna, nel caso nostro, è il mondo intero. Per non restare sulle nuvole scendiamo adesso ai casi concreti. Quando diciamo che “siamo responsabili del mondo intero”, abbiamo il dovere di vedere se siamo come dovremmo essere per poter salvare il mondo.. Ecco i punti che sottoporrei alla meditazione: 1) io devo collaborare con Dio e con i miei superiori per la formazione di me stesso. 2) siamo responsabili della formazione dei nostri fratelli. 3) siamo responsabili delle vocazioni.

APOSTOLO missione

ESEMPI apostolo

MI207,3 [13-11-1967]

3 Anzitutto io devo collaborare con Dio e con i miei superiori per la formazione di me stesso.
Noi non siamo un pezzo di marmo che viene preso, portato dallo scultore e lo scultore forma la statua. Non siamo un pezzo di marmo: siamo uomini, ed essendo uomini noi dobbiamo collaborare per la formazione di noi stessi. Dobbiamo metterci perciò in uno stato di collaborazione. Perciò, non entriamo nella Casa dell’Immacolata e andiamo avanti alla buona perché “già tanto, verremo fuori preti e verremo fuori assistenti”. No, no! Dobbiamo cercare con coscienza che cosa vuole il Signore da ciascuno di noi. Dobbiamo sforzarci, e sforzarci realmente, di vedere qual è la nostra strada, e questo non lo potete fare a tavolino da soli. Per esempio, uno che va sacerdote non può dire: “Beh, io vado avanti perché voglio essere sacerdote”. No, devo vedere quale sacerdote devo diventare, perché io non ho lo stampo del sacerdote della Pia Società San Gaetano. Uno che va assistente non può dire: “Io vado avanti, e così facendo alla fine avrò le qualità che devo avere”. No! Lui deve pensare come deve essere l’assistente, il diacono della Pia Società San Gaetano, e perciò deve andare lui a cercare, e deve aprire non soltanto la facciata esterna, ma anche quella interna ai suoi superiori e dire: “Io la penso così, io lavoro così! È così che deve essere l’assistente? È così che deve essere un prete?”. Cioè ci deve essere veramente un lavoro personale umile e docile, da parte dell’individuo, per divenire, con l’aiuto di Dio, con l’aiuto dei superiori, con il lavoro proprio, come Dio lo vuole.

FORMAZIONE

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

ESEMPI sacerdozio

Il riferimento è a don Pietro De Marchi, sacerdote diocesano ed ex vicerettore del seminario vescovile, da poco tempo entrato in Congregazione.

Mons. Luigi Volpato e mons. Marco Scalco erano rispettivamente padre spirituale e rettore quando don Ottorino si trovava in seminario.

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4 Non so se ho reso il pensiero. Don Pietro , sono ortodosso o no? Facciamo proprio una conversazione di famiglia. State attenti: prendiamo un assistente. Nella Chiesa di Dio adesso sta venendo fuori una figura nuova: il diacono. Ora nessuno può avere dinanzi la figura del diacono già delineata. Se uno va in seminario, vede don Pietro che è il vicerettore e dice: “Bene, mi piacerebbe diventare come lui”; ha cioè davanti agli occhi il modello di quello che sono i sacerdoti diocesani. È chiaro? Ha come modello il padre spirituale, i superiori, eccetera. Quando io sono entrato in seminario avevo davanti a me le figure di monsignor Volpato, di monsignor Scalco, dei miei superiori, del padre spirituale e cercavo di forgiare la mia vita su quei modelli.
La nostra Congregazione invece è giovane e nuova, e non può avere i modelli dei suoi membri in testa: il modello del prete della Pia Società, il modello del diacono della Pia Società deve venir fuori dallo Spirito Santo, figlioli. Perciò sarebbe pazzo quel tale che dicesse: “Ho capito; adesso mi costruisco da solo, penso io a costruirmi. Dai, mettiamoci in tre o quattro e costruiamoci da noi!”. No, figlioli, voi non potete dire: “Ci mettiamo in tre o quattro e ci facciamo da soli”. Il modello di prete e di diacono della Pia Società non è la derivante di una società di amici che si mettono a fare una statua; è la derivante di continue ispirazioni che il Signore dà a uno o alla collettività, ma ispirazioni che vengono da Dio. E voi sapete che fin dall’inizio ci radunavamo insieme a pregare, a pregare, a pregare e a domandare a Dio: “Che cosa vuoi, Signore? Che cosa devo fare, Signore? Non vogliamo fare quello che vogliamo noi”. È chiaro? Fare questo è una cosa un po’ difficilina. Per esempio, io vedo che oggi molti mancano alla meditazione. Qualcuno potrebbe dire: “Io faccio la meditazione per conto mio perché mi trovo meglio”. Uno non può rendersi responsabile della propria formazione in una Congregazione religiosa. Sbaglio? Non può uno dire: “Io mi formo, mi formo da solo...”. Ad un dato momento questo tizio o questi tizi possono farsi un’idea propria del religioso e tutti gli altri non vanno bene se non sono come loro. Per me è una cosa gravissima che uno si prenda una responsabilità di questo genere.

DIACONATO diacono

SACERDOZIO prete

AUTOBIOGRAFIA seminario

CONGREGAZIONE appartenenza

DIO Spirito Santo

VOLONTÀ

di DIO

FORMAZIONE

CONSACRAZIONE religioso

Don Ottorino tenta di suscitare l’attenzione e la partecipazione, nominando dapprima don Luigi Furlato che era maestro dei novizi, poi Girolamo Venco che aveva iniziato l’ultimo anno del corso teologico, poi Antonio (erano molti i presenti con questo nome), e infine Zeno Daniele che stava frequentando il 2° anno del corso teologico.

MI207,5 [13-11-1967]

5 Per esempio, c’è la meditazione in comune: uno per mancare deve essere dispensato, deve venire a domandare: “Guardi che questa mattina mi è impossibile venire; posso essere dispensato?”. È giusto? E dopo deve fare un esame di se stesso, analizzare se stesso e non dire: “Io sono a posto perché faccio così!”. Ed è questo che vorrei proprio dirvi: bisogna che siate tanti umili, tanto umili da andare a domandare qualche volta a chi è in testa nella Congregazione: “Mi dica un po’. Le sembra che sia secondo il modello che vuole il Signore? Sembra a lei che io sia proprio come mi vuole il Signore?”.
Se c’è un caso in cui bisogna dire che nessuno è giudice in causa propria è questo. Non potete essere voi che dirigete la mano di chi ha il dovere di formarvi, non avete voi il prototipo del sacerdote e dell’assistente perché, tra l’altro, è una cosa che il Signore rivela passo passo: ti fa vedere un po’, ma dopo ti lavora passo passo; sono tutte pennellate che il Signore dà per istrada, che non diamo noi. Questa è la prima cosa: io sono responsabile del mondo intero, ma, anzitutto la mia responsabilità mi fa lavorare per formare me stesso, e se io non lavoro me stesso secondo il piano di Dio, e non secondo il piano mio, io mi rendo responsabile del bene che per causa mia non farò. Non se io e te, maestro dei novizi, siamo d’accordo su queste cose. C’è qualcuno che non è d’accordo? Venco, sei d’accordo? Non commentate dopo che dico delle bestialità! Antonio? Parliamo in famiglia, senza tante storie: se c’è qualcuno che vuole spiegazioni su queste cose, alzi la mano, o senza alzare la mano, alzi la voce. Zeno, siamo d’accordo, proprio da buoni amici?

CONSACRAZIONE obbedienza

CONVERSIONE esame di coscienza

VIRTÙ

umiltà

CONGREGAZIONE fondatore

FORMAZIONE

Il riferimento è a Lorenzo Centomo che all’epoca frequentava l’anno propedeutico al corso teologico.

Vittorino Gonella si trovava all’epoca nell’anno di noviziato e non godeva di buone qualità canore.

Farsa molto popolare nell’ambiente veneto.

MI207,6 [13-11-1967]

6 Queste cose sono importantissime, e il demonio è tremendo su questo punto e ci metterà la coda. Per esempio, ad un dato momento, ecco Lorenzo che dice: “Sì, ma... Per conto mio qui si sbaglia, per conto mio si sbaglia. Sì qua, sì là, sì sotto, sì sopra...”. Ma no, figlioli! Va’ a vedere se tu sei come dovresti essere, guardati un pochino nello specchio: c’è il padre spirituale. Ma non basta il padre spirituale, perché il padre spirituale non vede esternamente, a meno che non sia uno di casa che vive insieme con te, e può essere allora don Luigi, può essere don Ottorino, può essere don Guido, può essere un amico, può essere un domani anche don Pietro: “Don Pietro, che cosa le pare?”. Ci deve essere uno che possa dirti: “Guarda che hai la schiena sporca”, e che possa grattarti un pochino e pulirti mettendoti a posto.
Figlioli, ci vuole questa umiltà, l’umiltà di non essere noi gli artefici di noi stessi perché, altrimenti, facciamo fiaschi. Sarebbe come se Vittorino si mettesse ad imparare una canzone e poi dicesse: “Questa è la sinfonia di Beethoven!”. E magari è quella di Fric-Froc : niente da fare! Io sono responsabile della mia formazione e non devo fidarmi di me stesso: devo chiedere, devo chiedere aiuto. Fa compassione qualcuno che dice: “Ma, ma... Bisognerebbe! Ma io qua...”. Meno sentenze, più umiltà e guardarsi nello specchio dei superiori, che possono essere pieni di miserie, ma sono coloro che Dio ha scelto, pur essendo pieni di miserie, per dire se l’abito è bianco o è nero; e dopo si discuterà insieme, finché volete, ma da buoni amici. Guardarsi anche nello specchio dei propri compagni: correzione fraterna! Andate da qualche amico; se vedi un compagno buono, vai da lui e domanda: “Che cosa ne dici di me? Dimmelo!”.

CROCE Demonio

FORMAZIONE direzione spirituale

VIRTÙ

umiltà

COMUNITÀ

superiore

COMUNITÀ

L’assistente Ulisse Salin lavorava nella Comunità di Crotone, e don Ottorino lo nomina scherzosamente con un termine dialettale calabrese italianizzato nella pronuncia.

MI207,7 [13-11-1967]

7 Siamo responsabili anche della formazione dei nostri fratelli.
Io e don Pietro dobbiamo andare fino a Roma e don Pietro dice: “Andiamo via con la mia macchina”. Io salgo in macchina, in quella di don Pietro, e partendo mi accorgo che c’è una ruota anteriore che ha un bozzo abbastanza grosso. Sarei incosciente se dicessi: “Non tocca a me dirlo a don Pietro”. Ci fermiamo al distributore di benzina e l’incaricato del distributore vede e dice: “Guardi che c’è un bozzo sulla ruota anteriore!”. Sarebbe da insulso dire: “Non tocca a me”, e partire con don Pietro sull’autostrada del sole sapendo che c’è un bozzo sulla ruota anteriore; almeno lo avessi lasciato andare da solo, ma salire insieme e andare in compagnia è da imbecilli! C’è un confratello che tu vedi con un difetto, che non è secondo la carità, che non suona come dovrebbe suonare un religioso della Pia Società San Gaetano, e tu, e tu non fai niente, rimani con lui e dici: “Non tocca a me!”. E un domani, magari, andrai in macchina con lui e magari, un domani, andrete in tre, proprio tu, lui e un altro a lavorare in America dove bisogna correre a cento all’ora, con una ruota che ha un bozzo davanti. E voi sapete che un bozzo su una ruota anteriore, di solito, suona marcia funebre perché, quando si tratta di qualcosa di guasto davanti, è un disastro. Fratelli miei, abbiamo il dovere di aiutarlo, perché quello è un nostro fratello, ma anche perché è un membro della Congregazione e quello può farci addirittura saltare tutti. Perciò, proprio in virtù della responsabilità che abbiamo del mondo intero, sono responsabile non soltanto della mia formazione, ma devo aiutare il fratello ad essere come Dio lo vuole. Quando ti accorgi che il tuo fratello ha qualche cosina che non suona, non chiudere gli occhi; fai a meno di fare la comunione che è meglio! Andate e date una mano al vostro fratello. “Ma, mi costa! Ma, mi risponde male!”. Lo so, figlioli, che costa. Lo so che tante notti non si dorme quando si è data una bastonata a uno, lo so per esperienza, ma dobbiamo darla perché, altrimenti, non si può andare a dire Messa, altrimenti non si può fare la comunione. Fare solo quello che fa piacere è facile, essere ambasciatori di caramelle è facile, mentre essere ambasciatori di amarezze costa, ma è un dovere, ricordatevi, è un dovere. Dico male? Ulisse, dimmi la verità; almeno parla tu che vieni da ‘chillo paese’ : sei d’accordo con quello che dico? Non è vero che bisogna fare così? In caso contrario andiamo a finire tutti in ‘chillo paese’, quello basso.

FORMAZIONE

ESEMPI comunità

COMUNITÀ

correzione fraterna

COMUNITÀ

servizio reciproco

CONGREGAZIONE appartenenza

COMUNITÀ

corresponsabilità

CONGREGAZIONE fondatore

Antonio Pernigotto era una vocazione adulta, che aveva fatto la professione religiosa all’inizio di quell’anno 1967.

MI207,8 [13-11-1967]

8 La terza cosa da considerare è che tutti siamo responsabili delle vocazioni, tutti. Perciò, non si può dire: “Beh, insomma, andiamo avanti; tocca a Venco, tocca a uno, tocca all’altro...”. Siamo tutti responsabili delle vocazioni. Supponiamo che sul passaggio di Antonio Pernigotto Dio abbia messo un giovane che ha un piccolo filo attraverso il quale Antonio poteva andarlo a prendere e piano piano, piano piano, tirarlo poi a Dio. Lui non è stato attento... parlava di vino, parlava di campi, parlava di mucche, e non è stato attento a quel filo, si è dimenticato di essere conquistatore del mondo e non ha visto quel piccolo filo che c’era, magari un ragazzo, magari un giovane... non l’ha visto. Non si è pulito gli occhi con la preghiera, con la mortificazione per le vocazioni, e perciò non sentiva quel problema perché non ha pregato, perché non aveva messo la missione nel mondo al primo posto e allora non ha visto quel piccolo filo. Supponiamo che quel piccolo filo fosse, per esempio, il filo di Zeno... Scusatemi tanto: tutto quel che volete, ma che ci sia o non ci sia Zeno in Congregazione e nella Chiesa di Dio non è la stessa cosa. Può darsi che nel mondo avrebbe fatto dieci volte meglio, che fosse padre di ventiquattro figli, dodici suore e dodici frati, tutto quel che volete. Però, amici miei, un prete o un diacono può fare cose grandiose nel giro di trenta o quarant’anni, e che ci sia o che non ci sia non è la stessa cosa.
Per esempio, che ci sia o non ci sia un cardinale Rossi non è la stessa cosa. Un prete disgraziato è meglio che non ci sia, ma nel caso di un prete santo non è la stessa cosa che ci sia o non ci sia. Ognuno di noi potrebbe essere responsabile di non avere toccato quel filo, di non aver tirato quel filo. Perciò, per conto mio, uno che non sente il problema delle vocazioni, che non sente il problema della conquista, è un povero uomo. Povero uomo, perché non è un missionario!

COMUNITÀ

corresponsabilità

PREGHIERE per le vocazioni

PENITENZA

APOSTOLO missione

CONGREGAZIONE appartenenza

ESEMPI sacerdozio

Forse don Ottorino si rivolge all’assistente Vinicio Picco, che all’epoca era membro del consiglio generale.

Il riferimento è a Michele Sartore che frequentava all’epoca l’anno propedeutico al corso teologico.

Cfr. Giona 1,1-15.

MI207,9 [13-11-1967]

9 Un vero missionario sente il bisogno di essere come Dio lo vuole, non come lui vuole essere, magari creandosi un suo piccolo mondo. Un vero missionario sente il bisogno di aiutare i fratelli ad essere come Dio li vuole e sente il bisogno, forte, forte, di trovare altri fratelli scelti da Dio perché siano i conquistatori del mondo. E allora nella preghiera dirà: “Signore, dimmi... Manda vocazioni per il diaconato, manda vocazioni per il sacerdozio”, e allora, se è possibile, fa qualche piccolo sacrificio: “Signore, per le vocazioni”; e allora: “Aspetta, ho visto quel ragazzo, aspetta, ne ho visto un altro”, e prende un sacerdote e chiede: “Mi raccomando, ha qualche giovanotto che...”. Insomma il vero missionario è un cercatore di vocazioni perché fa parte dello stesso programma. “Ma... tocca a questo!”. Non è vero che non tocchi anche a te, figliolo; fa parte del programma della conquista.
Signor consigliere ? Mi guarda e mi compatisce. Questa mattina qualcuno penserà che don Ottorino si è svegliato con la luna per traverso. Avete qualcosa da obiettare? Michele ? Guardate che è una responsabilità tremenda, don Pietro caro! A me queste cose fanno paura. Pensare che ci sia un solo prete di meno nella Congregazione per causa mia, perché io non sono come Dio mi vuole, ovvero perché sono un po’ freddo, non sono all’altezza perché non ho corrisposto sufficientemente alla grazia di Dio e non ho il colore che Dio vuole da me, i talenti che non può aver ricevuto, è terribile: sono responsabile della tonalità di tutti. Non si può scherzare. “E allora scappo via?”. No, perché se scappi capita come a Giona: la nave va per aria e il Signore ti rincorre. Qui bisogna prendere le cose da uomini: siamo uomini di responsabilità. Il quieto vivere non è possibile in tempo di rivoluzione, e ora siamo in tempo di rivoluzione. Guai se la nostra vita non continua ad essere una rivoluzione! È la rivoluzione più grande che ci sia nella storia: la conquista del mondo a Cristo, figlioli! Guai, guai, se la nostra vita diventa una cosa stazionaria; è un disastro! Il rivoluzionario ha in mente una cosa sola: la sua rivoluzione, e la nostra rivoluzione è quella del Cristo. Ecco, adesso si innesta bene la meditazione che dobbiamo cominciare.

APOSTOLO animazione vocazionale

APOSTOLO F.A.

CONGREGAZIONE fondatore

APOSTOLO uomo

Ormai alla fine della meditazione, don Ottorino ricorre al libro di A. ANCEL, Il sacerdote secondo il Vangelo, Editrice Trevigiana, Treviso 1966. Le citazioni, prese dalle pagine 17-18, sono riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Cfr. Matteo 28, 20.

MI207,10 [13-11-1967]

10 “Malgrado la sproporzione che esiste tra la responsabilità degli Apostoli e le loro deficienze, siamo costretti a rilevare che essi avevano un’immensa fiducia”.
“Come faccio io ad essere come Dio mi vuole? Come faccio a convertire i miei compagni? Come faccio?”. Con il Signore, caro mio, e non da solo. Prendi per mano il Signore, stringilo e digli che non lo molli; tu che lo ricevi nel cuore ogni mattina, stringilo al tuo cuore. “Avete notato ciò che è detto alla fine del Vangelo di San Luca, sulla gioia degli Apostoli dopo l’Ascensione? Ci saremmo aspettati che fossero molto tristi perché il Maestro li aveva lasciati e perché si trovavano soli. In realtà è detto molto chiaramente: “Ritornarono a Gerusalemme pieni di gioia” (Lc 24,52). Perché tale gioia? Mi sembra si possano dare due spiegazioni. In primo luogo essi gioiscono perché Gesù, loro Maestro carissimo, è entrato nella gloria del Padre. Gesù, infatti, aveva detto loro: “Se mi amaste godreste che vado al Padre” (Gv 14,28). Egualmente Gesù aveva detto loro: “Vi conviene che io vada, perché se non vado, non verrà a voi il Consolatore; se invece io vado ve lo manderò” (Gv 16,7). Inoltre Gesù aveva spiegato loro quale sarebbe stata la missione dello Spirito Santo. Aveva detto innanzi tutto che lo Spirito Santo avrebbe fatto comprendere loro l’insegnamento che egli aveva impartito: “Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre invierà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26)”. Mi fermo perché voglio lasciarvi un paio di minuti per meditare. Lo Spirito Santo, figlioli, farà il resto. Dobbiamo credere alla presenza dello Spirito Santo dentro di noi. Diceva il professor Peretti domenica: “È una cosa spaventosa per un sacerdote sedersi in confessionale, dover giudicare, dover dirigere le anime”. Sedersi da solo è una cosa spaventosa, concedo; con lo Spirito Santo, nego, perché se tu sei veramente unito allo Spirito Santo e hai studiato e ti sei preparato: “Noli timere”, perché lo Spirito Santo interverrà lui. È vero che noi siamo niente, è vero che siamo pieni di miserie, ma guardate che abbiamo Dio con noi. Dobbiamo credere a questa promessa del Signore: “Io sarò con voi fino alla fine dei secoli” . Siccome gli Apostoli sono andati in Paradiso, adesso continuiamo noi ad averlo, perché continuiamo noi la missione apostolica. Perciò è importante sentire che in Guatemala c’è Dio, che hanno il tabernacolo, che quando vanno in gita in qualche parte c’è Dio in macchina con loro, non vanno da soli; dobbiamo sentire la presenza del Signore. Tu vai con la tua Jeep in una scuola per parlare, e non entri solo, ma entri con Dio, e anche se gli altri non lo vedono, tu lo devi vedere, tu lo devi sentire. E quando parli devi sentire che le parole non sono tue, devi preoccuparti di dire le parole di Dio, perché tu sei il profeta di Dio. Quando sentite Dio con voi non avete paura di niente; anche le imprese più difficili diventeranno facili. Non avrete paura che vi manchi il cibo perché sapete che Dio ha promesso il cibo. Non avrete paura che vi manchi la parola perché Dio vi ha promesso la parola. Non avrete paura di chi vi uccide perché Dio ha detto che non vi uccideranno l’anima, uccideranno solo il corpo. Non avrete paura delle calunnie, anche se vi capiterà qualche fiasco, qualche croce, qualche delusione, anche se dopo aver lavorato vi bastoneranno, perché lo sapevate. Dio vi dirà: “Lo sapevi che doveva capitare così”. Dovete avere questa fiducia nella presenza del Signore. Questo un domani sarà possibile soltanto se noi nella casa di formazione siamo abituati a parlare con lui, siamo abituati a fidarci di lui, a non sostituirci a lui. Concludendo la nostra meditazione diciamo: “Signore, tu sei con me e io voglio restare con te”. Lui ha detto che sarà con noi fino alla fine del mondo; noi gli promettiamo di restare con lui almeno fino al giorno della morte.

EUCARISTIA comunione

VIRTÙ

fiducia

DIO Spirito Santo

VIRTÙ

umiltà

NOVISSIMI paradiso

APOSTOLO missione

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

APOSTOLO profeta

CROCE

FORMAZIONE

PREGHIERE