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IL DIACONO E IL DIACONATO

MI210 [4-12-1967]

4 Dicembre 1967

L’8 dicembre 1967 fecero la professione religiosa ben dieci novizi, mentre altri tre l’avevano fatta nei primi mesi di quell’anno1967. Negli anni precedenti le professioni erano fatte abitualmente nel mese di settembre, al termine dell’anno di noviziato e dell’inizio dell’anno scolastico.

Don Pietro De Marchi, giunto in Congregazione dal clero diocesano di Vicenza, stava facendo l’anno di noviziato e avrebbe fatto la sua professione l’8 dicembre 1968.

Il sig. Albino Furlan, insegnante dell’Istituto Tecnico Industriale A. Rossi di Vicenza, era un grande amico e collaboratore dell’Istituto, ed evidentemente era presente alla conferenza serale di don Ottorino.

MI210,1 [4-12-1967]

1 La festa dell’Immacolata di quest’anno ha un colore particolare perché porta il dono della professione dei santi voti nel giorno dell’Immacolata per la prima volta. Mi pare almeno che sia la prima volta in questa festa dopo il noviziato regolare ed è un bel gruppetto; mi pare, se non sbaglio, che con questo gruppetto dovremmo raggiungere il numero di novantanove religiosi. Nel prossimo anno giungeremo a cento con Don Pietro . Riguardo a questo numero di cento mi pare di dover dire, e penso che capite anche il dialetto, che la prima cosa che dobbiamo fare non è tanto tenerci al numero, - e il signor Furlan lo sa - ma alla qualità. E su questo punto ognuno non deve guardare gli altri, ma deve guardare se stesso e dire: “Io sono un povero straccione”. Però ognuno deve impegnarsi per conservare la caratteristica che il Signore ci ha dato, cioè quella di volerci bene, di vivere la fraternità, e ognuno deve fare l’esame di coscienza per vedere se ha fatto tutto quello che poteva per conservarla.
Mi permetto anche di dirvi una cosa a cui, forse, non avete mai pensato. Quando per esempio, io dico: “Guardate che la nota caratteristica deve essere la carità”, se uno di voi dovesse dire dentro di sé: “Beh, ci sarebbero molte cose da dire in proposito”, io dovrei rispondere: “Sì, ci sarebbero delle cose da dire su di te!”. Attenti perché quando a un certo momento si pretende la perfezione e non si sa compatire e comprendere, vuol dire che si è molto lontani dalla carità, perché avere carità non vuol dire - attenti, perché questo è importantissimo - esigere la perfezione da tutti gli altri, ma da se stessi.

CONSACRAZIONE voti

COMUNITÀ

fraternità

CONVERSIONE esame di coscienza

CONGREGAZIONE fondatore

Monsignor Fabiano Dalle Carbonare, insegnante nel collegio vescovile di Thiene (VI), era grande amico di don Ottorino e della Congregazione, ed evidentemente era presente anche lui alla conferenza domenicale come risulta anche da accenni successivi.

Cfr. Matteo 7,1-5 e Luca 6,37-42.

MI210,2 [4-12-1967]

2 Siamo in quattro in compagnia: il signor Furlan, il sottoscritto, Don Fabiano e, supponiamo, Vinicio. Siamo in quattro, e oggi io mi sono alzato con il mal di testa e vedo nero nell’agire del signor Furlan. Domani se alza un altro con un dispiacere e vede nero nell’agire di don Fabiano o nel mio. Domani Vinicio dice: “Ragazzi, oggi mangiamo gnocchi!”, e noi brontoliamo: “Vuole preparare sempre gnocchi; li ha preparati anche l’altro giorno”. Vinicio insiste: “No, è una settimana; no, è un mese...”. È logico che queste cose siano inevitabili. Perché? Perché abbiamo gusti diversi. La carità non toglie che ci sia diversità di vedute, non toglie che a volte qualcuno sia di parere diverso, ma porta ad interpretare bene quelle diversità, porta a voler bene al fratello. E se ci si accorge, per esempio, che il signor Furlan è fuori strada perché e oggi e domani dice delle mezze bestemmie, la carità suggerisce di dirgli: “Caro Albino, io so che tu sai quanto ti voglio bene. Albino caro, io so che tu vuoi dire giaculatorie tutto il giorno, e invece ti scappa qualche piccola bestemmia!”. “Mamma mia! Grazie, sai, don Ottorino, grazie!”. Ecco la carità!
La carità non interpreta male e parte dall’idea che il fratello vuole amare il Signore, vuole bene al Signore, ha come centro d’interesse il Signore e se gli sfugge qualche cosa non lo fa con cattiveria, e allora, da vero fratello, gli parla, gli dice una buona parola. Quando invece uno in Comunità fa critiche ed emette giudizi, a quello potete mettere in fronte una scritta: “Non hai carità”, perché uno che ha carità non dice mai che manca la carità perché, anzi, cerca di coprire. Io ho visto, per esempio, delle anime belle. Oggi sono stato a pranzo dai Saveriani dopo aver fatto la concelebrazione per San Francesco Saverio. Eravamo tredici sacerdoti, e siamo andati a pranzo in compagnia, e poi sono andato a visitare la tomba di padre Uccelli. Chi ha conosciuto padre Uccelli sa che quell’uomo non avrebbe detto male di uno neanche se lo avesse visto uccidere suo padre. Albino, non è forse così? Anche se avesse visto uno uccidere suo padre avrebbe detto: “Ah, poverino, ah, poverino! Vieni che ti do un abbraccio. Chissà, chissà, poverino, che cosa avevi in testa!”... lo avrebbe confessato, lo avrebbe fatto inginocchiare e chiedere perdono a Dio, ma non l’avrebbe giudicato perché nel Vangelo è scritto: “Non giudicate!”. Tu hai visto l’azione esterna che potrebbe essere anche negativa, ma non metterti a giudicare l’interno di quel povero disgraziato. Se tu vedi rubare un grappolo d’uva, non sai quanta fame aveva quel povero disgraziato, e siccome tutti abbiamo rubato qualche grappolo d’uva, e cioè tutti abbiamo commesso qualche mancanza, non abbiamo motivo di giudicare gli altri.

ESEMPI carità

COMUNITÀ

uniti nella diversità

COMUNITÀ

correzione fraterna

CARITÀ

Nel testo registrato si ascolta un intervento del sig. Albino Furlan, sollecitato da don Ottorino, che poi scherza sulle sue affermazioni.

MI210,3 [4-12-1967]

3 Perciò io direi, tornando al nostro argomento, di ringraziare il Signore, più che per il traguardo dei cento religiosi che stiamo per raggiungere, per lo spirito che mi pare il Signore abbia messo qui dentro: questo desiderio di volerci bene, questo desiderio di dare una testimonianza viva e reale. Ma questo desiderio, ricordatevelo, non esclude che ci sia qualche miseria, che ci sia qualche mancanza, che ci sia qualcuno che in qualche momento manchi. Ma è appunto allora che si esercita la carità: questa è appunto la carità, perché, altrimenti sarebbe sentimento, sarebbe una cosa facile. Andare sempre d’accordo, sempre d’accordo, sempre d’accordo... questo non è neanche carità; può darsi che sia carità, ma molto facilmente è sentimento.
Signor Furlan, che cosa ne dice? È giusto o sbagliato? Possiamo continuare? È inutile che faccia i commenti a quello che ha detto il signor Furlan. Tutto quello che ha detto di bene sono state bugie. Che cosa volete fare? Il Signore ha un altro modo, vero signor Albino, di agire. La logica di Dio non è la logica degli uomini, è tutt’altra cosa! La logica degli uomini è come uno che ha parole superbe, la logica di Dio è pacifica e piena di bontà. E noi siamo qui per predicare la logica di Dio, non la logica degli uomini, pur essendo uomini, pur vivendo in mezzo agli uomini e agendo con correttezza in mezzo agli uomini. Che ne dice, don Fabiano? È giusto o no?

DIO riconoscenza a...

CONGREGAZIONE appartenenza

COMUNITÀ

fraternità

CARITÀ

Il riferimento è alla novena di preparazione alla festa dell’Immacolata, che don Ottorino voleva preparata adeguatamente e celebrata con solennità speciale.

Quando si iniziava il corso teologico si consegnava, all’epoca, la veste talare che doveva essere portata come segno del cammino verso il sacerdozio.

Maschera veneta del servitore furbo e ciarliero vestito di pezze multicolori. Forse don Ottorino allude ai primi tentativi dei sacerdoti di andare vestiti non con la talare o col clergyman, ma in modo mondano e stravagante.

MI210,4 [4-12-1967]

4 Noi siamo i testimoni di Dio, non dell’Accademia delle Belle Arti: testimoni di Dio! Naturalmente dobbiamo vivere in mezzo agli uomini con la correttezza necessaria, ricordando quel termine famoso che abbiamo detto tante volte: “Piacere a Dio e non dispiacere agli uomini”, cioè non preoccuparci di piacere agli uomini, ma prima di tutto preoccuparci di piacere a Dio e allo stesso tempo di non dispiacere agli uomini. La mia preoccupazione è di piacere a Dio, dal comportamento all’ultima parola. Basta, altrimenti rubo il pane al nostro caro predicatore della novena. Nella festa dell’Immacolata c’è anche la vestizione di un gruppetto: sono piccoli passi in avanti. Mi riprometto in altro momento di dire una parola sulla questione della veste talare. Vogliate bene alla veste; vi dico soltanto di voler bene alla veste. Vogliate bene alla veste perché con la veste noi ci presentiamo come rappresentanti di Cristo: “Io sono il rappresentate di Dio... Io sono Gesù”. Devo sentire la gioia che mi sentano Gesù in mezzo al mondo. Che si chiami veste talare o veste con i pantaloni o veste con una crocetta, non importa, ma io devo desiderare che mi riconoscano per rappresentante di Gesù, per testimone di Cristo. “Ma mi tirano le patate!”. E che me ne importa? La veste si porta non per sfacciataggine né per ostentazione, ma per fede, per fede. Non tirano patate, no! Al contrario, non hanno nessuna stima di un prete che nasconde di essere prete. No, no, il prete lo vogliono vedere prete! O con la veste o senza, ma vogliono vederlo prete. E oggi, nel mondo, anche quelli che bestemmiano hanno bisogno di un angolino dove sfogarsi. Io ho visto tanti uomini piangere, ma piangono vicino a un prete, non vicino ad un arlecchino che ha paura di mostrarsi prete. Vi assicuro che ho visto tanti uomini piangere, e in tante circostanze anche in tanti angoli di questa casa. La gente cerca il prete! A questo proposito ci sarebbero tante cose da dire, ma allora non andiamo più avanti.

APOSTOLO testimonianza

SLOGANS fuoco apostolico

FORMAZIONE noviziato

SACERDOZIO veste

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

SACERDOZIO prete

CREATO

Don Ottorino per ‘cinema’ intende la proiezione di un film.

All’Istituto San Gaetano c’era una sala cinematografica, attrezzata anche con un modesto palcoscenico per qualche spettacolo teatrale.

Don Guido Massignan era, all’epoca, il direttore della Casa dell’Immacolata.

Film che racconta la storia di padre Damiano De Veuster che scelse di vivere nell’isola di Molokai, nel regno delle Isole Hawai, fra i suoi lebbrosi, dove morì contagiato dalla lebbra.

L’espressione è, evidentemente, scherzosa, anche per il clima delle conferenze domenicali abitualmente molto familiare.

MI210,5 [4-12-1967]

5 Il programma della festa dell’Immacolata è il seguente. Alle nove o alle nove e un quarto ci sarà l’emissione dei santi voti, alle tre del pomeriggio la vestizione. Mi pare che dopo, verso le sei, ci sia un po’ di accademia e alla fine, dopo la cena, alle otto o alle otto e un quarto, ci sarà un cinema , una sorpresa, e non posso dirvi di che cosa si tratta. Vi dico soltanto che non so quale cinema ci sarà. All’Istituto c’erano già in programmazione i cartoni animati, ma a don Guido che mi domandava che cosa fare ho detto: “Beh, è il giorno dell’Immacolata! Provvedete un film, che costi uno o che costi dieci non importa, ma deve essere un film bello e spettacolare, che lasci qualcosa”. Non si tratta di dire: “Facciamo la passione del Signore”, perché su questo avete già visto tutto, ma che lasci qualcosa; uno di quei film che il giorno dopo si possa commentare e prendere come tema di meditazione. Tante volte abbiamo fatto la meditazione sul cinema della sera precedente, come con “Molokai” . Che sia pure un film a colori, che sia scope o badili... non importa niente! Per un cinema fatto bene, che lasci qualcosa, vale la pena di spendere anche mille lire di più. Perché? Perché potremmo sciupare una festa religiosa con qualche film sciocco mentre vedendo un bel film qualcuno magari potrebbe dire: “Che bello servire il Signore! Che bello imitare quel tale, quell’altro!”. Mi pare che su questo siamo d’accordo.

CONGREGAZIONE storia

FORMAZIONE

A Quinto Vicentino, dove la Congregazione era comproprietaria di un’azienda che costruiva motori elettrici, aveva ceduto la sua parte alla ditta Dalli Cani; ad Asiago, dopo la costruzione del villaggio San Gaetano a Bosco di Tretto (VI) don Ottorino alienò ad altri Istituti religiosi le due case che la Congregazione ivi possedeva.

Il riferimento è a una barzelletta che racconta di una donna che fino all’estremo della sua vita rimproverava al marito di essere ‘peocioso’ (taccagno, tirchio) e quando non aveva più voce perché stava morendo, avendola l’uomo gettata in un pozzo d’acqua, con le dita faceva il gesto di schiacciare i pidocchi, per ripetere con il gesto quello che non poteva dire con le parola.

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6 Dalla festa dell’Immacolata passiamo al Natale.
Qui inserisco un particolare. L’anno scorso mi sono dedicato a mettere a posto alcune cose, e quando dico che mi sono dedicato voglio dire che mi sono dedicato a pungere la gente perché faccia: voi avete fatto... Io ho parlato, voi avete fatto, gli altri hanno fatto: non intendo dire che ho fatto io, mettiamo le cose in chiaro! Abbiamo fatto insieme, ma io mi sono dedicato a dire: “Dai, coraggio...” per sistemare alcune cose economiche. Ho sistemato Quinto, ho sistemato Asiago, ho sistemato qua, ho sistemato là. Quest’anno, se il Signore vuole che io sia vivo, finché avrò un po’ di fiato, anche se fossi a letto come quell’altra che diceva: “Pidocchioso, pidocchioso, pidocchioso...” , finché avrò fiato, ricordatevelo, lo dedicherò interamente - possibilmente se sarò fuori dal letto - al diaconato. D’accordo? Lo dedicherò interamente al diaconato. Questo vuol dire ricerca di vocazioni e chiarificazione sempre maggiore dell’idea di diacono che abbiamo in Congregazione, e possibilmente ottenere dalla Santa Sede il permesso del diaconato. Volessi il cielo che potessimo consacrare i primi diaconi! Quando si comincia poi si va avanti... perché fatto il buco, dopo passano anche tutti gli altri. D’accordo? Primo: ricerca di vocazioni; e allora parleremo delle ricerca di vocazioni. Secondo: chiarificazione della figura del diacono. a) La figura del diacono Tante volte, in un modo o nell’altro, vi ho parlato del diacono, e adesso non pretendo di darvi una lezione, ma solamente dire due parole tra amici. Per conto mio il diacono è l’animatore dei laici, è colui che deve mettere in moto i laici, non per sostituirsi a loro, ma per fare in modo che collaborino con la Chiesa, perché anche loro sono Chiesa, per salvare le anime, cioè per suscitare nei laici il senso della loro responsabilità. Per esempio, in un grattacielo... Portiamo l’esempio del grattacielo come si potrebbe portare l’esempio di una parrocchia: è la stessa cosa, ma forse l’immagine può aiutarci maggiormente. Entra un diacono in un grattacielo, e vi entra come un partigiano. Un partigiano che cosa farebbe? Entra piano piano, piano piano, piano piano; fa saltare una rotaia di qua, fa saltare una rotaia di là; forma gruppi di qua e gruppi di là... la guerra partigiana è peggiore della guerra aperta perché non si riesce mai a prendere il nemico. Quando il partigiano entra in un grattacielo ha buon fiuto, e capisce che là c’è un buon papà, che quello è abbastanza un buon cristiano, dopo ne individua un altro... tan, tan, tan...

DIACONATO

DIACONATO diacono

PASTORALE laici

ESEMPI diaconato

Probabilmente don Ottorino intende parlare dell’azione apostolica di San Paolo a Gerusalemme e a Cesarea Marittima, narrata in Atti 21,27-26,32, anche se la tradizione racconta che rimase prigioniero a Roma per alcuni anni, con la scorta di un soldato, godendo di libertà sufficiente per evangelizzare.

MI210,7 [4-12-1967]

7 Vi porto un esempio in relazione all’impurità. Noi abbiamo constatato per venticinque anni questo fatto all’Istituto San Gaetano. Se entra un ragazzo del quale ci dicono: “Prestate attenzione perché questo ragazzo ha l’abitudine di commettere atti impuri con gli altri compagni”, e noi sappiamo che ce n’è un altro con la stessa abitudine, li mettiamo lontani, uno in gruppo e uno in un altro gruppo, avvisando gli assistenti di stare attenti: dopo tre giorni già si conoscono tra loro. È vero, don Guido, tu che sei stato all’Istituto? Dopo poco si conoscono: cosa sia, cosa non sia, don Fabiano, dopo tre gironi si conoscono fra loro. Perché? C’è un qualche cosa che non sappiamo spiegare. Abbiamo fatto l’esperienza tantissime volte, constatando che c’è qualcosa per cui dopo tre giorni sono insieme. Ci siamo chiesti la spiegazione tante volte che non avete neppure l’idea.
Il diacono deve essere uno che dopo tre giorni ha già scoperto che nel grattacielo ci sono tre cristiani, e dopo quindici giorni li ha fatti diventare dei rivoluzionari, ha fatto perdere loro la pace della coscienza perché dice loro: “Voi cristiani non avete fatto ancora niente”. Se tu esamini la situazione del grattacielo noti che è un disastro per la moralità, per una cosa e l’altra, e chiedi: “Chi è il responsabile?”, rispondono:” “Il parroco!”. Allora il diacono deve risvegliare il senso di responsabilità della situazione e suscitare in loro l’impegno per cui quei tre diventano quattro, diventano cinque, e cominciano a fare qualcosa, e di lì a qualche mese il grattacielo comincia a muoversi sulle fondamenta. Qualcuno domanderà: “Che cosa c’è per cui il grattacielo si muove? Che cosa sono questi movimenti sismici?”. “Eh, ci sono alcuni partigiani dentro!”. “Dove sono?”. Dopo un po’ di tempo il grattacielo salta per aria, ed è il risultato dell’azione di quel diacono. Che cosa faceva San Paolo? Che cosa facevano gli Apostoli? Hanno messo in prigione San Paolo e lui con le catene ai polsi ha convertito quelli di Gerusalemme e andava in giro anche con la scorta armata quando andava a predicare il Vangelo. Non faceva così San Paolo? Andava a predicare e impiantava un nido di pidocchi!

ESEMPI diaconato

DIACONATO

PASTORALE laici

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

Don Ottorino, come faceva spesso, avrà mimato la posizione dei vari celebranti durante una Santa Messa.

Nel testo registrato c’è a questo punto un nuovo intervento del sig. Albino Furlan.

Il sig. Furlan, continua ad intervenire, rispondendo quasi alle domande di don Ottorino.

MI210,8 [4-12-1967]

8 Il diacono è il guerrigliero che penetra, che non si sostituisce ai cristiani, ma che sa mettere in moto i cristiani. Il diacono visto sotto questo punto è tutta un’altra cosa, è tutto un altro affare rispetto all’idea corrente.
Anche in chiesa il diacono ha il suo posto: qui c’è il sacerdote che celebra la Messa, qui ci sarà un altro sacerdote che fa la concelebrazione, qui un altro, e qui ci sarà il diacono con la dalmatica e qui un altro diacono con la dalmatica. E allora io sogno che un domani la provvidenza ci mandi dieci o dodici o tredici nuovissime casule. Un ingegnere che oggi era a pranzo con noi ha chiesto quale significato avesse nella concelebrazione la diversità delle vesti dei concelebranti. Ho risposto: “Era perché non c’erano vesti uguali per tutti”. Il mio sogno è che un domani vi siano i sacerdoti e i diaconi che concelebrano insieme: i diaconi non alzeranno il pane e il calice del vino e non diranno “Hoc est enim...”, ma quando sarà l’ora di prendere il Cristo, il calice non si fermerà al sacerdote, ma andrà anche in mano ai diaconi. E allora troveremo quell’anima buona che ci regalerà e le casule e le dalmatiche dello stesso colore, senza questa esposizione di paramenti diversi. In chiesa siamo tutti fratelli : in chiesa il sacerdote sarà al primo posto e il diacono al secondo nella graduatoria; nella Comunità e l’uno e l’altro; nel battezzare e l’uno e l’altro; nel confessare il sacerdote è lo specializzato, sarà il chirurgo, mentre il diacono sarà il medico... però quando si tratta di andare in mezzo al mondo la specializzazione è propria del diacono. Un po’ alla volta vi farete l’idea del diacono, ma ve la farete specialmente quando fra non molti anni i nostri diaconi faranno la loro storia. Allora direte: “Ci sembrava una cosa così difficile quando don Ottorino ci parlava del diacono. Invece è una cosa naturale...”. Albino, Albino, lei lo sapeva bene già vent’anni fa. Si ricorda? È una testimonianza chiara che nel 1941 io ho dette queste stesse cose: si ricorda? Ricorda quante cose dicevamo? Io ero magro e mingherlino e lui era bello, grande e grosso, ma dopo la provvidenza ha fatto che anch’io m’ingrassassi un pochino, e allora siamo andati alla pari. Ecco, questa è l’idea; dobbiamo arrivare là.

EUCARISTIA S.Messa

SACERDOZIO prete

DIACONATO diacono

PROVVIDENZA

AUTOBIOGRAFIA

Don Ottorino nomina dapprima Livio Adessa e Giovanni Orfano che all’epoca frequentavano il 2° anno del corso teologico nel seminario vescovile per prepararsi al diaconato, e tutti gli altri che svolgevano servizio di animazione presso i ragazzi orfani dell’Istituto San Gaetano, fra i quali nomina l’assistente Pietro Pivato.

Don Ottorino ritorna continuamente sull’immagine del partigiano sabotatore e del guerrigliero di Dio.

Don Ottorino in questa conferenza mette in luce tutti i limiti e la povertà di formazione specifica secondo il carisma della Congregazione che i primi sacerdoti e diaconi avevano ricevuto: soprattutto mancava la tradizione e perciò non c’erano dei punti di riferimento.

Don Ottorino aveva accennato prima a don Guido Massignan che era stato consacrato sacerdote il 26 giugno 1960, e ora si riferisce ai sette chierici che sarebbero stati consacrati il 6 aprile 1968: Leonzio Apostoli, Luciano Bertelli, Paolo Crivellaro, Giuseppe Giacobbo, Luciano Rizzi, Gaetano Scortegagna e Girolamo Venco.

MI210,9 [4-12-1967]

9 Ora io ho chiesto al Signore una grazia. Noi abbiamo dei bravissimi figlioli che stanno venendo avanti: il nostro caro Livio, Orfano e compagni che stanno venendo avanti, Pietro... Però, senza offendere i presenti, ci manca qualcuno che abbia fatto l’esperienza del guerrigliero . Sarebbe come se noi preti fossimo in queste condizioni: quando io ho cominciato con i sacerdoti, a un dato momento è arrivato prete don Guido; appena ordinato prete, era ancora giovane e nessuno aveva fatto esperienza del sacerdozio. Quest’anno avremo sette sacerdoti novelli, ma non si può prendere Giacobbo e mandarlo direttamente a Monterotondo a fare il parroco; deve fare un tirocinio. Mentre noi avremmo bisogno addirittura di un diacono con esperienza a San Paolo in Brasile!
Che cosa ha domandato il cardinale? Fare una scuola per diaconi. La scuola per diaconi comporta: due o tre sacerdoti per la catechesi, la liturgia e la parte ascetica, e comporta tre o quattro diaconi che siano i capi guerriglieri, che insegnino ai laici di fare questa guerriglia all’interno del grattacielo, pure senza essere diaconi al principio. E quando i laici hanno dato testimonianza di essere all’altezza delle mansioni che verranno loro affidate, di conoscere bene il catechismo, di conoscere bene la liturgia, di conoscere bene la guerriglia, quando danno testimonianza di serietà, allora la commissione dirà: “Questi potrebbero essere ordinati diaconi”, e il cardinale risponderà: “Sì, li ordiniamo diaconi”. Ma ci deve essere una scuola: ai sacerdoti l’incarico della parte della catechesi, della parte ascetica, della parte liturgica, ma un domani ci vuole per la parte della guerra vera e propria, diciamo guerriglia per non cambiare termine, ci vuole per forza un diacono che insegni questa guerriglia, che vada per primo nel grattacielo a insegnare come si potrebbe fare. Che cosa vi pare? Don Fabiano, è giusto?

SACERDOZIO prete

MISSIONI

PASTORALE

FORMAZIONE

DIACONATO diacono

La Comunità di Monterotondo (Roma) è stata aperta il 7 agosto 1966, e don Matteo Pinton è stato consacrato sacerdote il 26 maggio 1965 e don Graziano Celadon l’11 aprile 1966.

Don Flavio Campi, sacerdote diocesano di Vicenza dal 24 giugno 1956, prima di entrare nella Congregazione era stato per alcuni anni cappellano nella parrocchia di Belvedere di Tezze (VI).

‘Perinde ac cadaver’ = come un cadavere. Espressione ascetica molto usata nelle case di formazione per insegnare che bisogna essere nelle mani di Dio e dei superiori come un cadavere, cioè a completa disposizione.

Il riferimento è alla 2ª Cor 11,22 dove San Paolo presenta il vanto delle sue qualità e delle sue sofferenze.

MI210,10 [4-12-1967]

10 Noi non abbiamo la possibilità di aspettare, e d’altra parte il nostro caro Albino sa che quando c’è la necessità di fare noi prendiamo il Signore alle strette e bisogna che si arrangi. Albino ha visto questo più di una volta. Quando vi dico che non abbiamo la possibilità di aspettare vuol dire: “Signore, arrangiati, bisogna che tu provveda!”. E allora abbiamo bisogno che qualcuno venga.
Quando, per esempio, abbiamo aperto Monterotondo, non potevo mandare don Graziano Celadon o don Matteo come parroco, e ho detto che ci voleva qualcuno un po’ più anzianetto. Noi avevamo bisogno di qualcuno, e il Signore ci ha mandato don Flavio , e così è stato possibile mettere come parroco un sacerdote con qualche anno di più di Messa e con un po’ di esperienza. Alla testa del movimento dei diaconi abbiamo bisogno di qualcuno che sia un capoguerrigliero. L’ho già chiesto al Signore; scusate la parola, ho chiesto e voglio. È l’anno del diaconato e ne abbiamo bisogno, se non viene è perché voi dubitate mentre don Ottorino non dubita. Lasciatemi fare questo peccato di superbia, e se dubitate vi butto fuori dalla finestra. Ho chiesto al Signore che me ne mandi almeno uno, spiritualmente preparato, e quando dico spiritualmente preparato intendo uno che si offre interamente, che non cerca la sua volontà, ma che dice: “Signore, eccomi qui”. Perché è con i morti che si fanno i vivi. Avete capito? Occorre uno che ha un solo desiderio: fare la volontà di Dio, fare la volontà di Dio: “Signore, eccomi qui, sono tuo, voglio essere tuo, e non si discute!”. Occorre uno offerto, uno che si è offerto totalmente, possibilmente anche laureato, perché al giorno d’oggi sarebbe un’umiliazione fargli prendere una laurea. In seguito ne faremo anche sette o otto, ma adesso il problema è guadagnare tempo, e dobbiamo presentarci bene. “Hebraei sunt et ego!” . Importante è che abbia lo spirito del guerrigliero, cioè quelle qualità di cui abbiamo detto prima, l’intuizione, la capacità di muovere, le doti umane già sperimentate, perché in mezzo a voi ce n’è più di uno che ha tali doti ma bisogna lanciarlo!

CONGREGAZIONE storia

DIACONATO diacono

CONSACRAZIONE offerta totale

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

L’assistente Severino Stefani era partito con il primo gruppo di missionari destinati al Guatemala.

Zeno Daniele aveva accompagnato don Ottorino nella visita alle Comunità dell’America Latina nei mesi di settembre e ottobre di quell’anno 1967.

Il riferimento è a Giovanni Orfano già nominato precedentemente, e a don Ugo Caldini che all’epoca si trovava già in Guatemala.

MI210,11 [4-12-1967]

11 Quando Severino è andato in America avrebbe giurato che non sarebbe mai stato capace di nuotare. Ricordi, Zeno , non ha detto che non era capace di nuotare? Arrivato là ha capito che bisognava nuotare perché altrimenti le mamme non gli affidavano i ragazzi perché avevano paura che annegassero, e allora ha capito che bisognava nuotare. Faceva di quei tuffi da far paura, come quelli che si vedono fare al cinema. Come ha fatto? Bisognava nuotare!
Qui c’è più di uno che dopo nuoterà, c’è più di uno che un domani passerà davanti a quell’altro, perché so che il Signore ha dato a qualcuno delle doti particolari e potrei dire chiaramente: “Tu hai quelle doti, tu hai quelle altre doti”. Però avete bisogno di uno che vi insegni a nuotare, che abbia già nuotato, e siccome non possiamo stare qui ad insegnare a nuotare a Orfano o a Caldini affinché dopo insegnino agli altri a nuotare, anche perché io non sono capace di nuotare perché peso troppo. Allora che cosa è necessario fare? Che il Signore me lo mandi! Per questo con un gruppo abbiamo detto: “Offriamo la novena dell’Immacolata con questa finalità”. Ci sono ancora alcuni giorni della novena dell’Immacolata; vi prego, unitevi tutti per dire questo al Signore. Non abbiate paura se ce ne manda anche due o tre: qui troveranno da mangiare lo stesso! Tornando a noi, l’anno venturo avremmo intenzione di portare il diaconato in Congregazione, e allora bisogna essere anche uomini, e l’uomo deve metterci tutta la sua parte. I propositi li ho fatti in Guatemala quando ho detto: “Il Signore vuole portare il cristianesimo nelle osterie, in tutte le osterie, ma il Signore vuole che noi ci mettiamo tutta la nostra parte umana, ma tutta, tutta, e dopo lui farà il miracolo. Per questo io devo mettere tutta la mia parte per raggiungere il numero, per arrivare al numero, e dopo il Signore farà il miracolo”. b) La strategia per il riconoscimento

MISSIONI vita missionaria

DOTI UMANE

APOSTOLO animazione vocazionale

DIACONATO

Nel testo registrato per ben due volte don Ottorino dice “capitolo” invece di “consiglio”.

Don Ottorino si riferisce al cardinal Pericle Felici che era stato segretario del Concilio Vaticano II, e a monsignor Vincenzo Fagiolo che aveva già conosciuto e avvicinato quando aveva presentato l’idea del diaconato a Roma.

S. E. monsignor Marco Caliaro era vescovo di Sabina-Poggio Mirteto, diocesi alla quale apparteneva la Comunità di Monterotondo

S. E. monsignor Pietro Raimondi era arcivescovo delle diocesi di Crotone e Santa Severina, dove era stata aperta la prima Comunità della Congregazione fuori di Vicenza.

MI210,12 [4-12-1967]

12 Per arrivare al diaconato il piano strategico è il seguente. La Santa Sede, il Papa ha mandato un decreto, con il quale viene concesso direttamente dalla Santa Sede il diaconato alle congregazioni religiose le quali, però, devono presentare il ‘nulla osta’ del capitolo generale, cioè è il capitolo generale che praticamente chiede, o meglio che dà il ‘nulla osta’. Per esempio, la congregazione dei Salesiani: il superiore generale con il consiglio dice: “Domandiamo il diaconato!”. Questa domanda non sarebbe espressione della congregazione, ma sarebbe espressione del consiglio . Il consiglio non può fare una legge, cambiare le costituzioni, o portare il diaconato in forma stabile; se si trattasse per un singolo membro sarebbe possibile, ma per portare il diaconato in forma stabile nella congregazione è logico che la Santa Sede chieda il parere del capitolo, perché il capitolo è la rappresentanza di tutta la congregazione.
E allora noi, per sicurezza, siccome dobbiamo fare il capitolo straordinario, lo faremo, e di questo capitolo parleremo un’altra volta in modo specifico, e abbiamo pensato di portare il capitolo a settembre dell’anno venturo, di modo che entro settembre si preparino i candidati e nella peggiore delle ipotesi, fatto il capitolo, chiediamo il diaconato. Nel contempo in gennaio io devo scendere in Italia meridionale e allora mi fermerò qualche giorno a Roma e andrò a sondare. Andrò prima di tutto dal cardinale Felici, attraverso monsignor Fagiolo ; andrò a vedere le strade che si possono battere, e la strada che batterò è questa: “Sì, questa è la disposizione, ma noi abbiamo chiesto il diaconato ancora prima del Concilio. Il diaconato, per noi, non è un cambiare fisionomia della Congregazione perché ce l’avete fatto tirare via dalle costituzioni quando noi le abbiamo presentate. In esse avevamo già messo la parola ‘diaconato’; dunque voi sapete che non andiamo contro la struttura e lo spirito della congregazione. La Congregazione è nata con l’ideale del diaconato”. Chiederò: “Volete un plebiscito di tutti i religiosi?”. Penso che almeno il 50% di voi sia d’accordo. “Volete un plebiscito generale? Noi siamo disposti anche a quello. Vi fidate e sapete che noi siamo su questa strada? Ve bene: eccoci qui!”. Ci sarà il problema perché siamo di diritto diocesano e forse sarà necessario il ‘nulla osta’ di tutti i vescovi dove abbiamo nostre Comunità in apostolato, cioè un loro parere con molta probabilità. Monsignor Caliaro ha già detto: “Io li consacro di colpo”; monsignor Raimondi ha detto: “Concesso il diaconato, io ordino immediatamente i suoi candidati”. Sicché noi sappiamo già che i vescovi saranno con noi centocinquanta su cento.

CONGREGAZIONE Capitolo

DIACONATO

CONGREGAZIONE storia

CHIESA Vescovo

Era nota a tutti la contrarietà di S. E. mons. Carlo Zinato per l’introduzione del diaconato permanente, e tale contrarietà fu motivo di molte sofferenze per don Ottorino.

Nel testo registrato si ascoltano interventi e proposte di approcci vocazionali, ma qui praticamente si conclude la conferenza di don Ottorino.

MI210,13 [4-12-1967]

13 Ci sarà il vescovo di Vicenza che dirà: “Beh, vediamo... come andiamo...”. Comunque, al vescovo di Vicenza, quando andrò a fare gli auguri di Natale, dirò: “Eccellenza, sono venuto per farle gli auguri di Natale, ma soprattutto le faccio gli auguri per il prossimo anno, cioè per il suo venticinquesimo di episcopato. Per il venticinquesimo di episcopato è inteso che l’eccellenza vostra farà un regalo a noi e noi faremo un regalo a vostra eccellenza: i primi diaconi del Concilio Vaticano II devono essere ordinati a Vicenza e che siano ordinati da vostra eccellenza”.
Ci siamo capiti! A Natale io aprirò questa pagina. A gennaio vado a Roma per vedere se è necessario o non è necessario. In ogni caso io vorrei che le prime consacrazioni diaconali siano a luglio se otteniamo a Roma che ce le concedano subito, ovvero all’Immacolata o a Natale dell’anno venturo. Dico vorrei perché mi pare che ormai sia arrivata l’ora di Dio, e vorrei portare il diaconato nella Congregazione. Allora: diaconato e diaconi come mi pare il Signore vuole. E adesso dobbiamo darci da fare con le vocazioni: perché quando si vuole fare una spiedata di uccelli bisogna andare in cerca di uccelli; non si può fare un spiedata di uccelli per ventiquattro persone con un solo uccellino. Che cosa ve ne pare? Ecco allora che bisogna andare in cerca di vocazioni, e allora sarà anche l’anno della ricerca delle vocazioni.

CHIESA Vescovo

CHIESA Concilio

DIACONATO

VOLONTÀ

di DIO

ESEMPI vocazioni