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LA TIEPIDEZZA NELLA VITA DELL’APOSTOLO

MI215 [19-12-1967]

19 Dicembre 1967

Nell’esempio don Ottorino nomina don Pietro De Marchi, che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato, e poi anche fratel John Berchmans Kayondo, religioso ugandese ospite nella Casa dell’Immacolata.

Don Ottorino concede un momento di silenzio per facilitare l’incontro personale con Gesù.

MI215,1 [19-12-1967]

1 Se questa notte un angioletto avesse bussato alla porta di don Pietro e avesse detto: “Pietro, Pietro, alzati”, don Pietro si sarebbe alzato. “Va’ in chiesa: c’è uno che ti vuole!”, e entrato in chiesa avesse visto nostro Signore Gesù seduto al posto del celebrante ad accoglierlo: “Ah, don Pietro, sono qui ad aspettarti”, don Pietro avrebbe detto: “Ah, caro Signore, sono cose da fare queste? Io torno a letto, caro, ho sonno”? John, capisci questo dialetto? O pensi che sarebbe rimasto con Gesù a chiacchierare un pochino?
John, se ti avessero chiamato questa notte in chiesa e ci fosse stato Gesù seduto al posto del celebrante, tu l’avresti lasciato e saresti andato a letto? No, no... saresti rimasto con Gesù, e invece don Pietro è andato a letto! Capisci, John? Lui è andato a mangiare le noci ed è andato a letto. Fratelli, supponiamo che in questo momento uno ci chiami, e in chiesa ci sia Gesù che aspetta proprio noi. Gesù è in chiesa, proprio qui vicino a noi. Abbiamo poca fede, cari, poca fede. Abbiamo Gesù vicino come l’avrebbe avuto don Pietro svegliato di notte se fosse andato e avesse parlato insieme; l’abbiamo qui, appena ricevuto nella comunione. Parliamo un momentino con lui.

ESEMPI Gesù

incontro con...

ESEMPI Eucaristia

VIRTÙ

fede

Anche in questa meditazione don Ottorino si serve del libro di A. ANCEL, Il sacerdote secondo il Vangelo, Editrice Trevigiana, Treviso 1966. Le citazioni, prese dalle pagine 69-71, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

MI215,2 [19-12-1967]

2 Procedamus!
Stiamo parlando della tiepidezza. Non mi ricordo se sono andato fino alla fine della pagina ; leggo un pochino e voi me lo direte. “Ma che cos’è questa tiepidezza, della quale si parla qui? Mi sembra che, dal contesto, la tiepidezza sia caratterizzata da due note: siamo tiepidi nella misura in cui, da un parte, la carità non è il principio reale della nostra attività e, dall’altra parte, nella misura nella quale troviamo che la nostra situazione è soddisfacente”. Questo lo abbiamo già letto. Afferma che il motore delle mie azioni deve essere la carità, e il pericolo di essere contento di me stesso. Ricordo quando andavo in prigione a confessare e qualcuno cominciava: “Ah, io non sono venuto a confessarmi perché non ho fatto peccati!”. “Quanto tempo è che non si confessa?”. “Beh, sono trent’anni che non vado a confessarmi... ma peccati? Che cosa vuole che abbia fatto?”, e avevano ucciso, avevano rubato, insomma ne avevano fatte di tutti i colori. E i peccati? Erano soddisfatti, contenti della propria situazione. Ecco le due caratteristiche della tiepidezza: la carità non è il motore delle azioni e la soddisfazione per la propria situazione. “Non c’è tiepidezza quando vi è semplicemente una mancanza alla carità accompagnata da rimorsi, ma quando la carità non anima la nostra azione e quando a questo ci fossimo abituati”. Anche questo l’abbiamo già letto. Abbiamo detto che può capitare una mancanza. Uno promette di voler essere tutto del Signore, e a un dato momento si accorge che ha fatto qualche azione per capriccio, invece di averla fatta per amore del Signore. “E allora sono tiepido!”. No, tu vuoi amare il Signore e hai sbagliato. San Pietro voleva amare il Signore, e ne ha fatta una di grossa e dopo pianse tutta la vita. È stato tiepido? No, ha sbagliato! E questi sbagli, lo dicevamo l’altra volta e poi andiamo avanti, dovete assolutamente metterli in preventivo sul vostro cammino e non dovete scoraggiarvi quando ve ne accorgete.

CONSACRAZIONE mediocrità

CARITÀ

AUTOBIOGRAFIA

GRAZIA Confessione

PECCATO peccatore

Nel testo registrato don Ottorino riporta l’espressione in latino: “... diu desiderata”.

Si tratta di Ignazio, vescovo di Antiochia di Siria, che nella sua lettera ai cristiani di Roma chiede di non intervenire presso le autorità per salvarlo dal martirio.

Il riferimento è a don Luigi Furlato, maestro dei novizi.

L’assistente Vinicio Picco proveniva da Valdagno (VI) e aveva sempre lavorato in fabbrica, e per questo don Ottorino sottolinea che non conosce la vita dei contadini, abituati ad uccidere il maialino.

MI215,3 [19-12-1967]

3 Quando vi accorgete che fate fatica a pregare, a fare la meditazione, non vogliate pretendere che vi sia sempre il gusto, la soddisfazione di fare le cose. E qualche volta, purtroppo, vi capita una croce e sentite un po’ di ripugnanza e vi capita una lode e sentite gusto. Siete uomini e resterete uomini per tutta la vita, e perciò, per tutta la vita, quando vi capita una croce sulle spalle sentirete che pesa.
Sant’Andrea diceva: “Oh, croce, da lungo tempo desiderata!”. E invece Gesù Cristo, che ne sapeva più di Sant’Andrea, diceva: “Signore, se è possibile, passi questo calice, perché pesa molto”. Non è vero? E allora? Sant’Ignazio diceva: “Desidero essere triturato dai denti dei leoni”. Lo diceva con la volontà, ma la carne non diceva così, altrimenti anche lui sarebbe stato uno sciocco. Non ditemi che uno desidera, che sente il gusto di essere mangiato dai leoni; desidera dare al Signore questa attestazione di amore, ma la carne tira indietro. È come quando tirano qualche maialino per la corda: lo tirano avanti, lo trascinano per le gambe. Avete mai visto? Tirano la corda... e il maialino punta i piedi. La carne davanti alla croce fa sempre così, cari: punta le gambe. Ridono. È la realtà. Hai mai visto queste cose, Luigi ? A Vinicio non mi rivolgo, perché è un cittadino e non capisce queste cose. “Un prete può essere tiepido anche se si dà totalmente all’apostolato con un’attività ammirevole”. Non ricordo fino a che punto siamo arrivati. Avevamo letto anche questa frase? Ho voluto riprendere questi discorsi, perché mi dispiace perdere anche una sola riga di queste riflessioni. Un prete può essere tiepido anche quando si dà totalmente all’apostolato. Uno che lavora, che confessa dieci ore al giorno, che si dà alla predicazione e fa mille attività... “Oh, quello è un santo prete!”. Piano, può essere tiepido, può essere tiepido, se come motore di tutte le sue azioni non ha l’amore di Dio. “Eeehh! Per quale motivo vuoi che lo faccia? Confessa otto o dieci ore al giorno!”. Piano! “Infatti, non è sufficiente essere in regola o essere totalmente dato, bisogna che questa regolarità e questa donazione di sé vengano dall’amore”.

PREGHIERA

CROCE tentazioni

CREATO

ESEMPI croce

CONSACRAZIONE immolazione

CROCE

APOSTOLO attivismo

SACERDOZIO prete

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

Don Ottorino per matematico intende senza dubbio uno portato all’abitudinarietà, uno dal carattere metodico nel pensare e nell’agire.

Cfr. Matteo 23,1-32 ; Luca 18,9-12.

Don Pietro De Marchi, dotato di notevoli qualità per la predicazione, veniva spesso chiamato per ritiri o per conferenze, specialmente dalle comunità religiose femminili.

Evidentemente don Ottorino usa un linguaggio scherzoso e paterno.

MI215,4 [19-12-1967]

4 Uno può essere un matematico nato e per matematica fa il suo dovere, compie il suo dovere: alla mattina si alza, fa la sua meditazione, fa tutto con precisione matematica. Se non è mosso dall’amore le sue azioni sono matematica. Anche i farisei erano matematici. Bisogna invece che nell’agire ci sia l’amore. Bisogna che a muovere tutto sia proprio l’amore di Dio, altrimenti uno può far questo con un senso di compiacenza interna, cioè per una personale soddisfazione. E allora, poiché io sento compiacenza, sono tiepido? Non è vero.
Per esempio, don Pietro parla alle suore della Provvidenza e fa una bella predica. La superiora commossa commenta: “Oh, don Pietro, don Pietro, quale grazia ho avuto avere qui lei!”. Passa un’altra suora: “Oh, don Pietro, don Pietro!”. Passa vicino alla portineria e la suora che apre la porta va in cerca della chiave per aprire e impiega un’ora prima di aprire la porta, e allora lui: “Che cosa ha, suora?”. “Ah, sono commossa! Sarei dovuta nascere uomo anch’io e diventare prete come lei!”. È una soddisfazione sentire queste lodi. È male sentire queste cose? Ci farà una risatina sopra e dirà: “Signore, ti ringrazio!”. Dopo entra nella Casa dell’Immacolata e sente il maestro dei novizi: “Oh, è l’ora di arrivare? Sono qui da mezz’ora ad aspettarti!”. Ecco fatto il contrappeso: la dolcezza da una parte e la dolcezza dall’altra, così, con santa semplicità. Non dobbiamo pensare che ci manchi questa parte umana, che sempre verrà. Uno ti dirà una parola amara, un altro te la dirà dolce. Ma il motore deve essere l’amore di Dio, e quando il motore è l’amore di Dio, non vuol dire che non sentiamo la parte umana. Vorrei veramente farvi capire che la parte umana ci sarà. Non si può quindi dire: “Io non faccio per amore di Dio perché sento soddisfazione”. Ho trovato qualche anima che si lamenta: “Sento soddisfazione quando le cose mi vanno bene. Se agissi per amore di Dio non dovrei provare gusto”. Allora saresti uno sciocco! Io vado a mangiare e mi apparecchiano uccelli arrosto: li mangio di gusto! Per fare per amore di Dio dovrei sentire che hanno il gusto di rospo? No, caro, che abbiano il gusto di uccelli! Mangio per amore di Dio e sento il gusto perché il Signore ha creato le cose con il loro gusto. Se, ringraziando il Signore, mi va bene una cosa e ne vedo anche i frutti, ne sono contento. Gli Apostoli, quando moltiplicavano i pani, sentivano gusto. Allora dà al Signore anche quelle sensazioni. Tante volte si sente nella direzione spirituale anime un po’ ansiose per questa sensazione. State tranquilli, state tranquilli! Mettetevi davanti al Signore e dite con semplicità: “Dobbiamo lavorare per te. Attento che non mi capitino sentimenti di orgoglio, ed eventualmente pensaci tu a mettermi vicino qualche maestro dei novizi che mi dia una umiliazione quando esco dalla casa delle suore, se per caso sono un po’ troppo lodato o qualcosa del genere. Signore, fammi questa carità, perché io voglio lavorare per te e basta!”.

PREGHIERA meditazione, contemplazione

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

ESEMPI vari

VIRTÙ

semplicità

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

VIRTÙ

retta intenzione

DIO creatore

DIO centralità

Jean Baptiste Gustave Chautard, abate cistercense-trappista, conoscitore profondo del cuore umano, fu nel primo scorcio del sec. XX guida spirituale ispirata di molti sacerdoti, per i quali scrisse anche alcune opere ascetiche che ebbero una vastissima eco nel clero di tutto il mondo.

Raffale Testolin frequentava all’epoca il 2° anno del corso liceale.

Evidentemente don Ottorino scherza alludendo a qualche episodio accaduto con il religioso ugandese John Kayondo.

MI215,5 [19-12-1967]

5 Ma, state attenti, perché c’è anche l’altro pericolo, cioè che uno si illuda di lavorare per amore del Signore perché fa tante cose.
“Ora capita che c’è una regolarità puramente esteriore e formalista, senza generosità ed amore. Ci si può anche donare totalmente agli altri senza carità: è quello che è stato detto attivismo”. È questa l’eresia dell’azione descritta dallo Chautard. Uno può donarsi agli altri e dire: “L’amore è donazione. Io amo: ho tanto amore quanto mi dono!”. Però, attenti, attenti: ci si può donare a Dio e agli uomini. Io amo gli uomini se mi dono agli uomini, e amo Dio se mi dono a Dio. L’apostolo deve donarsi a Dio e per amore di Dio donarsi agli uomini; se manca questo passaggio è attivismo. Io devo donarmi a Dio e per amore di Dio donarmi a voi. Qualcuno potrebbe dire: “Allora don Ottorino non si dona tutto a noi, perché si dona a Dio!”. No! Mi dono ancor più a voi perché io penso di darvi una caramella e il Signore quando mi dono a lui mi dice: “Da’ loro tutto il sacchetto!”; io penso di darvi un centesimo, ma quando mi dono a Dio lui mi dice: “Rovesciagli il portafoglio!”. Raffaele , è pericoloso donarti qualcosa in Dio, perché devo, sicuramente, donare di più. Il sentimento mi direbbe di darti qualcosa, cioè di darti qualcosa che venga poi a me; l’amore invece mi dice di darti qualche cosa che non venga a me, cioè l’amore di Dio mi costringe e attraverso Dio devo darmi tutto a te. Se io ti amo con il sentimento, amo me stesso, cioè sto con te finché tu mi dai qualche cosa. Se ti amo di vero amore, mi dono a te e ti do quello che è possibile; ma se mi dono attraverso Dio non ci sono riserve. Dio leva anche la pelle! Perciò il vero motore di tutte le nostre azioni - capisci, John? - è amare Dio, amare tanto il Signore, e fare tutte le azioni per amore del Signore, anche quando si mangiano le noci. E quando tu ne hai mangiate tante puoi dire: “Aspetta, ne rompo un’altra per vedere se c’è Dio dentro”, e finché non trovi Dio continui a mangiare noci. È il proposito della meditazione di stamattina.

APOSTOLO attivismo

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

ESEMPI consacrazione

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

Giorgio Girolimetto frequentava all’epoca il 1° anno del corso teologico, ma negli anni precedenti aveva conseguito la licenza in filosofia presso l’Università Gregoriana di Roma.

Il riferimento è al viaggio che don Ottorino aveva fatto con don Aldo dal 9 al 15 febbraio 1956 in Sardegna e poi in Sicilia per visitare alcuni collegi dell’Enaoli.

Fernando Murari frequentava all’epoca il 2° anno del corso liceale.

MI215,6 [19-12-1967]

6 “Ecco dunque che cos’è la tiepidezza.
Ed ora il castigo. Il castigo annunziato è terribile: ‘Ti vomiterò dalla mia bocca’”. Passiamo al castigo della tiepidezza. È tiepido uno che non agisce per amore di Dio, ed è fervoroso uno che fa per amore del Signore. Uno può sentire anche il gusto, ma lasciate stare gusto o non gusto: uno che lavora per amore di Dio non è tiepido. Uno che lavora per amore del prossimo o per amore di se stesso cade nella tiepidezza. Ed ecco il castigo della tiepidezza: ‘Ti vomiterò dalla mia bocca. Tu non lavori per amore mio, tu lavori per amore di te stesso, lavori per amore del prossimo, un amore non sempre corretto, e perciò ti vomiterò dalla mia bocca’. “Questo castigo sarà evidentemente proporzionato alla misura della tiepidezza, ma è certo che un’anima non può, fin tanto che dura la tiepidezza, giungere all’intimità con Dio. Non si può essere uniti a Gesù se si resta tranquillamente in uno stato di tiepidezza. Ma il castigo può andare ancora più lontano. ‘Ti vomiterò dalla mia bocca’ ha, infatti, un significato che ci deve far tremare. Un prete che vive nella tiepidezza si espone, per il fatto stesso, a cadere nel peccato mortale. Vi sono dei preti che avevano conservato intatta la loro verginità fino al sacerdozio e che l’hanno perduta poi per essersi lasciati andare alla tiepidezza. Vi sono dei preti che sono caduti miseramente e che hanno anche abbandonato il loro sacerdozio, pur essendosi donati agli altri senza riserve, ma, purtroppo, era un donazione senza vero amore di Dio”. Allora Giorgio dice: “Filosoficamente parlando è meglio fare a meno di andare preti perché qui va a finire male”. Siamo sopra una barca... Non vi nascondo che la prima volta che sono salito in aereo ho avuto un certo senso, non di paura, ma di emozione, specialmente quando hanno chiuso la porta e ho sentito che l’apparecchio cominciava a ballare un pochino. E quando ha incominciato a partire sulla pista, non vi nascondo che sarei saltato giù volentieri: ormai bisognava ballare e non si poteva dire al pilota: “Fermi l’apparecchio perché ho paura”. Quando poi era per aria e vedevo da sopra le case di Roma, pensavo che cosa sarebbe successo se fosse caduto. Ma non si poteva dire: “Fermati, perché ho paura”; ormai stavamo volando e bisognava volare, e ho volato fino a Cagliari. È stato un volo sperimentale, e dopo ho preso gusto, ma intanto, la prima volta è andata così, detto in confidenza fra noi. Amici, stiamo volando, e cioè siamo cristiani, siamo in volo. Queste cose sono state dette anche per i cristiani: la tiepidezza non è permessa neppure ai cristiani. Se, per esempio, uno di voi dicesse, ed è il nostro Fernando che parla: “Dopo aver meditato queste cose io mi ritiro, vado al mio paesello che è tanto bello e vivo là”. Va bene; intanto per prima cosa, se hai la vocazione, devi vedertela con il Signore, ma lasciando da una parte la vocazione, devi vivere queste realtà anche fuori nel mondo. Sei cristiano? Come cristiano devi avere per motore di tutte le azioni l’amore di Dio, e se non hai l’amore di Dio, pianino, pianino, vai a finire in malora. Siete giovani, e piano, piano, verrete a conoscere quanto male c’è nel mondo, ma vi accorgerete che il male che c’è nel mondo è sempre partito da queste cose. Quando si incomincia a cedere su questo punto, cedi oggi, cedi domani, a un dato momento avviene il disastro.

PECCATO mediocrità

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

VIRTÙ

retta intenzione

VIZI egoismo

AUTOBIOGRAFIA viaggi

ESEMPI perseveranza

CHIESA cristianesimo

Manteniamo la frase con questo errore: io al posto di me, perché nel proseguo del discorso si chiarisce questo strano uso dell’io.

MI215,7 [19-12-1967]

7 È come in un motore: se fai a meno di metterci l’olio, piano, piano, a un dato momento senti le ‘pignatte’... pum, pum, pum, e il motore salta. Non può più andare avanti, avviene il disastro. Ma ricordatevi che prima del disastro c’erano le bronzine che stavano fondendosi. Tu non ti accorgevi, ma un bravo meccanico poteva accorgersene; tu non ti accorgevi, ma stavi andando verso il disastro; te ne sei accorto improvvisamente, quando non c’era più niente da fare: tutto rotto, sbiellato tutto e le bronzine a pezzi. Bisogna cambiare tutto, e allora bisogna perdere mezza giornata o una giornata intera e ringraziare il Signore di trovare un meccanico che ti rimetta a posto il motore.
Quello che qui si dice del prete si potrebbe dire di un cristiano nel mondo. Quando eravamo piccoli c’insegnavano che non si va al patibolo improvvisamente perché si è commesso una rapina o si è ucciso, ma che si incomincia con un ago; si incomincia rubando un po’ di filo e rubando un ago, e poi, piano piano, piano, piano finché si va fino al massimo. Così avviene anche a questo proposito. Si comincia a cedere un pochino: invece di compiere le mie azioni cento su cento mosso dall’amore di Dio, le compio mosso novantanove per cento dall’amore di Dio e uno mosso dall’amore di io . Quella ‘D’ avanti a ‘io’, piano piano viene tolta finché a un dato momento non c’è più la ‘D’ davanti e resta solo ‘io’. E allora quando il motore delle delle mie azioni è l’‘io’, avviene il disastro. Quando sarete più vecchi e andrete nel mondo vi accorgerete e constaterete questo.

ESEMPI tiepidezza

SACERDOZIO prete

MI215,8 [19-12-1967]

8 Faccio per incoraggiarvi, perché ci sono dei preti che vanno avanti fino al sacerdozio come angeli e anche arcangeli, Raffaele, Michele e che so io, ma a un dato momento cominciano a cedere. Cominciano ad accendere nella loro casa, nella loro stanza, una candela ad un piccolo idoletto, una cosa da poco, non un idolo vero e proprio. È una cosa artistica che si mette dentro, e poi, piano, piano, un’altra candeletta, finché a un dato momento quella ‘D’ famosa va via e resta l’ ‘io’ e avviene il disastro. Il sacerdote comincia a sentire un po’ di soddisfazione perché quella figliola che è andata a confessarsi gli ha detto: “Non ho mai trovato un sacerdote come lei!”, o perché il sacrestano ha detto: “Oh, finalmente abbiamo trovato un cappellano! Mamma mia, abbiamo un prete vecchio che non capisce niente... Abbiamo avuto un cappellano prima... È la prima volta che abbiamo un cappellano così bravo. Lei ha già fatto onore al paese”. Tutto comincia con una cosettina così. In un primo momento non fa neanche impressione, ma, dai oggi, dai domani, anche lui comincia a convincersi che non è come gli altri e comincia dire: “Signore, ti ringrazio perché non sono come il parroco. Signore, ti ringrazio perché non sono come i cappellani passati. Signore, ti ringrazio perché non sono come i miei compagni di scuola”. E le cose cominciano così: piano, piano, piano, e questo capita a un prete!
Vi racconto un episodio anche se scandalizziamo qualcuno.

DIO idoli

SACERDOZIO prete

PECCATO passioni

CROCE tentazioni

VIZI superbia

Adelina e Pulcheria Meneghini erano due benefattrici dell’Opera, che a volte si fermavano per qualche giorno nella Casa dell’Immacolata.

L’espressione è evidentemente ironica, riferendosi alla consuetudine delle buone famiglie cristiane di recitare insieme alla sera la corona del rosario.

MI215,9 [19-12-1967]

9 Ieri le signorine Meneghini erano qui, ed erano appena passate dall’ospedale di Vicenza e avevano parlato con una suora. Quella suora era tanto impressionata per un fatto che era avvenuto l’altra notte, nei dintorni di Vicenza, non a Milano o a Torino.
Un giovanotto di ventisette anni era in casa di una donna sposata della quale si era incapricciato, e di notte si trovava con questa donna. Il marito era fuori e non doveva ritornare quella sera, cioè ieri sera. Ma sul più bello che loro erano in camera da letto a godersi l’amore, ma non l’amore giusto, eh!, l’amore dei porci, sul più bello giunse a casa il marito. La donna saltò fuori: “Come mai sei venuto a casa?”, e cercava di trattenerlo conversando perché dentro la camera da letto c’era l’altro. E allora cominciò a parlare e a conversare: “Ma, sta’ attento...”. E il marito: “Beh, andiamo a letto”. E lei: “ Aspetta un pochino”, e qua e là. Insomma furono minuti che facevano tremare il cuore. Intanto l’altro nella camera da letto aprì la finestra e saltò giù per salvarsi la vita, e ha sbattuto la testa per terra. È avvenuta la tragedia. Portato all’ospedale privo di conoscenza, dopo mezz’oretta era morto: 27 anni! È saltato dalla finestra e ha trovato la morte. Da dove è cominciato questo disastro? È cominciato quando quella donna disgraziata, invece di mettere Dio come centro dell’amore della sua famiglia, ha messo il sentimento, e allora invece di pensare al dovere matrimoniale, ha finito per perdere la testa e cercare il godimento, e abbiamo avuto il disastro anche esterno. Pensate adesso alla famiglia del morto, e a quella donna e a quel marito che ieri sera avranno recitato il rosario insieme! Figlioli miei, guardate che il mondo è pieno di questi disastri. Non c’è soltanto qualche prete rovinato, ci sono tante famiglie rovinate in questo modo. Perché? Perché al centro non c’è l’amore di Dio.

SOCIETÀ

avvenimenti

VIZI lussuria

FAMIGLIA moglie

FAMIGLIA coppia

DIO amore a Dio

MI215,10 [19-12-1967]

10 Quello che io dico qui, voi dovete predicarlo anche ai cristiani. La tiepidezza è una malattia che purtroppo oggi si propaga in modo tremendo. Non so se offendo qualcuno dicendo che la maggioranza degli uomini sono ammalati di questa malattia, ma proprio tremendamente ammalati. Quanti sono in una parrocchia quelli che hanno come motore, come centro delle proprie azioni, l’amore di Dio? Eppure i cristiani dovrebbero avere solo questo centro. I primi cristiani avevano talmente al centro l’amore di Dio che andavano, vorrei dire, anche all’eccesso: vendevano tutto, davano via tutto, pensavano solo al Paradiso. Ora non si tratta di vendere tutto, di essere così radicali, ma si tratta di avere come motore del nostro vivere l’amore del Signore.
Fratelli miei: se non abbiamo questo, come lo possiamo insegnare agli altri? Come lo possiamo predicare ai papà di famiglia, alle mamme di famiglia? Come possiamo insegnare loro che per amor di Dio bisogna sapere anche sopportare la croce, se c’è difficoltà di carattere, se uno fa fatica con l’altro? Questo dobbiamo insegnare agli altri! Ma se noi non lo facciamo, come lo insegneremo agli altri? Procedamus! “Ecco ora la protesta. Quando si sente parlare di tiepidezza, istintivamente si dice di noi stessi: ‘Non è per me!’. Neppure ci meravigliamo dunque se il testo sacro continua così: ‘Tu pensi: ricco io sono, mi sono arricchito e non mi manca nulla’ (Ap 3,17). Infatti, noi cerchiamo di scusarci e di giustificarci. Certo non usiamo direttamente la formula citata dall’Apocalisse. I nostri modi di dire variano. Se ci lasciamo andare dal punto di vista della pietà o della donazione agli altri corriamo il rischio di dire: ‘Dopo tutto non sono più un seminarista, non sono obbligato a tutti questi esercizi di pietà’. Oppure si può ancora dire: ‘Non ho più le illusioni che avevo in Seminario; allora pensavo alla santità, ma erano sogni di adolescente; ora devo essere realista’”.

PECCATO mediocrità

CHIESA cristianesimo

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

NOVISSIMI paradiso

APOSTOLO predicazione

Don Venanzio Gasparoni era all’epoca il vicedirettore della Casa dell’Immacolata e l’addetto all’animazione vocazionale.

MI215,11 [19-12-1967]

11 Ieri sera don Venanzio mi diceva che un suo amico sacerdote ha detto: “Ah, mi sono trovato alle cinque della mattina con la luce accesa e con il breviario in mano. Ero a letto, mi sono messo a dire il breviario e mi sono addormentato col breviario in mano, e alle cinque della mattina mi sono risvegliato con il breviario in mano!”. E allora si giustificava citando frasi della Sacra Scrittura: “Il sonno deve prenderti con il libro sacro nelle mani”, dicendo che lui era a posto con la Sacra Scrittura o qualcosa del genere.
Io ho sentito frasi come questa: “Beh, stia attento... Sì, va bene, don Ottorino, sa... Scusi, capisco, ma la meditazione, quelle sono cose da seminaristi! Capisco anch’io che sono necessarie per formare un prete ed è giusto, ma dopo, da prete... Intanto non c’è il tempo materiale per farla. A me sembra che sia tempo perso mettermi lì mezz’ora, star lì mezz’ora a pensare. Capisco che possa servire per formare un po’ il giovane, tanto perché ha anche altri pensieri per la testa e così gli passano”. Don Pietro tu mi guardi? Potrei dirti nome e cognome di chi ha detto queste cose, ma dopo non bisogna meravigliarsi se un bel giorno si sente che questi preti hanno detto Messa per parecchi giorni con il peccato mortale. “Si dice ancora: “Non bisogna che la gente abusi di me, dal momento che faccio il necessario basta; se non sono contenti, peggio per loro!”. Io in chiesa ho parlato con chiarezza... se vanno all’Inferno, s’arrangino! “Così pure vi possono essere scuse e giustificazioni per colui che osserva una regolarità formalista. Egli dice a se stesso: “Certamente io non sono tiepido; prova ne è il fatto che rimango fedele ai miei esercizi di pietà; che osservo a puntino tutto ciò che mi domanda il Diritto Canonico, tutto ciò che è notato nelle costituzioni sinodali’. E qualche volta si aggiunge: ‘D’altra parte, ho buona reputazione presso i miei confratelli, sono stimato dal Vescovo; i parrocchiani non si sono mai lamentati di me, al contrario, rispettano la mia pietà. No, veramente non ho nulla da rimproverarmi!’. Qualche volta si sarà tentati di aggiungere anche: ‘Io non sono come i preti che hanno abbandonato i loro esercizi di pietà o che fanno tutto di loro testa’. A più forte ragione ci si giustifica quando ci si è dati al prossimo. Si dice: ‘Donarsi totalmente al servizio degli altri è evidentemente una forma di preghiera. Non sono come il buon pastore che dà la vita per le pecore? Seguo la linea dell’apostolo S. Paolo che si metteva senza limiti al servizio degli uomini’”. E con la Sacra Scrittura alla mano! “Forse la tiepidezza attivista è quella che si maschera più facilmente. Anche perché, quando un prete è molto attivo, ottiene spesso dei risultati esteriori. E forse questa è probabilmente la ricompensa per tutto ciò che ha fatto nella sua parrocchia!”.

SACERDOZIO prete

PREGHIERA meditazione, contemplazione

PECCATO

NOVISSIMI inferno

Zeno Daniele aveva accompagnato, pochi mesi prima, don Ottorino nella prima visita alle Comunità dell’America Latina.

Lorenzi Centomo, che all’epoca frequentava l’anno propedeutico al corso teologico, o Lorenzo Meneguzzo, vocazione adulta e in periodo di postulato.

MI215,12 [19-12-1967]

12 Sarebbe troppo poco avere solo questa ricompensa e non andare in Paradiso!
“I suoi parrocchiani lo esaltano e sono fieri del loro parroco o del loro cappellano! Diffidiamo dunque molto delle nostre giustificazioni”. Sarebbe una fregatura che un parroco, dopo aver lavorato molto ed essere stato esaltato dai parrocchiani, andasse in Paradiso e si sentisse rispondere: “Iam recepisti mercedem tuam!” “Ma, Signore!”. “Hai già ricevuto la ricompensa. In quella parrocchia c’erano tre o quattro anime che aspettavano il pastore, e quelle sono ancora in peccato mortale. Se si salvano tutte, ti tiriamo fuori dal Purgatorio, altrimenti vi resti per tutta l’eternità!”. C’è da aver paura, figlioli; ma non quella paura che ti fa dire: “Mollo tutto e scappo a casa!”, perché la tiepidezza devi tirarla via anche se torni a casa. È come uno che ha male a un dente e scappa via di qua perché dice: “Non voglio più sentire male al dente!”. Puoi andare dove vuoi, ma finché non levi il dente, il male ti resta. Chiaro? Puoi girare anche tutta l’America; domandate a Zeno , che ha girato tutta l’America per sfuggire alle tenaglie di un dentista, ma alla fine c’è capitato sotto. È successo in Brasile: no, no, no! Va in Argentina: no, no, no, adesso non c’è il tempo! Va in Guatemala: decide di andare, ma il medico non c’era. Insomma è tornato a casa e ha dovuto cascarci dentro qui a Vicenza. È vero, Zeno? Così è la tiepidezza. Puoi cambiare, puoi diventare deputato, senatore, ma se l’hai, devi levartela, non c’è niente da fare! E guardate che noi possiamo correre questo pericolo: credere tiepidi gli altri e non vederci tiepidi noi. Mentre io vi parlo potrei pensare a Lorenzo : “Quello ha fatto quell’azione perché è tiepido... Che si dia una mossa! Vinicio? Che si muova!”, e magari il più tiepido di tutti qui dentro è proprio chi vi parla, figlioli. Perché? Perché lavora tanto, ma tanto, ma tanto... e il motore? C’è da avere paura, figlioli; il motore com’è? Uno dei segni della tiepidezza è quello di credersi a posto. Vi credete a posto? Pensateci almeno un minuto, per piacere.

PASTORALE

NOVISSIMI paradiso

NOVISSIMI purgatorio

PECCATO mediocrità