A questo punto don Ottorino concede un momento di silenzio per favorire l’incontro personale con il Signore.
Il riferimento è alla meditazioni che don Ottorino aveva dettato prendendo spunto dal libro di A. ANCEL, Il sacerdote secondo il Vangelo.
Il riferimento è a don Pietro De Marchi, che all’epoca stava facendo l’anno del noviziato.
Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di L. G. SUENENS, Teologia dell’apostolato della Legione di Maria, Coletti Editore Roma 1953. Le citazioni, prese dalle pagine 132-135, vengono riportate sempre in corsivo senza ulteriori richiami.
Don Ottorino si riferisce alla ripresa delle meditazioni sul testo di monsignor Alfredo Ancel.
MI230,1[08-03-1968]
1. Mettiamoci in contatto con il Signore. La nostra vita apostolica esigerà un domani questo contatto con il Signore perché o lo stabiliamo con lui o lo stabiliamo con le creature. Il nostro compito è quello di portare le anime a Dio, ma se noi non siamo in contatto con Dio, non potremo mai portarle a lui. Perciò cominciamo sempre, al mattino, la nostra meditazione con questo sforzo e, come dicevamo in passato, mettiamoci dinanzi al Signore. Se non siamo capaci di raggiungerlo subito, pensiamo ai nostri peccati e domandiamo perdono, e chiediamo la grazia di non commetterne più. Abbiamo tralasciato monsignor Ancel per fare alcune meditazioni sul coraggio; abbiamo preso un po’ di coraggio e adesso, prima di abbandonare il nostro caro cardinale Suenens, vorrei fare una meditazione sull’umiltà perché, avendo acquistato troppo coraggio, a un dato momento non ci assalga la superbia. Quando si è troppo coraggiosi, caro don Pietro , si diventa superbi: bisogna tener bassa la testa. C’è qui una bellissima meditazione sull’umiltà che segue quella sul coraggio. Dopo di essa torneremo a casa nostra e continueremo sul precedente cammino. “L’umiltà legionaria. La Legione che si fregia del nome di Maria non può fare a meno di questa virtù mariana per eccellenza. “Se l’unione con Maria - essa proclama - è la condizione indispensabile, la radice, per così dire, di ogni attività legionaria, il terreno favorevole alla sua cultura non è altro che l’umiltà. Se il terreno è povero, la vita legionaria non farà che languire e perire” (Manuale)”. Ecco un pensiero. Noi dovremo camminare sulla via dell’apostolato: il terreno può essere favorevole e non favorevole. Se vogliamo paragonarlo a una strada, immaginiamo una strada del Guatemala in mezzo ai monti, per la quale non si può andare neanche con la jeep e bisogna servirsi del mulo; ma può essere invece una strada asfaltata, come quella che va verso Puerto Barrios, dove si può correre comodamente a centoventi o centotrenta chilometri all’ora. Quindi, se saremo umili, la nostra strada sarà una strada asfaltata sulla quale si può correre; se invece lo vogliamo paragonare al terreno, questo non sarà sassoso, ma fertile, se saremo umili. Tutto quello che abbiamo detto, e che diremo in avvenire, sia sul coraggio sia su altri argomenti, sono cose bellissime, necessarie, ma esigono l’umiltà da parte nostra. Se essa manca, viene a mancare il terreno per poter correre. Sarebbe come avere un DC 8 parcheggiato in mezzo al nostro cortile: per andare a Roma è meglio avere una bicicletta; si fa più presto arrivare a Roma in bicicletta che non con un DC 8 in mezzo al nostro cortile, perché se manca la pista per decollare povero DC 8! Servirebbe meno di un mulo; se sali sopra a un mulo arrivi prima. Non è vero, Antonio? A cavallo di un mulo si arriva a Fara prima che con il DC 8.DIO contatto con
APOSTOLO salvezza delle anime
CONVERSIONE pentimento
VIRTÙ
umiltà
MI230,2[08-03-1968]
2.“Ci è dunque necessario entrare risolutamente in questa umiltà di Maria, se vogliamo anche noi abbandonarci allo Spirito e lasciarlo agire per mezzo nostro. È necessario, affinché Dio trovi in noi un’anima disponibile, in perfetta armonia con i suoi potenti disegni”. L’umiltà, dunque, sull’esempio della Madonna, è necessaria perché lo Spirito di Dio trovi la nostra anima disponibile, “in perfetta armonia con i suoi potenti disegni”, altrimenti noi non siamo in armonia con i suoi potenti disegni: siamo in armonia con i nostri disegni, non con i potenti disegni di Dio. “Essa sola apre la strada all’invasione di Dio e alla sua azione misteriosa...”. È una cosa bellissima: Dio ha un disegno potentissimo e grandioso su di noi; se siamo umili si apre la porta, altrimenti resta solo il nostro misero disegno. Noi, se siamo umili, apriamo la strada a Dio, altrimenti gliela chiudiamo. “... poiché Dio non vuole che la sua operazione venga turbata e deviata dalle tortuosità del nostro amor proprio”. Noi, con il nostro amor proprio, turbiamo spesso i disegni di Dio e Dio non vuole che venga turbata la sua opera misteriosa dalle “tortuosità del nostro amor proprio”. Quante volte se un sacerdote in cura d’anime un po’ scoraggiato dice: “Ho tentato tutto”, si potrebbe rispondergli: “Sì, hai lavorato troppo tu e hai lasciato lavorare poco Dio! Hai voluto lavorare tu; dovevi lavorare di più, ma facendo quello che voleva Dio”. È inutile piantare le patate dietro casa se il Signore le vuole davanti; è inutile incaponirsi a piantare banani nel terreno antistante alla casa dove non fruttificano i banani; si possono produrre patate, e il Signore sa che qui non si possono produrre banane perciò non le vuole. Noi dobbiamo metterci nelle sue mani. “Egli vuol seguire il suo cammino senza intoppi; spiegare la sua virtù e la sua potenza senza che, per un solo istante, lo strumento da Lui scelto comprometta l’opera Sua”.VIRTÙ
umiltà
MARIA
CONSACRAZIONE disponibilità
VIZI superbia
Daniele Zeno frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico e aveva una straordinaria capacità per stendere articoli, e forse all’epoca era anche responsabile del gruppo che frequentava il corso teologico.
Probabilmente don Ottorino si sta rivolgendo a don Giuseppe Rodighiero, che da poco si era laureato in lettere presso l’università di Padova.
MI230,3[08-03-1968]
3.Noi siamo strumenti scelti da Dio, ma non dobbiamo compromettere l’opera sua. “Dio non vuole nulla d’equivoco: è Lui, e solo Lui, che si dona, tramite nostro”. Sta tutta qui la bellezza: Dio vuole donarsi “tramite nostro”. Perciò noi dobbiamo esserci interamente; non possiamo dire al Signore: “Io sto qui seduto; lavora tu!”. “Nossignore! Devi lavorare e fare quello che voglio io, altrimenti la torta non riesce bene”. Ci vuole tutta la nostra partecipazione, ma l’opera è di Dio, il quale vuol agire tramite nostro. Perciò la nostra azione deve essere un’azione che Dio vuole da noi. “Appena Egli sente che lo strumento si irrigidisce in qualche compiacenza segreta o in qualche inconfessato ripiegamento sopra sé stesso, la conducibilità cessa, la corrente è interrotta. Dio è geloso della Sua gloria, non per Se stesso, ma perché ci ama e sa che noi non abbiamo bisogno che di Lui: "Deus quaerit gloriam suam non propter se, sed propter nos”, ha potuto dire S. Tommaso (IIa IIae, q. 132, a.1, ad 1m)”. Rileggo alcune di queste parole per fissarle più profondamente: “Appena Egli sente che lo strumento si irrigidisce in qualche compiacenza segreta...”. Supponiamo che Zeno , che vedo qui davanti, faccia un bell’articolo. Per esempio, ha assegnato degli argomenti da svolgere ai giovani del IV anno di teologia, e supponiamo che io gli dica: “Bene, Zeno, mi ha fatto piacere! Quegli argomenti da trattare... Bene!”. È male sentire la gioia per questo ‘bene’? No, vero? Ma se a un dato momento, sentendosi dire “bene” ora dall’uno ora dall’altro, egli credesse di valere qualche cosa e cominciasse a compiacersene, quasi con la presunzione di dire “ego sum”, allora sarebbe pericoloso, allora quegli articoli che vorrebbero convertire il mondo potrebbero essere veleno nel mondo. Dico male, lei che è laureato ? In altre parole: è un male se entra in noi qualche compiacenza segreta. Provare la gioia per una cosa bella, per una cosa buona, è naturalissimo. Supponiamo che uno vada a scuola e prenda un dieci: torna a casa contento; se prende un quattro, è logico che torni a casa un po’ dispiaciuto. Ma questa gioia che il Signore permette è diversa da quella che nasce dalla vanagloria. Quando una persona prende un cibo buono, prova piacere; se prende un cibo che non è buono, prova disgusto, insomma; ma... ricercare il cibo buono e gustare il cibo buono sono due cose diverse. Posso ringraziare il Signore per avermi dato un cibo gustoso, ma dire: “No, io quella cosa non la mangio; voglio quella e quella...”, e vado alla ricerca di quello che mi piace, è un’altra cosa, è golosità! Invece, ringraziare il Signore perché oggi ti ha dato da mangiare bene è virtù; anzi vai a rendere onore alle cuoche, come si è soliti dire, o al cuoco dei cuochi.APOSTOLO chi è
l’
apostolo
VOLONTÀ
di DIO
ESEMPI umiltà
MONDO
VIZI superbia
VIZI
MI230,4[08-03-1968]
4.“Niente di noi deve opporsi a questo amore, né comunque intralciare la sua infinita liberalità”. Qualche volta ci si ripiega su se stessi, si cerca e si fa un po’ quello che si vuole. Quanto siamo tremendi! Noi possiamo intralciare la liberalità di Dio, la sua potenza. Con che cosa? Con la nostra superbia. Con gli stessi doni che Dio ci ha dato per agire noi possiamo, con atti di superbia, intralciare la sua opera: ecco perciò il pericolo per chi ha ricevuto parecchi doni da Dio. Colui che li sa trafficare con umiltà sarà uno strumento meraviglioso nelle mani di Dio, ma se diventa superbo intralcia l’opera di Dio. Beato colui che ha ricevuto meno doni da Dio, purché sia umile, perché tante volte potrebbe essere superbo anche lui. “E non solo noi non vi opporremo la vanità della nostra pretesa sufficienza, ma accetteremo umilmente tutto ciò che le sue vie hanno d’imprevisto e di sconcertante”. Ecco il pericolo: la nostra pretesa sufficienza. Cioè, il pericolo enorme, l’inganno della nostra superbia è questo: sentirci sufficienti. E non ci rendiamo conto che basta un attimo per cadere. “Io sono laureato e perciò sono sufficiente! Vado ad insegnare greco in IV ginnasiale! Oh, beh, per fare lezione di greco in IV ginnasiale...”. E dopo: “Ma che cosa mi è capitato? Un vuoto di memoria! Mi è successo un’altra volta, quando ero piccolo, all’asilo. Un vuoto... Ah, non mi ricordo neppure l’alfabeto greco!”. Possono capitare simili vuoti! Per esempio, può capitare un vuoto di questo genere: “Che difficoltà credi ci siano per confessare un bambino?”. E a un dato momento: “Quanto sono stato stupido! Ma che cosa gli ho detto! Ma che cosa ho fatto!”. La nostra pretesa sufficienza diventa cretinaggine se Dio si allontana un pochino. E cretinaggini ne abbiamo commesse tutti nella vita. Senza l’aiuto di Dio noi non siamo capaci neanche di dire: “Gesù mio, misericordia”; senza l’aiuto di Dio non siamo nemmeno in grado di mettere una chioccia a covare; senza l’aiuto di Dio, anche quelle cose che sono facili e semplici, che ci sembrerebbero elementari nella pedagogia, diventano a volte muri insormontabili. Un assistente senza l’aiuto di Dio a un dato momento commette grosse corbellerie. “Che cosa ho fatto! Che stupido sono stato in quel momento!”. La nostra pretesa sufficienza potrebbe portarci a fare dei fiaschi enormi e a compiere delle azioni umane che restano umane. Noi cercheremo umilmente non solo di non lasciarci ingannare da una pretesa sufficienza, ma anche di “accettare umilmente tutto ciò che le sue vie hanno d’imprevisto e di sconcertante”. La vita ve lo dimostrerà, fratelli miei: le azioni impreviste e sconcertanti nelle quali vi troverete saranno più numerose di quelle normali.VIZI superbia
VIRTÙ
umiltà
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
Per un periodo, durante la guerra, i ragazzi più grandicelli dell’Istituto San Gaetano di Vicenza vennero sfollati presso villa Thiene in località Garziere di Santorso(VI), e di loro si interessava direttamente don Ottorino. Invece i ragazzi più piccoli vennero accolti in alcuni locali presso la chiesetta della Madonna delle Grazie di Costabissara (VI): di questi era responsabile don Aldo, che scherzosamente chiamava il luogo “Madonna delle disgrazie” a causa di tutti i problemi che dovette affrontare.
A Grumolo delle Abbadesse (VI) l’Istituto aveva ricevuto in donazione una colonia agricola, con casa e campi: la località distava circa dodici chilometri da Vicenza.
Il riferimento è all’auto FIAT 1100 che don Ottorino usava abitualmente all’epoca.
Don Ottorino fa riferimento al racconto di molti prigionieri in Germania durante l’ultima guerra, che mangiavano tutto quello che potevano trovare.
MI230,5[08-03-1968]
5.Chi, per esempio, pensava che don Giuseppe avrebbe dovuto fare quattro anni di studi universitari? Certamente, quando ha cantato Messa, lui non lo pensava. Lo pensavi, don Giuseppe? Chi immaginava che dopo la laurea avresti dovuto insegnare a Thiene? Lo immaginavi? Neanche per sogno! Avresti giurato un anno fa che non saresti andato a fare scuola a Thiene. Il vescovo ti aveva promesso... E quante cose giureresti adesso che ti capiteranno in futuro e non ti capiteranno! Chi sa mai che cosa chiederà a noi il Signore? Io non ho mai pensato che, scoppiata la guerra, avrei fatto la vita che ho fatto: andare con la bicicletta due volte alla settimana alle Garziere di Santorso, carico di bagagli dietro e davanti, cioè con carne, patate, alimenti da portare ai ragazzi perché mangiassero, e procedere con grande fatica. Infatti la bicicletta ondeggiava di qua e di là perché si caricava il caricabile, e ogni tanto scoppiava una gomma e bisognava levarla dal copertone: scaricare i bagagli, capovolgere la bicicletta, estrarre dal copertone la camera d’aria... erano camere d’aria con settanta o ottanta pezze! Si attaccava una pezza, si gonfiava la gomma e poi si ripartiva. E questo capitava perché si caricava troppo e, tra l’altro, io ero un po’ grosso. E bisognava rassegnarsi un paio di volte a questa operazione: giù la gomma e riparazione della camera d’aria. Due volte la settimana andavo alle Garziere, e una volta o due alla Madonna delle Grazie. Chi lo avrebbe pensato? E, finita la guerra, dovetti andare tante volte a Grumolo con il carrettino attaccato alla bicicletta, approfittando del viaggio per portare a casa qualche cosa. Il prete con il carrettino! Chi avrebbe pensato che mi sarebbe toccato questo? E raccontando questo mi limito solamente al campo materiale. E voi, che cosa pensate che vi attenderà? Allora andavo con il carrettino attaccato dietro; adesso, se tutto andrà bene, mi toccherà, magari fra qualche anno, spingere il carrettino in avanti, così, a piedi fino a Thiene, dopo essere stato abituato a correre con la Fiat 1100 , e magari andare a dissotterrare le patate per sfamarmi, come facevano i prigionieri in Germania. Dobbiamo essere prepararti a tutto, perché tutto può capitarci. Chi, per esempio, nel 1935 o nel 1936 o nel 1937 avrebbe pensato che per comperare un paio di suole per scarpe ci sarebbero voluti i buoni dello Stato? Ci saremmo messi a ridere in faccia a chiunque! E chi avrebbe pensato che per comperare il pane, un etto e mezzo di pane a testa, sarebbero stati necessari i buoni, e che avrebbero messo in galera chi avesse avuto in casa un chilo di pane ottenuto irregolarmente? Ricordo un uomo, originario di un paese qui vicino, che aveva dieci chili di granoturco: lo hanno messo in prigione... quella volta si è preso tre mesi di carcere perché lo avevano trovato in bicicletta con dieci chili di granoturco. Chi nel 1936 o nel 1937 avrebbe pensato che sarebbero accadute simili cose in Italia? Figlioli, cose di questo genere o anche peggiori possono capitarci, ma possono capitare non per tutta una nazione perché ‘mal comune mezzo gaudio’, ma possono capitare ad un solo individuo.VOLONTÀ
di DIO
AUTOBIOGRAFIA
CONGREGAZIONE fondatore
CONGREGAZIONE storia
SOCIETÀ
Il riferimento è a Vittorino Gonella, che all’epoca stava facendo l’anno del noviziato e che così veniva qualche volta soprannominato a causa dei suoi capelli rossastri.
Il riferimento è a Giorgio De Antoni, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale.
MI230,6[08-03-1968]
6.Sono i piani di Dio, sconcertanti quanto volete, ma sono i piani di Dio! La Madonna e San Giuseppe sono fuggiti con il Bambino Gesù in Egitto per obbedire al piano di Dio. E i piani di Dio hanno qualcosa d’imprevisto e di sconcertante: “Estote parati”. “L’aspettavamo all’incrocio delle strade, ed ecco che ci raggiunge lungo il cammino”. Guardate che è una cosa meravigliosa quella che viene fatta dal Signore! Lo aspettavamo qui, ma lui... niente! Si aspetta e non viene, e poi si fa presente durante il cammino. “Parla, e non se ne riconosce la voce”. Ecco là i discepoli di Emmaus: il Signore parla, parla, parla, ma solo quando spezza il pane lo riconoscono “Ah...”, e lui scompare. “Insomma, - quasi commentano tra loro - che cosa eravamo in quel momento: stupidi, cretini? Lui parlava e noi non ci siamo affatto accorti”. “Parla, e non se ne riconosce la voce. Se ne va, e la sua presenza risplende come per i discepoli di Emmaus. Egli si accompagna a noi, eppure continua la Sua strada. Se ci lascia, è per meglio ritrovarci. Se tace, è per parlare con più insistenza. Se manda la prova, è per carezzarci. Se ci sorride, è per prepararci la croce di domani”. Che ne dite voi? Ah, Rosso , se il Signore ti manda la prova è per accarezzarti. Non c’è alcuna scappatoia; non è vero, Giorgio ? Se ti dà la croce è per accarezzarti, se ti fa un sorriso è per darti una prova.DIO piano di salvezza
PAROLA DI DIO Vangelo
DIO stile di...
CROCE
Don Ottorino aggiunge a questo punto: “Non quella dell’analogia; qui si parla invece dell’umiltà”.
Don Ottorino sostituisce con le parole sopra riportate quelle del testo che invece dice: “...per il Legionario”.
È evidente che la frase compresa fra le due virgole e non riportata in corsivo è stata aggiunta da don Ottorino. Così pure avviene in seguito con altre parole, dove don Ottorino si riferisce alla Congregazione invece che alla Legione di Maria.
A questo punto, forse riferendosi a don Giuseppe Rodighiero che da poco era entrato nella Casa dell’Immacolata, aggiunge: “Attento, Giuseppe: almeno un pezzo è per te”.
MI230,7[08-03-1968]
7.“Dio imprevedibile, Dio sorprendente! Come ci ricorda costantemente che vuole avere le mani libere, ed usare a volontà gli strumenti che fuori delle sue mani sono nulla!”. Dio vuole avere le mani libere; vuole usare noi, suoi strumenti, a volontà sua; vuole avere lui il timone in mano e usarlo lui: “Lascialo stare; tu rimani al tuo posto; lascia fare a me”. Lui ti accompagna, tu devi solo camminare; lui ti sostiene e tu devi sostenerti. Dio vuole le mani libere, vuole avere la mano libera. “Non si trova Dio che per la strada regale dell’umiltà, e non si dà Dio agli altri che nella misura che si scompare davanti a Lui. L’uomo si chiude, non appena urta contro l’orgoglio altrui; s’apre invece, come un fiore al sole, non appena si sente alla presenza di un’anima spoglia di se stessa, perché, in quel vuoto, egli scopre una pienezza di grazia, quella di Dio. Constatazione di capitale importanza per il religioso della Pia Società San Gaetano chiamato ad entrare in contatto, ogni momento, con dei fratelli che non lo conoscono”. Anche umanamente parlando, dinanzi ad una persona umile ti senti conquistato. Se vedi un superbo non ti piace, provi lo stesso gusto di quando mangi una minestra troppo salata; invece se ti trovi dinanzi ad un umile - umile non vuol dire umiliato - resti conquistato. “Se scompare per lasciar trasparire Dio, una virtù irradierà da lui. Ciò che le discussioni più serrate e i rimproveri più giusti non otterranno, riuscirà spesso a strapparlo una parola fraterna ed amica”. Chi si presenta con umiltà e parla con semplicità otterrà quello che lunghi sillogismi non riusciranno ad ottenere. “Ecco perché il sistema legionario tende a dare tutto il posto necessario a questa virtù fondamentale. Vi sono, nella vita della Casa dell’Immacolata e questo è il punto dove dovevamo arrivare, due momenti soprattutto, dove la virtù dell’umiltà sarà messa alla prova: l’ora dell’ingresso nella Società e l’ora in cui vi si prende posizione stabile.VOLONTÀ
di DIO
VIRTÙ
umiltà
Evidentenente don Ottorino scherza sul cognome di Sant’Alfonso.
MI230,8[08-03-1968]
8.Fin dalla soglia, si chiede a chi entra d’accettare con semplicità di fanciullo tutto un insieme di esigenze. È cosa normale che questo o quel punto urti e susciti qualche discussione. La Pia Società lo sa e se ne rallegra, non per l’urto in se stesso, ma per la docilità d’anima a cui invita e predispone. È così pericoloso venire ad essa con uno spirito di riformatore e con l’aria di discutere ogni sillaba del suo codice”. Non dice ‘collaboratore’, il quale deve esserci, ma “riformatore”. Il dire, per esempio: “Per conto mio è sbagliato aiutare i vescovi... È meglio invece che facciamo un’associazione per la protezione dei cani”, sarebbe una riforma troppo grande! “C’è troppa gente che è piena di idee personali rinnovatrici, tanto da potersi parlare a buon diritto del ‘flagello delle iniziative! La Legione - la Pia Società - chiede ai suoi membri l’umiltà senza reticenze, e l’adesione senza condizioni. Uno dei segreti della sua forza sta qui”. È importante osservare che l’autore di questo libro non è Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, o dei liquori , ma è proprio quel cardinale Suenens che è stato accusato di essersi spinto un pochino troppo in avanti. E proprio quest’uomo, che è stato accusato di essere troppo avanzato, dice: “State attenti: la forza sta lì, proprio lì; questo è il programma e avanti!”.VIRTÙ
umiltà
Nell’esempio don Ottorino nomina don Luigi Furlato che era maestro dei novizi, don Marcello Rossetto che era superiore della Comunità di Crotone, Don Flavio Campi che era superiore di quella di Monterotondo, e don Luigi Mecenero che era superiore di quella di Resende in Brasile.
MI230,9[08-03-1968]
9.“Una volta deciso, una volta entrati con piena libertà nella Pia Società, bisogna sapervi rimanere; e qui ancora la Legione mena un gioco serrato. Impone ai suoi membri una disciplina molto forte. Astrazione fatta dei meriti dell’obbedienza, questa disciplina è una sorgente perenne di umiltà. Accettare il compito che ci viene fissato, ed eseguirlo puntualmente; rendere conto del proprio lavoro, sotto gli sguardi di tutti; rientrare nelle file comuni per il cambio, dopo tre anni o sei anni di direzione... tutto questo non è fatto per adulare l’amor proprio. È invece una scuola preziosa d’oblio di sé”. Ah, cari! Se a un dato momento io dicessi a don Luigi Furlato, che è il maestro dei novizi, quindi maestro della perfezione cristiana: “Senti, caro don Luigi, adesso - come fanno con le suore al termine degli esercizi spirituali - sei assegnato a Crotone a fare il cappellano di don Marcello”. Se dopo tre anni arrivasse il biglietto a don Marcello: “Don Marcello è assegnato a Monterotondo a fare il cappellano di don Flavio”. Poi un altro biglietto a don Luigi Mecenero: “Sei assegnato a Monterotondo a fare il cappellano sotto don Flavio”. Io non voglio giudicare né don Luigi, né don Marcello, né don Luigi Mecenero, né nessuno... Saremmo pronti noi, dico noi, non pensate agli altri, a questo cambio, proprio così, con semplicità? Oggi il Signore mi ha messo per sei anni a fare il superiore, a fare il maestro dei novizi; adesso il Signore mi mette a compiere, finché vorrà lui, quest’altro ufficio, e questa è la mia missione! C’è questa disponibilità? Se non c’è, vuol dire che non abbiamo capito che cos’è l’umiltà perché praticamente rischiamo di fare una cosa umana, una bella organizzazione umana. Eppure, se noi siamo convinti che l’Opera è di Dio, che è lui che agisce, allora dobbiamo essere pronti con semplicità a fare quello che abbiamo detto, anche se la nostra natura ne sente il peso. Dobbiamo essere pronti a fare questo. Ci sarebbe da continuare ancora, ma credo che abbiamo da meditare tutti un pochino e da riformarci a questo proposito.VIRTÙ
umiltà
VOLONTÀ
di DIO