Evidentemente era una giornata primaverile, piena di sole, che invitava alla vacanza. Don Ottorino nomina dapprima don Pietro De Marchi che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato, e poi don Giuseppe Rodighiero che da poco aveva ottenuto la laurea presso l’università di Padova, usando un tono scherzoso con entrambi.
S. E. mons. Italo Di Stefano era vescovo nel Chaco (Argentina), dove da alcuni mesi la Congregazione aveva inviato cinque religiosi. Interessato da don Ottorino del problema del diaconato, ne aveva parlato direttamente al Santo Padre durante la “visita ad limina”. Alla notizia seguono nel testo registrato rumorosi commenti.
Vescovo di Vicenza all’epoca era S. E. mons. Carlo Zinato, totalmente contrario all’introduzione del diaconato permanente sia nella Chiesa come nella Congregazione.
Don Guido Massignan era all’epoca il segretario generale della Congregazione e il direttore della Casa dell’Immacolata.
Monsignor Ofelio Bisson era all’epoca il responsabile dell’ufficio catechistico diocesano, dal quale dipendeva anche l’istruzione religiosa nelle scuole.
Il riferimento potrebbe essere a Giorgio Girolimetto che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico, o a Giorgio De Antoni che frequentava il 2° anno del corso liceale.
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1.Con una giornata così splendida penso che sia una perdita di tempo, vorrei dire quasi una cosa indecorosa, fermarci qui a meditare. Non si possono dire queste parole a don Pietro; a te sì, don Giuseppe, perché hai studiato lettere e cartoline. Questa sarebbe una giornata da trascorrere in montagna: sarebbe bello fare una sorpresa ai ragazzi, prendere una corriera e andare in montagna. E invece di questa sorpresa ve ne faccio un’altra. Questa notte ha telefonato monsignor Di Stefano e mi ha detto di trovarmi alle nove precise al telefono perché deve darmi una comunicazione. Comunque ecco la sorpresa: ieri mons. Di Stefano è stato ricevuto dal Santo Padre e ha parlato a lungo di noi e del diaconato, e ha detto che il Papa è stato veramente interessato e contentissimo. Mi ha inoltre pregato di trovarmi al telefono questa mattina alle nove perché deve parlarmi. Questa mattina il vescovo riceverà i vicari foranei: uno alle nove e mezzo, un altro alle undici. Verso le nove don Guido sarà alla porta del vescovo per chiedergli soltanto una cosetta. Ha già chiesto a monsignor Bison , che è il responsabile dell’istruzione religiosa e catechistica della diocesi, il permesso di andare nelle scuole superiori per proiettare il filmato sul diaconato. Monsignor Bison ha risposto: “È necessario il permesso del vescovo”. Don Guido gli ha detto: “Abbiamo il permesso di monsignor Fanton”. Monsignor Bison ha insistito: “È necessario il permesso di mons. Zinato... il permesso deve essere dato direttamente da monsignor Zinato”. Allora questa mattina don Guido andrà da monsignor Zinato e gli dirà: “Eccellenza, poiché avremmo intenzione di presentare il diaconato nelle scuole, vorremmo sapere se lei non ha niente in contrario. Noi, per esempio, siamo già stati a Lodi. Se lo desidera veniamo prima a presentare a lei, una sera, il filmato”. Don Guido si è già fatto tutte le annotazioni necessarie, con l’intenzione di illustrare al vescovo che cos’è il diaconato, come lo pensiamo noi, non il diacono sacrestano, ma il diacono inserito in una pastorale nuova. Una delle proposte, tempo permettendo, che don Guido gli farà, sarà: “Eccellenza, ci affidi una parrocchia: noi vi manderemo due preti e due diaconi, e le mostreremo quanto sarà diverso il risultato tra una parrocchia così condotta e una animata da quattro preti soltanto”. Gli ho detto di fare il superbo... ‘in nomine Domini’, se è necessario. Tutt’al più capiterà come a mons. Baggio: lo hanno inviato in Colombia a trentatré anni, e uno dei motivi era il fatto di essere giovane, per cui, anche se avesse commesso uno sbaglio, era la prima volta che veniva inviato in missione diplomatica. Per don Guido è la prima missione apostolica, e anche se ne commette qualcuna di grossa... “Ma io gliele dico!” mi ha risposto don Guido. Forse don Guido non ha paura di dirle. Sicché mentre da Roma arriverà la telefonata di mons. Di Stefano, don Guido starà dando la telefonata al vescovo di Vicenza, ma in un altra forma. Comprendi, Giorgio ? Procedamus!VIRTÙ
umiltà
CONGREGAZIONE storia
DIACONATO
Anche per questa meditazione don Ottorino usa il libro di L. G. SUENENS, Teologia dell’apostolato della Legione di Maria, Coletti editore Roma 1953. Le citazioni, tratte dalle pagine 136-140, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
Il prof. Marcello Peretti, docente di pedagogia all’università di Padova, veniva spesso invitato da don Ottorino alla Casa dell’Immacolata per dare lezioni sul metodo di Gesù a partire dal Vangelo.
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2.In questo libro c’è un’altra meditazione, che viene subito dopo quella sull’umiltà, che s’intitola: “La forza, virtù degli umili”. Come si fa a tralasciarla? Soltanto vorrei che prima ci mettessimo in comunicazione con il Signore. Ultimamente ho avuto un incontro con un’anima. Poiché vedevo che non progrediva nel campo spirituale, le ho chiesto se faceva la meditazione. “Oh, misericordia!”, ha esclamato. Allora le ho fatto un po’ di esame sulla meditazione e ho dovuto constatare che, mentre sulle prime - è un’anima che avevo occasione di vedere in altre circostanze, in altri incontri - si era un po’ scandalizzata perché le avevo chiesto se facesse la meditazione e aveva risposto: “Ma, certo, per carità!”, è poi risultato che non la faceva per lo meno da un anno, perché prendeva in mano il libro, ma come una lettura. La mia constatazione è stata questa: nella mezz’ora o più di meditazione che quest’anima faceva, non si metteva mai in contatto con il Signore, mai. Era uno studio, erano note personali, belle frasi e belle parole; insomma era uno studio. Sarebbe come quando parlava il professor Peretti : c’è differenza tra studio e predicazione. La meditazione non è studio, non è semplice lettura per mezz’ora. La meditazione vale in quanto mi metto in contatto con il Signore, in quanto discuto le mie cose con il Signore. Se, per esempio, mi incontro con uno di voi e ci mettiamo a trattare di alcune cose insieme, è diverso che non mettermi a pensarle da solo; se ci mettiamo insieme per realizzarle è una cosa diversa. Con la meditazione io devo mettermi in contatto con il Signore. Quando fate meditazione da soli può accadere che a un dato momento non vi occorra neanche il libro: prendete un pensiero, una parola e cominciate a mettervi in contatto con Dio. A un dato momento lo Spirito Santo vi porta, e allora andate dove lui vi porta, purché non vi porti fuori di strada... ma allora non è lo Spirito Santo! Per diventare quello che diceva il professor Peretti, cioè i predicatori di Dio, è necessario essere uomini che sanno parlare con Dio.PREGHIERA meditazione
DIO contatto con
DIO Spirito Santo
Fratel John Berchmans Kayondo era un religioso ugandese ospite in quell’anno della Casa dell’Immacolata.
S. E. mons. Costantino Luna, di origini vicentine, era il vescovo di Zacapa in Guatemala.
A questo punto don Ottorino concede un momento prolungato di silenzio per facilitare il contatto personale con il Signore prima di entrare nel tema della meditazione.
Il riferimento a Raffaele Testolin, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale.
Cfr. Giovanni 15, 5.
Cfr. Luca 1,49.
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3.Noi saremo sempre dei peccatori: tutti abbiamo difetti e avremo sempre delle miserie, però non priviamoci del contatto con il Signore, che è l’unico nostro mezzo di salvezza per pulirci gli occhi. Capisci, John ? Il contatto con Dio, caro, benedetto della Madonna, direbbe monsignor Luna! Allora raccogliamoci un istante, mettiamoci in contatto con Dio, non con il Papa, con il Signore addirittura! “La forza, virtù degli umili”. Raffaele , non quella dei pugni, ma l’altra! “Spontaneamente, l’umiltà fa posto ad una forza tranquilla”. In un primo momento può sembrare che l’umile, per il fatto che è umile, sia diventato immediatamente debole; e invece no! Chi è umile, veramente umile, è forte. “Una volta riconosciuta e confessata la debolezza dello strumento, la Legione sa, come S. Paolo, che tale debolezza è la sua forza e che Dio crea cominciando dal nulla. L’umiltà iniziale che accetta il “senza di Me non potete far niente” , si perfeziona nella confidenza finale che si appoggia su quest’altra certezza: “Con Me, potete tutto”. Perciò io mi metto davanti al Signore; ogni mattina io devo mettermi davanti al Signore. Ecco perché, prima della meditazione, vi spingo a mettervi davanti al Signore e a riconoscere le vostre miserie. Davanti al Signore guardo me stesso. Però, quando vi dico: “Guardo me stesso”, non intendo dirvi che vi scoraggiate per i peccati passati. Perché qualcuno potrebbe dire: “Ma allora dobbiamo...?”. No, no, no! Guardate un pochino quello che siete, quello che avete rovinato. Scusate: se uno avesse ridotto il pallone in quattro o cinque pezzi, con semplicità dovrebbe dire: “Ho fatto a pezzi il pallone; il Signore lo ha riparato e ‘Deo gratias’”. Osserviamo un pochino la nostra incorrispondenza alla grazia, i nostri peccati, le nostre miserie; cerchiamo di sentire che siamo stati cattivi con il Signore. Riconosciuta questa nostra cattiveria non deve sottentrare lo scoraggiamento, anzi deve scaturire un cantico d’amore: “Signore...”. Penso che San Pietro abbia pianto, ma anche che si sentisse grande dinanzi al Signore. Non vi pare? Perché: “Fecit mihi magna qui potens est”. Perciò sentiamoci grandi non per merito nostro, ma per la bontà di Dio che, nonostante le nostre miserie, ci ha messi sopra l’altare un’altra volta. Che non passi nemmeno per l’anticamera del cervello la tentazione di dire: “Guarda che cosa sono io! Che cosa sono!”. Sì, sì, riconoscilo; tu sei strumento nelle mani di Dio. Ringrazia il Signore perché Dio si è servito di te, nonostante le tue miserie, nonostante i tuoi peccati.PECCATO peccatore
DIO contatto con
VIRTÙ
umiltà
GRAZIA
DIO bontà
Nel testo registrato don Ottorino aggiunge: “Stiamo commentando la promessa dei Legionari di Maria”.
Lo gnocco di patate va gettato nella pentola con l’acqua a bollore, e dopo pochi minuti lo gnocco risale alla superficie cotto ed è pronto per essere tolto dalla pentola e condito.
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4.Questo deve essere il nostro atteggiamento! Non quello di disconoscere, per esempio, che sei laureato. Di questo ringrazia Dio! “Ma... ho ottenuto centocinque centesimi”. Ringrazia il Signore! “Oh, no; io non meritavo quel voto... me l’hanno dato”. Ma lascia stare! Meritavi cento e dieci, e il professore non ha capito niente, poverino. Perché vuoi fare tante storie? Comportati con semplicità! Però devi riconoscere che questa è tutta bontà del Signore che ti ha aiutato: questa è la semplicità! Allora mettiamoci in questo atteggiamento di umiltà: “Senza di te, Signore, io non posso fare niente. Se esamino la mia vita passata vedo che senza di te ho combinato solo pasticci, ho fatto peccati, ho commesso di tutto. Il compito che adesso mi assegni è veramente grande: come posso riuscire a salvare il mondo, andare in America, a dirigere una parrocchia di venti o trentamila anime? Come si fa? Se questo è difficile anche per un uomo fedele, per me peccatore è ancora più difficile...”. E allora adesso io mi scoraggio? No! “In nomine tuo laxabo rete”. “Io so che con te posso tutto; da solo non posso, lo so, specialmente per i peccati che ho commesso. Però, Signore, non esito un istante: se tu mi dici di accettare di essere Papa, anche se so che sono uno scemo, accetto di fare il Papa”. Potrei chiedermi: “Come riuscirò a fare i discorsi?”. Papa Giovanni, quando ha visto la mole di lavoro da fare, ha detto: “Eh, sono qui, eccomi qua!”. E lui con le sue braccia aperte e con il suo “son qui” ha conquistato il mondo. Se domani capitasse che Giorgio venisse fatto Papa, che cosa dovrebbe dire? “Eccomi, eccomi!”. E con il suo “eccomi” incanterebbe tutti. “Ecco perché, dopo aver ripetuto con Maria: “Ecco l’ancella del Signore”, la Promessa aggiunge : “E nuovamente Tu vieni a compiere grandi cose per mezzo di Lei”. Che la potenza dello Spirito Santo ci ricopra della sua ombra e penetri in noi per apportarci il fuoco dell’amore, e subito si compiranno grandi cose, degne dell’amore che Dio ha per il mondo”. Se un’anima si mette a contatto con Dio, a un dato momento lo Spirito Santo la prende e la rende capace di compiere le grandi cose che Dio ha nei suoi disegni per il mondo. Dio vuole compiere grandi cose per il mondo, ma vuole avere degli uomini che siano, davanti all’altare, come gli gnocchi dentro la pentola che bolle: a un dato momento lo gnocco sale. Così, presa dallo Spirito Santo, l’anima si abbandona nelle mani di Dio e comincia a volare. E allora eccola pronta a compiere le grandi cose. “Soltanto gli umili possiedono la vera forza...”.VIRTÙ
semplicità
DIO bontà
di...
VIRTÙ
umiltà
APOSTOLO salvezza delle anime
PECCATO peccatore
DIO contatto con
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5.È una cosa che capirete soltanto se la proverete: voi entrerete in chiesa deboli e uscirete forti. Quando si va all’osteria si entra forti e si esce deboli, si esce con le gambe che tremano. Invece qui si tratta di una cosa diversa, tutto il contrario, perché in chiesa si entra deboli, con le gambe che traballano, e si esce con la testa alta, non con la testa alta degli orgogliosi, ma con la fortezza degli uomini di Dio. “Soltanto gli umili possiedono la vera forza; proprio perché, nulla aspettando da se stessi, sanno che tutto possono sperare da Dio. Queste grandi cose che la Legione s’aspetta dallo Spirito Santo, il quale opera, oggi ancora, in Maria, non è né più né meno che il ritorno a Dio delle masse pagane o scristianizzate. Essa spera questo ritorno dei popoli all’ovile, sognato da Leone XIII, e perseguito instancabilmente dai suoi successori come la meta più ambita dell’apostolato”. Ecco quello che deve sognare un’anima apostolica: che tutto il mondo sia una grande Casa dell’Immacolata. Quante volte abbiamo sognato questa cosa: volerci bene, aiutarci, avere gli stessi sentimenti! Qualche peccatuccio, qualche miseria l’abbiamo, ma insomma il desiderio è questo, la volontà è questa. Come sarebbe bello se un domani il mondo arrivasse ad essere una grande Casa dell’Immacolata, dove ci si vuole bene, dove ci si aiuta per arrivare... Dove? Nell’altra Casa dell’Immacolata che è lassù, dove l’Immacolata ci attende. Questo dovrebbe essere il nostro sogno, e tutto il nostro lavoro dovrebbe tendere a realizzare in terra la grande Casa dell’Immacolata, per poi avere in Paradiso la Casa dell’Immacolata per tutta l’eternità. Ma, intanto, qui... lavorare, lavorare, non importa quanto!ESEMPI uomo di Dio
ESEMPI umiltà
VIRTÙ
umiltà
La lezione giusta è: “Illum oportet crescere, me autem minui” (Giovanni 3,30).
Nel testo registrato don Ottorino aggiunge a questo punto: “Signore, li mandiamo all’Anconetta? No, no, no, no, voi stessi date loro da mangiare”.
Anche a questo punto don Ottorino scherzosamente aggiunge: “I calcoli sono brutti, ragazzi, anche quelli al fegato!”.
Don Ottorino scherza sui progetti che nutriva a quel tempo per la Congregazione: stava progettando con il card. Agnelo Rossi, arcivescovo di San Paolo, una scuola per diaconi permanenti nella grande metropoli brasiliana. Accenna poi all’Africa, e nomina fratel John Kayondo e Antonio Bottegal, che all’epoca aveva appena iniziato il corso teologico.
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6.“Ma - si dice - in quel luogo ci vanno gli altri; invece andiamoci noi!”. Non importa! Loro vanno in America Latina? Noi andremo in Australia. Non importa niente; lavoriamo senza invidie, senza interessi. Siamo tutti per una cosa sola. Padova, Vicenza... Francescani, Carmelitani... suore, frati, monache: tutti concordi perché trionfi il Cristo; il resto non ha nessuna importanza! “Oportet me minui, illum autem crescere” . Com’è la frase? Insomma “è necessario che lui cresca e che io diminuisca”. Non importa niente. Se per portare avanti il Cristo occorre far scomparire la Congregazione, facciamola scomparire purché Cristo trionfi! Ciò che interessa è arrivare a questo, che ci sia questa grande famiglia. Per arrivare a questo dobbiamo essere pronti a fare qualunque sacrificio; il resto non importa affatto. Quando dicevo di essere pronti ad andare a Grumolo e restarvi per tutta la vita... Si dovrebbe dire: “A me non interessa niente; a me interessa che si arrivi in fondo. Se l’andare a Grumolo e il rimanervi per tutta la vita portano fino in fondo la causa, che m’interessa il resto?”. In guerra si dice a un soldato: “Tu vai là”, e anche se egli deve solamente fare la guardia ad un palo che sostiene un filo, il suo compito può essere più grande di quello di un altro, perché può darsi che quel filo sia quello che salva tutta la situazione. Che mi interessa che sia un palo? A me interessa la causa finale, vedere il trionfo del Cristo e non il mio trionfo. “Misereor super turbam, ho pietà di questa folla, diceva Gesù. E quando questa folla l’ebbe seguito nel deserto, non avendo essa di che sfamarsi, gli Apostoli pregarono il Maestro di rimandarla nei villaggi vicini in cerca di provvigioni. Ma Gesù non la pensava così. “Voi stessi date loro da mangiare”, comandò. Stupefatti, gli Apostoli sollevano difficoltà, fanno dei calcoli... fino a che, mettendosi alla cerca, trovano un fanciullo che offre loro cinque pani d’orzo e due pesci. Dono senza proporzione alcuna, offerta irrisoria, ma che Gesù accettò e benedisse per sfamare la moltitudine”. Nelle opere di Dio non ci vogliono calcoli, figlioli, ma bisogna solo interpellare Dio. Con i calcoli o si va all’ospedale o si va al cimitero o si va in malora, apostolicamente parlando. Non c’è niente da fare: con i calcoli nessuno si metterebbe a impiantare una congregazione religiosa, nessuno commetterebbe la pazzia di andare a San Paolo, come pensa quel ragazzo là in fondo, per aprirvi una scuola per diaconi... a San Paolo, sette milioni di abitanti, e mettersi ad avviare una scuola per diaconi. Ma scherziamo! Sono vere pazzie! Andare in America Latina, impiantarsi in mezzo a tutta quella situazione, e forse, un domani, anche in Africa! John, se veniamo in Africa ci accogli? Mi ricevi? Sì? Grazie! E se venisse Bottegal, gli darai da mangiare? “... fino a che, mettendosi alla cerca, trovano un fanciullo che offre loro cinque pani d’orzo e due pesci. Dono senza proporzione alcuna, offerta irrisoria, ma che Gesù accettò e benedisse per sfamare le moltitudine”. Noi pensiamo troppo poco a questo fatto: cinque pezzetti di pane per tutti... pochi pesci per una moltitudine!VIRTÙ
umiltà
MISSIONI vita missionaria
CONGREGAZIONE missione
VOLONTÀ
di DIO
ESEMPI umiltà
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7.“Anche la Legione ha la passione delle folle”. Amici, io vorrei domandare a voi: avete la passione delle folle? Quando, per esempio, vedete sul giornale numeri o fotografie o vedete la televisione, provate la passione delle folle? Io vorrei domandarvi, mostrandovi sullo schermo un bel campo di calcio con ventimila spettatori: sentite maggiore passione per quel pezzo di cuoio che si muove nel campo o per quelle ventimila anime che sono là? Avete la passione delle folle? Gesù, vedendo una folla così, che cosa guarderebbe? E voi, se vi portaste di domenica in un campo sportivo, che cosa guardereste prima di tutto? Voi direte: “Ma, insomma, qui adesso...”. State buoni! È facile diventare dei funzionari, fare i gli impiegati nella Chiesa. I santi, invece, avevano la passione delle folle. Io vedo che nel mio sacerdozio ho fatto tre quarti di fallimento, perché ormai, ormai sono verso la fine, ma vi posso assicurare che io avevo la passione delle folle. Vi ho detto tante volte che piangevo sopra l’atlante geografico, piangevo pensando a tutte le anime che sono ancora da salvare. E quando andavo a Roma in treno, mi mettevo al finestrino ad osservare i paesi, a pensare alle anime, alla gente. A Roma poi guardavo tutta questa massa di gente che passava. Anche adesso, andando la mattina in città, nel vedere tanta gente mi domando: “Come sono queste anime, queste persone?”. Se passi vicino a uno stabilimento e pensi a tutta quella massa di gente che c’è dentro, come si fa a non pensare a quelle anime? Se pensi a Cristo, devi necessariamente pensare alle anime; se non pensi a Cristo, allora, certo, non pensi alle anime e allora fai un lavoro, diventi un funzionario. Ascoltate quello che dice Suenens. “La Legione ha la passione delle folle. Sa che non può rimandarle a mani vuote, a saziarsi dai falsi profeti, e sa che le anime non troveranno nulla da mangiare in quei ‘villaggi’ che sono, per il pensiero e per il cuore, i nostri pseudo-mistici contemporanei. Essa ha inteso il comando di Gesù: “Voi stessi date loro da mangiare”. Quando vedi masse di gente la domenica... Venivamo a casa da Bosco con i nostri assistenti: quante masse una dietro l’altra, una dietro l’altra, una dietro l’altra! Quanta gente affamata di Dio! La mia impressione è che questa gente che noi diciamo impossibile ad essere avvicinata, - questa, almeno, è la mia opinione - se un uomo di Dio l’avvicina, essa mostra di essere più affamata di Dio di quella di ieri. Fate una prova a tavola. Chiedete: “Avete fame?”. “No!”. Se, però, arriva qualcosina di speciale, vedi che subito viene fame a tutti, improvvisamente. Giuseppe, non è vero? Ci sono certe leccornie che fanno venir fame al solo vederle... “Io non ho fame di pane, ho fame di ciccia”, dice il bambino. Il bambino comincia: “Io non voglio mangiare la minestra”, e quando arriva il dolce: paf, gli salta addosso.APOSTOLO salvezza delle anime
AUTOBIOGRAFIA
GESÙ
centro
APOSTOLO uomo di Dio
ESEMPI Dio stile di...
Don Ottorino elenca alcune persone ritenute sante nell’ambiente vicentino del tempo: don Giovanni Calabria che venne poi canonizzato da Giovanni Paolo II, il saveriano Pietro Uccelli del quale è in corso il processo di canonizzazione, e mons. Guido Franchetto sacerdote diocesano di insigni virtù.
Nel testo registrato don Ottorino aggiunge a questo punto: “Un milione di Samaritane, di Nicodemi, e vanno presi ad uno ad uno”.
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8.Alle folle di adesso provate a presentare il Cristo, la religione; ma fate presentare la religione da uno che la viva. Mettete accanto a loro un don Giovanni Calabria, un padre Uccelli, un monsignor Guido Franchetto, gente di quella statura , e sono sicuro che ci cascano. Non si potrà attirarle immediatamente, ma per lo meno sentiranno che c’è qualcosa, e quando avranno bisogno di una parola si rivolgeranno ad esse. Voi stessi dovete dare da mangiare a questa gente. Ma è chiaro che, se voi offrite loro insalata o minestrone... Bisogna dare loro il cibo di cui hanno bisogno. Oggi la gente capisce se un cibo è genuino oppure sofisticato, perché siamo nel tempo delle sofisticazioni. “E si offre - senza obiezioni e senza calcoli - come quel fanciullo, con il canestro dei pesci e dei pani, cioè con la sua preghiera, le sue visite settimanali, la sua disciplina e la sua confidenza illimitata”. Noi dobbiamo essere dei piccoli pesci che si mettono nelle mani di Dio e che poi si moltiplicano. “Basta che Gesù tracci sopra queste povere cose umane un immenso segno di benedizione... E i canestri già s’ammucchiano. Il segreto del suo apostolato tra le folle è una convinzione molto semplice. Cioè che la massa si scompone in individui; che un milione di uomini fa, in totale, un milione di anime individuali, irriducibili, un milione di mondi. E bisogna avvicinarle a una a una, come gli Apostoli offrirono il pane miracoloso ad ognuno che tendeva la mano. A una a una, senza fretta febbrile, perché ogni anima immortale vale più che l’universo materiale tutto intero, ed è necessario rispetto e tatto per penetrare in ciascuna di esse come in un santuario. A una a una, perché non si spiritualizza in blocco; ogni anima è un problema individuale: infatti, è costata tutto il Sangue del Redentore. Diciamo tutto il sangue e non una goccia, malgrado le parole del Pascal pur tanto commoventi: “Io ho versato alcune gocce di sangue per te”. È dire troppo poco. Dio ama ciascuno come se fosse solo al mondo, e per ciascuno ha versato tutto il prezzo del riscatto. Dilexit me et tradidit semetipsum pro me: Egli mi amò e immolò sé stesso per me (S. Paolo ai Galati, II, 20)”.APOSTOLO chi è
l’
apostolo
PASTORALE
MI231,9[12-03-1968]
9.Il Signore è morto per te, ha versato tutto il suo sangue per te, e io devo volerti tanto bene, anche quando mi mangerai il naso... Me lo mangi il naso? Ha detto di no. “Il Legionario sa dunque che deve avvicinarsi a ciascun’ anima con infinito rispetto: hic locus sanctus est, questo luogo è santo. E più lo farà ‘in Maria e con Maria’, più tratterà quest’anima come un ciborio vivente e sacro, come una presenza di Dio. Ha però l’ossessione della folla, la pensa sempre, pur fermandosi a parlare a quelle due orecchie e fissando quei due occhi che gli stanno davanti”. Io guardo quelle due orecchie, quegli occhi a cui parlo, però penso alla folla. “Senza dubbio esistono dei metodi collettivi che bisogna adottare per raggiungere le masse; e vi sono delle tecniche indispensabili per creare o guarire un ambiente, rendere l’aria respirabile, risanare le paludi Pontine. Quando scoppia un’epidemia, s’impongono d’urgenza delle misure generali preventive o curative; ma il male non sarà guarito se non quando i medici - alle volte anche con pericolo della vita - accetteranno di curare i contaminati a uno a uno, individualmente. Senza dubbio ancora, è indispensabile ed urgente servirsi di tutte le potenze che creano l’opinione: stampa, radio, cinema, allo scopo di influenzare le masse, abbandonate quasi senza difesa a queste potenze spesso deleterie. Il Legionario darà volentieri il suo concorso a questa opera di bonifica sociale. Ma è convinto anche che andando di porta in porta, da anima ad anima, compie una missione che resterà sempre indispensabile e salutare”. Perciò un domani, in una parrocchia, è necessario senz’altro il lavoro di massa, ma bisogna poi curare anima per anima, anima per anima. “Sa che il compito è superiore alle sue capacità, ma l’umiltà genera il lui una confidenza illimitata, ed osa chiedere: “Fa’ che l’anima mia formi una cosa sola con l’amore di Maria e con la sua volontà di salvare il mondo””. E così sia!GESÙ
salvatore
APOSTOLO salvezza delle anime