Nel mese di settembre 1968 era stato celebrato il 1° Capitolo generale della Congregazione, l’unico con la presenza di don Ottorino. Dopo un esame delle relazioni presentate, si era proceduto alla stesura di una serie di delibere, pubblicate nel libro degli Atti. Nella presente meditazione don Ottorino inizia il commento delle delibere sulla formazione umana dell’apostolo, pubblicate alle pagine 129-130. Le citazioni vengono riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero che, pur essendo ancora nell’anno di noviziato, aveva presentato in Capitolo la relazione L’apostolo d’oggi voluto dalla Chiesa e atteso dall’umanità e aveva partecipato alla stesura delle delibere.
Il riferimento è a Renzo Meneguzzo, diplomato in agraria e all’epoca ancora novizio.
Nel 1968 non era ancora nata la mountain bike, il rampichino adatto per i sentieri più scoscesi.
MI241,1 [30-10-1968]
1 Il nostro incontro per la meditazione lo faremo il martedì e il venerdì, e in esso cercheremo di masticare insieme dinanzi a Dio le delibere del Capitolo. Al Capitolo ci siamo presentati tutti disarmati, e coloro che erano presenti al Capitolo lo possono testimoniare, perché vi abbiamo partecipato con l’intenzione di sentire e di cercare insieme la volontà di Dio, e le delibere sono proprio l’emanazione delle relazioni e delle discussioni. Sono state stese insieme, senza la pretesa di fare un’opera d’arte o un capolavoro, ma con lo scopo di fissare alcune linee direttive da fratelli. Non è vero, don Giuseppe ? Ci siamo preoccupati soprattutto che ne risultasse l’essenziale, cioè la linea fondamentale della nostra Famiglia religiosa. Se una Famiglia religiosa è un intervento di Dio nella storia della Chiesa, un intervento straordinario fatto dal “papà” per i suoi figli, credo allora che bisogna ascoltare la voce del “papà”. Se mio papà mi chiama per qualche commissione, è chiaro che devo presentarmi a lui e sentire che cosa vuole da me e, poi, fare quello che lui vuole. Eseguita la commissione, devo presentarmi di nuovo a lui per dire: “Papà, ho fatto così e così”, e per sentirmi dire: “Sì, va bene!”. Questo è stato l’atteggiamento che ci siamo sforzati di avere durante il Capitolo; questo sarà anche l’atteggiamento che tutti noi, membri della Famiglia religiosa, dovremo avere nel cammino che adesso stiamo per compiere insieme. Allora vorrei che, durante questi incontri, si cercasse con semplicità e con fraternità di vedere e di studiare insieme, ma voi dovete mettervi non nell’atteggiamento di chi ascolta e subisce una mezz’ora di meditazione, ma di chi collabora, in modo che quello che io dico, e lo dico fraternamente, sia poi, da parte vostra, fatto oggetto di discussione e di riflessione. Cosicché, se lo Spirito Santo vi suggerirà qualche mezzo per realizzare le proposte, vi resta l’obbligo di comunicarlo. Infatti quello che dirò e che è scritto nelle delibere è una meta da raggiungere, una cima a cui dobbiamo arrivare. Come? Dobbiamo trovare insieme il modo. Può darsi che mentre io dico: “Questa è la cima e vi si può arrivare in bicicletta”, lo Spirito Santo suggerisca, per esempio, al nostro caro Renzo che è laggiù, l’agricoltore , che in bicicletta non si può andare per certi sentieri e che occorre servirsi del mulo perché si fa più presto con il mulo che in bicicletta. Infatti è inutile che parliamo di bicicletta pensando alla pianura; se siamo in montagna in certi posti la bicicletta non va.CONGREGAZIONE capitolo
CONGREGAZIONE storia
VOLONTÀ
di DIO ricerca della...
COMUNITÀ
fraternità
CONGREGAZIONE carisma
DOTI UMANE collaborazione
CHIESA
DIO paternità
di...
DIO perdono di...
CONGREGAZIONE spiritualità
VIRTÙ
semplicità
COMUNITÀ
condivisione
fr. Mt 9,36-37; Mc 6,34; Lc 10,2
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2. Io insisterò sui principi, ma poi non sono affatto infallibile nel suggerire i mezzi per mettere in pratica i principi. Per cui, discutendo insieme, ricordatevi che non andate contro don Ottorino se, tenendo fermo il principio, discutete fra voi le modalità per raggiungerlo meglio. Dico male? Perciò insisto proprio su questo. Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma... don Ottorino ha detto così...”. No! Ha detto che bisogna essere così, ma per arrivare ad essere così, fratelli, bisogna mettersi insieme, lavorare insieme, collaborare insieme. Inoltre ciò che è vero oggi come mezzo, non lo sarà più fra dieci anni. È chiaro? Prima osservazione: non si può fissare una legge oggi perché entri in vigore fra dieci anni. Seconda osservazione: nessuno è infallibile, e nemmeno un solo gruppo di voi, per cui cerchiamo insieme per fare sempre meglio. È in questa collaborazione che la Congregazione realizzerà il suo fine, accontenterà il Padre che è nei cieli. Proprio questa mattina ho celebrato la Santa Messa per la propagazione della fede. Quando sono arrivato al Vangelo, pensando a Gesù che guardava la povera gente e diceva che era “come pecore senza pastore” per cui è uscito nella frase: “La messe è molta e gli operai sono pochi” ,ho detto: “Caro Gesù, se tu dessi uno sguardo al mondo d’oggi, che cosa diresti? Non ti pare, o Signore Gesù, che ci siano tante pecore senza pastore, tanti figli senza padre? Ed ecco, o Signore, quello che noi stiamo preparando nella nostra casa: i pastori per queste anime”. L’atteggiamento interiore che dobbiamo avere mentre studiamo le delibere è questo: noi siamo stati chiamati in questa casa per essere i pastori delle anime, e allora la nostra principale preoccupazione è divenire pastori di anime.COMUNITÀ
dialogo
COMUNITÀ
fraternità
APOSTOLO apostoli del Duemila
APOSTOLO apostoli di 2000 anni fa
DOTI UMANE aggiornamento
MONDO progresso
CONGREGAZIONE missione
COMUNITÀ
condivisione
DOTI UMANE collaborazione
APOSTOLO
COMUNITÀ
promozione fraterna
DIO Padre
EUCARISTIA S.Messa
PAROLA DI DIO Vangelo
PREGHIERE a Gesù
Cfr. 1 Sam 3,10.
Cfr. Giovanni 3,30.
A questo punto don Ottorino concede una pausa di silenzio per favorire il contatto personale con il Signore.
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3. Fatta questa premessa, poiché sapevo che avevate cinque minuti più del solito a disposizione in seguito alla discussione di ieri, incominciamo la meditazione. La meditazione dobbiamo cominciarla sempre, anche quando la facciamo da soli, mettendoci in contatto con il Signore, e cioè dicendo al Signore: “Caro Signore, io sono qui. Parla, il tuo servo ti ascolta”. Ricordate il piccolo Samuele: “Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta”. Mettiamoci in contatto personale con Dio. Siamo entrati in chiesa; voi avete visto don Ottorino con la carta in mano, e lo avete ascoltato. Però, c’è uno che suggerisce a don Ottorino e dinanzi al quale noi dobbiamo tutti scomparire. Diceva San Giovanni Battista: “È necessario che lui cresca e che io diminuisca”. È a quest’uno che dobbiamo sempre rivolgere lo sguardo quando entriamo in chiesa e quando ascoltiamo le prediche, anche se fatte da un prete balbuziente. Ricordatevi bene: è lui che parla. Non osserviamo se la grammatica è sbagliata. Quel minimo che lui ci vuol dire, ascoltiamolo! Diciamo al Signore: “Signore, sono qui: parlami!”.PREGHIERA meditazione
PREGHIERA incontro cosciente e personale con Dio
Le relazioni presentate durante il 1° Capitolo generale del 1968 furono sette: la vita e le opere della Congregazione, tenuta da don Aldo; la relazione programmatica di don Ottorino, che in seguito venne assunta con la carta fondamentale della Congregazione; l’apostolo d’oggi voluto dalla Chiesa e atteso dall’umanità, tenuta da don Giuseppe Rodighiero; il sacerdote e il diacono della Pia Società, tenuta da don Luigi Furlato; la nostra vita di comunità, tenuta da don Matteo Pinton; la povertà religiosa, tenuta da don Pietro De Marchi; la pastorale nella Congregazione, tenuta da don Erasmo De Poli.
Nel testo registrato a questo punto si ascolta la risposta: “Presbyterorum Ordinis”.
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4. L’ordine con il quale sono state stese le delibere è quello secondo il quale sono state presentate le relazioni. La prima relazione - mettiamo da parte quella riguardante lo stato della Congregazione - è quella programmatica che ho tenuto io e che poi è stata masticata da tutte le altre. Perciò praticamente si potrebbe prendere in esame o quella programmatica o tutte le altre e discuterle, ma le altre hanno seguito un ordine logico: l’uomo, il religioso, la comunità, la vita religiosa, la vita di apostolato. Prendiamo anzitutto in esame: l’uomo. E allora ecco la prima delibera: «Formazione umana dell’apostolo. Gli apostoli...». Trovo scritto alla fine “p.o.3”: che significa, per piacere? Dunque lo sapete anche voi. Io lo sapevo, ma volevo sentirlo anche dalla vostra voce. «Gli apostoli non potrebbero essere ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena; ma d’altra parte non potrebbero nemmeno servire gli altri uomini se si estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente». È importantissimo sottolineare questi due punti. Ecco la meditazione di questa mattina. «Gli apostoli non potrebbero essere ministri di Cristo se non fossero testimoni e dispensatori di una vita diversa da quella terrena...», e nello stesso tempo «... non potrebbero nemmeno servire gli altri uomini se si estraniassero dalla loro vita e dal loro ambiente». È chiaro che se io voglio portare le castagne a voi che siete a Bosco devo dirigermi a Bosco, non ad Asiago. Ma se io vengo a Bosco a portarvi le castagne e non ho con me le castagne, sarebbe stato meglio che me ne fossi rimasto a casa. Non vi pare? È necessario avere le castagne e venire a Bosco. Le due cose necessarie sono queste: avere le castagne e venire. Nel caso nostro: è necessario essere e portare. La parte umana serve per portare, è il vassoio; quello che dovete portare è l’essere che voi dovete realizzare in voi stessi. Questo è il punto sul quale volevo fermarmi come premessa iniziale. È vero che stiamo incominciando a trattare la parte umana, ma io vorrei prima sottolineare proprio questo punto.CONGREGAZIONE
FORMAZIONE
CONGREGAZIONE Capitolo
APOSTOLO uomo
ESEMPI apostolo
CREATO
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5. Insisteremo sulla parte umana perché è veramente necessario. Infatti la parte umana è il primo incontro con gli uomini, e su questo non c’è niente da obiettare... il messaggio lo si porta sempre incarnato in un uomo. È sempre l’uomo che si presenta; se l’uomo si presenta male, amici miei, è inutile, non riuscirà a portare il messaggio divino. Vorrei proprio insistere su questo, perché oggi c’è il pericolo che si cerchi troppo la parte umana... che si arrivi cioè a Bosco, ma senza le castagne! Del resto anche qui ci sarebbe molto da discutere e vedere se veramente si cerca la parte umana in modo giusto, perché la parte umana può essere cercata in un determinato modo e anche in un altro. Infatti io potrei dire: “Tu cerchi la parte umana, e fai bene e hai ragione. Però, quando ti presenti con le mani in tasca dinanzi a un superiore per domandagli qualche cosa, come è capitato ieri sera con uno del quale non so quale classe frequenti perché non ricordo proprio, e senza neanche chiedergli “per piacere” gli gridi: “Ehi! Quando è che...”, io osservo: “Tu, giovane di diciassette, diciotto, vent’ anni, devi crescere nella formazione umana”. Quando una persona si presenta con le mani in tasca a domandare qualche cosa senza nemmeno chiederla ‘per piacere’, io dico che se una mamma avesse un bambino di sette o otto anni che si comportasse così gli darebbe uno scappellotto. Perciò se la parte umana è zero, togliendo l’unico zero resta a zero. Non è vero? State attenti a non ricercare la parte umana come quella signorina che si è presa con il tacco dentro le rotaie del treno, dove c’è il passaggio stradale: faticava, faticava per levarsi il tacco, ma non riusciva ad estrarre la scarpa. Passò un vigile e le disse: “Signorina, si tolga la scarpa! Quanto ci vuole a piegarsi un pochino...”. E lei non voleva, e c’era un po’ di gente che assisteva alla scena, e lei continuava a tribolare. A un dato momento, insomma, con un colpo si è levata la scarpa, uno strappo e la scarpa si è levata: aveva tutte le calze rotte. Non voleva levarsi la scarpa perché aveva le calze rotte. Ecco, tante volte abbiamo belle scarpe, ma le calze rotte e, magari, i piedi sporchi, neri un pochino! Perciò io dico che la parte umana, tante volte, potrebbe essere un soprabito che copre i pantaloni rotti e le calze sporche. Quindi ci sarebbe da dire molto anche sulla parte umana, non so se sbaglio, perché anche quella deve essere completamente a posto. Ma è un argomento che studieremo e tratteremo insieme; lo tratterete anzi con i vostri assistenti, con i vostri rappresentanti, con i vostri fratelli maggiori.CREATO
APOSTOLO uomo
COMUNITÀ
superiore
FORMAZIONE educazione
FAMIGLIA mamma
Don Giuseppe Giacobbo faceva parte all’epoca della Comunità dell’Istituto San Gaetano e lavorava presso il semiconvitto F. Rodolfi con mansioni simili a quelle di preside, che però era un professore esterno
Nel testo registrato si ascolta la risposta: “Don Matteo”.
Il riferimento è a Giampietro Fabris, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico
Renzo Meneguzzo era entrato nella Casa dell’Immacolata dopo il diploma come tecnico agrario e all’epoca stava facendo l’anno del noviziato
Il riferimento è, forse, a Roberto Tirelli, che all’epoca era postulante.
Il riferimento è a Mario Corato, che pur frequentava all’epoca il 1° anno del corso teologico
Il riferimento è forse Graziano Frison, che aveva abbandonato la facoltà di ingegneria per entrare nella Casa dell’Immacolata e che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.
Termine dialettale. Sta per fifa, avere la tremarella.
Termine popolare. Sta per mozzicone di sigaretta ancora fumabile.
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6. Prima di tutto, fratelli miei, ricordatevi bene: bisogna mettersi in testa che, se si vuole portare a Bosco le castagne, bisogna avere le castagne. E qui permettetemi che vi porti un esempio. Supponiamo che la scuola dell’esternato dipenda completamente da noi, che non sia diretta da un preside esterno: l’abbiamo in mano completamente noi. E allora occorre un certo numero di bidelli, un gruppo di professori e un preside. Scegliamo il preside in mezzo a voi. Beh, è logico: don Giuseppe . Non vi pare? Don Giuseppe: preside della scuola; trecento ragazzi e il preside. Scegliamo ora almeno uno come professore. Chi, chi scegliamo? No, don Matteo, poveretto, è troppo buono per fare il professore; può andare bene per la Casa dell’Immacolata. Mettiamo Fabris . Fabris è il professore, anche perché ha gli occhiali. E uno lo mettiamo come bidello. Chi potremmo mettere come bidello? Renzo Meneguzzo. E allora Renzo è uno dei bidelli, non il bidello, l’unico bidello; è uno dei bidelli. Gli mettiamo insieme anche Roberto e qualche altro come bidelli. Che cosa succede? Quali sono le mansioni del bidello? Aprire la scuola, scopare, fare attenzione ai ragazzi che non si rompano la testa, non danneggino le porte, eccetera. Mi pare che non abbia nessun’altra mansione. Egli sarà attento perché i ragazzi entrino nelle aule, che sia in ordine e questo e quello. Quando Renzo ha chiuso le porte dell’esternato e ha terminato le pulizie, lui prende la sua motoretta, va a Grumolo a vedere come sta la Tombola e il Tombolino, il segretario o la segretaria, o che so io. Che cosa gli interessa dell’esternato? A lui basta che i ragazzi non si rompano la testa perché altrimenti ha dei grattacapi, che non danneggino qualcosa altrimenti il preside lo prende a bastonate; gli basta, insomma, che tutto sia a posto e, dopo, non si discute più. Non credo che durante tutta la notte pensi tra sé: “Un momento... Esaminiamo perché ci deve essere un pezzetto di carta fuori posto”, a meno che non sia uno che meriti la camicia di forza, cioè che sia diretto verso il manicomio. Che ve ne pare? Non credo che si alzi la notte per pensare all’esternato; un bidello non fa questo, a meno che non abbia preso una bastonata dal preside il giorno prima e stia ancora grattandosi la testa! Ma, escluso questo caso, il bidello esegue il suo lavoro e tutto è finito. Il nostro caro professor Fabris insegna. Che cosa insegna? Canto, matematica? No, no, lettere, per forza, altrimenti gli facciamo un torto: lettere e cartoline! Supponiamo che insegni in seconda e in terza media. Siccome in un’altra terza c’è Corato . che insegna, e allora un po’ per amor proprio e un po’ per l’amore verso i suoi ragazzi desidera di fare bene, di insegnare bene. C’è chi insegna matematica: Graziano . Ma a lui non interessa la matematica; gli interessa che i suoi ragazzi riescano bene in francese, in italiano, nelle sue materie, insomma. E ci pensa anche alla sera, a casa, come si potrebbe fare perché i ragazzi riescano meglio, e si preoccupa di chiamare in disparte ora l’uno ora l’altro di essi; cioè fa tutto con amore, con affetto, nel suo settore. Prendiamo ora don Giuseppe, il nostro illustrissimo signor preside. Che cosa fa don Giuseppe? Ah, lui non si mette a scopare, però si preoccupa che ci sia dappertutto la pulizia; lui non pulisce le porte, ma si preoccupa che le porte siano pulite e che nessuno le rovini con i calci; lui non va a fare scuola in terza, ma si preoccupa che in tutte le terze si faccia bene scuola d’italiano... di matematica... di ogni materia. È preoccupato che i ragazzi siano contenti, ma che studino; che i genitori siano soddisfatti; che i ragazzi eseguano anche a casa le loro lezioni; è preoccupato cioè dell’avvenire dei ragazzi, del buon funzionamento della scuola e, anche, di qualche ispezione. Se sa che è imminente qualche ispezione, allora si dà da fare: si alza prima al mattino e controlla un pochino. Un preside coscienzioso fa sempre bene il suo dovere, ma in modo particolare quando è in vista un’ispezione, perché allora c’è anche il ‘fio fis’ e cerca di tutto perché le cose abbiano ad andare bene. E il preside ci pensa. Se, magari, un professore non fa bene il suo dovere, stiracchia il suo insegnamento, non è capace di tenere la disciplina, egli ne soffre e studia l’occasione di prenderlo in disparte e dirgli una parola: praticamente la scuola è la sua vita. Dico male, lei, don Giuseppe? È stato spiegato abbastanza bene? Vediamo che il preside vive per la scuola, e sente anche il peso di questa sua missione. Il professore, invece, sente il peso solo della sua classe, e parzialmente; a lui interessa l’ispezione, gli interessa se qualcuno viene nella sua classe a fare un po’ d’ispezione, gli interessa se vengono a fare l’ispezione di italiano o di qualche altra materia che insegna, ma se vengono a fare l’ispezione di matematica a lui non interessa e dice: “Scusi, non sono il professore di matematica”. Al bidello poi non interessa né l’ispezione né l’andamento scolastico; a lui interessa forse quel ragazzino che, quando arriva al mattino, gli porta, magari, qualche ‘cicca’, e allora può capitare qualche piccolo scambio di materie varie - vero, Renzo? - perché il ragazzino è figlio dell’intendente delle Finanze, e allora gli porta qualche pacchetto di sigarette rimasto per sbaglio in qualche angolo del magazzino.ESEMPI responsabilità
Il riferimento è a Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso liceale.
Nell’esempio don Ottorino nomina don Pietro De Marchi e don Gabriele Grolla che erano già sacerdoti, e gli assistenti Livio Adessa e Dionigi Castagna che si stavano preparando a ricevere il diaconato.
Nel testo registrato si ascolta la risposta: “Preside”.
Nel testo registrato si ascolta la voce di Marco Pinton che dice: “Può essere professore”.
Don Ottorino ha sempre voluto che nella preparazione all’apostolato il lavoro manuale avesse un ruolo importante per educare gli apostoli al sacrificio e all’impegno quotidiano. In quei mesi si era aperto per i ragazzi delle medie, sotto la direzione di don Venanzio Gasparoni, un modesto laboratorio di confezione di prodotti dolciari.
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7. Ora, attenti: cambiamo tono e veniamo al tema proposto. Noi, che siamo chiamati da Dio ad essere apostoli, salvatori di anime, in quale categoria potremmo raffigurarci in questo momento, tenendo l’allegoria? Potremmo chiamarci bidelli o professori o presidi? Intanto come prima cosa: quale posto, secondo voi, dovremmo occupare? Ascoltiamo qualcuno che voglia rispondere. Tu, Marco , per piacere; quale, secondo te? Non sapresti? Portiamo un altro esempio, allora; vediamo se siamo capaci di rispondere. Un domani il nostro carissimo don Pietro De Marchi, don Gabriele Grolla, i nostri carissimi diaconi Adessa e Dionigi andranno in una parrocchia. Supponiamo che venga loro assegnata una parrocchia di quattro o cinquemila anime. Ognuno di loro avrà in cura un determinato settore: uno avrà i giovani, uno avrà gli ammalati, e via dicendo. Secondo te, nel loro settore essi saranno bidelli, professori o presidi? È preside, no? Per forza, per forza, lui è preside! Vediamo un altro esempio, qui, in casa nostra. Un assistente ha la responsabilità di un gruppo di giovani, supponiamo, del corso liceale: è professore o preside? In quel gruppo egli ha la piena responsabilità dell’andamento. Quante volte vi ho detto che voi, in questa casa, in vista della preparazione futura e per l’andamento di tutta la casa, dovete sentirvi i soli responsabili di tutta la Congregazione! Ve l’ho detto o no? Voi dovete sentirvi i soli responsabili della Congregazione: perciò, se la Congregazione va male e tu ti accorgi che va male, tu sei responsabile quanto me. Io vi ho resi tutti corresponsabili. Perché? Perché voi desiderate il dialogo, desiderate che si trattino insieme le cose, che si discuta insieme, e avete ragione. Però, se desiderate che mettiamo insieme i soldi, mettiamo insieme anche i debiti. È giusto? Se desiderate sapere, collaborate! Voi avete il diritto di dire: “Lavoriamo insieme, collaboriamo tra noi!”. Benissimo, però grattiamoci la testa insieme. Sbaglio? Grattiamoci la testa insieme. Perciò voi state preparandovi ad essere presidi nel luogo dove un domani lavorerete, ma dovete sentirvi tali anche oggi, perché altrimenti non lo sarete nemmeno un domani. Ora, la prima cosa di cui dovete sentire il bisogno è proprio questa unione con Dio, questo stile di ragionare come Dio, cioè in modo soprannaturale, con principi soprannaturali, questo essere pieni di Dio e preoccupati solo di Dio, solo dell’andamento del regno di Dio. Per esempio, don Venanzio è nel grande laboratorio delle caramelle. Con lui c’è un ragazzo che potrebbe fare da solo, ma egli che è alla testa si sente responsabile e bada che non mangino tutte le caramelle, che non gli rovinino le scatole, eccetera.APOSTOLO chiamata
APOSTOLO salvezza delle anime
ESEMPI responsabilità
PASTORALE parrocchia
PASTORALE giovani
COMUNITÀ
corresponsabilità
COMUNITÀ
dialogo
COMUNITÀ
condivisione
DOTI UMANE responsabilità
CONGREGAZIONE
DOTI UMANE collaborazione
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8. Ognuno di voi sta crescendo per assumere una responsabilità. Voi direte: “Ma l’assumerò un domani, quando sarò diacono, quando sarò sacerdote, allora...”. No, mi dispiace tanto! Ci sono purtroppo nel mondo tanti uomini che dovrebbero essere presidi e non sono neanche bidelli. Perché? Perché non hanno cominciato ad essere presidi quando avevano la vostra età... non si sono preoccupati di prepararsi alla vita che li attendeva. Non si può, figlioli miei, prendere il bidello che abbiamo all’esternato e dirgli: “Da domani tu sarai il preside dell’esternato!”. Capite chiaramente che quel poverino non ce la farà neanche per sogno. Ce la farebbe? Neanche per sogno. Prendete la prima persona che incontrate per strada e ditele: “Domani tu sarai il preside”, e vedrete come funzionerà la scuola il giorno dopo, specialmente se non sono stati fatti ancora gli orari, vedrete come riuscirà a farli bene! Amici, non si può improvvisare un diacono o un prete. Perché? Sarebbe come se si partisse con un camion e rimorchio per riempire il rimorchio di acqua, facendolo diventare un serbatoio. Non si può! Potete voi dire: “Adesso portatemi un camion e rimorchio di acqua”? Dovete prima caricarvi sopra una cisterna, se no che cosa portate? Portate niente, perché l’acqua fuoriesce da tutte le parti. Voi siete chiamati a portare Dio, e se non lavorate in tutti questi anni per avere Dio, per divenire una cisterna portatrice di Dio, voi sarete un camion rimorchio, e anche se riuscirete a diventare un bellissimo camion perché svilupperete in un modo meraviglioso la parte umana non diventerete mai una cisterna, quantunque io dubiti molto che in un apostolo la parte umana possa essere bene sviluppata se non è animata dal soprannaturale: sarebbe una cosa fittizia, una cosa superficiale, una cosa che non convince e, per un apostolo, essa può essere simile non a un sorriso, ma a una smorfia. Non so se sbaglio. Che ne dice lei, don Giuseppe, che se ne intende? A mio modo di vedere, in un apostolo la parte umana si sviluppa bene se le due ‘gambe’ crescono insieme; ma se si sviluppa solo la parte umana, prescindendo dalla parte spirituale, cioè dall’anima, si ottiene una parte umana che può essere coltivata anche dalla gente del mondo, ma non è quella che fa breccia. Non so se ho reso il pensiero. Per conto mio la parte umana deve essere sviluppata insieme con l’altra. Comunque, anche se si fosse sviluppata in modo meraviglioso, avremo un bel camion, ma non in grado di portare acqua, perché se tu lo carichi di acqua, essa si perde per strada.ESEMPI formazione
ESEMPI apostolo
APOSTOLO chiamata
FORMAZIONE
DOTI UMANE responsabilità
SACERDOZIO prete
DIACONATO diacono
MONDO
DOTI UMANE
PREGHIERA sentimentalismo
APOSTOLO ambasciatore di Dio
APOSTOLO uomo
Il fondatore dei Passionisti fu San Paolo della Croce, vissuto nel XVIII secolo.
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9. Io vorrei insistere qui dinanzi al Signore, all’inizio di questo lavoro che stiamo facendo insieme per diventare uomini, ma uomini non perché ce lo comanda il mondo, ma perché ce lo comanda Dio per andare nel mondo. Come Dio ha comandato agli Apostoli: “Andate in città, troverete uno, andategli dietro”, così lui vi dirà: “Dovete recarvi in quel luogo? Ebbene, mettetevi il soprabito, calzate le scarpe, pulitevele, acconciatevi in questo modo preciso, perché voglio che vi presentiate così”. Perciò, quello che noi qui ricaveremo nei riguardi della nostra parte umana, lo ricaveremo come cosa che ci comanda lui. Lui, il nostro Gesù, che ha mandato gli Apostoli dando loro degli incarichi, dà a noi un incarico e ci dice: “Per compiere questo incarico io desidero che portiate questa divisa, cioè abbiate questa gentilezza, questo comportamento umano, questa sincerità, questa prudenza, questa apertura, eccetera”. Questo ce lo comanda lui. Perciò tutte queste cose che servono per essere ‘uomini’, noi le apprenderemo proprio qui, dinanzi al Signore: è lui che ce le comanda, lui che le vuole da noi, perciò non sono più cose mondane, sono cose sante. Ecco perché dico che devono proprio scaturire dall’unione con Dio. Però, questo Dio che ci comanderà queste cose, ci dice: “Figliolo, tu devi ragionare insieme con me, tu devi vivere insieme con me”. Ed è appunto, figlioli, a questa parte spirituale, a questo sentire con Cristo, che io sento il bisogno di richiamarvi. Nei secoli scorsi quando uno lasciava il mondo per farsi religioso, succedeva questo. I Gesuiti, per esempio, al religioso facevano fare delle ginnastiche tremende per abituarlo alla donazione completa. Osserviamo solo la loro formazione spirituale: un’ora di meditazione al mattino, mezz’ora di lettura spirituale alla sera, un quarto d’ora di esame di coscienza a mezzogiorno e un quarto d’ora alla sera. Voi direte : “Uuuhhh!”. Ricordo che padre Ravasi, passionista, mi diceva un giorno a Roma che cosa il loro fondatore chiedeva, che formazione spirituale esigeva. In altre parole, insomma, questi benedetti fondatori facevano fare ai loro religiosi la ‘cura del sole’ per farli diventare ‘neri’. È chiaro? Facevano fare loro la cura della preghiera, della meditazione... Oggi i tempi sono cambiati, sono cambiate le forme, e le forme di ieri non sono più quelle di oggi; oggi non si può mettersi a flagellarsi tre volte la settimana come facevano i Francescani un tempo, non ci si può alzare ogni notte all’una per andare in chiesa e fare un’ora di preghiera. No, no, no! Però, non possiamo tagliare quel filo che ci congiunge all’alto, perché altrimenti portiamo un messaggio umano e non un messaggio soprannaturale. Se oggi constatiamo nel mondo tanta freddezza spirituale e un così grande processo di scristianizzazione, guardate che forse una bella parte di colpa ce la dobbiamo assumere noi. Giorni fa un maestro mi diceva: “Mi scusi, reverendo, mi scusi; lei mi deve capire e mi deve perdonare, ma se il mondo sta perdendo il senso cristiano, non le pare che una parte di colpa l’avete voi preti, perché lo state perdendo prima voi?”. Quel maestro avrà sessant’anni, ed è venuto giorni fa nel mio ufficio: “Mi scusi, mi perdoni se le dico questo: se il mondo sta perdendo un po’ il senso cristiano, - mi ha detto pressapoco così - non vi pare che lo state perdendo anche voi? State diventando troppo uomini! Insomma, ecco: mi pare che in questo momento voi dovreste essere molto più preti di una volta e invece mi pare che state diventando troppo uomini”.APOSTOLO uomo
PAROLA DI DIO Vangelo
VIRTÙ
DOTI UMANE
DIO Padre
CONSACRAZIONE religioso
CONSACRAZIONE offerta totale
PREGHIERA meditazione, contemplazione
EUCARISTIA cura del sole
VOLONTÀ
di DIO
MONDO
FORMAZIONE
CONVERSIONE esame di coscienza
PENITENZA
DOTI UMANE responsabilità
SACERDOZIO prete
AUTOBIOGRAFIA
MONDO ateismo
Il riferimento è a Francesco Lunardon, che all’epoca era ancora novizio e aveva una costituzione fisica molto esile.
Erano chiamati così, in gergo popolare, gli aerei leggeri dell’Aeronautica Militare che servivano da punti di osservatorio volante per i tiri d’artiglieria e per gli spostamenti delle truppe di terra. Di solito erano dei mono o biposto ad elica, non molto veloci e che potevano atterrare in poco spazio anche su prati agricoli.
MI241,10[30-10-1968]
10. Amici miei, proprio in questo momento in cui l’umanità sta attaccandosi alle cose terrene - cose buone e sante! - sono necessari degli uomini di Dio che siano capaci di sollevare questa umanità. In altri tempi vi dicevo: se si dovesse partire in aereo e caricarvi uno solo di voi - chi è il più piccolo, il più magro? State tutti bene! Supponiamo di caricare il nostro amico Lunardon - basterebbe una ‘checchetta’.: si parte e si va, il pilota da una parte e lui di fianco. Ma se dovessimo caricare tutto il nostro gruppo, ci vorrebbe almeno un bimotore, un bimotore capace. Se invece si dovessero caricare centocinquanta giovani: eh, ci vorrebbe un quadrimotore o un reattore! Non vi pare? Ci vorrebbe un motore proporzionato. Per sollevare gli uomini di oggi che sono attaccati al piacere, attaccati al proprio io, attaccati al benessere, e che noi abbiamo il compito di sollevare, amici miei, occorrono motori proporzionati. E i motori non sono l’arredamento interno dell’aereo; i motori sono motori! Anche l’arredamento è necessario, perché non si possono caricare le persone su un aereo attrezzato solo per il trasporto bestiame. È chiaro? Non si può! Sarebbe ridicolo prendere un Boeing, il cui interno fosse interamente un carrozzone e buttarvi dentro centocinquanta persone. Dove le mettiamo? Sedute sul fondo? Ma no; questo sarebbe ridicolo. Però è altrettanto ridicolo attrezzare bene internamente l’aereo e non applicarvi i motori o attaccarvi anteriormente soltanto un paio di buoi per tirarlo avanti. La vita spirituale e l’unione con Dio sono i motori; tutto il resto è carrozzeria, che ci vuole, che è necessaria, perché altrimenti sarebbe inutile avere dei buoni motori se poi l’interno non fosse attrezzato bene, non si presentasse bene. Amici miei, questi motori sono l’unione che noi stabiliamo con Dio, sono la passione che noi sentiamo per Cristo e per le anime, sono lo strazio interno che noi proviamo dinanzi a un mondo che ha bisogno di Dio, che ha sete di Dio, anche se inconsciamente. È il lavoro che noi dobbiamo compiere.APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO vita interiore
ESEMPI apostolo
APOSTOLO uomo
DOTI UMANE
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO missione
DIO
DIO unione con...
Don Ottorino, per meglio fissare l'esempio sopra riferito, volle che il maestro Nilo Dalla Barba, responsabile della scuola grafica dell'Istituto San Gaetano, ne facesse un apposito quadretto che appese in un corridoio della Casa dell'Immacolata.
MI241,11[30-10-1968]
11. In altri tempi vi dicevo: se c’è una fonte e un uomo legato davanti ad essa che sta morendo di sete, e un po’ lontano un altro uomo non legato, sfinito per la sete, che ignora l’esistenza della fonte, voi piccoli che cosa fareste? Uno di seconda media mi ha risposto: “Se io non slegassi quello e non indicassi la fonte a questo, sarei un delinquente!”. Ricordo di aver domandato in chiesa: “Che cosa sarei se essendoci due uomini che muoiono di sete, uno legato davanti ad una fonte d’acqua e l’altro lontano, ignaro di questa, se non slegassi l’uomo e non indicassi la fonte all’altro?”. “Un delinquente!”, mi ha risposto un ragazzino in chiesa. Tutti si sono messi a ridere e io gli ho detto: “Hai ragione!”. Però attenti a non essere voi i delinquenti! Stiamo attenti, figlioli, che i delinquenti non siamo tutti noi! In un mondo nel quale l’umanità ha sete di gioia, la cerca e non la trova, nel quale è sitibonda di qualche cosa...Voi vedete questa umanità che va cercando dappertutto soddisfazioni: cerca da una parte e poi si stanca, cerca da un’altra e... Questi poveri figli di Dio, che inconsciamente cercano Dio - inconsciamente, ma lo cercano - devono essere condotti a lui da noi. Perché tante volte noi non li conduciamo a Dio? Perché non sappiamo dove Dio sta di casa. È tutto qui! E allora li conduciamo nei giardini di Dio a mangiare le fragole, li conduciamo nelle stalle di Dio per vedere i cavalli del Signore; bellissime cose, sante cose, ma a un dato momento bisogna affrontare la porta di casa e portare queste creature ad incontrarsi con il Padre: è questa la nostra missione! Non li condurremo direttamente, li condurremo un po’ alla volta, ma noi dobbiamo avere questa preoccupazione. Quando voi giocate a calcio, quando voi parlate di sport, quando voi trattate quelle cose, anche allora dovete avere questa preoccupazione dei figli di Dio, cioè di come condurre i fratelli a Dio che è là ad attenderli, che è là ad aspettarli. Voi di giorno e di notte dovete pensare a questo: come condurre il mondo a Dio. Per avere questa passione, vorrei dire questa pienezza di Dio, ricordatevi che è necessario presentarsi da soli continuamente a Dio, leggere qualche libro di Dio, e da tutto ricavare qualche cosa che vi porti a Dio. Non trasformate i mezzi in fine perché, figlioli, a un dato momento voi diventerete preti, voi diventerete diaconi, ma sarebbe meglio che il Signore vi chiamasse in Paradiso, perché nel momento in cui gli uomini aspettano Dio da voi, non trovano Dio! È doloroso, sapete, vedere che tante volte in una parrocchia, dove parroco e cappellano dovrebbero dare Dio, Dio invece entra in qualche anima attraverso una persona analfabeta. A me è capitato di vedere questo, sapete! In qualche parrocchia dove ci sono parroco e cappellano e dove Dio vuole entrare in qualche anima, poiché parroco e cappellano non sono canali sufficientemente aperti, Dio si serve di qualche povera vecchietta che non sa neanche recitare l’Ave Maria in maniera esatta, ma è piena di Dio. E attraverso questa vecchietta o quel vecchio o quella povera ammalata o quel povero ammalato Dio passa, magari, nell’anima di un professore. Io ho visto professori, ho visto persone laureate convertite da analfabeti, e rimanere fredde dinanzi al sacerdote. In qualche parrocchia ho visto analfabeti convertire laureati, amici dei sacerdoti, i quali dai sacerdoti non avevano ricevuto mai nulla di Dio. Potrei citarvi nomi e cognomi e casi. Vi faccio l’augurio che un domani, nei luoghi dove lavorerete, nelle vostre parrocchie, Dio, per passare in qualche anima anche colta, non debba ripiegare su qualche umile creatura della vostra parrocchia perché non trova in voi i giusti messaggeri del Vangelo, il canale per cui passare.ESEMPI apostolo
DIO Padre
APOSTOLO F.A.
VIZI
MONDO
DIACONATO diacono
SACERDOZIO prete
PASTORALE parrocchia
PASTORALE parroco
PAROLA DI DIO Vangelo
APOSTOLO missione
DOTI UMANE sport
PREGHIERA incontro cosciente e personale con Dio
APOSTOLO uomo di Dio
NOVISSIMI paradiso
APOSTOLO ambasciatore di Dio
PREGHIERE a Maria