Evidentemente don Ottorino sta parlando dei piccoli aerei mono o biposto che hanno un piccolo carrello davanti con due ruote e una piccola ruota posteriore, e che in gergo popolare venivano chiamate ‘chechete’.
Il riferimento è, forse, a Roberto Tirelli, vocazione adulta entrata da poco nella Casa dell’Immacolata e ancora postulante.
MI247,1 [26-11-1968]
1. Regina apostolorum, ora pro nobis! Sia lodato Gesù Cristo! Se una persona non avesse mai visto un campo di aviazione né un aereo e si portasse un giorno a vedere un campo di aviazione e alcuni aerei, senza averne mai sentito parlare, penso che per lui sarebbe tutto strano: vedrebbe un pezzo di strada asfaltata in mezzo alla campagna. Voi capite la funzione dell’autostrada Milano-Venezia. Ma se ci fosse soltanto un troncone di strada che da San Bonifacio, per esempio, arrivasse a Montebello, un troncone di autostrada in mezzo ai campi, senza collegamento con le altre strade e con la presenza di queste automobili alquanto strane, con le ruote anteriori e una piccola ruota posteriore... e se questo tale fosse abituato a correre con la Fiat 1100 o con qualche altra macchina ancora più veloce, comincerebbe a dire: “Qui sono scesi i marziani o qualcosa del genere. Che automobile è questa? E come è riuscita a giungere fin qui in mezzo ai campi? L’hanno costruita certamente qui!”. E se poi vedesse l’aereo partire sulla pista, oppure vi si trovasse nell’interno e vedesse l’aereo alla fine della pista e prendere velocità, sarebbe una emozione forte. Chi, insomma, non se ne intendesse troppo o non avesse mai provato la sensazione del volo perché è la prima volta, e vedesse che ormai la pista è finita, rimarrebbe fortemente impressionato. Immaginate uno che corre in macchina e improvvisamente vede che il ponte sull’Astico è crollato e si trovasse lì... Immaginate che corra a tutta velocità verso Sandrigo, a centocinquanta all’ora, e arrivi a trenta o quaranta metri dal ponte che è crollato. “Requiem aeternam dona eis, Domine”. Che cosa vi pare? Pensate che si arrivi con l’aereo in piena velocità alla fine della pista. Eh, è chiaro, quando l’aereo è arrivato alla fine della pista ha una sola scelta: o salire o sfracellarsi. Non c’è niente da fare! Quando l’aereo è arrivato in piena velocità alla fine della pista - non è vero, Roberto ? Sei d’accordo anche tu? - deve salire o salta per aria. Non c’è niente da fare: se non sale succede un disastro! Il pilota dell’aereo non può dire: “Adesso torno indietro e comincio di nuovo”; o sale in alto o salta per aria! L’aereo, visto con l’occhio di un automobilista, è una povera automobile; non è proprio l’automobile ideale... con quelle due ali sporgenti sarebbe un impiccio andare per le strade. E poi, anche come ruote, non sarebbe proprio l’automobile ideale. Una macchina veloce, messa al suo fianco, potrebbe anche passargli davanti, inizialmente, ma, arrivati alla fine della pista, la macchina si deve fermare mentre l’aereo si solleva in volo nell’aria..MARIA
ESEMPI apostolo
Don Ottorino si rivolge a Zeno Daniele e a Vinicio Picco, che avevano fatto un viaggio in America Latina e quindi avevano qualche esperienza di volo.
MI247,2 [26-11-1968]
2. Anche noi, visti un po’ con l’occhio del mondo, non siamo proprio le automobili ideali; siamo automobili un pochino strane. Corriamo anche noi sulla pista, ma... ma... ma... siamo un po’ strani: rassomigliamo e non rassomigliamo alla gente del mondo; abbiamo anche noi le ruote, ma ne abbiamo di grandi e di piccole; non possiamo essere paragonati agli uomini del mondo. Per noi c’è un ‘fine pista’: dobbiamo correre su un troncone di strada costruito in mezzo alla campagna; per noi c’è una legge: a un dato momento dobbiamo alzarci, e se non ci alziamo è la morte. Se noi vogliamo pretendere di rassomigliare in tutto agli uomini del mondo e correre sulle loro strade, non lo possiamo fare; noi siamo stati creati per correre sulle strade del cielo. Dobbiamo atterrare perché siamo stati creati per lavorare in mezzo agli uomini e portarli in alto, ma non possiamo atterrare sulle loro strade: dobbiamo atterrare sulle piste stabilite da Dio. Non possiamo correre come corrono gli uomini: la nostra è un’azione soprannaturale. Noi dobbiamo diportarci osservando le leggi della convenienza, perché dobbiamo atterrare qui per forza. Dobbiamo conservare con gli uomini la convenienza., la fraternità, la gentilezza, ma la nostra è una missione che non va misurata sul piano umano. Se la volessimo misurare così, saremmo un aereo che vuole continuare a correre sulla terra oltre la fine della pista. Zeno, tu hai visto; Vinicio, lo stesso: voi capite quali disastri succederebbero. A Rio de Janeiro si andrebbe a finire in mezzo al mare; in qualche altra località in mezzo ai boschi; certamente, oltre il “fine pista” sarebbe la rovina, la morte. Al “fine pista” l’aereo deve alzarsi, altrimenti va alla rovina. Anche noi, a un dato momento della nostra vita, dobbiamo alzarci, altrimenti è la nostra fine. Se vogliamo continuare a vivere sul piano umano, guardate che per noi è impossibile, è impossibile. La pedagogia... benissimo, ci vuole! La scienza umana... ci vuole, senz’altro, come per l’aereo ci vuole la pista per correre; ma a un dato momento deve entrare sulla scena il soprannaturale perché questa è la nostra missione. È facile umanizzare il nostro lavoro; è facile desiderare di correre per terra come corrono le automobili: invece no, noi non lo possiamo fare. Allora bisogna che ci convinciamo di questo: noi saremo quello che Dio ci vuole e realizzeremo il piano che Dio ha su di noi e sulle anime, soltanto se ci metteremo a disposizione di Dio per essere strumenti nelle sue mani per un’opera soprannaturale, l’opera della grazia. E allora, per un istante, prima di partire con la nostra meditazione, mettiamoci dinanzi a lui.MONDO
APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO missione
APOSTOLO salvezza delle anime
DOTI UMANE scienze umane
APOSTOLO attivismo
CONSACRAZIONE disponibilità
MI247,3 [26-11-1968]
3. Nell’ultima meditazione ci siamo soffermati a considerare la necessità del nostro incontro con lui. Questa mattina continueremo un pochino su questo argomento, ma prima diciamo al Signore che ci faccia comprendere come noi siamo persone strane: siamo pescatori, ma chiamati a pescare non al solito modo. Gli altri pescano di notte, noi dobbiamo pescare di giorno; gli altri si servono di una rete grande, ben sistemata, noi di una rete forata e mezza rovinata, però chiamati a gettarla nel nome del Signore. Nell’ultima meditazione ho detto che nella nostra Famiglia religiosa non sono prescritte pratiche di pietà straordinarie, ore notturne di adorazione o altre cose, ma che sarebbe sufficiente fare bene quello che è stabilito dalla Chiesa per i sacerdoti, però farlo bene, in forma straordinaria. Tuttavia abbiamo aggiunto qualcosina: la Via Crucis, e poi quei ‘cinque minuti’, fissati dal Capitolo generale, d’incontro personale con il Signore alla sera. Anzitutto la Via Crucis. Forse vi sarete domandati perché nella nostra Famiglia religiosa è entrata fin dall’inizio, proprio fin dai primi giorni, questa pratica della Via Crucis. Nei primi tempi qualcuno mi ha fatto questa proposta: “Facciamola durante il periodo di Quaresima. Perché dobbiamo farla nel periodo pasquale? Almeno saltiamo via tutto il periodo pasquale!”.APOSTOLO
PREGHIERA pratiche di pietà
CROCE Via Crucis
PREGHIERA i cinque minuti della sera
PREGHIERA unione personale con Dio
CONGREGAZIONE missione
CONGREGAZIONE Costituzioni
CONGREGAZIONE Capitolo
EUCARISTIA adorazione
MI247,4 [26-11-1968]
4. Ecco, vi racconto un po’ la storia, se volete. Leggendo le opere di San Francesco di Sales ho capito tante cose, ma due soprattutto mi sono rimaste impresse. La prima: la necessità che ognuno di noi si incontri con Cristo. In altre parole: quando si pensa a Gesù, sarebbe bene immaginarlo “persona”, cioè mettersi in contatto con lui come una persona. San Francesco di Sales insisteva dicendo che sarebbe bene che ognuno si raffigurasse il Signore Gesù a modo suo: o crocifisso o in una scena evangelica... Per esempio, quando si pensa alla mamma, io non penso a mia mamma quando aveva l’età di quindici anni, ma negli ultimi tempi della sua via, quand’ero insieme con lei. Anche voi: in questo momento voi pensate alla vostra mamma, se l’avete ancora viva, com’è adesso, dov’è adesso, non come quando era fidanzata o prima o quando faceva la prima comunione. San Francesco di Sales, nel suo metodo ascetico, insiste dicendo: “Cercate di rappresentarvi Gesù, di meditare spesso su qualche episodio della vita di Gesù...”. Ricordo che allora, a quel tempo, mi fermavo spessissimo rappresentandomi Gesù nell’Orto degli Olivi che dice ‘sì’ dinanzi alla croce : Gesù sente tutta la pesantezza della croce e avverte la natura umana che recalcitra, mentre il Padre vuole e allora lui risponde: “Padre, se non è possibile altrimenti, sia fatta la tua volontà!”. Qualcun altro può raffigurarsi Gesù in altro modo. Da ragazzo, per esempio, ricordo che mi era più facile rappresentarmelo nella casetta di Nazaret assieme alla Madonna e a San Giuseppe.PREGHIERA vita interiore
GESÙ
incontro personale
GESÙ
uomo
GESÙ
crocifisso
PAROLA DI DIO Vangelo
DIO Padre
MARIA maternità
divina
Il riferimento è a Ruggero Pinton, che all’epoca stava frequentando il 3° anno del corso teologico.
MI247,5 [26-11-1968]
5. San Francesco di Sales insisteva poi su un altro particolare, che non c’entra con l’argomento che stiamo trattando, ma lo sottolineo ugualmente, cioè sulla necessità, nell’apostolato, di mostrare sempre un po’ di sorriso, un po’ di gioia. Anche quando si fa una correzione a qualcuno, si cominci con il mettere in evidenza le sue virtù, e non sottolineare soltanto la parte negativa. Anzi arrivava perfino ad affermare: “Se, per caso, mentre stai facendo una correzione ad una persona, non trovi in lei niente di positivo, è proprio il caso di inventare una bugia”. Arriva a questo punto! Ora, Ruggero , non credere che io inventi la parte positiva; quando la dico, dico la verità. Però, ricordatevelo, lui insisteva su questo. Del resto, perché quando si rivolge una parola a qualcuno, si deve sparargli immediatamente addosso una fucilata per il fatto che ha un orecchio troppo lungo? Guarda, piuttosto, se tutto il resto è a posto; guarda la parte positiva, dagli il quadro completo, altrimenti si scoraggia.APOSTOLO
COMUNITÀ
correzione fraterna
ESEMPI correzione fraterna
Cfr. 1 Corinzi 2,2.
MI247,6 [26-11-1968]
6 Ebbene, riprendendo il primo punto del quale vi parlavo, cioè della necessità di avere il Cristo rappresentato in qualche scena, ho cercato fin dall’inizio di spingere il primo gruppetto dell’Immacolata, che non era ancora Casa dell’Immacolata. In mezzo ai ragazzi, agli orfani dell’Istituto, c’era un gruppetto che chiamavo ‘Gruppo dell’Immacolata’, ispirandomi a San Giovanni Bosco il quale aveva fondato la ‘Compagnia dell’Immacolata’. Io, però, invece di chiamarlo ‘Compagnia’, l’ho chiamato ‘Gruppo dell’Immacolata. Con questi ragazzi mi incontravo ogni mattina per un pensierino di meditazione, quando ancora mi trovavo nella prima Casetta, di dodici metri per dodici. Naturalmente non erano santi come voi; erano meno birbanti degli altri; forse bestemmiavano un pochino meno degli altri: insomma erano il piccolo ‘Gruppo dell’Immacolata’. Me li lavoravo un pochino alla sera. E a questi, perché pensassero realmente a Gesù, mi è venuta l’idea di far fare loro la Via Crucis ogni settimana. E allora si faceva insieme e ci si fermava dinanzi a una stazione... e intanto, insistendo oggi e domani, meditando Gesù crocifisso, si finisce per fare propria l’affermazione di San Paolo: “Io conosco uno solo, Cristo e questi crocifisso” .AUTOBIOGRAFIA
CROCE Via Crucis
GESÙ
CONGREGAZIONE storia
CONGREGAZIONE spiritualità
CONGREGAZIONE Casetta
FORMAZIONE educazione
GESÙ
crocifisso
GESÙ
conoscenza
Cfr. Giovanni 19,30.
MI247,7 [26-11-1968]
7. a. Occasione settimanale per contemplare il Signore Il primo movente che mi ha spinto a rendere obbligatoria la Via Crucis settimanale è stato proprio questo: avere l’occasione ogni settimana di fermarsi a guardare lui, e a guardarlo specialmente nel punto culminante della sua vita, quando si è volontariamente offerto come vittima per i nostri peccati. E allora tu capisci che, se ogni settimana ti fermi, ma proprio ti fermi, - è bellissimo fare la Via Crucis insieme, ma è molto più bello farla da soli, fermarsi un pochino - ti fermi a vedere lui che accetta la croce, che viene condannato dai suoi fratelli, che si incontra con la mamma, che si lascia spogliare, crocifiggere e che dalla croce, dopo averci fatto il regalo della Madonna, dice al Padre: “Consummatum est” , tu capisci che hai delle lezioni meravigliose per la vita spirituale, per la vita intima, e nello stesso tempo tu ti incontri con lui e fai una certa amicizia con lui.GESÙ
Via Crucis
GESÙ
redenzione
GESÙ
crocifisso
GESÙ
amico
MARIA addolorata
PREGHIERA vita interiore
CROCE
MI247,8 [26-11-1968]
8. b. Aiuto per vivere la Santa Messa Ecco allora la conseguenza che mi aspettavo: vivere la Santa Messa. Perché se io vado a ricevere la santa comunione, se io vado in chiesa a celebrare o ad ascoltare la Santa Messa e non sono abituato a contemplare lui, a un dato momento quella particola rimane una cosa e non una persona. Allora perché quella particola divenisse una persona, invece che fare tanti discorsi, ho spinto i primi giovani che desideravano farsi religiosi a fermarsi settimanalmente a considerare la persona, Cristo crocifisso, perché la potessero vedere ogni mattina sopra l’altare mentre rinnova la sua immolazione. Perciò il secondo motivo è stato questo: poter vivere realmente la Santa Messa.EUCARISTIA S.Messa
EUCARISTIA comunione
CONSACRAZIONE religioso
GESÙ
crocifisso
GESÙ
Via Crucis
Cfr. Efesini 3,1.
Cfr. Mt 10,16 e Lc 10,3.
L’allusione è chiaramente alle sofferenze patite da don Ottorino nel cammino per ottenere il diaconato permanente nella Congregazione, specialmente a causa della contrarietà del vescovo diocesano mons. Zinato.
MI247,9 [26-11-1968]
9. c. Forza per accettare la propria croce C’è un terzo motivo: noi siamo chiamati ad essere crocifissi come Gesù. Io ho sempre pensato il sacerdote come il ‘vinctus Christi’ , e mi è sempre piaciuta - ve l’ho detto in altre circostanze - quella piccola immagine dove sono raffigurati il sacerdote e Gesù con il capo dell’uno appoggiato a quello dell’altro e con un’unica corona di spine che li cinge. Il Signore lo ha promesso: “Vuoi essere mio discepolo? Prendi la tua croce... Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Perciò quello che Gesù ha promesso a noi, che abbiamo accettato di seguirlo, è di condividere con lui, qui sulla terra, la corona di spine e in cielo la gloria del trionfo; ma sulla terra la corona di spine! Del resto, che cosa ha detto a Lourdes la nostra buona mamma, la Madonna, a Bernardetta? “Ti farò felice, non su questa terra, ma nell’altra vita”. Perciò la nostra strada è questa: è segnata dalla croce e dalla sofferenza; è chiaro! Io ho accettato di essere prete, - la mia stessa veste me lo dice - ma ho accettato anche di essere martirizzato come lui. E allora, nella meditazione della passione del Signore che io faccio settimanalmente, devo imparare sì a vedere il Cristo e a considerare quello che ha fatto; devo sì imparare a vedere nella Messa la rinnovazione del sacrificio della croce, ma devo anche imparare io stesso ad accettare come ha accettato lui nell’Orto degli Olivi: “Padre, se è possibile, passi questa croce!”. Non mi è proibito dirlo qualche volta, specialmente quando si tratta del diaconato o di qualche altro particolare, però devo sempre concludere la mia preghiera come lui: “Padre, ho male ai denti; se è possibile, passi questo dolore; provo con una cibalgina, provo con un’aspirina, però, Signore, sia fatta la tua volontà”. Ho un dispiacere? Ho qualcosa che mi pesa? “Padre, se è possibile passi, però sia fatta la tua volontà”.GESÙ
crocifisso
GESÙ
sequela
PREGHIERA meditazione, contemplazione
EUCARISTIA S.Messa
DIACONATO diacono
SACERDOZIO prete
MARIA la nostra buona mamma
MARIA Lourdes
NOVISSIMI eternità
SACERDOZIO veste
CROCE martirio
DIO Padre
VOLONTÀ
Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero, che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.
Cfr. Colossesi 1,24.
MI247,10 [26-11-1968]
10. In altre parole: io devo imparare dalla passione del Signore a seguire la mia strada dolorosa giorno per giorno, ora per ora, perché una strada sacerdotale che non è dolorosa, non è una pista giusta. Quando un sacerdote o un diacono corre su una strada che non porta segni di croce, è come un aereo che corre in mezzo ai campi e non su una pista: non può alzarsi. Eh, mi guardi, caro don Giuseppe ! È così! Un sacerdote o un diacono che voglia veramente realizzare il piano di Dio, cioè alzarsi da terra e alzare le anime, deve correre necessariamente su una pista segnata dal sangue. E allora nella meditazione della passione di Gesù, mentre considero Gesù innocente condannato, immediatamente cascano tutte le mie ragioni davanti alle ingiustizie che ho subito durante la settimana. Vi pare giusto? Quando io penso: “Ma il vescovo...”, e questo e quello, e lui innocente! Per carità, non sono innocente come lui; è chiaro? Lui innocente porta la croce e io, mezzo innocente e mezzo colpevole - non importa se fossi anche innocente - non sarò mai come lui! Quando metto a confronto la mia vita con la sua, immediatamente devo concludere: “Signore, mi vergogno perché dinanzi alla croce tu hai detto di sì, mentre io tante volte ho detto di no!”. Ecco allora che dalla passione del Signore io devo imparare non soltanto ad assistere alla Messa ogni mattina, ma a vivere la mia Messa ogni giorno, cioè a portare ogni giorno il contributo del mio sangue al sacrificio dell’altare. San Paolo dice che devo mettere nel calice “quello che manca alla passione di Cristo...” , cioè devo continuare ad essere il Cristo. Cristo, il mio fratello glorioso, è in cielo; io, qui in terra, devo continuare ad essere lui, non soltanto nel compiere i miracoli, nel dare una testimonianza esterna del Vangelo, ma specialmente nel mostrare la gioia in mezzo al dolore, e nel mostrare che con gioia accetto la croce quotidiana. “Ma perché voi siete tanto contenti? Siete senza croci?”. “No, le accettiamo per amore di Gesù, le offriamo per amore di Gesù!”. Ecco, non so se sono riuscito a farvi capire il motivo per cui coloro, che hanno iniziato qui fin dai primi anni, hanno creduto bene introdurre tra le loro pratiche di pietà la Via Crucis. Sarei contento se in avvenire si potesse continuare l’esercizio della Via Crucis con questo spirito. E allora la Via Crucis vale anche per la settimana in Albis e anche per le settimane dopo Pasqua.SACERDOZIO prete
DIACONATO diacono
CROCE
GESÙ
PREGHIERA pratiche di pietà
APOSTOLO salvezza delle anime
CROCE sangue
CROCE Via Crucis
CROCE sofferenze morali
GESÙ
imitazione
PECCATO omissioni
GESÙ
Cfr. Geremia 1,6.
Il riferimento è a Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso liceale.
MI247,11 [26-11-1968]
11. Ecco un altro punto: i ‘cinque minuti’ d’incontro con Nostro Signore alla sera. Perché l’apostolo possa vivere ed essere veramente tale, cioè possa capire la sua missione soprannaturale e realizzarla, per avere specialmente, vorrei dire, quelle idee... È inutile; certe cose non le impariamo sui libri; bisogna che ce le riveli lo Spirito Santo. Non c’è niente da fare! Certe iniziative, certe uscite... Bisogna andare disarmati; è lo Spirito Santo che ce le dice, che ce le fa fare. È fatica inutile mettersi a studiare per una giornata intera come si potrebbe risolvere questo o quello. In quel momento lasciamoci trascinare da lui, andiamo disarmati dinanzi allo Spirito Santo e diciamogli: “Signore, a, a, a, non so parlare” . E allora parlerà lui. Certe cose le impareremo soltanto quando silenziosamente ci metteremo dinanzi all’altare. È impossibile che un prete e un diacono possano esercitare la loro missione, la loro sublime missione apostolica, se non sanno parlare con il Signore e ascoltarlo, parlare intimamente con Dio e ascoltarlo. Però io so una cosa: qualche volta basta iniziare. Tu prendi qualcuno dei presenti, per esempio, Marco : “A te non piace il vino, non è vero?”. Supponiamo che non ti piaccia il vino e che davanti a te ci sia un fiasco di Frascati. “Ne vuoi?”, ti chiedo. “No, no, no”. “Ne vuoi?”. “No, no, no”. “Senti, prendine un ditino solo, un ditino così”. “No... ma...”. “Senti, solo un ditino così”. Quando tu hai preso un ditino di Frascati, specialmente dopo aver mangiato un chilo di marroni, penso che non occorra che ti dica: “Marco, prendine un altro bicchiere”, perché sarai tu stesso che salterai avanti a tutti dicendo: “Ragazzi, non vorrete berlo tutto da soli; ci sono anch’io, eh!”. Non ne sei convinto? Io ho tanta stima di te, ed è appunto per questo che dico così. Quando tu hai assaggiato un ditino di Frascati, sono sicuro che poi ne prendi un bicchierino, ma di quelli grandi! Quando un religioso assaggia ogni giorno cinque minuti di incontro vero con Dio, non occorre che gli si dica: “Quando ne senti il bisogno, quando tu hai sete, va’ e bevi”. Sarei contento che nella Congregazione restasse questo assaggio quotidiano, non perché esso sia sufficiente - lo so che non è sufficiente -, non perché sia il salvatutto, ma perché vi fa ricordare: “Voi tutti che avete sete, venite a me e bevete”, dove è la fonte dell’acqua viva alla quale solo possiamo dissetarci in certi momenti della giornata. Ecco perché io insisterei: quei cinque minuti siano cinque minuti di incontro e non di preghiere recitate alla svelta. Se avessi fissato un quarto d’ora, finirebbe per diventare un quarto d’ora o di esame di coscienza o di preghiere o di rosari, eccetera; se avessi fissato un’ora, sarebbe diventata un’ora di lettura spirituale o di breviario, eccetera. Ho detto: lasciamo soltanto cinque minuti, ma che siano cinque minuti d’incontro con il Signore, di adorazione, di ringraziamento, di richiesta di perdono, di offerta di se stessi. Sono sicuro che in quei cinque minuti il religioso trova la fonte per potersi dissetare, capisce che senza di lui non si può concludere niente e che non ci si può alzare dalla pista per sollevare l’umanità.PREGHIERA i cinque minuti della sera
APOSTOLO missione
APOSTOLO vita interiore
DIO Spirito Santo
EUCARISTIA adorazione
SACERDOZIO prete
DIACONATO diacono
PREGHIERA unione personale con Dio
DIO unione con...
ESEMPI Eucarestia
CONSACRAZIONE religioso
CONGREGAZIONE spiritualità
MI247,12 [26-11-1968]
12. Il tempo è passato; vorrei concludere. Voi capite che ci sarebbero tante cose da dire riguardo alla pietà, ma a vostra disposizione ci sono testi meravigliosi, che certamente oscurano il povero strumento che è qui presente. A me interesserebbe soltanto che tutti prendessimo sul serio questa realtà, e cioè che se non siamo uomini uniti a Dio siamo dei falliti. Per noi è proprio inutile andare avanti con una Congregazione religiosa senza questa convinzione, perché dinanzi a una umanità com’è quella di oggi, non c’è proporzione tra un’azione umana, per quanto grande essa sia, e il male che sta venendo avanti. O noi ci convinciamo che quello che stiamo compiendo è opera di Dio e ci mettiamo interamente nelle mani di Dio, mettendoci tutta la buona volontà per quanto riguarda la nostra parte umana, e allora concludiamo qualcosa, altrimenti non concluderemo niente.PREGHIERA pratiche di pietà
VIRTÙ
APOSTOLO vita interiore
MI247,13 [26-11-1968]
13. Vorrei, però, sottolineare qualche piccolo particolare. Voi capite che la pietà interiore, della quale abbiamo parlato, deve manifestarsi anche esteriormente. Ed è chiaro! Per esempio, devo fare la Via Crucis, il ringraziamento della Messa e della comunione, gli incontri personali con il Signore, con quello spirito interiore di cui vi ho parlato prima; però esteriormente io devo avere un contegno che manifesti la mia pietà. Perché? Perché siamo messi sopra il candelabro, non sotto il moggio, e gli uomini devono vedere le nostre opere buone per glorificare il Padre che è nei cieli. Perciò noi abbiamo il dovere, il dovere apostolico, non di esibirci, ma di manifestare con semplicità anche esteriormente la nostra fede, il nostro amore verso il Signore. Vi ricordate che quando eravate piccoli vi abituavo a questo, continuavo ad insistere con la genuflessione della prima, della seconda, della terza e della quarta settimana del sacrestano? Il sacrestano alla prima settimana fa una genuflessione che ti lascia stupito: “Che santo sacrestano abbiamo!”; alla seconda settimana: ti vedo e non ti vedo; alla terza settimana: genuflessione a tre quarti; alla quarta settimana: ‘Ite missa est’! Ricordate che in chiesa facevamo perfino le prove della genuflessione della prima settimana... il segno di croce della prima, seconda, terza e quarta settimana? Ricordate come dicevamo il Padre nostro, l’Ave Maria...? Ora siete grandi e voi capite... Sono un po’ timido e ho paura un pochino; qualche volta sono vergognosetto e faccio fatica a riprendervi perché siete grandi. Ma quante volte mi verrebbe la voglia di dire: “Tu hai fatto una genuflessione in chiesa, ma non pensavi a quello che facevi: quella è stata una genuflessione della terza o della quarta settimana. Quando sei entrato in chiesa hai recitato un’Ave Maria, ma tu, tu, tu... avete detto l’Ave Maria della quarta settimana. Hai fatto il segno di croce...”. La nostra mamma c’insegnava: “Con il segno di croce noi manifestiamo l’Unità e la Trinità di Dio, la passione e la morte del Signore... Padre, Figlio e Spirito Santo!”. Vorrei domandare: “Quando fai il segno della croce pensi al Padre, al Figlio che è nel tabernacolo, allo Spirito Santo... a Cristo crocifisso? Il tuo segno di croce è una meditazione o è uno schiribizzo o qualcosa del genere?”. Perché proprio noi dobbiamo fare delle commedie? Non sarebbe il caso di fare un solo segno di croce al giorno e farlo bene? Meglio, invece, continuare a farne tanti e bene! Il Gloria Patri, l’Ave Maria, le genuflessioni, perché non devono essere una manifestazione esterna della nostra fede? Voi direte: “Ci comportiamo così per non apparire... perché vogliamo essere umili”. E io vi dico che abbiamo il dovere di mostrare quello in cui crediamo.PREGHIERA unione personale con Dio
VIRTÙ
fede
PREGHIERA pratiche di pietà
DIO Spirito Santo
DIO Trinità
EUCARISTIA tabernacolo
VIRTÙ
umiltà
EUCARISTIA S.Messa
EUCARISTIA comunione
PREGHIERA vita interiore
APOSTOLO testimonianza
APOSTOLO uomo
DIO Padre
MI247,14 [26-11-1968]
14. Ricordate l'episodio di San Francesco di Sales che vi ho raccontato altre volte? Il santo aveva fatto di tutto per convertire un eretico. Una sera, dopo aver chiuso le porte della chiesa, San Francesco fece la sua bella genuflessione in chiesa e si fermò a pregare. Dal confessionale uscì l’eretico che disse: “Ecco l’ultima prova; mi sono nascosto nel confessionale e ho voluto vedere con i miei occhi se lei, rimasto solo dinanzi al Signore, si diportava come mi aveva detto a voce, cioè se il suo modo di agire pubblico e il suo modo di parlare sono leali. Ho avuto l’ultima prova, e perciò adesso mi converto!”. Amici miei, le vostre genuflessioni, i vostri segni di croce, le vostre Ave Maria, sono motivo di conversione o di scandalo per la gente? Ricordo sempre, mi pare di vederlo ancora davanti, il nostro Santo Padre Pio XII, quelle due volte nelle quali sono stato ricevuto in udienza speciale: mentre dava la benedizione sembrava quasi che inserisse un circuito e si mettesse in contatto con l’Altissimo. Lo si vedeva così... e vi assicuro che non era posa; era l’uomo di Dio. Ricordo padre Uccelli quando dava la benedizione. Ricordo l’anima santa di monsignor Celadon, padre spirituale del seminario prima di monsignor Volpato. Un giorno era in sacrestia e stava predicando ai sacrestani. Sto uscendo e mi accorgo che lui non esce; torno indietro: aveva preso il crocifisso e lo baciava quasi parlando con il crocifisso... Ah, figlioli miei! Anche esteriormente dobbiamo dimostrare quello in cui crediamo! Faccio l’augurio che la nostra buona mamma, la Madonna, ci faccia capire e vivere queste cose, in modo che possiamo trasmetterle anche a coloro che verranno dopo di noi nella nostra Famiglia religiosa.ESEMPI i santi
ESEMPI testimonianza
EUCARISTIA adorazione
ESEMPI apostolo
CHIESA Papa
DIO unione con...
CONVERSIONE
PREGHIERA pratiche di pietà
PREGHIERE Ave Maria
APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO vita interiore
APOSTOLO testimonianza
AUTOBIOGRAFIA seminario
GESÙ
crocifisso
MARIA la nostra buona mamma