Il riferimento è al giovane Lino Zuin, morto tragicamente nel cortile della Casa dell’Immacolata soltanto tre giorni prima, che frequentava la scuola magistrale presso l’Istituto Zanella di Vicenza.
La parabola delle dieci vergini è narrata da Matteo 25,1-13.
MI259,1 [21-01-1969]
1. Sia lodato Gesù Cristo! Se venerdì scorso, durante la meditazione, avessi detto: “Alzi la mano chi per primo partirà per il Paradiso”, voi sorridendo avreste forse pensato: “La alzi lei, don Ottorino, che è il più vecchio”, perché in dialetto si direbbe: “Dai coppi in giù, tocca ai più vecchi partire per primi”. Invece nella nostra Famiglia abbiamo già segnato il secondo caso, il quale dimostra che non è proprio il più vecchio che deve partire per primo, ma quello che viene scelto da Dio. E se adesso io dicessi: “Alzi la mano chi deve partire per terzo”, vi prego di non dire: “Alzi lei la mano”, perché non sappiamo chi sia il terzo. Potrei essere io, potrebbe esserlo uno di voi prima di sera. San Giovanni Bosco, rivolgendosi ai suoi giovani, diceva: “Ricordatevi che sulla vostra fronte sta scritta una cifra, cioè la data dell’anno con giorno, mese e ora, nella quale voi dovrete partire da questo mondo e presentarvi dinanzi al giudizio di Dio”. La sentenza di morte è già segnata, è già segnata l’ora per ciascuno di noi. Ora, non per chiudere una pagina, perché essa deve rimanere aperta, ma dopo il funerale del nostro carissimo Lino, che vedo ancora lì, come se fosse presente alla meditazione, nell’atto di scappare via in fretta e furia per andare a scuola, chiudendo questa pagina, io ancora una volta mi rivolgo a voi, e a me stesso prima che a voi, e dico: cerchiamo di essere preparati! Proprio nella Messa di questa mattina abbiamo letto il Vangelo delle vergini stolte e delle vergini prudenti. Quante creature sono prese alla sprovvista come le vergini stolte! Quante creature muoiono sulla strada così, improvvisamente! Senza giudicare proprio male, osservando la loro vita, possiamo pensare che si siano presentate dinanzi a Dio con la lampada spenta. Amici miei, cerchiamo di averla sempre accesa questa lampada, cerchiamo che tutte le nostre azioni abbiano sempre da corrispondere alla volontà di Dio in modo che, se Dio viene a bussare alla porta della nostra casa, possa veramente accoglierci a braccia aperte.NOVISSIMI giudizio
NOVISSIMI morte
NOVISSIMI paradiso
MONDO
PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
VIRTÙ
prudenza
VOLONTÀ
di DIO
Probabilmente il parroco aveva parlato con il giovane seminarista durante le vacanze di Natale quando era ritornato a casa per alcuni giorni.
Cfr. Giona 1,1-12.
Il riferimento è, forse, a Lorenzo Centomo che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico.
MI259,2 [21-01-1969]
2. Prima di incominciare la nostra meditazione vorrei dire ancora una brevissima parola. Lino si è presentato dinanzi a Dio, ha risposto della sua vita. Molti di voi, con l’esempio e la parola, lo hanno aiutato ad essere più buono, perciò Dio lo ha trovato più buono perché qualcuno di voi lo ha aiutato ad essere buono: è una gioia questa, sapete! Ieri il suo arciprete mi diceva: “Poverino, era disorientato durante l’estate; quando è venuto da voi era disorientato. Da un mese io l’ho visto sereno, contento; non faceva che parlare bene di voi, dei suoi compagni; diceva di avere dei compagni che erano veramente dei santi e che lo aiutavano - speriamo che questo sia vero, eh! -, che veramente l’hanno aiutato ad essere più buono; si sentiva portato ad essere più buono in mezzo a giovani buoni”. Ebbene, Dio vede in questo momento che la bontà di Lino è dovuta alla sua grazia, che è dovuta alla buona volontà di Lino e che è dovuta anche al mezzo attraverso il quale Dio ha operato in Lino. Perciò, grazie a quei giovani qui presenti che hanno collaborato perché Lino fosse più buono, più degno del Paradiso. Però, però, Lino è arrivato in Paradiso con quella santità che Dio voleva da lui in quel momento, o forse è arrivato un po’ meno santo perché qualcuno ha commesso un peccato di omissione o ha dato un po’ di scandalo con la sua condotta qui dentro? Ecco il pensiero: vorrei che ognuno di voi si rendesse conto che, vivendo in mezzo a cristiani e religiosi, non si possono prendere le cose per scherzo: siamo tutti corresponsabili dei nostri fratelli. Perciò la serietà nel parlare, nel comportarsi, la vita religiosa vissuta bene da ciascuno di noi, sono un dovere che Dio esige da noi per l’edificazione dei nostri fratelli. Amici miei, nessuno di coloro che vi è vicino debba dire un domani dinanzi al giudizio di Dio: “Io sarei arrivato più santo in cielo se tu fossi stato più santo”. Chissà quante volte i cristiani dovranno dire al loro parroco, ai loro sacerdoti: “Io sarei stato un santo se avessi avuto un parroco santo. Io sarei stata una Santa Agnese, un Santa Cecilia, se avessi avuto un parroco santo. Invece ho avuto un parroco che... altro che farmi Cecilia e Agnese!”. Amici miei, rendetevi conto della responsabilità sociale che avete qui nella Casa dell’Immacolata, del dovere che avete di edificare spiritualmente i vostri fratelli! Guardate che Dio vi ha dato una missione. Nella Casa dell’Immacolata o si edifica o si distrugge, o si aiuta il fratello a divenire più santo o si aiuta il fratello a scendere in giù. Vorrei aggiungere un’ultima parola. È morto Lino, e qualcuno, forse, non dovrebbe anche percuotersi il petto? Nella Casa dell’Immacolata c’era, forse, qualcuno che non si era impegnato seriamente nella vita spirituale, intima? O c’era qualcuno, forse, che viveva nella tiepidezza o, Dio non voglia, anche qualche volta disgraziatamente nel peccato? La nave, sulla quale Giona navigava, minacciava di essere travolta dalle onde perché c’era a bordo uno che non faceva la volontà di Dio. Guardate che con Dio non si scherza: per uno, proprio per uno solo, può essere minacciata tutta la nave. Qualche volta parlando, per esempio, con qualche novizio chiedevo: “Come va?”. “Sì, ma, mi pare che qualche volta vada bene e qualche volta no...”. Ieri sera parlavo con il nostro caro Lorenzo: “Come va?”. “Qualche volta sembra che vada bene, qualche volta no...”. Amici, state attenti che questa disgrazia non sia stata un richiamo, forse l’ultimo richiamo di Dio per qualcuno che ancora non si è impegnato nella vita spirituale o ha preso le cose spirituali un po’ alla buona. Concludendo: figlioli, con Dio non si scherza!NOVISSIMI morte
NOVISSIMI giudizio
APOSTOLO testimonianza
GRAZIA
NOVISSIMI paradiso
CONSACRAZIONE santità
PECCATO scandalo
PECCATO omissioni
CHIESA cristianesimo
CONSACRAZIONE religioso
COMUNITÀ
corresponsabilità
COMUNITÀ
confratelli
CONSACRAZIONE vita religiosa
CONSACRAZIONE santo
DOTI UMANE responsabilità
APOSTOLO missione
PASTORALE parroco
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
APOSTOLO vita interiore
Don Ottorino fa riferimento al modo in cui fu martirizzato il diacono di Roma San Lorenzo, che fu esposto al fuoco su una graticola di ferro.
I primi sette diaconi permanenti della Congregazione, consacrati il 22.1.1961, festa del diacono martire San Vincenzo, furono: Livio Adessa, Francesco Attorni, Dionigi Castagna, Giovanni Orfano, Valentino Pavan, Vinicio Picco, Giovanni Battista Zorzo.
Dopo la morte di Lino Zuin don Ottorino si era ritirato per alcuni giorni a Bosco di Tretto lasciando a Don Guido, che era il direttore della Casa dell’Immacolata, e a Picco Vinicio il compito di gestire il difficile iter burocratico dei rilevamenti e degli interrogatori giudiziari.
Don Luigi Furlato, pur essendo padre maestro dei novizi, si era iscritto presso l’Istituto di spiritualità della Pontificia Università Gregoriana di Roma.
Zeno Daniele frequentava all’epoca il 3° anno del corso teologico e non era ancora suddiacono.
Don Ottorino si riferisce allo scandalo per la ribellione di don Enzo Mazzi e della comunità cristiana dell’Isolotto di Firenze contro il proprio vescovo.
Il riferimento è a don Giovanni Sartori, figlio spirituale di don Ottorino, che all’epoca era il direttore del settimanale diocesano “La voce dei Berici”.
Atenagora era all’epoca il patriarca di Costantinopoli, capo della Chiesa Ortodossa.
MI259,3 [21-01-1969]
3. E ora cominciamo la nostra meditazione. Questa mattina ho pensato di interrompere le consuete meditazioni e di leggervi la lettera che abbiamo scritto al Santo Padre in occasione della giornata di domani, e cioè della consacrazione dei nostri fratelli, ai quali rivolgiamo qui, dall’altare, il più fraterno, caloroso e insanguinato augurio. Dico insanguinato perché, mentre prima avrebbe potuto essere un augurio pieno di festa, di una festa dal sapore di sagra, di una festa esterna, oggi è solo un augurio spirituale. Mentre prima guardavamo forse alla veste esterna, oggi guardiamo solo allo Spirito Santo che entrerà in loro e li investirà di una missione nella Chiesa di Dio, una missione nuova e grande. Perciò facciamo loro l’augurio che siano come i primi sette diaconi, e voglia Dio che venga concessa alla nostra Famiglia religiosa la grande grazia che qualcuno di questi sia emulo di Stefano o di Lorenzo. Beh, forse Lorenzo, cotto di qua e di là, no. Che ti pare, Vinicio? Meglio Stefano, piuttosto! Ad ogni modo, sentite: io non chiedo il martirio per nessuno dei sette, ma se il Signore volesse concedere alla Congregazione che il terzo scelto a bagnare la terra di sangue sia uno che non la bagna per una imprudenza stradale o per una imprudenza nell’organizzazione interna della Congregazione, ma per testimoniare la fede, fratelli, ricordatevi che quel giorno scappo a Bosco, vado in chiesa, indosso il piviale più bello che ci sia e canto un “Te Deum”. Perdonate, ma questo dovrei fare e lo farò. Se capita, però, eh! Abbiamo pensato di far recapitare la lettera al Santo Padre tramite don Luigi Furlato. L’ho mandato a Roma pensando che sia capace di trovare il buco o la finestra per entrarvi, sapendo che di solito sa trovare anche il sottoscala. Gli abbiamo detto soltanto che deve assolutamente farla arrivare nelle mani del Santo Padre, e che non osi più presentarsi a Vicenza perché perderà il suo posto nel noviziato se non riuscirà a fare questo. Abbiamo messo queste condizioni. La lettera l’ha scritta don Zeno. A don Luigi ho detto: “Se non riuscirai a consegnarla al Papa non farti più vedere a Vicenza; devi farla arrivare nelle mani del Santo Padre!”. L’abbiamo scritta in modo che non sia soltanto di ringraziamento, ma anche di adesione, di unione, in questo momento che il nostro buon padre, il Papa, soffre. Pensate che domenica scorsa, per esempio, al famoso Isolotto di Firenze don Mazzi non ha permesso che venisse celebrata la Santa Messa e ha fatto un’adunanza in chiesa, con i famosi preti e la famosa gente! Pensate in questo momento che cosa vuol dire tutto questo per il Papa che ha in mano la situazione del mondo intero: che cosa non deve soffrire quell’uomo! Nella ‘Voce dei Berici’ di questa settimana dovrebbe esserci - guardate bene che me l’ha detto don Giovanni - le parole di Atenagora sul Santo Padre. L’avete vista? Avete letto che cosa ha detto del Santo Padre? Ora non è giusto che ci lasciamo battere, cioè vincere da uno che non è neanche cattolico. Leggetela bene la frase: non è giusto che ci lasciamo vincere da uno che certamente non è separato dalla Chiesa perché nello spirito è più unito ad essa di noi, ma è giusto che noi, figlioli della Chiesa Cattolica, e per di più Congregazione religiosa, non soltanto sentiamo amore e affetto per il nostro Papa che soffre in modo tremendo in questo momento, ma li esprimiamo anche, in una circostanza come questa, in forma esterna.CHIESA Papa
CONGREGAZIONE storia
CHIESA
APOSTOLO missione
DIACONATO diacono
CROCE martirio
CROCE sangue
CONGREGAZIONE appartenenza
VIRTÙ
fede
CROCE sofferenza
MONDO
CONGREGAZIONE
La lettera è già stata pubblicata in Lettere/1, pagina 163-165.
MI259,4 [21-01-1969]
4. «Beatissimo Padre, è con somma riconoscenza che i membri della Pia Società San Gaetano ringraziano la Santità Vostra per il prezioso dono del Diaconato permanente concesso ai loro religiosi laici. L’ordinazione dei primi sette di loro avverrà nella Cattedrale di Vicenza il 22 corrente mese, festa di San Vincenzo diacono e martire, patrono principale della Diocesi, per le mani del Vescovo S. E. Monsignor Carlo Zinato. In tale importante circostanza sentiamo il bisogno di esprimerVi con filiale confidenza l’affetto che ci lega al Vicario di Cristo. La nostra famiglia religiosa è grandemente debitrice alla Santità Vostra fin da quando, a Milano, rivolgendosi ai sacerdoti, tracciava le linee maestre della formazione sacerdotale. Su questi fondamentali indirizzi ci siamo sforzati di plasmare la nostra vita religiosa. Vi siamo grati per le preziose direttive che la Santità Vostra incessantemente rivolge dalla cattedra di Pietro a tutti i cattolici e in particolar modo alle anime consacrate nell’apostolato. Con franchezza Vi assicuriamo che di queste chiare esortazioni facciamo tema di quotidiana meditazione, di orientamento di vita e di azione. Per le sofferenze che gravano sul cuore del Santo Padre, uniamo giorno per giorno volentieri il nostro modesto sacrificio nella speranza di contribuire, con la solidarietà, la preghiera e l’incondizionata dedizione ad alleviare il grave peso del governo della Chiesa universale. Chiediamo a Vostra Santità di voler paternamente benedire i novelli Diaconi e a tutti i Religiosi della Pia Società, perché il nostro amore per il Vicario di Cristo non venga mai meno, e sempre in Lui possiamo vedere il dolce Cristo in terra che ci manifesta la volontà del Padre. Con noi vogliate benedire, Beatissimo Padre, le anime sparse nel mondo affidate alle cure dei nostri apostoli, e quanti sostengono provvidenzialmente le nostre fatiche. Umilmente mi professo della Santità Vostra devotissimo figlio. Sac. Ottorino Zanon, superiore generale». Chi non è d’accordo alzi la mano. Siete d’accordo? Sì, non è vero? Era giusto, in una tale circostanza, approfittare per dire al Papa: “Senti, caro papà; anche se tutti ti abbandonano o ti dovessero abbandonare, noi non ti abbandoneremo”. Infatti il Papa è un uomo anche lui; lo capite chiaramente. È un santo, è un’anima di Dio, ma è uomo, e quando capita sulla testa una disgrazia voi vedete che si soffre. Pensate adesso al Santo Padre: quante disgrazie, specialmente di ordine morale, continuano a capitare e colpire la Chiesa di Dio e il cuore di lui! Era giusto dire: “Caro padre nostro, sappi che siamo poveri; nella nostra pochezza, non siamo tanti e siamo niente, però ti vogliamo bene. Conta pure su questo piccolo manipolo; siamo figli tuoi, vogliamo seguire Cristo e sappiamo che non possiamo seguirlo se non seguiamo te”.CONGREGAZIONE storia
CHIESA Papa
DIACONATO
CHIESA Vescovo
FORMAZIONE
SACERDOZIO
CONSACRAZIONE vita religiosa
CROCE sofferenza
PENITENZA sacrificio
PREGHIERA
CHIESA
CONGREGAZIONE appartenenza
VOLONTÀ
di DIO
DIO Padre
APOSTOLO salvezza delle anime
CONGREGAZIONE superiore generale
CONSACRAZIONE santo
APOSTOLO uomo
GESÙ
sequela
Don Federico Evarelli, sacerdote diocesano di Vicenza, era legato da fraterna amicizia con don Ottorino, e all’epoca lavorava fra gli emigrati italiani in Germania.
MI259,5 [21-01-1969]
5. Vorrei approfittare anche di questa circostanza per ripetervi ancora una volta: cerchiamo di regolare sempre il nostro orologio sull’orologio del Papa, cerchiamo di regolare il nostro pensiero, il nostro modo di giudicare sull’orologio del Papa, cioè sulla voce della Chiesa. Quanto è doloroso sentire talvolta qualche sacerdote dire: “Il Papa? Il Papa non capisce niente!”. Mi pare d’averlo già accennato. Don Luigi Furlato ha raccontato che alla Gregoriana un sacerdote gli ha detto: “Ah, il Santo Padre ha fatto due cose grandi e belle: è andato all’O.N.U. ed è andato a Taranto. Però, che vuoi? È anche lui uomo e d’estate sente il caldo, e in uno di questi momenti di caldo ha scritto l’ “Humanae vitae” e poi quell’enciclica sul celibato. Poveretto, bisogna compatirlo! Eh, anche lui, in qualche momento sente il caldo”. Un grande teologo tedesco si è incontrato con don Federico Evarelli quindici giorni fa, proprio casualmente, nella sacrestia di una cattedrale. Don Federico aspettava un sacerdote che celebrasse la Messa e il teologo aspettava un suo fratello che doveva arrivare; sono rimasti insieme una mezz’ora in una saletta d’aspetto. A un dato momento don Federico, discorrendo, ha chiesto: “Che cosa ne pensa lei dell’Humanae vitae?”. E quell’altro ha risposto: “È stata una frenata potente che il Papa doveva dare a questo mondo che sta scivolando verso una forma tremenda di materialismo. Non ho detto che è stata una fermata, ma una frenata: è diverso fermare da frenare. Non è detto che un domani non ci sia qualche cosa; infatti il Santo Padre lo ha detto. Il Papa ha frenato e lo doveva fare: se non avesse frenato avrebbe mancato al suo dovere, e so quanto il Papa soffre per questo, per le conseguenze e le interpretazioni che sono state date all’enciclica. So quanto il Papa patisce e forse morirà in conseguenza dei dolori che ne vengono a lui, per gli insulti che riceve. Però avrebbe mancato al suo dovere di pastore se in questo momento, in cui il mondo cerca solo soddisfazione, solo piacere e rinuncia al dovere, il Papa non avesse fatto, a costo anche della sua vita, questa frenata”. Che diversità fra il giudizio di quel sacerdote che attribuisce al caldo estivo l’Humanae vitae e questo teologo che dice: “Il Papa ha pesato le cose dinanzi a Dio e ha fatto questo perché ha creduto bene di farlo dinanzi al Signore”! Ora, amici, io vi dico una cosa: se devo sbagliare, preferisco sbagliare con il Papa piuttosto che con qualcuno che non nomino qui in chiesa perché la carità cristiana me lo proibisce. Amici miei, approfittiamo di questa circostanza non soltanto per dire al Papa che gli vogliamo bene, ma per dire anche a Gesù che noi vogliamo stare sempre vicini al Papa, perché sappiamo che così staremo vicini a Gesù.CHIESA Papa
CHIESA
SACERDOZIO prete
MONDO
CROCE sofferenza
CARITÀ
Il riferimento è ad un articolo pubblicato sul settimanale cattolico “La famiglia cristiana”.
MI259,6 [21-01-1969]
6. Ho voluto leggervi la lettera indirizzata al Papa proprio alla vigilia dell’ordinazione dei nostri cari diaconi, perché la giornata di domani non è la festa dei ‘sette’: è un impegno che Cristo ci dà attraverso la Chiesa. Rendetevene conto! Domani noi prendiamo, o meglio la Congregazione prende la sua fisionomia definitiva. Adesso rimane l’impegno da parte di tutti di costruirla: adesso c’è il diacono, c’è la descrizione del diacono. Senza offendere i sette prototipi, così ben descritti da “Famiglia cristiana”, diciamo che c’è della strada da fare e c’è della strada da fare anche per noi sacerdoti. Abbiamo l’ideale del sacerdote, l’ideale del diacono, e adesso tutti insieme, sacerdoti e diaconi, dobbiamo sforzarci di portarci il più vicino possibile all’ideale. Abbiamo l’ideale del sacerdote, l’ideale del diacono, l’ideale della Comunità, l’ideale dell’apostolato nelle parrocchie; e allora, il lavoro che dobbiamo compiere adesso, insieme con la grazia di Dio, è proprio la realizzazione di questi ideali. Perciò ognuno deve prendere coscienza delle proprie responsabilità. Vi ho detto tante volte che ognuno di noi deve sentirsi superiore generale, cioè quasi l’unico artefice di quella che può essere la realizzazione della vocazione della Congregazione. Specialmente in queste circostanze, adesso, dovete sentirla questa responsabilità. Nessuno di voi adesso è autorizzato ad essere rimorchio, nessuno di voi deve essere trascinato; dobbiamo tutti metterci a correre come se ognuno di noi avesse una bicicletta e fosse l’unico che deve correre. Guardate che il demonio sta organizzando i cattivi, il demonio sta unendo i cattivi e sta lavorando tremendamente fuori di casa nostra e anche dentro casa nostra. Se il Signore ci ha radunati qui è stato appunto per opporre al demonio un piccolo gruppo e fargli vedere che ancora una volta con una manata di zoppi, dico con una manata di zoppi e di storpi, sa sbaragliare gli eserciti.CHIESA Papa
DIACONATO diacono
GESÙ
CHIESA
CONGREGAZIONE missione
SACERDOZIO prete
COMUNITÀ
PASTORALE parrocchia
GRAZIA
DOTI UMANE responsabilità
CONGREGAZIONE superiore generale
COMUNITÀ
Il signor Giovanni Dalla Costa era un amico che aveva aiutato per l’acquisto di tutto il terreno dove venne costruito il villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI).
Il costo di una auto FIAT 11OO era pressappoco di un milione di lire, all’epoca.
Cfr. Gv 2,1-12.
Don Ottorino legge con molta libertà l’episodio raccontato in Lc 5,1-7.
Don Ottorino allude a Vinicio Picco, che prima di entrare in Congregazione aveva lavorato alle dipendenze della ditta Marzotto di Valdagno (VI).
L’assistente Livio Adessa aveva prestato servizio presso l’Istituto San Gaetano di Asiago (VI).
MI259,7 [21-01-1969]
7. Guardate che Dio non mette mai proporzioni, perché se ci fosse proporzione, a un dato momento si potrebbe dire: “Beh, insomma, c’è proporzione!”. Ieri mattina, cioè l’altra mattina dicevo lassù, a Bosco, mentre avevo davanti a me Giovanni Dalla Costa: “Qui abbiamo Giovanni. Se Giovanni ricevesse da me 800.000 lire e gli dicessi: ‘Caro Giovanni, vada per piacere a comprarmi una FIAT 1100’; e lui ritornasse con una FIAT 1100... Beh, insomma! 800.000 lire sono vicine a un milione; un sorriso fatto al commerciante, un po’ qua, un po’ là... insomma è stato bravo. Ma se dessi a Giovanni 5.000 lire e gli dicessi: ‘Vada a comprarmi una FIAT 1100’, non ci sarebbe proporzione fra le cinquemila lire e la FIAT 1100. È chiaro?”. Ora, quando Dio agisce - parlavo del miracolo delle nozze di Cana - non mette mai proporzione. Ti prende un po’ d’acqua e ti dice: “Ecco il vino!”; ti prende una barca con una rete piena di buchi, di giorno, in un posto dove non c’è pesce e dice: “Andate e pescate”; certamente Pietro ha dovuto fare la sua parte di buon pescatore, non ha preso le reti e buttate sopra la barca o sulla riva; lui ha pescato come si deve pescare, come sa pescare un pescatore, cioè da parte sua ce l’ha messa tutta, però ce l’ha messa tutta in un posto dove un altro pescatore avrebbe detto: “Sei pazzo ad andare a pescare lì, e di giorno?”. E lui, nel nome del Signore, pesca, come si deve pescare però! Lì, e di giorno, e raccoglie quel pesce che sappiamo. Quando il Signore agisce, non mette proprio proporzione fra causa e effetto. Una causa minima in mano di Dio produce un effetto strepitoso. Rendetevi conto che oggi il Signore sta ripetendosi. Infatti causa minima: sette diaconi... laureati alla Sorbona, a Lovanio? Che sono passati per le università più prestigiose? Laureati alla Marzotto di Valdagno, ovvero, Livio, ad Asiago lavorando alla linotype. Un domani il Signore può prendere uno di questi e confondere magari don Mazzi, magari quella gente là, magari una massa di comunisti, proprio con uno di questi! Ricordatevi che Dio può prendere un insulso e confondere l’umanità intera, purché questo insulso si metta totalmente nelle sue mani. È l’azione di Dio, è l’opera di Dio, è l’abitudine di Dio! Egli vuol far vedere agli uomini che con niente fa tutto. Però gli uomini devono fare la loro parte. Quei servi che a Cana hanno preso le idrie, le hanno poi riempite d’acqua. Poteva riempire lui le bottiglie, e invece ha richiesto la collaborazione da parte degli uomini. “Prendete le idrie, riempitele d’acqua e mescete”: Dio vuole questa azione! Perciò ricordatevi: un’azione il Signore la vuole anche da noi, ma rendetevi conto che stiamo lavorando con Dio, e allora cerchiamo di essere sempre uniti a Dio nella sua volontà. Il giorno in cui, invece di prendere le idrie, andremo a prendere la botte o a comperare il vino all’osteria, ricordatevi che cesserà l’intervento di Dio. E se cessa l’intervento di Dio, ve lo ripeto, non c’è proporzione tra noi e l’opera che dovremmo compiere.DIO stile di...
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MONDO comunismo
VOLONTÀ
di DIO
VOLONTÀ
di DIO abbandono alla...
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