MI266[21-02-1969]
21 febbraio 1969Monsignor Eugenio Dal Grande insegnava, all’epoca, Sacra Scrittura nel seminario vescovile di Vicenza.
MI266,1[21-02-1969]
1. 1. La fedeltà alla parola del Papa Invece di continuare con le solite meditazioni, è conveniente sospenderle un momento e leggere, fermandosi un pochino a meditare, il discorso che il Santo Padre ha fatto ai quaresimalisti e ai parroci di Roma. Faccio questo perché mi sono commosso qualche sera fa quando monsignor Dal Grande è venuto qui e si è intrattenuto con me cinque minuti, cioè dalle 18,30 alle 20,00; aveva detto “cinque minuti”, ma poi ci siamo fermati dalle 18,30 alle 20. Ecco quanto mi ha detto di importante: “In questo momento di così grande disorientamento io sento la responsabilità di conservare la dottrina giusta, quella di Cristo, e ho cercato una strada: leggo tutti, proprio tutti, i discorsi del Papa e me li medito, li pondero parola per parola e cerco di fare un confronto fra quello che penso io e quello che pensa il Papa. Ecco, voglio stare con il Papa. Quando leggo una rivista, un libro, qualche cosa, vi cerco la parola del Papa e mi aggrappo ad essa perché sono sicuro che, seguendolo, sono al mio posto. Ci sono dei momenti - e ve lo dico con lo stesso tono confidenziale con cui mi parlava monsignor Dal Grande - nei quali si esce dalla lettura un po’ disorientati, perché tante cose vengono presentate in forma piuttosto speciosa. In un primo momento riesci un pochino ad orientarti, ma poi ti chiedi: “Che è mai questo?”. Allora seguo la parola del Papa e mi dico: “Il Papa dice così e basta! Il Papa mi dice questo, e per me il Papa è la voce di Cristo”, e vado avanti per questa strada”. Ci sono tante persone che mettono in discussione non solo la parola del Papa, ma anche, forse, qualche cosa che sta un pochino più in alto. Noi sappiamo che anche il Santo Padre può mostrarsi uomo, sbagliare su certe cose quando non parla ‘ex cathedra’; ma io preferisco stare con mio papà... anche se in qualche cosa potesse sbagliare. Amici miei, ricordiamo quello che è stato stabilito dal nostro Capitolo generale. Non è la dottrina di don Ottorino o di don Aldo o di qualcuno della Casa dell’Immacolata e dell’Istituto a cui mi appello. Il Capitolo generale ha codicizzato certe idee fondamentali per cui esse non sono più né di Pietro né di Paolo; sono della Congregazione, sono principi che ognuno di noi deve vivere e difendere non come patrimonio proprio, ma come patrimonio ricevuto in consegna e in deposito, sono lo spirito della Congregazione. Perciò non si deve dire: “Don Ottorino voleva così!”, no! È la Congregazione che vuole così, o meglio è Cristo che vuole così da tutti i membri della Congregazione. È stato stabilito nel Capitolo generale che noi dobbiamo improntare la nostra vita sul Vangelo e seguire la linea del magistero della Chiesa. Non è vero? È stato anche sottolineato e ricordato che nelle nostre Comunità si deve cercare di leggere e di vivere la parola del Papa. In questa circostanza il Santo Padre ha parlato proprio ai sacerdoti e ha tracciato loro una linea. Perciò credo sia mio dovere e di tutti voi fermarci un momentino e domandarci: “Che cosa mi chiede Cristo in questa Quaresima attraverso il suo vicario?”.CHIESA Papa
CONGREGAZIONE Capitolo
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
CONGREGAZIONE spiritualità
CONGREGAZIONE appartenenza
Don Ottorino prende spunto per la meditazione dal discorso di Paolo VI ai parroci e ai predicatori quaresimalisti di Roma tenuto il 17.2.1969. Le citazioni, prese da Insegnamenti di Paolo VI 1969, Tipografia Poliglotta Vaticana 1970, pagine 116-119, vengono sempre riportate in corsivo, senza ulteriori richiami specifici.
MI266,2 [21-02-1969]
2. 2. Il sacerdote nella società contemporanea Con questo spirito leggiamo la parola del Santo Padre. Tralasciamo la parte di esordio e passiamo addirittura al sottotitolo: «Il sacerdote nella società contemporanea».CHIESA Papa
Giornale quotidiano cattolico.
Il cardinal Giovanni Battista Montini era stato per più di un decennio arcivescovo della diocesi di Milano prima di essere eletto al soglio pontificio. Già nel 1966 don Ottorino aveva preso spunto da un discorso del card. Montini per una meditazione ai suoi religiosi.
Cfr. Tobia 5,4-17.
MI266,3 [21-02-1969]
3. 3. Il sacerdote è nel mondo, ma non è del mondo Ora mi fermo un momentino. Non so se prima o dopo questo passo - infatti non ho letto il discorso per intero, l’ho letto sull’SACERDOZIO prete
CHIESA Papa
PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
MI266,4 [21-02-1969]
4.Però, esaminando quanto ha fatto, si vede che si è dedicato tutto agli altri. Quando, poi, è arrivato il momento della separazione, il papà e il figlio hanno fatto consiglio fra loro: “Che cosa daremo a questo tale? In fin dei conti - dice Tobiolo - mi ha condotto a Rage e ricondotto a casa, mi ha salvato la vita, ha ridato la vista a te. Che cosa potremo dargli? Chiediamogli se si degna di accettare la metà delle nostre ricchezze”. Lo avvicinarono e allora lui disse loro: “Io ero in mezzo a voi, però sembrava che io mangiassi, ma non mangiavo. Io sono l’angelo Raffaele; sono venuto perché mandato da Dio e ora ritorno a Dio. Ringraziate lui, ringraziate lui! Egli vedeva quando facevate l’elemosina, quando tu, Tobia, seppellivi i morti, eccetera, eccetera. La tua preghiera è stata gradita al Signore, e io sono venuto per guarire te e Sara, tua nuora...”. Ed è scomparso. Questa, si può dire, deve essere la missione del nostro sacerdozio, la nostra missione. Noi dobbiamo essere gli uomini di Dio, proprio gli uomini di Dio, che vivono di Dio. La nostra vita: il tabernacolo. Il nostro momento più grande della giornata: la celebrazione del sacrificio della Messa. Si può dire che tutte le nostre ventiquattro ore hanno un centro: la Messa. Bisogna prepararci alla Messa con sacrifici da portare sopra l’altare, dal quale prendere energie da portare ai fratelli; è come un cerchio. Noi dobbiamo vivere, come abbiamo detto ripetutamente, il sacrificio della Messa: dobbiamo prepararci, come faceva Luigi Gonzaga che dedicava mezza settimana a prepararsi alla comunione e mezza settimana a ringraziare. Noi questa mattina abbiamo celebrato i sacri misteri, e adesso dovremmo quasi dividere la giornata in due parti: una per ringraziare e una per prepararci. Noi dobbiamo avere una vita quasi contemplativa, di unione con il Signore, altrimenti non possiamo dire di essere i ‘carmeli ambulanti’. Noi abbiamo rinunciato al mondo, abbiamo abbandonato completamente il mondo, siamo in una casa che per noi dovrebbe essere un monastero, un cenobio: la nostra casa, per noi, dovrebbe essere un deserto.SACERDOZIO prete
APOSTOLO uomo di Dio
CONGREGAZIONE appartenenza
APOSTOLO missione
EUCARISTIA S.Messa
EUCARISTIA tabernacolo
SLOGANS comunità
Il riferimento è a S. Paolo, il fondatore della vita eremitica cristiana, la cui biografia fu scritta da San Girolamo. Nato nel 228 d.c., durante l’impero di Alessandro Severo, in una località del Basso Egitto, da famiglia ricchissima, ricevette un’educazione adeguata al suo censo. Alla morte dei genitori ereditò ricchezze ingentissime che destarono la cupidigia del cognato che pensò di denunciarlo come cristiano nella grande persecuzione di Decio (249-252) che fu particolarmente dura nelle provincie d’Africa. Paolo fuggì nel deserto per salvarsi, ma, illuminato dalla grazia, decise di rimanere nel deserto e vivere da eremita e ciò che era stato scelto per necessità divenne, per la grazia di Dio che gli tramutò il cuore, una scelta di vita abbracciata con totale donazione alla volontà di Dio. Famoso è l’incontro tra Paolo e l’altro grande eremita Antonio di 23 anni più giovane di lui. Poco dopo quest’incontro, a circa 113 anni di età, nel 341 d. c., il santo eremita moriva nel deserto dove era vissuto per circa novant’anni pregando e facendo penitenza.
Cfr. Atti 17, 22-32.
MI266,5 [21-02-1969]
5.Come fu il deserto per Paolo eremita, così dovrebbe essere per noi questo “deserto”, nel quale ci incontriamo con Dio, viviamo solo di Dio: siamo proprio i contemplativi. A un dato momento il Signore ci invierà nel mondo, come l’angelo Raffaele che discese dal cielo per la sua missione. Ah, allora sì! Se siamo uomini che viviamo la nostra giornata, il nostro sacrificio, la nostra preghiera, e in modo particolare la nostra Santa Messa con questo spirito, allora possiamo andare nel mondo, buttarci in esso vestiti in abito borghese o buttarci come vogliamo. Perché? Perché allora saremo sempre angeli, noi saremo sempre gli ambasciatori di Dio, i portatori di Dio. Allora, certamente, noi avremo non solo la possibilità, ma il dovere, il sacrosanto dovere, ce lo dice il Santo Padre che è il vicario di Cristo, di affrontare sistemi nuovi e anche di rischiare un pochino, diciamo sinceramente, anche di arrischiare. Io sarei ben felice che un domani si arrischiasse qualcosa, e anche si sbagliasse. Però, quello che mi pare che Dio voglia, prima di tutto è che siamo angeli. Si può rischiare, si può sbagliare, si può ritentare. Amici miei, lo facciamo per la salvezza delle anime. Qualche fiasco lo hanno fatto anche gli Apostoli: basterebbe domandarlo a San Paolo quando parlò all’Areòpago. Qualche fiasco lo faremo pure noi. Però, amici, quello che è essenziale è essere angeli e rimanere angeli, cioè uomini di Dio, uniti a Dio e ambasciatori di Dio; allora sì, fratelli miei, possiamo anche andare nel mondo e fare quello che dice il Santo Padre. La preoccupazione che io ho nella Congregazione è appunto questa: bisogna che noi siamo convinti di questa prima parte; non solo convinti, ma interessati, preoccupati, fortemente preoccupati di questa prima parte. Direi che quelle prime parole del Santo Padre: “Voi siete nel mondo, ma non siete del mondo”, vogliono alludere proprio a questo. Noi non siamo una Famiglia religiosa solo contemplativa; noi, per forza, siamo chiamati a lavorare in mezzo alle anime, ad andare nelle parrocchie, vorrei dire quasi a confonderci in mezzo ai fedeli... però, ci capiamo come! Siamo in mezzo a loro, siamo un po’ fratelli come loro, ma siamo i portatori di Dio, proprio gli araldi del Signore. Noi non possiamo perdere questa caratteristica altrimenti il nostro diventa un mestiere, la nostra non resta più una missione, non siamo più angeli di Dio per le anime. Questo non può essere messo in contestazione assolutamente!PREGHIERA deserto
APOSTOLO missione
EUCARISTIA S.Messa
APOSTOLO ambasciatore di Dio
CHIESA Papa
VOLONTÀ
di DIO
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO uomo di Dio
PASTORALE
CONSACRAZIONE fedeltà
La Montanina era la villa del poeta Antonio Fogazzaro a Velo d’Astico (VI). Probabilmente venne in seguito donata dalla figlia del Fogazzaro a monsignor Francesco Galloni che la trasformò in residenza della congregazione femminile ‘S. Maria Annunziata’ e sede dell’Associazione ‘Pro Oriente’ che aveva lo scopo di aiutare i cristiani dell’Europa dell’Est perseguitati dal comunismo. In questa casa i primi sette diaconi della Congregazione furono ospiti nel periodo di luglio-agosto 1968 per prepararsi all’ordinazione diaconale che sarebbe avvenuta il 22 gennaio 1969.
MI266,6 [21-02-1969]
6. 4. Il sacerdote è prudente negli esperimenti pastorali Continuiamo la lettura del discorso del Santo Padre. «CHIESA Papa
PECCATO peccatore
APOSTOLO salvezza delle anime
PASTORALE
ESEMPI vari
VIRTÙ
PASTORALE parrocchia
GESÙ
MI266,7 [21-02-1969]
7.Non è il caso che in sede di meditazione discutiamo questo, ma mi pare che sia sufficiente quello che dice il Santo Padre. Non siete bambini e capite che cosa vuol dire. Dunque: «... desiderose di regolare osservanza: perché lasciarle? perché cambiare per loro il metodo del ministero, quando questo è ancora autentico, valido e magnificamente fecondo?». Per esempio, ci sono certe comunità dell’America Latina, come nel Chaco o in altre parti, dove basterebbe portare le innovazioni della liturgia, fatte bene, regolarmente, la Messa celebrata bene, con i suoi lettori... insomma ciò che costituisce la liturgia. Perché dobbiamo fare passi nuovi, esperienze nuove, quando in questi luoghi è più che sufficiente quello che già si fa e dove, piuttosto, manca ancora la base del catechismo? Sono anime sitibonde di Dio: facciamo prima che vivano, mi pare!MISSIONI vita missionaria
EUCARISTIA liturgia
PASTORALE parrocchia
SACERDOZIO prete
CONSACRAZIONE celibato
P. Giovanni Battista Chautard è l’autore di un libro sulla spiritualità sacerdotale dal titolo “L’anima di ogni apostolato”, molto in uso nella Casa dell’Immacolata in quegli anni.
MI266,8 [21-02-1969]
8. 5. Il pericolo dell’eresia dell’azione Questo lavorare, per esempio, solo in forma orizzontale, dare tanta importanza a questa forma e meno a quella verticale, è una tentazione tremenda. Si potrebbe cadervi a un dato momento, io e anche voi, sostenendo che bisogna fare, bisogna fare. Non vi nascondo che a un dato momento, anche all’inizio del mio sacerdozio, questa è stata per me una tentazione tremenda perché si vedevano tante cose da fare, specialmente durante la guerra, e si credeva di essere soli nel fare. E invece bisogna guardare la lampada del Santissimo e dire: “Siamo in due, e io sono inviato da lui, sono un mandato, e le azioni sono un po’ fatte da lui”. Altrimenti, a un dato momento, corri di qua, corri di là e, insomma, credi di essere tu che fai e la preghiera diventa quasi impossibile... Nei primi tempi dell’Istituto, durante la guerra, dovevo fare da maestro anche ai ragazzi in officina, e poi come si faceva con la meditazione, il breviario, la lettura spirituale? Insomma era difficile cominciare il breviario alle dieci e trenta o alle undici di sera, dopo aver messo a letto i ragazzi! A un dato momento è naturale dire: “Insomma, insomma! Ho lavorato per loro, insomma!”. L’eresia dell’azione, di cui parlava il Chautard, è una tentazione tremenda che a un dato momento ti può prendere. Anzi hai tanti passi della Sacra Scrittura che potrebbero giustificarti, che potrebbero essere applicati al tuo caso, anche tirati o stiracchiati. Dopo tanti anni di sacerdozio mi sono convinto, miei cari, che l’opera apostolica è di Dio. Quando ti trovi dinanzi un’anima che è in peccato mortale o a una persona che da anni e anni non si confessa, quando ti trovi dinanzi a uno che vuoi mettere in contatto con Dio, se non sei legato alla carrucola, no lo puoi tirare su, non puoi prenderlo e portarlo su: occorre che ci sia una carrucola fissa in alto, una corda attorno ad essa, e allora tu tiri, tiri; ci vuole la tua azione del tirare, ma anche la carrucola in alto, un attacco, un collegamento con Dio. Se noi non abbiamo questo costante collegamento con Dio, non possiamo tirare su le anime. Corriamo il rischio di comportarci come un predicatore in una grande cattedrale, il quale sta dinanzi a un microfono e manca la corrente elettrica: lui parla, si dimena, e non lo si sente; lo sentono quelli che sono vicini, ma non viene sentito da tutti. La nostra è un’azione soprannaturale, un’azione con Dio, un’azione di Dio, tutta di Dio, il quale si serve di noi per moltiplicare i pesci, per moltiplicare i pani; dove ci vuole anche l’azione nostra, completamente nostra, dove dobbiamo metterci interamente noi stessi, però è sempre un’azione di Dio.APOSTOLO attivismo
PREGHIERA
AUTOBIOGRAFIA Araceli
ESEMPI Eucaristia
AUTOBIOGRAFIA
PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO ambasciatore di Dio
ESEMPI vari
MI266,9 [21-02-1969]
9. 6. Proposte pratiche per la Quaresima. Ecco, io direi di concludere la meditazione questa mattina, e di fermarci qui. Che cosa ci dice, in sostanza, il Santo Padre, in questa prima parte? Ci dice questo: amici, voi siete nel mondo, ma non del mondo; dovete essere gli uomini di Dio e spingervi nel mondo, fino alle estremità del mondo, fino alla luna, se necessario, ma essendo sempre gli uomini di Dio. Perciò, durante questa Quaresima, sforziamoci di essere gli uomini di Dio. In questa Quaresima metterei a fuoco due cose: - la prima è quella che abbiamo detto ripetutamente: penitenza, facciamo un po’ di penitenza. Ma facciamola in preparazione alla Santa Messa, per vivere meglio la Messa. Cioè, ogni mattina, quando ci presentiamo per celebrare i sacri misteri, sopra quella patena, durante la Quaresima, cerchiamo di deporre qualche cosa. Gli “oremus” della Messa durante la Quaresima parlano sempre di digiuno: “Signore, benedici il nostro digiuno, benedici la nostra penitenza”. Come sarebbe ridicolo dire: “Signore, benedici queste mie vesti bianche”, e magari sono vestito di nero! Che cosa vi pare? Se io dicessi: “Signore, che belle vesti bianche ho!”, e fossi vestito di nero! Poiché ci presentiamo al mattino al Signore e lo preghiamo di benedire la nostra penitenza, allora cerchiamo ogni giorno di offrire qualcosa al Signore. Voi sapete che la grazia di vivere un po’ in carmelo, quasi come in un cenobio nella nostra Casa, la possiamo ottenere da Dio. E allora offriamogli qualche cosa, qualche cosa che costi. Io non vengo adesso a suggerirvi che cosa fare; avete il vostro padre spirituale e mettetevi d’accordo con lui, però fate qualcosa, fate in modo di non dire bugie durante la celebrazione della Messa. Non vi dico: fate, ma facciamo! - seconda cosa: durante la Quaresima facciamo in modo di vivere la Messa, di capire con chi ci incontriamo, di capire che celebriamo il sacrificio con Cristo, che siamo noi il piccolo Gesù che ogni giorno deve essere di nuovo crocifisso. Se ci sforzeremo di fare questo, allora potremo essere anche la parola di Dio, perché noi saremo il Cristo che continua a soffrire e che parla agli uomini. Ricordatevi che potremo parlare agli uomini nella misura che noi soffriremo con il Cristo, saremo voce del Padre nella misura che saremo crocifissi per il Padre e per i fratelli.CHIESA Papa
APOSTOLO uomo di Dio
CONVERSIONE Quaresima
PENITENZA sacrificio
EUCARISTIA S.Messa
ESEMPI vari
PENITENZA
GRAZIA
FORMAZIONE direzione spirituale
GESÙ
incontro personale
GESÙ
imitazione