MI267 [22-02-1969]
22 febbraio 1969Anche per questa meditazione don Ottorino prende spunto dal discorso di Paolo VI ai parroci e ai predicatori quaresimalisti di Roma del 17.2.1969. Le citazioni, prese da Insegnamenti di Paolo VI 1969, Tipografia Poliglotta Vaticana Roma 1970, pagine 119-124, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami specifici.
Il riferimento è a don Pietro De Marchi, che all’epoca faceva parte della Comunità della Casa dell’Immacolata e stava preparandosi per avviare la Comunità dell’Isolotto di Firenze.
MI267,1 [22-02-1969]
1. 1. La gente vuole vedere nel prete l’uomo di Dio Poiché dobbiamo abbreviare di cinque o sei minuti la nostra meditazione, cominciamo subito dal punto in cui eravamo arrivati ieri mattina. Rileggo alcune righe del discorso del Santo Padre per poterci riallacciare. «Bisogna fare attenzione. Il bisogno, anzi il dovere, della missione efficace e inserita nella realtà della vita sociale può produrre altri inconvenienti...». Il Santo Padre parla del bisogno e del dovere di inserirci nella società. Non vorrei essere frainteso quando insisto tanto sulla vita, vorrei dire, quasi di carmelo, di cenobio. Noi abbiamo il dovere di inserirci nella vita sociale. Ieri mattina sottolineavamo anche la necessità di osare un pochino. Non è vero, don Pietro? Abbiamo il dovere di farlo! Però c’è un pericolo, e bisogna che lo teniamo presente, perché esso può anche farci morire. Tuttavia dobbiamo passare per questa strada, ma... attenti: c’è uno stop. E allora badate che non transitino macchine prima di superarlo. Lo stop non indica che non si può oltrepassarlo, ma che si deve fare attenzione. «... può produrre altri inconvenienti, come quello di svalutare il ministero sacramentale e liturgico...». Svalutarlo, cioè fare in modo che divenga una cosa vuota, una cosa senza senso. Qualche volta si comincia, per esempio, con il volerlo valutare di più e poi si finisce per svalutarlo. «... quasi fosse di freno e d’intralcio a quello dell’evangelizzazione diretta del mondo moderno; ovvero quello, oggi piuttosto diffuso, di voler fare del prete un uomo come qualsiasi altro, nell’abito, nella professione profana, nella frequenza agli spettacoli, nell’esperienza mondana, nell’impegno sociale e politico, nella formazione di una famiglia propria con l’abdicazione al sacro celibato». Anche la nostra buona gente vuole il prete in mezzo ad essa, e non che sia là sul pulpito: lo vuole proprio in mezzo, ma lo vuole prete, lo desidera prete. Un giorno vi ho parlato di una famiglia distinta della città che aveva invitato un prete. Questi si è presentato e ha fatto il prete brillante. Se vi dicessi il suo nome direste: “Ma, quel prete là?”. Si è trattato di un prete brillante. Ma poi in casa si sono lamentati e hanno detto: “Noi non avevamo invitato l’amico, ma il prete. Se avessimo voluto invitare l’amico, avremmo invitato allora uno non vestito da prete con il quale potevamo scherzare anche un po’ più liberamente. Abbiamo invitato il prete perché volevamo che in casa nostra ci fosse il prete; abbiamo i figli e volevamo che lasciasse qualcosa nei figli studenti”.CHIESA Papa
SOCIETÀ
VIRTÙ
prudenza
PASTORALE ministeri
Nel gennaio del 1969, per alcuni giorni, in occasione della consacrazione dei primi diaconi permanenti della Congregazione, un gruppo di tecnici della RAI era venuto per filmare l’avvenimento e trasmetterlo in televisione, ed era stato ospitato presso la Casa dell’Immacolata.
Il riferimento è a don Girolamo Venco, che all’epoca era vicedirettore della Casa dell’Immacolata per i gruppi del corso liceale e teologico.
Il riferimento è al villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI), dove don Ottorino amava ritirarsi con qualche gruppo per momenti di fraternità e di lavoro sui principi della spiritualità della Congregazione.
Cfr. Gv 15,19 e 17,16.
MI267,2 [22-02-1969]
2.Effettivamente la nostra buona gente vuol vedere il prete. Abbiamo l’esempio recente della televisione. Non è vero, don Girolamo? Costoro hanno voluto vedere il prete... sì, il prete! Se volete, un domani può anche essere vestito in borghese, a me non interessa niente, ma devono vedere il prete perché vogliono vedere il prete. Non interessa la veste, non interessa la forma: vogliono vedere il prete, l’uomo di Dio. «Si parla di volere così integrare il sacerdote nella società. È così che deve essere concepito il significato della magistrale parola di Gesù che ci vuole nel mondo, ma non del mondo?». Le parole che abbiamo commentato a Bosco con qualcuno e che abbiamo ripreso ieri mattina, e che il Santo Padre chiama ‘magistrale parola di Gesù’, perché le parole sono di Gesù: “Voi siete nel mondo, ma non siete del mondo”, devono essere interpretate così. «Non ha Egli chiamato ed eletto i suoi discepoli...?». È questo, mi pare, il punto che per noi deve essere un po’ il punto dominante, il centro del discorso del Papa. «Non ha Egli chiamato ed eletto i suoi discepoli, quelli che dovevano estendere e continuare l’annuncio del regno di Dio, distinguendoli, anzi separandoli dal modo comune di vivere, e chiedendo a loro di lasciare ogni cosa per seguire Lui solo?». Il Signore non ha fatto la vestizione, mettendo loro addosso un saio da frati francescani o che so io, però li ha separati dal mondo: “Voi non siete più del mondo”. E notate che lui ha continuato a girare per il mondo insieme con loro. Ma l’interessante è questo: non ha fatto indossare loro una veste speciale, non li ha portati nel deserto e tenuti lì per sempre; ha continuato a camminare per le vie della Palestina, in mezzo agli altri, però ha sempre detto loro: “Voi non siete del mondo”.APOSTOLO uomo di Dio
SACERDOZIO veste
CHIESA Papa
PAROLA DI DIO Vangelo
Cfr. Matteo 26,69-75; Mc 14,66-72; Lc 22,56-62; Gv 18,15-18.
MI267,3 [22-02-1969]
3. E quella volta che hanno detto a San Pietro: “Ah, eri anche tu uno di quelli!”. E lui: “No, no, no, non lo ero!”, eh, l’ha fatta grossa, insomma! Tante volte noi facciamo come San Pietro. “Anche tu...”. “No! Io? No!”. “Ma, tu sei prete...!”. “No, per carità...!”. Facciamo di tutto, non con le parole forse, ma con gli atti, per fare quello che ha fatto San Pietro. “Anche tu eri uno di loro!”. “No!”. “Ma tu sei prete!”. “No, no, per carità, non sono prete!”. Qualche volta questi preti, vestiti in borghese, che vanno a certi cinema, ripetono il comportamento di Pietro. “Sei prete?”. “No, no, per carità!”. Tutto questo lo si dice con i fatti, non con le parole.SACERDOZIO prete
È il banco del gabelliere: cfr. Luca 5,27.
Cfr. Mt 10,16 e Lc 10,3.
MI267,4 [22-02-1969]
4. 2. L’apostolo deve abbandonare tutto per essere a disposizione di Dio per elevare gli uominiCHIESA Papa
APOSTOLO distacco
Il racconto della vocazione e missione di Mosè, che don Ottorino sintetizza in maniera straordinariamente vivace, si trova in Es 3,1-22 e Es 5,1-21.
Don Ottorino nomina Roberto Tirelli che all’epoca era ancora postulante e scherza con il latino maccheronico richiamandosi alla parola dialettale “pache”: “Questa è la via delle percosse”.
MI267,5 [22-02-1969]
5.Bisogna correre questo rischio, che è stato anche il rischio di Mosè. Basterebbe rileggere un pochino la vocazione di Mosè - avevamo intenzione di farlo - quando il Signore gli dice: “Senti, caro...”. “Ma, io sono balbuziente, - ha detto - non sono capace di parlare, io!”. “Bene, va’, altrimenti mi fai irritare”. Anche il Signore ha detto una mezza parolina forte: “Va’! Smettila di lamentarti; non sei mai contento. Verrà Aronne a parlare per te. Aronne sarà la bocca e tu sarai al posto di Dio; sarai la voce di Dio, starai al posto di Dio. Va’, io indurirò il cuore del faraone perché dica di no”. Bell’affare, no? Dio lo manda dal faraone perché costui dica di no. E Mosè si reca colà, raduna i capi degli Ebrei... li convince; vanno dal faraone e come risposta il faraone: “Farete tanti mattoni quanti ne facevate prima, ma io non vi darò la paglia; adesso andrete voi stessi a raccogliervela!”, e bastonate e percosse! I capi degli Ebrei vanno dal faraone: “Non ce la facciamo: è impossibile! Non ce la facciamo...”. E il faraone... duro. I capi escono dal palazzo del faraone e si incontrano con Mosè: “Hai fatto proprio un bell’affare! Adesso le buschiamo per causa tua!”. Queste sono le consolazioni apostoliche! Il Signore manda Mosè dal faraone e dice: “Indurirò il suo cuore”. Insomma lo mette nei pasticci con tutti i suoi connazionali. Ricordatevi che questa è la nostra missione! Che interessa a noi anche se le prenderemo? A noi interessa andare dal faraone se il Signore ci manda, e se fuori della porta del suo palazzo ci mettono tutti su uno spiedo per fare un arrosto di apostoli, pazienza! Se non accettiamo questo rischio per amore di Dio non possiamo essere apostoli. Lo ha accettato Gesù Cristo, il figlio di Dio che si è fatto uomo, ha obbedito al Padre e, come conclusione, è stato messo in croce. Egli ha abbandonato il cielo, è venuto sulla terra, si è messo nelle mani del Padre, e quella è stata la sua fine. Noi abbiamo abbandonato il mondo e ci siamo donati interamente a Cristo, dobbiamo naturalmente barcamenarci mettendoci tutta la nostra attenzione per evitare gli ostacoli, ma siamo pronti, se un domani il Signore lo permette, a prendere le percosse. Caro Roberto, questa è la ‘via pacarum’.PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
DIO stile di...
APOSTOLO missione
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
GESÙ
incarnazione
GESÙ
crocifisso
CROCE prove
Cfr. Matteo 19,29.
Don Zeno Daniele, prima di entrare in Congregazione aveva per un certo tempo amministrato i beni di famiglia dell’ing. Eugenio Grassetto di Padova che comprendevano, tra l’altro, anche l’ippodromo di Padova “Le Padovanelle”.
Il riferimento potrebbe essere a Giuseppe Biasio, del 2° anno del corso teologico, o a Giuseppe Zorzi, del 2° anno del corso liceale, o a Giuseppe Corato, allora novizio.
Cfr. Mt 5,13.
Cfr. Mt 5,14.
Cfr. 1ª Cor 12,14-21.
MI267,6 [22-02-1969]
6.Sentite le parole di Gesù. «Omnis qui reliquerit domum, vel fratres aut sorores, aut patrem aut matrem, aut uxorem, aut filios, aut agros propter nomen meum...». Perciò bisogna abbandonare “domum, fratres, sorores, patrem, matrem, uxorem et agros”, eccetera. Se hai dei campi, ti fidi di metterli tutti nelle mani di Dio? Domanda, a Zeno, tu, con tutte le campagne che ha, con tutti i cavalli che ha!APOSTOLO distacco
SACERDOZIO prete
APOSTOLO profeta
Il riferimento è ad Alberto Baron Toaldo, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico.
Cfr. Matteo 5,13.
Don Ottorino si riferisce al passo biblico di Gen 8,6-12, dove in verità si racconta che il corvo ritornò, mentre la colomba ritornò la prima e la seconda volta e non ritornò la terza. Nell’esempio nomina don Bruno Tibaldo, che all’epoca faceva parte della Comunità di Crotone.
MI267,7 [22-02-1969]
7.Il corpo non è formato da un solo membro, ma da molte membra; se fosse formato da un membro solo, dove sarebbe il corpo? Per esempio, se Alberto, qui presente, fosse solo testa? Non ci sarebbe il corpo, ci sarebbe solo una testa. La traduzione è sbagliata? Non è così, pressappoco? Mi pare che questo dica il latino: “Corpus non est unum membrum, sed multa... Quod si essent omnia unum membrum, ubi corpus? Nunc autem multa quidem membra, unum autem corpus...”. È questo il significato? Le membra sono tante, ma il corpo è uno solo. Se però avessimo un membro solo, non avremmo il corpo; avremmo un membro, ma non il corpo. «La diversità delle funzioni è principio costituzionale nella Chiesa; ed essa riguarda in primo luogo il sacerdozio ministeriale: vediamo di non perderla questa specifica funzione per un malinteso proposito di assimilazione, di ‘democratizzazione’, come oggi si dice, nella società ambientale: “Se il sale diventa insipido, con cosa gli si renderà il suo sapore? Non è più buono ad altro che ad essere buttato via e calpestato dalla gente”. Sono parole del Signore, le quali devono fare riflettere al discernimento necessario nell’applicazione della formula ricordata: essere nel mondo, ma non del mondo. La mancanza di questo discernimento, del quale l’educazione ecclesiastica, la tradizione ascetica, il diritto canonico ci hanno tanto parlato, può proprio conseguire l’effetto contrario a quello che un suo incauto abbandono ci aveva fatto sperare: l’efficacia, il rinnovamento, la modernità». Cioè io vado nel mondo per poter sollevare gli uomini, ma, a un dato momento, faccio come il corvo - come il cervo aveva detto quella volta don Bruno! - il quale, uscito dall’arca, non è più ritornato. Tu discendi per tirare su gli uomini e resti giù, come un aereo che discende per sollevare gli alianti e resta giù. Uno discende per sollevare e resta giù. Eh, no! Io discendo, mi metto tra gli uomini e li sollevo in alto: questa è la missione del sacerdote. «Può infatti essere così annullata l’efficacia della presenza e dell’azione sacerdotale nel mondo; l’efficacia che proprio si voleva ottenere quando si reagiva imprudentemente alla separazione del sacerdote dal resto della società. Annullata: nella stima e nella fiducia del popolo, e dalla pratica esigenza di dedicare ad occupazioni profane e ad affezioni umane, tempo, cuore, libertà, superiorità di spirito, che solo il ministero sacerdotale voleva per sé confiscate». Mi fermo a questo punto perché è quasi tempo di uscire. Adesso c’è la seconda parte del discorso che parla dell’autorità. Credo che non valga la pena che ci soffermiamo; caso mai la leggerete per conto vostro, anche perché, come penso, qui non ci sono contestazioni. C’è soltanto una riflessione che vorrei come conclusione.MONDO
ESEMPI vari
Don Ottorino ama scherzare e si riferisce al fatto che in quei giorni si era fermato a pranzo un tecnico del gruppo della TV che in gennaio aveva filmato in cattedrale l’ordinazione dei primi sette diaconi della Congregazione, il quale aveva stretto con don Girolamo Venco un buon rapporto di amicizia. Don Ottorino allude anche all’altezza di don Girolamo, era il più alto di tutti i religiosi della Congregazione.
MI267,8 [22-02-1969]
8. 3. L’apostolo, dovendo uscire di Chiesa, deve essere pieno di Dio Noi dobbiamo uscire di chiesa per portare le anime in chiesa, ma c’è il pericolo - ecco, questo ve lo dico - che, usciti, ne restiamo fuori. Ho detto tante volte: il diacono deve essere due volte prete. Perché? Perché, non portando la veste, logicamente deve essere talmente carico di Dio da manifestarlo anche senza il richiamo di una veste esterna, di una divisa esterna. Per necessità anche il sacerdote deve uscire di chiesa, per necessità preti e diaconi oggi devono affrontare esperienze nuove, confronti nuovi. Per esempio, voi sapete che don Girolamo è stato scritturato alla televisione: domani lo presenterò, vedremo un po’ se... forse come altezza non ci arriverà. Capite chiaramente che oggi bisogna andare in ambienti certamente un po’ difficili, bisogna spingersi un pochino in terreni scivolosi, ed è un dovere farlo. Però io sono preoccupato di questo pericolo. In nome del Signore voi dovete essere due volte carichi: dovete portare una carica spirituale forte, come gli Apostoli quando ripieni di Spirito Santo sono saltati sopra la casa senza indossare né piviale, né stola, né dalmatica, né niente; gli altri hanno detto che erano pieni di vino, però, dopo un po’ di tempo, abbiamo visto i battesimi, abbiamo visto le conversioni. È questa parte spirituale, intima, questa convinzione, che è necessaria; poi le circostanze porteranno a fare o questa o quella cosa.APOSTOLO salvezza delle anime
DIACONATO diacono
SACERDOZIO prete
PASTORALE
DIO Spirito Santo
Il riferimento è alla Comunità del Guatemala, composta all’epoca da don Gianni Rizzi, don Ugo Caldini, don Leonzio Apostoli, e dagli assistenti Lino Ceolato e Severino Stefani.
Il detto latino significa: “Nessuno può dare quello che non possiede”.
MI267,9 [22-02-1969]
9. Se andate in America Latina, per forza, vi confonderete in mezzo alla gente! I nostri cari don Gianni e don Ugo in Guatemala, e gli altri da una parte e dall’altra, sono messi come tutti, però per la strada tutti li salutano: “Ciao, padre, ciao, padre!”. Perché? Perché vedono in essi il padre. Voi dovete farvi conoscere non per la testa storta, non perché tenete un atteggiamento tale che, insomma, si vede che siete dei mezzi frati, ma perché siete pieni di Dio. E mostrare Dio esteriormente è possibile solo se vi caricate interiormente. In tipografia abbiamo il muletto: voi sapete che il muletto funziona a batterie. Durante il giorno è comodo perché serve per scaricare il materiale: lo si porta qua, là... Però se durante la notte non si mettono sotto carica le sue batterie, il muletto durante il giorno è inservibile, non lo si può neanche spingere, bisogna lasciarlo là. “Ma c’è un camion da scaricare! Ma c’è...”. Niente da fare! Se non hai ricaricato le batterie, il muletto non lo puoi usare: non riesce neppure a muovere se stesso. “Nos sumus muleti’, noialtri siamo un po’ come il muletto: durante il giorno dobbiamo lavorare, uscire, portare anime a Dio, ma se non ci teniamo continuamente carichi, questo è impossibile, non possiamo rendere, non possiamo dare. C’è un detto: “Nemo dat quod non habet”. Il muletto non può dare se non ha le batterie cariche; una macchina non può dare se non ha la benzina. E noi, se non vogliamo la rovina spirituale, dobbiamo avere questo contatto continuo con Dio, questo incontro personale con lui. Vorrei aggiungere, ed è quello che diceva il Santo Padre, che ci vuole questo continuo dire di sì al Signore come hanno fatto gli Apostoli, i quali avevano coscienza personale, ognuno di loro sapeva veramente di avere detto di sì al Signore; avevano coscienza di quello che li aspettava e avevano dato un assenso personale. Noi dobbiamo dire continuamente di sì al Signore, sapendo quello che egli ci darà, e cioè la vita eterna. Su questa terra dobbiamo essere pronti a fare qualsiasi sacrificio per amore del Cristo e per la vita eterna. Amen.MISSIONI vita missionaria
APOSTOLO uomo di Dio
ESEMPI vari
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO vita interiore
NOVISSIMI eternità