Meditazioni italiano > 1969 > IL VALORE DELLA SOFFERENZA ACCETTATA VOLONTARIAMENTE

IL VALORE DELLA SOFFERENZA ACCETTATA VOLONTARIAMENTE

MI273 [04-04-69]

4 aprile 1969 Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata. Don Ottorino, prendendo spunto dalla ricorrenza del venerdì santo, sottolinea come il senso del peccato dovrebbe spingere ad imitare Gesù nell’accettare volontariamente la sofferenza, iniziando dalle piccole cose di ogni giorno. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 23’.

Il testo registrato è incomprensibile nella parte iniziale, per cui non è possibile cogliere l’introduzione della meditazione.

Cfr. Matteo 26, 75.

MI273,1 [04-04-69]

1. 1. Introduzione
... anche perché vedremo di fare la Via Crucis con quelli che quest’oggi rimarranno qui. Condurremmo Gesù lungo la Via Crucis, insieme... così... fraternamente, fino al Calvario. Pertanto questa mattina vorrei fare due riflessioni, che dovrebbero essere di sprone ad amare di più il Signore. 2. Il senso del peccato La prima riflessione è questa: Gesù si è consegnato volontariamente ai suoi nemici per la nostra salvezza. Quando qualche amico è ricoverato all’ospedale e si domanda: “Chi, per piacere, darebbe un po’ di sangue?”, è bello vedere che qualcuno di voi dice: “ Vado io!”. Allora si va all’ospedale, viene prelevato un po’ di sangue, si prende un bicchierino e si torna a casa con la gioia di aver dato un po’ del proprio sangue al fratello che ne aveva bisogno. Ora pensate un po’: tutti avevamo bisogno di sangue... Per capire quello che stiamo dicendo bisognerebbe capire realmente che cos’è il peccato e l’abisso enorme che esso scava tra il creatore e la creatura. Luigi Gonzaga va a confessarsi e sviene quando pensa ai suoi piccoli peccati. I santi, i quali amavano veramente il Signore, piangevano i loro peccati. Pietro uscì fuori dal cortile di Caifa e pianse amaramente. Forse in noi c’è l’habitus del peccato, non del peccato grave, ma di quello piccolo. Forse qualcuno - scusate la brutta parola, la bestemmia che dico - ha la disgrazia di non avere mai peccato gravemente: non è una disgrazia non aver fatto peccati gravi, ma potrebbe esserlo nel senso che, quel qualcuno, potrebbe non aver mai sentito la gravità di una mano che colpisce il creatore, non pensando che anche il più piccolo peccato veniale, anche la più piccola miseria è un fatto talmente grave che un figlio avrebbe motivo di piangere per tutta la vita. Il senso del peccato è il segno di un’anima che sta salendo verso Dio. Un’anima che ama veramente il Signore ha il senso del peccato, cioè capisce che cosa vuol dire peccato.

GESÙ

Via Crucis

GESÙ

redenzione

GESÙ

salvatore

ESEMPI amore di Dio

DIO creatore

DIO amore a Dio

Cfr. Matteo 26,46.

MI273,2 [04-04-69]

2.Quando saranno morti i vostri genitori e comincerete a ripensare qualche volta al babbo e alla mamma, allora anche le più piccole cose che avrete fatto a loro vi peseranno sullo spirito: “Ah, quella volta... quella volta! Se avessi...”. Quando è morta la persona cara, allora si sente quello che si è fatto o non si è fatto nei suoi riguardi, si sente il dispiacere.
Ebbene, amici miei, non è forse un segno del nostro poco amore verso Dio non sentire il dolore del peccato? In altre circostanze vi ho suggerito di meditare, almeno una volta al mese, sui vostri peccati, di mettervi davanti a Dio e vedere che cosa avete fatto voi e che cosa ha fatto lui. Almeno una volta al mese bisognerebbe fare una meditazione su questo. Se non volete che sia la meditazione del mattino, fatela in un altro momento, ma almeno una volta al mese bisognerebbe fermarsi dinanzi a Dio non per recitare un atto di dolore, come si fa qualche volta in fretta, senza pensarci, ma in un atteggiamento di accusa. Vi dico che lo dovremmo fare ogni mattina quando celebriamo la Messa, e spesso anche durante il giorno, perché altrimenti non siamo al nostro posto, ma almeno fatelo una volta al mese, perché se lo fate una volta al mese, sono convinto che poi, ogni mattina, prima della Messa, voi capirete che cosa significa essere peccatori. Capirete che cosa vuol dire mettersi dinanzi a Dio, dinanzi alla Madonna e a tutta la corte celeste e dire: “Per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa ho peccato in pensieri, parole, opere e omissioni; ho peccato, sono un peccatore”. Bisogna arrivare a comprendere che cosa significa: “Sono un peccatore”, cioè aver alzato la propria mano contro Dio, essersi ribellato a Dio, magari in una piccola cosa, ma essersi ribellato a Dio. Fratelli miei, cerchiamo di sentire che cosa significa peccare, perché altrimenti per prima cosa non saremo capaci di amare sufficientemente, e poi non saremo capaci di offrirci sufficientemente per la salvezza delle anime. I piccoli di Fatima hanno capito la gravità del peccato vedendo l’Inferno. Noi siamo più vecchi e dobbiamo capire la gravità del peccato pensando chi è Dio e che cosa vuol dire lanciarsi contro di lui. Perciò si deve dire: “Io, non altri... Io ho peccato! E con il mio peccato mi sono eternamente staccato da Dio per la mia malizia”. Ed ecco lui, Dio, si fa uomo, vive in mezzo agli uomini e volontariamente si presenta ai suoi nemici per dare il suo sangue a me e per cambiare il mio sangue. Io avevo bisogno che il mio sangue fosse cambiato, di essere cioè trasformato perché ormai la mia umanità mi aveva buttato nel fango. Perciò ha detto ai suoi Apostoli: “Sorgete! Andiamo!”.

DIO amore a Dio

PREGHIERA meditazione, contemplazione

CONVERSIONE esame di coscienza

PECCATO peccatore

APOSTOLO salvezza delle anime

CONSACRAZIONE immolazione

MARIA Fatima

GESÙ

uomo

GESÙ

salvatore

Da pochi giorni don Pietro De Marchi e il diacono Giovanni Orfano avevano aperto la Comunità dell’Isolotto di Firenze, dopo che il cardinale Ermenegildo Florit aveva tolto al sacerdote ribelle don Enzo Mazzi la parrocchia per darla ai religiosi della Congregazione.

Nel testo registrato si ascolta a questo punto una frase incomprensibile.

MI273,3 [04-04-69]

3.
Amici miei, non so se proprio adesso il nostro caro don Pietro e il nostro caro Giovanni si presenterebbero, spontaneamente a don Mazzi per essere sloggiati... Don Pietro, forse, direbbe:“Sì, se mi prendono”. Anche Sant’Atanasio, quando lo cercavano, è scappato. Se mi prendono, va bene, pazienza! Ma che io vada proprio a farmi levare le unghie! Vado farmi togliere i denti, ma prima mi facciano una iniezione, ma le unghie... Ebbene, Gesù si è alzato ed è andato nell’orto degli ulivi per farsi prendere! Perché? Perché noi avevamo bisogno del suo sangue. Se io vado in chiesa e penso che ho peccato, anche se avessi commesso un solo piccolo peccato veniale in tutta la mia vita, avrei motivo di piangere per tutta l’eternità se per me non ci fosse la misericordia di Dio, perché anch’io ho gridato contro Dio, anch’io mi sono ribellato a Dio, al mio creatore, al mio signore. Chi entra in chiesa e volge gli occhi all’altare pensando ai propri peccati e a Gesù, presente sull’altare, che si è consegnato ai suoi carnefici per salvarlo, e a un dato momento non sente il bisogno di dare qualche cosa di sé, di amare... costui al posto del cuore o ha una patata o un sasso. Ecco donde nasce il nostro amore: non dai sentimentalismi o dalla poesia, ma dalla prosa del nostro peccato e dalla prosa di uno, Dio e uomo, che per il nostro peccato si è volontariamente offerto per salvarci. E allora, a un dato momento, noi dobbiamo sentire il bisogno di prostrarci dinanzi a lui e dirgli: “Signore, grazie, ti amo! Ma ti amo veramente con le opere e ti voglio bene!”. Questo è il primo pensiero che ci deve accompagnare un po’ quest’oggi nelle nostre adorazioni e nei nostri incontri con il Signore.

GESÙ

redenzione

PECCATO peccatore

DIO perdono di...

ESEMPI Eucaristia

GESÙ

salvatore

PREGHIERE a Gesù

Luciano Parise all’epoca frequentava il 2° anno del corso liceale.

Don Matteo Pinton svolgeva, all’epoca, qualche servizio pastorale e si dedicava all’insegnamento della filosofia.

MI273,4 [04-04-69]

4. 3. Il valore della sofferenza accettata volontariamente
Il secondo pensiero è questo. Se io dicessi a uno di voi: “Prendi uno spillo e pungiti!”. “Eh, no! - direbbe - Se a tradimento mi pungesse lei, direi ‘Ahi!’, non è vero, Giuseppe, magari un quarto d’ora dopo come fanno i cinesi, ma che io mi punga da solo, no!”. Supponiamo che io dica al nostro caro Luciano Parise che è tanto eroico: “Prendi questo spillo e piantalo qui, nella mano!”. E lui, giù. “Giù, più giù”, e lui, giù! “Ancora”, e lui, giù! A un dato momento lui potrebbe dire: “Ehi... Se proprio me lo fate a tradimento, ma che io continui a piantarmi lo spillo nella mano, no!”. Cioè, ad ogni istante lui potrebbe dire di no e invece ad ogni istante dice di sì. Ora cercate di immaginare Gesù che in ogni istante della passione diceva: “Sì!” “Vuoi essere legato?”. “Sì”. “Flagellato... ricevere una percossa?”. “Sì”. “Un’altra?”. “Sì”. “L’incoronazione di spine?”. “Sì”. “Essere fissato alla croce con un chiodo?”. “Sì”. “Con un altro?”. “Sì”. Amici miei, tutta la vita di Gesù, e in modo particolarissimo questa mattina consideriamo la sua passione, è stata un ‘sì’ continuo. Dire di sì al mal di denti, dopo aver preso mezzo chilogrammo di pastiglie senza avvertire alcun sollievo - non è vero, don Matteo? - è abbastanza facile: “Signore, non ne posso più, ma se proprio vuoi, sia fatta la tua volontà!”. Ma dire di sì quando basterebbe una parola per dire di no, per imporre al male di andarsene via... E se andando a chiedere al Signore: “Sei contento che io abbia male, sì o no?”. Lui dicesse: “Sì!”. Bisognerebbe dire: “E allora: male, rimani qui! Male, rimani qui! Male, rimani qui!”. Amici miei, guardate che dire di sì mentre la croce pesa sulle spalle è difficile, eppure è la strada che Gesù ci ha insegnato: dire di sì al Padre; lui è venuto per fare la volontà del Padre, e in tutte le circostanze; lui non si è allontanato dalla croce; ha chiesto al Padre: “Se è possibile, Padre, passi questo calice, passi questa prova, passi questo peso...”, ma ha aggiunto subito: “Sì, sì, sì!”.

GESÙ

Via Crucis

GESÙ

crocifisso

GESÙ

redenzione

ESEMPI passione di Gesù

VOLONTÀ

di DIO

CROCE

GESÙ

“Dio è al telefono, perché lo fai attendere?” era una delle frasi forti di don Ottorino, che aveva fatto scrivere su una ceramica ed appendere nel corridoio centrale della Casa dell’Immacolata.

MI273,5 [04-04-69]

5. 4. Il contatto abituale con il Signore
Bisogna che noi ci abituiamo ad essere un po’ di più in relazione con il soprannaturale e che non diciamo: “Sì, bene... S’intende che faccio la volontà di Dio, si capisce! Perché faccio quelle cose? È logico, le faccio per il Signore! Non si dice alla mattina: ‘Sia fatta la tua volontà’?”. No, amici miei! Se vogliamo essere i carmeli ambulanti, i contemplativi in azione, la nostra vita deve essere una vita nella quale il telefono funziona continuamente e ogni nostra azione, specialmente l’azione che pesa, deve essere accettata dalle mani di Dio, anche se viene dalla cattiveria degli uomini o da qualche incomprensione... da qualsiasi parte venga, deve essere accettata dalle mani di Dio, come volontà di Dio, come volontà di permissione se credete, ma volontà di Dio. Sono questi gli uomini che Dio sta aspettando per l’Isolotto o per i vari Isolotti del mondo: uomini spiritualizzati, uomini che dedicano interamente se stessi all’attività esterna in continuo contatto con Dio, preoccupati solo di fare quello che vuole il Padre, in altre parole, uomini completamente in mano del Padre, e perciò strumenti docili ed efficaci per la salvezza delle anime. Se noi non riusciamo a inserirci proprio nella volontà del Padre, è impossibile l’atterraggio nel mondo d’oggi: ecco il punto di arrivo. Vi ho detto tante volte, in altre occasioni, che il volo di un aereo è difficile, difficilissimo in certe circostanze, se non c’è il radar. La prima volta che sono arrivato a Resistencia nel Chaco è successo che don Aldo e io siamo rimasti dalla mattina fin quasi verso sera ad aspettare un aereo che venisse da Rio per portarci a Buenos Aires. C’erano i due vescovi lì, e siamo rimasti ore e ore ad aspettare perché il pilota non si fidava di partire. “Non ho il radar, - diceva - non ho il radar. Io parto, mi metto in volo, ma poi chissà se e dove potrò atterrare”. Infatti avevano comunicato al pilota che c’erano temporali che si aggiravano intorno a Santa Fe e in altri parti, perciò non c’era da fidarsi. Verso le cinque della sera è arrivato un Caravelle da Rio: l’apparecchio è atterrato nonostante il tempaccio infame; vi siamo saliti, e pochissimo tempo dopo, neanche un quarto d’ora, siamo riusciti a partire, mentre con l’altro non eravamo sicuri né di partire né di atterrare. Infatti il pilota di un apparecchio militare appena arrivato ci aveva detto: “Se volete venire a Formosa... ben volentieri perché da quelle parti non ci sono temporali, ma verso Buenos Aires niente da fare! Non ce la sentiamo di andarci”. E hanno deviato in altra direzione. Amici miei, dobbiamo atterrare in un mondo in cui ci sono tanti temporali, bufere tremende, dove non possono atterrare uomini che non siano radiocomandati o telecomandati da Dio. Atterrare all’Isolotto, senza essere in continuo contatto con Dio, è pazzesco, è roba da matti, roba da matti!

VOLONTÀ

di DIO

VIRTÙ

fede

SLOGANS carmeli ambulanti

CROCE prove

APOSTOLO uomo di Dio

CONSACRAZIONE disponibilità

APOSTOLO salvezza delle anime

MISSIONI

ESEMPI Apostolo

Don Ottorino accenna ripetutamente all’Isolotto come zona pastorale particolarmente difficile.

È uno degli esempi classici di don Ottorino: lo gnocco buttato in acqua bollente, dopo poco tempo risale alle superficie dell’acqua ed è cotto; si ritira dalla pentola con una schiumarola e viene condito con il sugo di pomodoro o con lo zucchero e la cannella.

Cfr. Gv 11,43.

MI273,6 [04-04-69]

6.Voi dovrete atterrare in qualche Isolotto, ma ricordatevi bene che, se non vi abituate qui, nella casa di formazione, a vivere in continuo contatto con Dio, proprio in continua obbedienza a Dio, in modo che le azioni che compite siano volute direttamente da Dio, voi non avrete quell’allenamento che vi è necessario per intraprendere il viaggio che il Signore vuole che intraprendiate, cioè il viaggio apostolico.
Io capisco: ci potranno essere dei momenti in cui lo dimenticate, mezze giornate in cui lo dimenticate, ma ci deve essere questo sforzo e questo continuo desiderio: “Signore, voglio fare quello che vuoi tu”, e in ogni azione: “Signore, che cosa vuoi da me in questo momento? Devo fare questo o quello?”. Scusate, so che queste cose ve le ho detto tante volte, ma so altrettanto che quando voi cominciate a vivere questa vita siete come i famosi gnocchi che vengono a galla e si possono prendere e mettere sul piatto e spedire all’Isolotto; ma finché non salgono a galla, non si possono mandarle all’Isolotto... si attaccano sul fondo e si riducono a una pastella immangiabile. Questo deve divenire sangue del vostro sangue. Per Gesù esso è stato vita della sua vita per tutta la durata della sua esperienza terrena: in Gesù non si può concepire una sola azione senza il permesso del Padre. “Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito... Gettate le reti”, ma prima di dire agli Apostoli “gettate le reti” si era messo in contatto col Padre; in quel momento eseguiva l’ordine del Padre. Quando Gesù dice a Lazzaro: “Vieni fuori”, egli esegue un ordine del Padre. Noi siamo gli uomini di Dio in tanto in quanto siamo gli esecutori degli ordini di Dio, gli inviati di Dio. Noi non possiamo dire una parola, o, per così dire, un respiro, niente... se non è voluto da Dio. Allora siamo gli uomini di Dio, se no, siamo dei poveri uomini, uomini che agiscono per una cultura esterna, per una conoscenza esterna, e la nostra azione sarà un’azione umana, soltanto umana e non un’azione divina, soprannaturale.

FORMAZIONE case di formazione

VOLONTÀ

di DIO

ESEMPI Apostolo

FORMAZIONE

CROCE sangue

GESÙ

servo

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO attivismo

Padre Pietro Zecchin era un compagno di seminario di don Ottorino, che durante gli anni della formazione era passato con i Missionari Comboniani e aveva fatto una lunga esperienza missionaria in Africa.

Don Guido Massignan era all’epoca direttore della Casa dell’Immacolata.

Anche nella frase finale don Ottorino ama scherzare, con l’invito a trasformare il breve periodo delle vacanze pasquali in una occasione di pesca vocazionale.

MI273,7 [04-04-69]

7.Questo io ve l’ho detto tante volte, ma ora proprio vi supplicherei, e prego la nostra buona mamma, la Madonna, che in questo ci è madre, maestra ed esempio meraviglioso. Contemplandola oggi ai piedi della croce... “Stabat Mater dolorosa, iuxta crucem lacrimosa...”, e vedendola lì, anche lei obbediente agli ordini del Padre, istante per istante, dobbiamo dire: “Mamma, aiutami ad essere anch’io così congiunto alla torre di comando in tutti i momenti della mia vita”. Se noi arrivassimo a fare questo, voi capite chiaramente che, comprendendo la gravità del peccato e il Cristo che è presente nel tabernacolo, preoccupati di fare la volontà di Dio, nella nostra vita non ci sarebbero peccati, anzi vorrei dire non ci sarebbero neanche imperfezioni, e allora sarebbe anche inutile raccomandarvi le piccole cose come, per esempio, la puntualità, la prontezza, eccetera, eccetera.
Avete sentito ieri il padre Zecchin che diceva: “Mi sono fermato a mangiare finché non è arrivato l’altro”. Ricordate bene, no? Ieri, don Guido, c’eri? Ha detto: “Eh, prima di mettermi a mangiare ho atteso che arrivasse l’altro”. Ieri mattina, per esempio, all’inizio del ‘Veni Creator’ è stata una processione continua di persone che arrivavano alla spicciolata. Mentre lui parlava mi sono domandato: “E i nostri fratelli, i nostri figlioli, sono proprio preoccupati di dare al Signore queste piccole cose?”. Forse tante volte nella nostra Casa disprezziamo le piccole cose perché, scusate, non abbiamo capito l’amore, perché crediamo di fare un piacere o soltanto di dover obbedire a una regola esterna o a un superiore esterno. Bisogna invece che entriate in questa meravigliosa musica che è la volontà di Dio, per cui in ogni istante siate preoccupati di essere, di dire, di pensare e di fare solo quello che vuole Dio. Non illudetevi perché avete il permesso dei superiori, perché il regolamento ve lo concede. No, amici miei! Dovete essere contenti soltanto quando, in ogni istante, compite la volontà di Dio. Più di una volta, e ho finito, ho sentito dire: “Non è questione di numero di preti, è ma della loro qualità”. Il mondo non va bene, non è sufficientemente cristiano. Perché? Per la ragione della qualità! Qualcuno ha anche detto che i cristiani d’oggi sono come un sasso bagnato solo esteriormente di cristianesimo. Amici, se tanti cristiani sono così, la causa è in buona parte di noi preti perché non siamo cristiani fino in fondo. Lo ripeto: non siamo cristiani fino in fondo! Il cristiano fino in fondo è un uomo che vive solo di Dio: vive in cielo e vive sulla terra, è perfetto uomo e perfetto Dio, in un certo qual senso. Cioè è un uomo come gli altri: generoso, buono, obbediente, allegro e gioioso, vorrei dire più buono e più gioioso degli altri, però un uomo che tu vedi e capisci subito che è solamente in contatto con Dio, preoccupato di vivere per il Signore. 5. Conclusione E allora, io chiederò per tutta la giornata alla nostra buona mamma, la Madonna, questa grazia per me e per voi. Per me, per quanto le cose possano andar male, si tratta ancora di poco tempo e perciò, ormai, il fiasco è fatto e... “Deo gratias!”, il Signore nella sua misericordia metterà a posto tutto, ma voi siete ancora giovani. Dinanzi a un mondo che ha bisogno di aiuto, io vi supplico: fate qualcosa. Bastano pochi uomini così per trasformare il mondo. Approfitto per porgere a voi l’augurio più fraterno e paterno di una santa Pasqua, augurio che porterete alle vostre famiglie, ai vostri sacerdoti e, mi raccomando, nel ‘lungo’ periodo delle vacanze, andate a ‘pescare’!

MARIA maestra, guida

MARIA addolorata

MARIA obbedienza di ...

PREGHIERE a Maria

ESEMPI Eucaristia

VOLONTÀ

di DIO

SACERDOZIO prete

CHIESA cristianesimo

APOSTOLO uomo di Dio

DOTI UMANE

DIO rapporto personale

MARIA la nostra buona mamma