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L’UOMO DI DIO DEVE TRASMETTERE CRISTO

MI275 [18-04-69]

18 aprile 1969 Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata. Don Ottorino, prendendo lo spunto dalla conversazione tenuta durante una cena in casa di amici, sottolinea con forza la necessità di essere sempre uomini capaci di trasmettere Dio agli altri. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 31’.

Il riferimento è a Natalino Peserico, che all’epoca stava frequentando il 3° anno del corso teologico presso il seminario vescovile

L’assistente Francesco Attorni da parecchi anni curava l’amministrazione dell’Istituto San Gaetano.

Il dott. Girolamo Bari era legato da amicizia profonda con Adolfo Soprana.

Tosato aveva un grande negozio di stoffe in centro città, dove spesso don Ottorino si recava per gli acquisti necessari all’Istituto e alla Casa dell’Immacolata.

Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero, che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.

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1. 1. Introduzione
Sia lodato Gesù Cristo! È stato detto che nella vita comune tutto è comune. Se uno va e riesce con la misericordia degli altri o con la sua attività a guadagnare 10.000 lire, queste sono della Comunità, e se andando via in macchina reca un danno alla macchina o alle persone tocca alla Comunità rimettere a posto le cose se la macchina non è assicurata. Ora penso che quello che avviene al singolo, avviene un po’ per tutta la famiglia, e penso con questo di non mancare se questa mattina vi racconto un’esperienza di ieri sera, così, con santa semplicità, pensando che invece di essere stato don Ottorino a viverla sia stato il nostro caro Natalino, cioè come se al mio posto ci fosse stato lui; perciò ve la racconto con semplicità, così come è capitata. 2. Una cena... apostolica Ieri non ho potuto esimermi dall’andare a cena. Perché? Perché è stato Adolfo Soprana ad invitarmi a nome del dottor Bari, che è il direttore dell’Ufficio Commercianti della città e della provincia di Vicenza, e non ho potuto fare a meno di andarvi perché Soprana ci è amico, ci aiuta e ci vuol bene; fatto è che sono andato insieme con l’assistente Francesco, che conosce bene il dottor Bari per affari d’ufficio. Siamo andati a casa del dottor Bari e lì c’erano Soprana con la signora, il dottor Baricon la signora, la suocera e la numerosa prole: c’erano tutti i figlioli, già giovanotti perché uno frequenta il 4° anno del liceo scientifico, uno il 3° del liceo classico... e poi una sfilza di figlioli, una sfilza difficile da numerare. E poi c’era un'altra persona, che forse qualcuno di voi conosce, il famoso Sergio, quello che è socio di Tosato, ed era insieme con la sua signora. Sergio, per quanto dicono Soprana e Bari, non ha fede e non frequenta la chiesa, ma è buono, naturalmente buono, fa anche carità; non va in chiesa perché non ha fede. Con queste premesse cominciamo la cena. Perché io vado a cena? Perché devo andare per convenienza, ma è anche chiaro che io ci devo andare come prete. Perdonate se vi racconto come è andata; don Giuseppemi perdoni, ma lo espongo con santa semplicità, come è capitato. Quando io vado a cena devo andare come prete: io non posso andare a cena come un semplice laico perché se io vado a cena e non faccio il prete non posso poi andare in chiesa a fare i ‘cinque minuti’. Il Signore mi prenderebbe a calci e mi direbbe: “Va’ dove sei stato fino adesso!”. Allo stesso tempo, però, andare e fare il prete non vuol dire neanche andare ossessionati di dover compiere un dovere: deve essere un atteggiamento naturale. Se uno si sforza di vivere in unione con Dio è una cosa naturale essere un uomo di Dio, e non può essere che così; se invece uno non si sforza di essere in unione con Dio, deve fare questo come una cosa studiata, e allora risulta pesantissima e intollerabile.

COMUNITÀ

VIRTÙ

semplicità

PROVVIDENZA benefattori

L’ingegner Eugenio Grassetto possedeva a Padova l’ippodromo “Le Padovanelle”, divenuto in breve tempo un centro sportivo di prim’ordine per tutto il Veneto.

“Cum grano salis”, espressione latina che significa: “con discernimento, con misura, con buon senso”.

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2.Vorrei proprio sottolineare questo aspetto. Io non potevo andare a cena ieri sera e non comportarmi come prete, ma nello stesso tempo non potevo fare quello che ho fatto ieri sera se io non mi fossi sforzato durante tutta la vita di fare la volontà del Signore, di vivere solo per il Signore perché, allora, pure in mezzo a miserie, in mezzo a tutte le debolezze che volete, se io ho questa preoccupazione, mi viene quasi naturale comportarmi così. Come per Gesù, quando andava a pranzo, era naturale parlare del Padre, parlare delle cose sue, perché lui è venuto nel mondo per questo, e non aveva altri interessi di cui preoccuparsi.
Pensiamo per un momento a Grassetto: per lui è una cosa naturale parlare di cavalli a tavola, e si può stare certi che un momento o l’altro salta fuori la questione dei cavalli, specialmente se in quel periodo ne ha comprato uno o se in quel periodo ha fatto qualcosa di nuovo nell’ippodromo... per lui è naturale parlare di cavalli. Per noi deve essere naturale parlare del nostro amore per Cristo, del regno di Dio, delle cose di Dio: naturalmente ‘cum grano salis’, si direbbe, con criterio. La cena si è svolta pressappoco così. Siamo andati e abbiamo salutato signore, signori e signorini. Una signorina è venuta a prendere i cappotti per riporli nel guardaroba; i figlioli sono discesi dalle scale a destra e a sinistra per salutare, dai più piccoli ai più grandi, e quindi ci hanno mostrato un po’ la casa: nel seminterrato hanno ricavato una taverna, con una cucina un po’ rustica, con il camino con lo spiedo, con tutte le sedie di legno, con bottiglie di qua e di là... una cosa rustica, ma veramente bella perché il dottor Bari sa fare le cose bene. Poi mi ha mostrato le stanze di sopra, la terrazza... con tutti i convenevoli che si fanno. Alla fine siamo andati a tavola ed è iniziata la cena. Incominciata la cena, una signora, la moglie di Sergio, ha detto: “Don Ottorino, ho sentito che presto parte, che fa un viaggio un’altra volta. Non ha paura di andare in aereo?”. E allora io ho risposto: “Beh, insomma, forse ormai sono talmente abituato che non penso di avere paura”. “Ma, sa...”. “Lei avrebbe paura? Ha mai viaggiato in aereo?”. “No, per carità, io neanche per sogno andrei in aereo!”. E abbiamo incominciato a parlare dell’aereo e delle difficoltà. Allora il dottor Bari: “Che volete, voi donne...”, ha cominciato a buttare la cosa in tono allegro e sereno, parlando di aereo, parlando di una cosa e dell’altra. Ho capito che era conveniente tagliare un pochino, e ho girato la conversazione. Intanto, dopo la minestra, avevano portato il primo piatto. “C’è il capretto”. “Cos’è, capretto?”, ho chiesto. “Sì, viene dalla Iugoslavia, l’ho fatto venire dalla Iugoslavia”. Era una cena da dottor Bari e gente del suo livello!

SACERDOZIO prete

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO missione

GESÙ

APOSTOLO uomo di Dio

DOTI UMANE criterio

Sono le crocchette di patate: patate lessate e passate al setaccio, amalgamate con formaggio grana, uova, farina, un po’ di prezzemolo e noce moscata. L’impasto ottenuto va poi tagliato a gnocchetti un po’ oblunghi che vengono impanati nel pane grattugiato e fritti in abbondante olio di oliva.

Cfr. Giovanni 21,2-6.

Non sappiamo esattamente a quale brano biblico don Ottorino si riferisca, ma è possibile che si tratti del momento del passaggio del Giordano, narrato in Giosuè 3,14-17.

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3.E allora ho cominciato a fare un po’ l’elogio del capretto...
“Eh, è la suocera che è specializzata in queste cose!”. Hanno portato poi delle patatine lunghe, fate conto che fossero come le frittelle di patata, ma fatte ‘ad hoc’ e, naturalmente, bisogna parlare di questo perché l’argomento è stato tirato lì, e poi ci siamo portati a destra e a sinistra, dalla Iugoslavia a questo, quell’altro, insomma su argomenti umani. A un dato momento ho pensato che bisognava fare un passetto in avanti, dare un colpetto d’ala alla conversazione, e allora ho detto: “Fra qualche settimana, signora, mi troverò in giro per l’America e ripenserò alla cenetta di stasera”. “E perché là?”, ha detto lei. “Eh, là bisogna adattarsi a mangiare di tutto, a mangiare secondo i gusti della loro cucina. I prodotti alimentari ci sono, ma bisogna mangiare come li preparano loro”. E allora... paf! Ho cominciato a parlare della provvidenza, delle difficoltà... Avevamo già mangiato la minestra, la pietanza, ed era anche il momento buono per parlare della provvidenza. “Ma, come fate voi... Don Ottorino, come fa a mandare avanti l’Opera?”. “Come faccio? Se l’Opera è del Signore ci pensa lui, ma naturalmente bisogna che anche noi facciamo la nostra parte!”. Allora ho parlato di voi, del lavoro che fate, del sacrificio del lavoro e della provvidenza. Ho detto: “Noi non possiamo disgiungere lavoro e provvidenza. Dove l’opera è di Dio, Dio provvede ai suoi. Il Signore a San Pietro e a quelli che erano andati con lui a pescare ha detto: ‘Pescate là?’ed è avvenuto il miracolo, ma loro hanno messo tutta la loro capacità di pescatori, non sono rimasti seduti sulla barca o sulla riva: sono andati e hanno pescato e pescato bene, come ognuno di loro, come San Pietro sapeva pescare, buttando le reti con competenza. C’è stato il miracolo, ma c’è stata insieme anche la cooperazione degli Apostoli!”. E ho cominciato a parlare di provvidenza e del lavoro che ognuno deve fare, e lì, cari miei, ho messo il cuore del discorso. È successo come quando si fanno i viaggi in aereo e si punta su Lima o su un’altra direzione. Allo stesso modo anch’io ho buttato dentro quel passo della Sacra Scrittura che abbiamo meditato insieme con i vari gruppi, quello sugli Ebrei sulla riva del Giordano, invitati ad amare Dio con tutto il cuore, a non pensare che le città alle quali sarebbero arrivati fossero loro proprietà, e che una volta conquistate non ritenessero di essere stati loro a farlo.

PROVVIDENZA

CONGREGAZIONE

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

È il modo in cui popolarmente a Vicenza si indicava ‘andare il galera’, perché le carceri erano situate nella contrada cittadina di San Biagio.

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4.Caspita! C’era un silenzio di tomba, specialmente da quando avevo cominciato a parlare di questo. Proprio Sergio è intervenuto per dire: “Proprio così! Anche adesso è così! Mi pare che tutti siamo così. Non le sembra, don Ottorino, che siamo cascati nell’arroganza degli Ebrei ora che abbiamo perso la testa perché abbiamo di tutto?”.
“Appunto! Eh, perché hanno magazzini di stoffe, - ho detto - perché hanno negozi, perché si ha di tutto non si può dimenticare Dio. Dio deve essere al centro dell’interesse dell’uomo e dobbiamo parlare di lui a tavola, quando stiamo mangiando, quando camminiamo per la strada; ne dobbiamo parlare dovunque”. Insomma hanno cominciato ad essere un pochino preoccupati perché mi ero messo a parlare così, e allora ho pensato fra me che era meglio lasciare andare un pochino il discorso su argomenti più leggeri perché la meditazione non diventasse troppo lunga, e li ho tirati ancora a parlare un po’ dei debiti, delle piccole cose di casa, della vita della Congregazione. A un dato momento Sergio ha detto: “Ma, senta, mi dica un po’: lei, con il pensiero dei debiti che ha, riesce a dormire di notte?”. Ho rimesso in mezzo il discorso di prima e ho detto: “Beh, veramente: vorrà dire che una volta o l’altra andrò a finire a San Biagioe allora verrete a trovarmi!”. “Eh, no! Non la metteranno a San Biagio, neanche per sogno!”. “Eppure, - ho detto - ci sono entrato anche da poco”. “Eh, eh, lei è andato a San Biagio? Mi dica un po’: com’è stato?”. “Sono andato a confessore durante la settimana santa, - ho detto - ed è venuto a confessarsi da me persino quell’uomo di Rosà, quello che ha ucciso una persona”. “Non l’avrà mica assolto, vero?”, ha detto Sergio. “Ma guarda che razza di uomo è lei! - ho detto - Si capisce che lei non è un papà. - infatti non ha figlioli - Lei non è né papà, né prete...”.

SOCIETÀ

lavoro

A una delle cene che don Ottorino aveva preparato per alcuni benefattori era stato invitato anche un impiegato comunale che don Ottorino aveva conosciuto per alcune concessioni edilizie. In seguito, colpito dai discorsi di don Ottorino e sotto la spinta di un grave fatto accaduto a un suo amico, ritornò alla pratica religiosa che da anni aveva abbandonata: don Ottorino lo aiutò con il consiglio e l’amicizia.

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5.E allora ho cominciato a raccontare di quell’uomo che da settant’anni non si confessava, della gioia che prova un prete quando vede uno che viene a confessarsi... Supponiamo che uno da cinquant’anni non si confessa e viene...
E ho raccontato quello che è capitato qui, a cenaquella sera nella quale era con noi un tale che alla fine aveva detto: “Bisogna che ci troviamo, bisogna che ci troviamo!”. Io vedevo che nel suo cuore le mie parole scendevano come pioggia e che lui le beveva: “Bisogna che ci troviamo!”. Dopo pochi giorni è venuto a raccomandarmi un suo amico che aveva un tumore e mi disse che anche lui aveva bisogno di confessarsi. Ho raccontato tutte queste cose, e dopo ho fatto comprendere la gioia che prova il sacerdote quando vede uno che si presenta per confessarsi: “Supponiamo - ho detto - che venisse uno che da cinquant’anni non si confessa e ne avesse combinate tante, ne avesse fatte tante... come quell’omicida di San Biagio”. Avevo il signor Sergio proprio di fronte perché me l’avevano messo lì appositamente. Io continuai: “Ne aveva commesse tante di mancanze ed è venuto a confessarsi; in quel momento che è venuto a confessarsi, pentito dei suoi peccati, io mi sono sentito di essere inferiore a lui. Perché? Perché lui era pentito, lui erapentito e ha condannato se stesso, perciò il prete sente il bisogno di aprire le braccia”. “Ah, ha fatto così? Ci credo - ha detto - che sia proprio così, come lei dice... Ma, io e lei bisogna che ci troviamo... venga a casa mia: adesso lei va in America, ma una sera venga a casa mia, mi prometta di venire a casa mia”. “Ma vuoi confessarti adesso? - hanno cominciato a dire gli altri - Aspetta un poco!”. E lui continuava: “Bisogna che lei venga a casa mia una sera, bisogna che ci troviamo a casa mia una sera, insieme. Mi faccia questo piacere. E prima di andare in America, bisogna che venga da me perché voglio regalarle una fornitura completa di abiti; venga là, ma non lei solo, venga anche Girolamo, don Girolamo, e anche lei Francesco: voglio vestirvi io perché voglio che ve ne andiate messi bene, vestiti bene!”. Il dottor Bari intanto voleva regalarmi una veste: “Vada a farsela fare e poi mi dica dove l’ha fatta confezionare perché avrei piacere di pagarla io!”.

GRAZIA Confessione

SACERDOZIO prete

CONVERSIONE pentimento

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6.Intanto è incominciato questo desiderio di Sergio per un incontro, e me l’ha ripetuto almeno una ventina di volte: “Bisogna che ci troviamo!”, e poi mi faceva cenno con gli occhi: “Guardi che io e lei bisogna che ci troviamo, bisogna che ci incontriamo!”.
Poi ho lasciato parlare tutti permettendo che la conversazione girasse su altri argomenti. E dopo ha cominciato a dire che Pio XII era un fascista e che Papa Giovanni bisognava che fosse venuto almeno dieci anni prima e così il mondo sarebbe andato meglio: “Perché non è venuto dieci anni prima Papa Giovanni?”, e giù e giù. E io ho lasciato che dicessero. A un dato momento però ho ripreso in mano la partita dopo averli lasciati navigare così: ho risposto loro dapprima con argomenti umani, e poi ho dato un colpo d’ala e ho detto: “Sentite, cari. Lei ce l’ha con Papa Giovanni, con questo e con quel fatto. Io ricordo che monsignor Fanton mi diceva che monsignor Rodolfi, quando gli riferivano qualche piccola miseria di uno o dell’altro dei suoi preti, diceva per prima cosa: “Senti, don Carlo, quando si va a comprare la carne, si compra la carne con l’osso. Non devi meravigliarti se qualche volta trovi la carne con l’osso...”. “Perbacco! - esclamò Sergio - Ha sempre ragione lei! Vedete quanta teologia ha studiato! Non ho mai trovato uno che conosce così la teologia; ha sempre ragione lei!”. “Vede, - ho detto - caro Sergio: ogni uomo ha il suo osso, abbiamo tutti carne e osso. Ma sa che cosa succede? Succede che noi guardiamo l’osso degli altri e non guardiamo quanto osso abbiamo addosso noialtri!”. “Hai preso le tue?”, ha detto il dottor Bari. “Non vedi che don Ottorino ti porta sempre un po’ in alto? La verità è che noi guardiamo le cose troppo terra terra, mentre bisogna che a un dato momento, e in questo ha ragione don Ottorino, ci innalziamo un pochino e che guardiamo le cose dall’alto. Vede, don Ottorino, mi sono accorto stasera che tutte le cose di cui abbiamo discusso qui, insieme, le abbiamo guardate dall’alto e non dal basso. Purtroppo noi siamo fatti così, guardiamotutto dal basso, di qua, di là, da sinistra, da destra. Invece bisognerebbe avere il coraggio, insomma, di innalzarsi e di guardare le cose dall’alto”. “Ma, per forza! - ho detto - Che cosa ci ha detto il Signore?”. Allora tenevo sempre fisso il riferimento al brano della Sacra Scrittura. “Che cosa ci ha detto il Signore?”. E da lì siamo partiti, siamo partiti in pieno. Siamo stati più di mezz’ora a ragionare di queste cose.

CHIESA Papa

AUTOBIOGRAFIA

CONVERSIONE esame di coscienza

CHIESA cristianesimo

VIRTÙ

fede

Cfr. Esodo 12,26-27 e Giosuè 4, 21-24.

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7.Abbiamo fatto le undici e mezzo, e sono venuto a casa a mezzanotte. E volevano che stessimo là ancora, eh! Beh, in conclusione a un dato momento Sergio è sbottato dicendo: “Mi scusi, don Ottorino, ma mi permetta che le dica una cosa: perché gli altri preti non parlano così?”.
“Perché non li invita a cena! - gli ho risposto - Li inviti a cena, li inviti a cena!”. “Eh, ma non parlano così!”. “Eh, ma li inviti a cena: è dopo cena che si parla così! Il Signore non ha forse detto che dobbiamo parlare a cena, quando siamo seduti a tavola? La ragione è anche perché lei non va insieme con i preti, non va in loro compagnia neanche per la strada!”. E allora ho scherzato un pochino. Una signora allora ha detto, non la moglie di Sergio, un’altra: “Anche noi cristiani manchiamo e manchiamo fortemente, perché dovremmo essere capaci di fare anche noi simili ragionamenti e anche noi dovremmo, invece di perderci in tante stupidaggini durante le nostre conversazioni e i nostri incontri, essere capaci di ragionare in questo modo; dovremmo sentire il bisogno - ha detto - di conversare un pochino sulle cose, così!”. “D’altra parte, visto che è stata la signora a introdurre questo argomento, - ho ripreso - vedete che quando il Signore si è rivolto agli Ebrei non ha parlato ai sacerdoti soltanto, non ha detto che solo i preti devono parlare di queste cose. Il Signore ha parlato a tutto il popolo raccomandando... “Raccontate queste cose ai vostri figli”.Adesso abbiamo parlato insieme di queste cose e c’erano anche i vostri figlioli presenti. - I figli intanto erano stai mandati a letto alle undici - Pensate se qualche volta in famiglia si parlasse di queste cose, se si discutessero questi problemi, ma non per criticare a destra e a sinistra, ma per innalzarsi un pochino, per vedere le cose dall’alto, come diceva anche il dottor Bari, per guardare le cose con semplicità, cercare di vedere la presenza di Dio nella famiglia, sentire la presenza di Dio negli avvenimenti, vedere come anche in certe cose Dio è presente e non imprecare: “Perché il Signore permette questo? Perché permette quello?”. Guardiamo un pochino per quale motivo sono capitati certi fatti: forse, anche noi, per i nostri peccati, siamo responsabili un pochino delle due guerre di questo secolo... Beh, penso che si sarebbe tanto più buoni, tanto più buoni!”.

AUTOBIOGRAFIA

SACERDOZIO prete

CHIESA cristianesimo

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

FAMIGLIA

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

PECCATO peccatore

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8.In conclusione, adesso non voglio tirar fuori tutti i particolari... però, alla fine, ci siamo separati proprio da amici; sono convintissimo di avere fatto con questa gente un ritiro mensile.
Ragazzi, questa è un’altra prova ancora che il metodo è valido. Per il fatto che si è andati a fare una cena così, dalle otto a mezzanotte, una cena che è stata una ‘colazione di lavoro’, non vuol dire che ci si sia divertiti di meno, anche sul piano umano. Abbiamo mangiato di gusto, hanno stappato due o tre tipi di bottiglie, abbiamo bevuto un bicchiere di gusto, e abbiamo anche chiacchierato di gusto... perciò, anche sul piano umano, non abbiamo rinunciato alla soddisfazione, né si può dire che sia diventata una cosa monotona; anzi è diventato un momento che ha preso il cuore, e il cuore è stato più contento. Tutti sono stati contenti ieri sera; non c’è stata nessuna delle persone presenti che abbia subito la situazione perché parlando delle cose nostre con semplicità, con un certo criterio, cercando di non stiracchiarle, afferrando la battuta al volo e di lì trascinarla verso di noi bisogna rendersi conto un pochino se l’ambiente le accetta o non le accetta. Ricordatevi che sono stati contenti loro e siamo rimasti contenti noi; umanamente parlando si potrebbe andare anche stasera perché non è stata una faticaccia ieri sera, come dire: “Adesso mi tocca andare a fare una predica!”. No, siamo andati così, da fratelli, insieme con Cristo.

VIRTÙ

semplicità

Nell’esempio don Ottorino nomina dapprima mons. John Rettagliata, sacerdote amico che aveva conosciuto mentre lavorava a Vicenza come cappellano dei soldati U.S.A., poi il nunzio apostolico in Brasile che era il vicentino S. E. mons. Sebastiano Baggio, quindi il signor Arnaldo Marzotto che aveva donato alla Congregazione il “Lar dos meninos” di Resende in Brasile, e infine il nunzio apostolico a Buenos Aires che all’epoca era S. E. mons. Umberto Mozzoni.

Cfr. 1 Cor. 10, 31, dove San Paolo dice: “Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio”.

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9.3. L’uomo di Dio deve essere sempre apostolo
Noi preti, noi diaconi, non possiamo andare a cena senza invitare il Cristo; il segreto sta tutto qui. Non possiamo andare a un incontro con persone esterne da soli, non possiamo! Sarebbe come se uno partisse e se ne andasse lontano senza il portafoglio. Supponiamo di partire per l’America senza portafoglio e senza documenti. “Homo sine pecunia imago mortis”, si diceva una volta; “L’uomo senza denaro è lo spettro della morte”. Immaginate di partire in aereo e di trovarvi improvvisamente senza portafoglio e senza documenti, magari in America, privi di tutto. Ecco, il sacerdote e il diacono che non vanno con Cristo sono come un pellegrino o un viaggiatore che improvvisamente si trovasse senza documenti e senza soldi, anzi anche peggio. Perché, se io mi trovassi improvvisamente a New York senza soldi e senza documenti, farei telefonare da qualcuno a monsignor Rettagliata e in qualche modo me la caverei; se mi trovassi a Rio mi rivolgerei al nunzio apostolico o a Marzotto, e in un modo o nell’altro me la caverei, e se fossi a Buenos Aires mi rivolgerei al nunzio apostolico e così me la caverei.Ma trovarsi in terra straniera, dove non si conosce nessuno, la cosa sarebbe molto grave. Non vi sembra? Se non ci mettiamo proprio in testa che dobbiamo portare sempre Cristo con noi, siamo in una situazione peggiore di uno che va senza documenti e senza soldi. Vorrei insistere su questo concetto: qui non si tratta di fare cose straordinarie o una cosa studiata, come sarebbe a dire: “Beh, adesso vado là, e dunque devo fare e devo dire...”. No! Deve essere una cosa che scaturisce proprio da un cuore che ama. Se volete riuscire in questo bisogna che prendiate di punta il vostro egoismo, il vostro io, e che mettiate al suo posto Dio. Bisogna che a un dato momento nella nostra vita ci sia un unico interesse, al quale devono sottostare tutti gli altri interessi. Per esempio, io gioco perché voglio far piacere al Signore, io mangio perché voglio far piacere al Signore. “Sia che mangiate, sia che giochiate...”: sono dottrine vecchie, e mi pare che anche un certo Paolo di Tarso abbia detto qualcosa del genere.Insomma la nostra vita deve essere centralizzata in Cristo, la nostra giornata nella Messa che noi viviamo nelle ventiquattro ore: allora per noi diventa quasi naturale, anzi naturalissimo, parlare delle cose che ci interessano, come per Grassetto parlare di cavalli.

SACERDOZIO prete

DIACONATO diacono

ESEMPI consacrazione

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

VIZI egoismo

GESÙ

centro

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10. “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Se tu vai con Cristo, ti dirò che sei un suo seguace, un cristiano, un suo apostolo. Se tu vivi di Cristo, ti sarà naturalissimo portare Cristo, seminare Cristo anche senza pensarci. Se invece tu non sei preoccupato di questo, finirai per suddividere la tua giornata in tanti settori; allora ti capiterà che mentre pensi a questo non riuscirai a pensare a quello. Invece per noi, fratelli miei, esiste una sola cosa: sia che trattiamo del pensionato dell’ECA, sia che trattiamo dei disegni del pensionato o del biglietto della lotteria di Merano, o che trattiamo delle altre cose che ci capitano in casa, per noi la realtà è sempre quella, è sempre lo stesso Gesù che ci dice: “Adesso fai questo! Adesso fai quello! E adesso fai quell’altro!”. È sempre un atto di amore verso di lui che dobbiamo compiere. Se io faccio questo lo faccio perché voglio bene a lui.
Ecco, questo è il motivo essenziale per cui dobbiamo lavorare, vuoi con gli incontri personali, vuoi nella direzione spirituale: bisogna che noi, nella direzione spirituale e negli incontri personali con il Cristo, cerchiamo di stabilire questa meta, questo punto di arrivo, altrimenti, fratelli miei, è meglio cambiare mestiere. Quando scherzando ho detto a Sergio: “È perché non invitate i preti a cena...”, lui mi ha detto una frase che fa paura al solo pensarci: “Temo che se anche li invitassi a cena, tanti preti non sarebbero capaci di fare così come fa lei. Penso che qualcuno di loro farebbe bene a cambiare mestiere!”. È grave, non è vero don Giuseppe? È grave! Ma guardate che, pure scherzando, Sergio mi ha risposto così: “Don Ottorino, ho paura che tanti preti, anche se liinvitassi a cena, non sarebbero capaci di parlare così. Credo che per più di uno sarebbe meglio cambiare mestiere!”. Amici, state attenti: la gente, anche quella che non va in chiesa come Sergio, esige tuttavia che il prete sappia il suo mestiere; scusate la brutta parola ‘mestiere’. E quando la gente parla del ‘mestiere’ del prete non intende che il prete sappia fare le grandi disquisizioni. Quando le parli di Dio, dice che sai tanta teologia. Ieri sera me l’hanno detto sei o sette volte: “Càvati d’impaccio se ne sei capace! Guarda quanta teologia ha studiato!”; me l’hanno detto parecchie volte, e a me veniva da ridere perché la teologia non è il mio forte. Bisognerebbe essere stati nascosti per ridere un pochino. Per loro teologia, scienza, eccetera, e tutta la stessa cosa... dal prete, insomma, vogliono uno che sappia elevarli un pochino, passare sopra tutto e parlare di Dio; insomma passare sopra tante cose e farli volare un pochino. Questo vogliono da noi! Io vi faccio proprio l’augurio che possiate incontrarvi con il Cristo, vivere questa vita, e che nel vostro apostolato di domani nessuno possa dire di voi: “Quello lì? È meglio che cambi mestiere!”. “Perché?”. “Perché non è capace parlare di Dio!”.

GESÙ

imitazione

GESÙ

unione con...

VOLONTÀ

di DIO

DIO amore a Dio

PREGHIERA carmeli ambulanti

GESÙ

centro

GESÙ

incontro personale

SACERDOZIO prete

I ‘praeambula fidei’ sono le verità che devono e possono essere conosciute dalla ragione prima che, per la fede infusa e la grazia attuale, i fedeli aderiscano alle verità rivelate da Dio. Nel concreto don Ottorino vuol dire che ha tentato di fare una semplice premessa al tema scelto per la meditazione.

Zeno Daniele frequentava all’epoca il 3° anno del corso teologico: il suo intervento è incomprensibile, perché la registrazione è troppo disturbata.

Il riferimento è a Giampietro Fabris, che all’epoca stava frequentando il 1° anno del corso teologico.

Cfr. Apocalisse 3,14.

Il riferimento è a Ruggero Pinton, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

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11.
Abbiamo a nostra disposizione ancora cinque minuti. Io pensavo di fare i “præambula fidei”per introdurci nella meditazione, ma ormai abbiamo già consumato venticinque minuti e ci fermiamo qui. Se avete qualche cosa da dire... Mi sembra che tu, Zeno, avessi qualcosa da dire...Sei d’accordo anche tu? A un dato momento c’è una grazia che non passa, eppure qualcuno aveva cercato di farla passare. Non so se te ne sei accorto anche tu. Perché? Non fermiamoci a dire il nome. Quando il Signore ha concesso grazie a qualcuno, è più difficile, poi, che entri la grazia in quell’uomo. Supponiamo che io vada a cena a casa di Fabris.Purtroppo tu, Fabris, ti sei accontentato di essere un prete mediocre, immaginando che già sia prete: con te è più difficile attaccare discorso e fare breccia, mentre è più facile attaccare un discorso su Dio con un non credente. Qualche volta si sente dire: “Come si fa con la gente di oggi così lontana da Dio?”. È più facile abbordare questa che non quelli che non sono “nec calidi nec frigidi”, cioè quelli che hanno ricevuto tanta grazia di Dio e non l’hanno trafficata. Ecco, non so, ma l’esperienza è questa! Si dice continuamente: “Mah, con la gente di oggi, con il mondo di oggi che non è interessato a Dio, che non si interessa di Dio...”. Beh, invece, per conto mio, per quel poco di esperienza che ho, è più facile che questa gente s’interessi di Dio, ma proprio nel vero senso della parola, appunto perché presenti loro Dio com’è, e allora lo accettano com’è, ma proprio fino alle estreme conseguenze; mentre se tu vai in qualche altro ambiente non sei ascoltato così fino in fondo. Per esempio, si è sempre detto che il pubblico più difficile a cui parlare è quello dei seminaristi e dei preti, che sono le persone a cui si fa più fatica parlare e dettare una meditazione. Perché? Perché è facile che ascoltino per vedere se fai qualche sbaglio di grammatica o se dici qualche eresia, e non ascoltano con l’atteggiamento semplice di chi ascolta la parola di Dio, di chi va a ricevere Dio. È tremendo, ma è così! L’osservazione di Zeno è giustissima! Poi, altre cose? Ruggero, che cosa vorresti dire? Tu, don Giuseppe? Ho fatto male a tirar fuori questa esperienza? No, penso! Sentite, voi prendetela con semplicità, perché quello che ho fatto io poteva farlo benissimo chiunque di voi. Vi dico sinceramente che se qualche volta vi metto a conoscenza di queste esperienze è perché penso che sia utile rendersi conto che abbiamo una missione da compiere. Non si può dire: “Vado là a fare questo o quello!”; abbiamo una missione da compiere, e la nostra missione è questa.

GRAZIA

SACERDOZIO prete

MONDO

PAROLA DI DIO

APOSTOLO missione

Cfr. Giovanni 19,30.

Il diacono Vinicio Picco era all’epoca consigliere generale e sempre accanto a don Ottorino in ogni iniziativa.

MI275,12 [18-04-69]

12.4. L’apostolo deve trasmettere Dio alle anime
Supponiamo che ieri sera abbiamo aperto una strada per portare quest’uomo a Dio. Guardate che più di una volta ha detto: “Bisogna proprio che il Signore ci sia! È inutile che neghiamo la presenza del Signore, è inutile che neghiamo la sua presenza, è inutile che neghiamo Dio! Dio lo si sente e lo si vede”. A un dato momento era lui che faceva la predica. Supponiamo che ieri sera io avessi accettato di comportarmi più come uomo che come prete, e supponiamo che l’incontro di ieri sera dovesse costituire il punto di partenza per arrivare ad una assoluzione o alla salvezza di un’anima. Amici miei, non è la stessa cosa che si salvi un’anima in più o un’anima in meno. Non bisogna scherzare! E, forse, quanti preti vanno ad una cena, e non si accorgono che il Signore ha fatto arrivare lì un’anima perché il prete possa avvicinarlo, ma lui si comporta alla buona, usando un comportamento corretto e civile, ma senza fare il prete. Non possiamo fare così! L’apostolo deve dare. Ogni nostro incontro non avviene per caso! Il Signore ci ha creati preti, fin dall’eternità ci ha pensati perché fossimo i dispensatori della parola di Dio. Gesù, venendo sulla terra, è stato sempre il Verbo del Padre, e ha continuato ad esserlo fino al ‘consummatum est’e continua ancora ad esserlo per tutta l’eternità. Ora noi siamo qui in terra: dal momento che abbiamo detto le prime parole : “Mamma, mamma”, la nostra lingua è stata consacrata da Dio per parlare di Dio, le nostre gambe, fin dalla prima volta hanno cominciato a barcollare e a fare le capriole per camminare ci sono state date da Dio per camminare, e portare la parola di Dio, le nostre mani ci sono state date da Dio per prendere in mano il pane per la consacrazione, per benedire il mondo e per aiutare i fratelli. Perciò io non ho niente che sia mio. Io sono consacrato a Dio e la mia missione è proprio quella di portare, come Gesù Cristo, la parola del Padre. “Io sono il Verbo, io sono il Verbo eterno che continua, che continua...”: L’eresia mettetela da parte... bisogna sentire questa missione! Perciò come Gesù alla fine della sua vita ha potuto dire: “Consummatum est”, anche noi dovremmo poter dire: “Io, Padre, ho sempre fatto quello che volevi tu, ho sempre pensato quello che volevi tu, amato quello che volevi tu, detto quello che volevi tu, né una parola di più né una parola di meno!”. Figlioli miei, questa è la nostra missione! Non possiamo scendere a compromessi, e se anche qualche volta la natura umana viene accontentata con un giretto, una gita, un divertimento, deve rientrare sempre in questa linea. Non so se sbaglio, Vinicio, tu che sei diacono e sei assistito dallo Spirito Santo.

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

APOSTOLO salvezza delle anime

APOSTOLO vocazione

GESÙ

CONSACRAZIONE

SACERDOZIO prete

EUCARISTIA S.Messa

APOSTOLO missione

GESÙ

imitazione

GESÙ

Don Ottorino riporta in questo caso l’espressione in latino: “Ars artium regimen animarum”.

MI275,13 [18-04-69]

13.5. Conclusione
Perciò la conclusione finale è questa: bisogna fare le cose con serietà. Se è un impegno serio la professione del medico, l’opera del chirurgo, andare un domani a fare operazioni al cervello, dovete capire che la nostra missione è una cosa molto più seria. Una volta ci dicevano che l’arte delle arti è quella di dirigere le anime,e infatti non c’è proporzione tra l’operare il cervello e il salvare un’anima. Quando tu, diacono, ti avvicini a un giovane e cominci a parlare, ricordati che stai facendo un’operazione più grande di quella che fa il chirurgo quando cambia il cuore. Bisogna biasimare la leggerezza con cui qualche volta si affrontano le cose. Se Dio ti pone vicino un giovane e tu ti metti a discorrere un pochino insieme, non lo fa perché tu faccia il bellimbusto, perché ti metta a fare “gneo, gneo, gneo, gneo...”; Dio ti mette un’anima vicina perché tu, uomo di Dio, possa entrare nell’alta chirurgia e possa aiutare quell’anima a incontrarsi con Dio. È Dio che vuole trasformare quell’anima, è Dio che vuol prendere quel tralcio e attaccarlo alla vite perché porti frutto. Si tratta di un tralcio selvatico, scusate la parola, che Dio vuole innestare alla vite, per trasformarlo, e lo mette nelle tue mani. Quante volte noi ripetiamo quello che è stato fatto nell’Italia meridionale a quella bambina che, rimandata da un ospedale all’altro, è morta! Doveva essere ricoverata, ma un ospedale ha risposto: “Non abbiamo posto”; un altro: “No, non siamo attrezzati”, e l’hanno sbattuta di qua e di là, finché è morta senza assistenza. Quante anime, quante creature sono lontane da Dio, non amano Dio e non vivono un cristianesimo autentico perché noi, gli specializzati, i chirurghi, gli apostoli, rifiutiamo questi ammalati o per incapacità o per pigrizia, e siamo responsabili sia nell’uno che nell’altro caso! Perché? Perché se siamo incapaci è perché non ci siamo specializzati al momento giusto o perché siamo preoccupati soltanto di leggicchiare di qua e di là invece di andare alla scuola del chirurgo, e se è pigrizia siamo responsabili lo stesso perché si tratta di un altro peccato. Perciò con santa semplicità, ma nello stesso tempo con fermezza e la responsabilità di quello che dobbiamo compiere, fratelli, prepariamoci a fare quello che Dio vuole da noi, cioè le operazioni di alta chirurgia. Sia lodato Gesù Cristo!

APOSTOLO missione

DIACONATO diacono

APOSTOLO salvezza delle anime

VOLONTÀ

di DIO

CHIESA cristianesimo

FORMAZIONE

VIRTÙ

semplicità