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LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA È LA SCELTA DI UNA FAMIGLIA VERA.

MI289 [16-01-1970]

16 gennaio 1970

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve delle “Note di spiritualità religiosa” preparate da don Matteo Pinton, che presenta in modo scherzoso. Le citazioni, prese dalle pagine 183-185 di Scritti ispirati da don Ottorino, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Il riferimento è ad Antonio Pernigotto, che prima di entrare in Congregazione aveva prestato il servizio militare nel corpo degli alpini e che nelle conversazioni ricordava volentieri quell’esperienza.

Forse don Ottorino allude al gruppetto di religiosi che all’epoca frequentavano l’istituto statale per ragionieri.

Il riferimento è a Marco Pinton, che all’epoca aveva appena iniziato il 1° anno del corso teologico.

MI289,1 [16-01-1970]

1. Sia lodato Gesù Cristo!
Continuiamo allora il commento, il breve commento, alla prefazione delle nostre meditazioni. È il terzo incontro che facciamo su questo tema ed è la continuazione su alcune domande che l'autore di questo “romanzetto” ci fa, chiedendoci se abbiamo o non abbiamo Dio nel cuore. L'autore, poi, è arrivato al punto di dirci che, se non abbiamo Dio nel cuore, le cose si fanno serie, e vicino a noi vedremo fiorire qualche cosa che non è Dio. «La nostra famiglia è là dove è il nostro cuore...». Se, per esempio, Antonio pensa continuamente agli alpini, al suo battaglione, ai suoi scarponi, è chiaro che la sua famiglia è là; se una persona continua a pensare alla politica, è chiaro che la sua famiglia è là; se io ho il mio cuore nella fabbrica, a un certo momento non penso più alla famiglia, sposto il mio sentimento e la fabbrica diviene la mia famiglia. «La nostra famiglia è là dove è il nostro cuore, dove si radicano tutte quante le nostre riserve ai dettami della coscienza e del dovere. Se a Dio preferiamo la nostra piccola associazione...». Qui l'autore non allude alla nostra Associazione religiosa o Congregazione, ma a quella piccola cerchia, di cui ha parlato nella precedente meditazione, che ognuno sarebbe in grado di farsi con due o tre amici, con due o tre ragionieri , lavorando insieme, di notte, o con due o tre amici, maschili o femminili, fuori di casa: una piccola cerchia di compagni di lavoro, come potrebbe essere qualche volta il consiglio pastorale. Qualcuno potrebbe dire: “Ma... non è stata proprio consigliata la creazione del consiglio pastorale parrocchiale?”. Non è vero, Marco ? E allora Marco, quando arriverà ad essere parroco, creerà il piccolo consiglio pastorale, e lo creerà scegliendo personalmente i membri, non mediante elezioni come dovrebbe essere, e lo sceglierà, manco farlo apposta, proprio di genere femminile e non maschile. Pazienza!

DIO centralità

di...

ESEMPI centralità

di Dio

PECCATO passioni

DOTI UMANE amicizia

PASTORALE

PASTORALE parroco

Don Ottorino ricorda il breve periodo, subito dopo l’ordinazione sacerdotale, in cui fu inviato come sacerdote coadiutore nella parrocchia cittadina di Araceli, dove aveva la responsabilità dei giovani e dell’oratorio parrocchiale.

Don Ottorino esprime in maniera molto plastica l’astuzia per convincere il parroco, dopo che era stato influenzato dal parere espresso da una signora della parrocchia che integrava il circolo ristretto delle consigliere.

MI289,2 [16-01-1970]

2. «Se a Dio preferiamo la nostra piccola associazione, il nostro cuore è lì, non è di Dio».
E allora, se il nostro cuore è lì, non si fa niente senza il consiglio di quella associazione. Siate prudenti perché anche sacerdoti buoni cascano in questo inganno. Ricordo quand'ero cappellano ad Araceli : che fatica ho fatto per convincere il parroco a fare la scuola di religione in oratorio! Allora si faceva in chiesa, e siccome la chiesa di Araceli è di forma rotonda, potete immaginare il gran baccano che ne risultava durante l’ora di religione. Inoltre dei trecentocinquanta ragazzi che avrebbero dovuto essere presenti, frequentavano al massimo una settantina. E allora ho fatto una campagna spietata, entrando nelle scuole, preparando elenchi, avvicinando le famiglie, ed ho proposto di fare la scuola in oratorio, dove c'erano tutte le salette disponibili, ed erano parecchie. Gli insegnanti, poi, sarebbero stati tutti maestri di scuola elementare, che avevano già una esperienza pedagogica, fatta eccezione per la “primetta” per la quale veniva una suora. Avevo preparato tutto, si era d'accordo su tutto con il parroco, quando, all'ultimo momento, una delle sue consigliere ha detto di no. Allora il parroco mi disse: “Sa... ci ho ripensato...”. E va bene! Anch'io, però, ho fatto il mio gioco, perché la settimana successiva, trovandomi un giorno verso le dieci o le dieci e mezzo in canonica con il parroco, gli domandai: “Ha già recitato il breviario?”. “No”. “Lo recitiamo insieme?”. E così, poi, abbiamo preparato insieme gli avvisi parrocchiali per la domenica. Alla fine il parroco mi disse: “Aveva ragione lei, sa!”. Quanto al veto... l'abbiamo fatto cadere. Ma dopo, cari miei, dopo che il parroco lesse in chiesa l'annuncio che la domenica seguente si sarebbe fatta la scuola di dottrina in oratorio... ah, aveste visto che corse in sacrestia! Ma ormai il dado era stato gettato pubblicamente e non c'era più niente da fare.

VIRTÙ

prudenza

SACERDOZIO prete

AUTOBIOGRAFIA Araceli

PASTORALE

Il riferimento, un po’ scherzoso, è a Luigi Tonello, che era entrato nella Casa dell’Immacolata dopo aver conseguito il diploma di maestro.

Don Ottorino si riferisce ad una nota barzelletta sui carabinieri, ma sottolineando il fatto che uno non può stare senza l’altro.

MI289,3 [16-01-1970]

3. Guardate che si tratta di buoni sacerdoti, eppure... D'altra parte è un po' naturale, e non sempre si tratta di passioni impure. Ci può essere una buona maestra, che ha una certa influenza perché è più anziana, non solo maestrine giovani, vero, maestrini e maestrine... Luigi , giovani maestri... Può trattarsi di una brava maestra che effettivamente lavora per la parrocchia e influisce, influisce, e a un dato momento non si è più capaci di decidere senza il suo parere. Allora succede come con i carabinieri, che vanno sempre in due perché uno sa leggere e uno sa scrivere!
Scusate se insisto, ma ho visto tanti casi, veramente tanti casi di sacerdoti buoni, vorrei dire anzi di sacerdoti santi, che sono caduti con molta ingenuità. E poi, piano piano, si finisce per fare con quelle poche persona la propria famiglia, e si va sempre più avanti. Anche se non si fanno pensieri impuri o non si commettono peccati con queste persone, a un dato momento si diventa sterili nell'apostolato, perché ci si rinchiude con loro, si lavora con loro, e si trasforma il servizio apostolico in una piccola attività. Invece di avere una grande famiglia si ha una piccola famiglia. Io ho detto questo adesso, ma il nostro autore lo dice più avanti; l'ho fatto per smorzare un pochino quello che seguirà, non già per dire che non è vero, ma per non impressionarvi troppo.

SACERDOZIO prete

PECCATO passioni

PASTORALE parrocchia

DOTI UMANE amicizia

APOSTOLO

APOSTOLO attivismo

Il riferimento è al famoso libro di don JEAN BAPTISTE CHAUTARD, L’anima di ogni apostolo, in cui l’autore insiste sulla priorità della vita interiore rispetto alla vita di azione.

Nel testo registrato don Ottorino scherza a questo punto con il nome di Beppina e Beppino, alludendo evidentemente a Giuseppe Biasio che all’epoca frequentava il 4° anno del corso teologico, e nominando anche Zeno Daniele che stava completando il corso teologico.

Don Ottorino, nel tono scherzoso di tutto l’esempio, usa la parola “cotta” che vuol dire innamoramento, per insegnare che il sacerdote deve sempre esprimersi come uomo di Dio e non come un giovane innamorato.

A questo punto del testo registrato don Guido Massignan, all’epoca segretario generale della Congregazione e direttore della Casa dell’Immacolata, risponde: “Molto bene”.

MI289,4 [16-01-1970]

4. «Se al nostro dovere comunitario religioso, preferiamo sempre le nostre attività e lo posponiamo sistematicamente alle nostre uscite, cosiddette apostoliche, spesso ritenute profondamente come integrazione affettiva, è in quelle che noi identifichiamo la nostra famiglia».
Qui l'autore dice che c'è il pericolo di diventare sterili anche nelle nostre attività apostoliche. Sembrerebbe un controsenso. Tu ti impegni, lavori, organizzi, ti dai da fare a destra e a sinistra, e a un dato momento la tua famiglia, invece di essere nella comunità religiosa, è nelle attività apostoliche, e divieni sterile. Credo che uno dei pericoli sia proprio questo, ed è la famosa “eresia dell'azione” di cui parlava il Chautard. Il pericolo per tanti sacerdoti, più che consistere nel dare il cuore alle creature, sta nel fatto che non danno sufficientemente il cuore a Dio perché lo rivolgono alle attività: vivono per esse e vi si buttano dentro. Ad un dato momento le loro attività divengono aride, sterili, perché il loro cuore è tutto per esse e non resiste. E allora avviene quello che l'autore ci dirà adesso. «Se alla preghiera noi continuamente preferiamo la lettera spirituale o l'incontro con le anime a, b, c...». Si intende anime con l'iniziale minuscola. Supponiamo: c'è da andare a pregare, c'è da dire il breviario: “Ah, no! Devo scrivere una lettera a Beppina”. Dunque c'è da scrivere una lettera. “Poveretta! Si capiva che aveva tanto bisogno... L'ultima volta che è venuta a confessarsi mi ha detto di avere molte difficoltà in famiglia, specialmente con la mamma che non capisce niente. Allora le scrivo una lettera. È veramente un dovere di coscienza”. “Mia cara Beppina, a seguito all'ultimo incontro avuto ho tanto pregato per te. Anche ieri notte non ero capace di dormire: ho continuato a pregare e a pensare a te. Non avere paura, ti sono sempre tanto vicino...”. Ah, ci sono certe lettere scritte! Figlioli, siete ancora giovani! Quando una lettera di questo tono capita, magari, nelle mani delle autorità ecclesiastiche, recapitata da qualcuno, e la si legge, ci si domanda: questa è la lettera di un padre spirituale o piuttosto di un fidanzato con tre cotte e non una sola? È la lettera di un prete o di un uomo? È tutta piena di frasette dolci, spirituali, per portare l'anima in alto... Don Guido, dico male, caro? E la gente mormora: “Avete visto? Avete sentito? Anche lui!”. Guardate che è facile che capiti, è facile! Anime di Dio, se viene al confessionale un ragazzo: “Padre, è tanto tempo che non mi confesso...”, si risponde con un tono secco. Arriva poi una vecchiotta: “Ci, ci, ci, ci...”. E capita una signorina dal tono dolce e insinuante: “Padre, avrei da domandarle un consiglio. Io dico la corona ogni sera, faccio anche un po' di lettura spirituale su un libro. Ieri sera, per esempio, ho fatto la lettura spirituale su Santa Teresina del Bambin Gesù. E mi ha detto così... Poi la meditazione... Scusi, padre, un'altra cosa: la meditazione io la faccio così; che cosa ne dice lei? Qualche volta è difficile! Per esempio, ieri sera mi è capitato questo... Io, poi, volevo fare così, ma...”. Se per caso, subito dopo, viene un uomo dal tono rude, uno che puzza di tabacco e di stalla, la cosa è diversa. Quando viene una signorina è un piccolo sollievo che ogni tanto il Signore dà a noi confessori. E allora, anche senza volerlo, il sacerdote le dedica un quartino d'ora invece di tre o quattro minuti, e a volte anche un'ora e un quarto, un'ora e venti. È chiaro che è sempre e solo direzione spirituale! Ma la gente osserva che ci si comporta così sempre con quella o con quell’altra persona. D'altra parte, Teresine del Bambino Gesù non si incontrano tutti i giorni!

APOSTOLO attivismo

COMUNITÀ

SACERDOZIO prete

PASTORALE

CONSACRAZIONE verginità

VIRTÙ

prudenza

ESEMPI verginità

ESEMPI prudenza

DOTI UMANE stima

Unità nella carità è il bollettino di collegamento della Congregazione con gli Amici.

Nell’esempio don Ottorino nomina don Matteo Pinton, affermando il contrario della realtà perché abitualmente era molto parco nel cibo.

MI289,5 [16-01-1970]

5. «Se alla preghiera noi continuamente preferiamo...».
Può capitare che un giorno si ritenga necessario scrivere una lettera “spirituale”, ma allora tenete presente la norma generale che abbiamo indicato tante volte in casa nostra. Prima di firmarla chiedetevi: potrei io pubblicarla in “Unità nella carità” oppure in un giornale con onore mio, della mia Famiglia religiosa e della religione? Se la risposta è no, stracciatela! “Ma, non capiterà nulla...”. Stracciatela! Domani può capitare nelle mani di qualcuno... Stracciatela! Chiaro? Quando scrivo una lettera, devo scriverla soltanto se so che potrebbe essere pubblicata, anche se contiene notizie riservate quanto si voglia. Deve essere scritta misurando e soppesando specialmente gli aggettivi, i verbi e tutto il resto, in modo che, anche se venisse pubblicata, potrebbero tutt'al più dire: “È una lettera privata, riservata”. Io potrei scrivere una lettera a Zeno comunicandogli qualcosa di riservato riguardo all'amministrazione o anche trattando, supponiamo, cose sue personali. Però, se qualche estraneo la leggesse, direbbe: “È scritta da uomo!”. Vi sembra giusto? Ci sono delle lettere riservate che non dovrebbero essere pubblicate, ma se lo fossero, la gente dovrebbe dire: “Erano cose riservate, però sono scritte in forma corretta”. E non solo dovremmo seguire questa norma nelle lettere, ma anche in quello che diciamo a tu per tu. Se ci fosse in quel momento un registratore che registrasse tutta la nostra conversazione e un bel giorno essa venisse resa pubblica saremmo tranquilli? Supponiamo che ci siano due amici, don Matteo e Antonio Pernigotto, che tra loro parlano male di don Guido dicendone d'ogni colore. Ebbene, se questo venisse tutto registrato e poi fatto ascoltare in refettorio... mi pare di vedere don Matteo che tralascerebbe di mangiare - adesso mangia molto, però; lo sapete che mangia molto! - per la disperazione. Pensate qualche volta anche a questo: se quanto io sto dicendo adesso con questa ragazza, con questo giovane, con questa persona, fosse reso noto un domani in Paradiso, lo direi ugualmente? Voi sapete che vengono fatte delle riprese; questa è la realtà! C'è un angioletto che fissa sempre tutto con la cinepresa e con il magnetofono, capisci, Marco, e poi in Paradiso lo fanno rivedere e risentire. E allora ci toccherà vedere riprodotto Marco che litiga con la sorella e i fratelli, sentire tutte le chiacchiere maligne che fa, i suoi brontolamenti... Ehi, è meglio starsene in guardia! Che bello sarebbe, invece, vivere, pensare, parlare e agire sempre come se si fosse alla presenza di Dio e dell'assemblea dei santi del Paradiso! Ecco il segreto: io agisco pensando di essere visto da Dio e dall'assemblea dei santi. A volte io parlo con qualcuno nell’intimità, però non mi vergognerei, un domani, se lo sapesse il mondo intero. Perché? Perché agisco dinanzi al cospetto di Dio.

VIRTÙ

prudenza

VIRTÙ

trasparenza, sincerità

VIRTÙ

retta intenzione

COMUNITÀ

critica

NOVISSIMI paradiso

Don Ottorino sottolinea con forza l’esempio aggiungendo scherzosamente sul testo registrato: “Don Luigi ride. È capitato a te per caso, caro?”.

MI289,6 [16-01-1970]

6. E qui il nostro autore insiste.
«... noi dimostriamo di amare queste, non Dio; non potremo mai amarle con animo divino; non insegneremo mai ad amare Dio che neppure noi conosciamo, si attaccheranno a noi; allora non costruiremo la famiglia di Dio, ma la nostra famiglia, in cui non è Dio il Padre, ma noi ci sostituiamo a Lui, ritenendoci inconsciamente padri, madri, sposi, confidenti e tutto... e costruiremo i nostri postriboli dietro all'altare e nei confessionali...». Non ridete, non ridete, per carità! Si crede che siano cose impossibili, e invece sono cose che capitano, e capitano spesso. Non capitano soltanto nella vita religiosa, ma anche a un papà di famiglia: lui ama la moglie e va a fare porcherie con altre donne. Fate le meraviglie? Chi confessa lo sa. Ed anche se non fa porcherie, il suo cuore è diviso. Il cuore: o è per la famiglia o comporta conseguenze disastrose. Che ne dici, don Matteo? O è di Dio o c'è il disastro. E allora tu vedi le conseguenze. Per conto mio la missione del sacerdote è sublime, è una cosa meravigliosa, ma se la trasformiamo in un mestiere diventa una cosa spregevole. «... dietro all'altare e nei confessionali...». Può capitare, per esempio, che un domani un ragazzo vada a confessarsi e che magari il prete sia quello che lo corrompe in confessionale. Voi dite che non è possibile. E invece sì. E dietro all'altare, dietro all'altare! E magari è il cappellano che va dietro all'altare con una ragazza tra le braccia e la bacia là, dietro all'altare. Sono fatti accaduti, e potrei dirvi anche il nome del paese. Ricordatevi che uno ammazza un ricco per rubargli il tesoro, ma prima comincia con il rubare un ago, un uovo, una gallinella, piano piano. Un uomo rovina la sua famiglia dandosi ai falsi amori, ma comincia prima trascurando l’amore per la sua famiglia, restando alla sera fuori di casa a bere, a giocare, a divertirsi con gli amici. Prima di fare il male, trascura il bene, il suo dovere di padre e di sposo. E allora naturalmente va a finire così. Chi, invece, in casa fa il suo dovere di padre e di marito, non andrà alla deriva. Uno che vive la sua vita di consacrato, vive una esperienza meravigliosa. Per lui non ci sono questi pericoli. Il pericolo c'è quando, prima di arrivare dietro all'altare con la ragazza, si arriva a tralasciare la recita del breviario, a tralasciare la meditazione, a tralasciare la confessione, a tralasciare la direzione spirituale. E allora la logica conseguenza è naturalmente quella, è quella! Sarebbe da meravigliarsi che non fosse così, perché non si può stare senza amore. Se non hai caffè - come durante l'ultima guerra mondiale, tosti le radici di cicoria e fingi d'avere vero caffè. Se non c'è l'amore puro, ci sarà il surrogato. Non senti l'amore per la moglie e la famiglia? Ci sarà il surrogato, un misero surrogato di un cuore rovinato. Non hanno Dio, perciò hanno il surrogato. Quanta gente vive di surrogati! E fossero almeno fatti di cicoria... sarebbe già tanto!

CONSACRAZIONE vita religiosa

FAMIGLIA papà

PECCATO tradimento

APOSTOLO attivismo

SACERDOZIO prete

GRAZIA Confessione

VIZI lussuria

PECCATO scandalo

FORMAZIONE direzione spirituale

PECCATO omissioni

DIO centralità

Il riferimento è forse a Giampietro Fabris, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

Nel 1970 in Italia era obbligatorio per il sacerdote l’uso della veste talare. In seguito la prassi si è modificata, anche se l’autorità ecclesiastica ha sempre insistito sulla necessità che il prete abbia un segno che lo identifichi come tale.

Don Ottorino conclude ricercando il parere di don Guido Massignan e di don Girolamo Venco, che avevano responsabilità di animazione fra i giovani e i religiosi della Casa dell’Immacolata.

MI289,7 [16-01-1970]

7. Ma procediamo con la lettura.
«... giustificati naturalmente dalla patina della nostra apertura, della nostra sicurezza, della nostra disponibilità e del nostro presunto illusorio zelo apostolico». E allora, con questa apertura, si va a ballare con le ragazze... e sono preti! Mi guardi, Pietro ? Non ci credi? Ci si mette in borghese e si va. Ultimamente ho richiamato fraternamente un sacerdote e l’ho invitato alla prudenza. Mi ha risposto: “Sa, sono riuscito a confessarla; ci vado per questa ragione. Con questo avvicinamento - e intanto lui sta a ballare insieme, a ubriacarsi insieme! - ci riesco, vedo che ci riesco; gli altri non ci riuscirebbero”. La confessione dovrebbe essere una conversione, però potrebbe essere stata lei a confessare lui! Cambiamo registro perché qui ci sono anime innocenti che si scandalizzano. Però vorremmo spaventarvi un pochino mettendovi davanti alla realtà, perché un giorno non finiate anche voi per trastullarvi con queste cose. Un padre missionario mi raccontava che in Africa, in una certa tribù, quando una ragazza è fidanzata, le legano una specie di scopino dietro la schiena. Non so se avete sentito raccontare che le mettono un segno legato al collo come per avvertire: “Ehi, non guardatela nemmeno, perché è già promessa ad uno”. La donna sposata invece porta un anello come se volesse dire: “Ehi, la mia fede, ecco la mia fede! Io sono già donata ad uno, a una famiglia”. Noi portiamo la veste talare: questo è il segno della nostra fede. Ma anche coloro che non portano la veste, sappiano che portano invisibilmente il segno di una fede e che sono già donati. È chiaro? Don Guido, sei d'accordo? E tu, don Girolamo?

SACERDOZIO prete

VIRTÙ

prudenza

GRAZIA Confessione

CONVERSIONE

FORMAZIONE

FAMIGLIA matrimonio

SACERDOZIO veste

VIRTÙ

fede

È l’espressione dei discepoli di Emmaus (Lc 24,21), che don Ottorino usa per indicare la costante insoddisfazione di chi non si è donato totalmente al Signore.

L’apparente logicità del ragionamento, sostenuto anche dalla citazione del Vangelo (Mt 7, 16-20) dimostra l’attaccamento alle proprie idee e al proprio modo di fare.

La frase scherzosa allude evidentemente a don Matteo Pinton, estensore materiale delle note lette da don Ottorino, anche se lui stesso ne era stato l’ispiratore.

Il riferimento è a Franco Faggian, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale.

. Nel testo scritto da don Matteo c’è il riferimento a Lc 3, 1-18.

MI289,8 [16-01-1970]

8. «Se parliamo tanto fuori e siamo muti in casa; se siamo tanto santi fuori e creiamo la confusione in casa con le nostre problematiche vuote, come possiamo dire di amare Dio e i fratelli, come amava Gesù?».
Le conseguenze sono queste: fuori casa è tutto un atteggiamento dolce e comprensivo, mentre in casa aspro e ruvido. Che ne facciamo di tali uomini? «Siamo adulteri dell'amore di Dio, dei confratelli e della Congregazione, discepoli insoddisfatti ed egoisti, con il continuo ''sperabamus'' sulle labbra, altro che apostoli pieni di zelo! Guardiamo come trattiamo Dio, i superiori e i confratelli, e lì avremo il metro per vedere se amiamo veramente, e non giudichiamoci dal come ci amano e ci lodano certe ben determinate persone che ci stanno attorno». Un giorno mi sono permesso di fare un'osservazione ad uno perché si era troppo incamminato su questa strada. Mi ha risposto: “Gesù ha detto che la pianta si giudica dai frutti. Io vedo che tante creature vengono a me, vedo che riesco a confessare, avvicinare... Dunque mi pare che la logica sia chiara: se i frutti ci sono, vuol dire che la pianta è buona”. Vi assicuro che mi sono proprio sentito rispondere così. Però, attenti, perché, possono essere i frutti... di una pianta di zucca! «Un'ultima importante considerazione riguarda il modo generico del presentarsi del religioso. Prendendo le mosse dall'analogia stabilita in precedenza, possiamo stabilire quest'ultimo rapporto: - mi permetto di leggere in fretta, perché ci rimane un'altra pagina prima di finire, e l'autore mi rimprovererebbe se non finissi, perché ha tutti gli altri manoscritti che attendono di uscire - il giovane non sposato è portato spesso ad essere civettuolo, galante, leggero; cerca di piacere, sfrutta le circostanze per farsi vedere, notare specialmente dalle ragazze, eccetera. Lo sposato invece, sempre che sia buono e serio, tratta gli altri e specialmente le donne più coscienziosamente, non cerca di piacere se non a sua moglie, mantiene relazioni senza civetterie, testimonia un cuore donato, distaccato, accasato, sempre e dappertutto. Così l'apostolo! La sua consacrazione deve dargli un colore particolare, una sensibilità e una maturità senza eccezioni, ovunque e sotto tutti gli aspetti: nel modo di parlare, di trattare, di vestire, di presentarsi, di rifiutarsi, di uscire con coraggio dagli equivoci, tutto deve essere in coerenza con la donazione vissuta e testimoniata per il bene degli altri. Se non ha il cuore pieno di Dio, corre il rischio di mostrarsi civettuolo e leggero, incostante e ordinario, senza parole di salvezza, ma solo capace di galanterie umane o, all'opposto, spinoso, acido e senza cuore». Ci ha “conciati” per bene questo giovane autore! Ed ha solo ventotto anni; figuriamoci quando ne avrà quaranta! «Tutto dipende dall'aver scoperto Dio e il suo amore o dall'essere ancora preda del proprio egoismo!». Tutto dipende da questo. Hai scoperto Dio, caro Franco ? Non aver paura; va’ avanti tranquillo, anche se c'è qualche marachella. Non l'hai scoperto? Attenzione! «La strada dell'incontro con Dio, spesso sconosciuto in mezzo a noi e al nostro attivismo, è quella proposta dal Battista: convertirsi, fare penitenza in una lotta senza mezzi termini contro ogni forma di egoismo verso Dio e verso i fratelli Presentiamo allora una traccia di esame di coscienza dettagliato, che possa servire ad individuare le eventuali radici egoistiche della nostra tiepidezza religiosa, comunitaria, familiare, apostolica».

COMUNITÀ

PASTORALE

VIZI superbia

GRAZIA Confessione

DIO passaggio di...

Don Ottorino si richiama a un libro che amava molto e conosceva a perfezione. Alessandro Manzoni, al cap. XXII de I promessi sposi, mentre racconta la vita del card. Federigo Borromeo dice: “Persuaso che la vita non è già destinata ad essere un peso per molti, e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego, del quale ognuno renderà conto...”.

Forse il riferimento è a Mario Corato, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

MI289,9 [16-01-1970]

9. Era giusto avere questa panoramica. Adesso speriamo che i più giovani non si spaventino. Infatti qualcuno di loro potrebbe dire: “Se le cose stanno così, è meglio che abbandoniamo tutto!”. Ricordate che questa difficoltà esiste per chi si fa prete, per chi si fa diacono, e anche per chi si fa papà di famiglia, perché siamo uomini. Il pericolo, vorrei dire, è maggiore da quella parte che non dalla nostra. Il Manzoni dice che la vita è un dovere, non una festa: un dovere per tutti. E il dovere va affrontato da uomini. E allora da uomini dobbiamo affrontare la missione che il Signore ci ha messo davanti.
Siamo chiamati ad essere papà di famiglia? Via la talare, Mario , e diventa papà di famiglia! Sei chiamato ad essere maestro di asilo? Giù la talare: maestro d'asilo! Capisci? Sei chiamato ad essere prete, ad essere un consacrato? Vivi la tua vita di consacrato; vivila mettendo già in preventivo che sei uomo, che nella tua vita ci saranno degli alti e bassi, cioè dei momenti in cui non riuscirai. Il tuo desiderio, però, sia quello di essere donato interamente e senza riserve. E che cosa si deve fare per essere persone veramente donate, si chiede il nostro caro padre Matteo? Bisogna togliere l'egoismo. E qui l'autore ricorre al nostro caro San Giovanni Battista perché tra santi si intendono: bisogna togliere l'egoismo per incontrarci con il Cristo. È quello che noi cercheremo di fare nelle prossime meditazioni.

FORMAZIONE

CROCE difficoltà

DIACONATO diacono

SACERDOZIO prete

FAMIGLIA papà

APOSTOLO uomo

APOSTOLO missione

APOSTOLO chiamata

SACERDOZIO veste

CONSACRAZIONE religioso

CONSACRAZIONE offerta totale

CROCE prove

VIZI egoismo