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L’AMOROSA RICERCA DELLA VOLONTÀ DI DIO.

MI297 [04-03-1970]

4 marzo 1970

Il riferimento è a don Zeno Daniele, che stava per essere consacrato sacerdote il mese seguente, e che già lavorava nell’amministrazione generale della Congregazione.

Il termine cotta significa innamoramento.

Anche don Ruggero Pinton era ormai prossimo al sacerdozio, ma don Ottorino scherza sulla sua apparente ingenuità.

Il riferimento è sempre alle Note di spiritualità religiosa stese da don Matteo Pinton, che don Ottorino tratta con particolare stima. Le citazioni, prese dalle pagine 190-191 di Scritti ispirati da don Ottorino, vengono riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

MI297,1 [04-03-1970]

1. Sia lodato Gesù Cristo!
Se il Signore mi apparisse di notte o di giorno e mi domandasse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”, Zeno suggerirebbe subito: “Beh! Intanto gli dica di pagarle i debiti”. No, non chiederei il pagamento dei debiti, ve l'assicuro, chiederei una grazia per me e per voi, una grazia tale che, se noi la ricevessimo, tutto il mondo ne sentirebbe un beneficio. Come quando uno è tifoso per il calcio non vede e non pensa che al calcio, oppure quando uno si è preso una “cotta” , come si dice in altre parole, si nota a ad una distanza di tre chilometri, così io chiederei che il Signore ci concedesse la grazia di prendere una “cotta” per lui. Don Ruggero mi guarda con un sorriso e pensa: “Ma che cosa sentiamo!”. Non pensavo di avere un fanciullo davanti, ma pensavo di avere tutti uomini che non si scandalizzassero. Chiederei proprio questa grazia: che entrasse in noi un amore tale per lui, che per noi non ci fosse altro che il desiderio di compiere la sua volontà in tutte le cose. Io ve l'ho già detta in tanti modi questa necessità, e ormai siete stanchi di sentirvela ripetere. Ma ve lo ripeto in nome della nostra buona mamma, la Madonna, e in nome di Dio: non stanchiamoci di domandare questa grazia al Signore; è la nostra fortezza, la nostra gioia. Se entrerà in noi questo spirito, saremo al sicuro da qualsiasi disastro nella Congregazione, anche da certe crisi che, perciò, verranno superate con la massima facilità. Bisogna, però, che in noi entri l'amore come motore di ogni azione, e non si dica: “Lo faccio perché lo devo fare”. Tante altre volte vi ho detto che mia mamma, quando facevo una cosa che mi appassionava, osservandomi mi diceva: “Ma guarda quel ragazzo, guarda quel ragazzo come lavora!”. E rivolta a me aggiungeva: “Se te l'ordinasse il prete in confessione, dimmi, faresti quel lavoro?”. Penso che queste osservazioni siano state fatte anche a voi qualche volta: “Se il prete te lo ordinasse, lo faresti? Io non capisco, ma guarda: quando si mette a fare quella cosa nessuno può distoglierlo”. Infatti quando c'è una cosa che piace, che rientra nei nostri piani, noi impegniamo tutte le nostre energie per farla e non sentiamo il sacrificio. Nei nostri piani dovrebbe entrare un unico interesse: la volontà di Dio, di colui che ci ha creati, ci ha mandati, ci ha inviati. Scusate se ho voluto riprendere in questo modo la meditazione della settimana scorsa, nella quale mi pare che abbiamo cominciato a leggere alcune frasi del nostro pio autore.

DIO amore a Dio

VOLONTÀ

di DIO

DIO centralità

di...

MARIA la nostra buona mamma

CROCE difficoltà

CONGREGAZIONE spiritualità

AUTOBIOGRAFIA famiglia

Nel testo registrato don Ottorino a questo punto aggiunge: “che pure devo fare”.

La stesura delle Costituzioni è stata fatta nel 1960-1961. A questo scopo don Ottorino si ritirava nella colonia agricola di Grumolo delle Abbadesse (VI). Nel Natale 1960, durante le vacanze invernali ad Asiago (VI), una prima bozza venne presentata ai religiosi e discussa. Per la stesura don Ottorino chiese la collaborazione di Luigi Furlato e Pietro Martinello, allora chierici. Unendo le iniziali di Ottorino, Furlato e Martinello ne uscì o.f.m., offrendo occasione per battute scherzose. Ricorse pure all’aiuto di don Giovanni Sartori, suo figlio spirituale, specialmente per il capitolo relativo agli studi, e del prof. Riccardo Vicari, insegnante di lettere nel corso liceale della Casa dell’Immacolata, per una revisione della forma letteraria.

Don Girolamo Venco all’epoca era già sacerdote e aveva la responsabilità generale della legatoria della Casa dell’Immacolata. Condivideva tale responsabilità con Luigi De Franceschi, che frequentava il 4° anno del corso teologico, che don Ottorino nomina con i titoli di monsignore e Cichè.

Don Ottorino finge di interpellare dapprima don Matteo Pinton, l’estensore materiale delle note che sta commentando, e poi don Guido Massignan che era il direttore della Casa dell’Immacolata.

Il riferimento è a Gabrielle Stella, allievo del 2° anno del corso liceale, che suonava nel complesso musicale ‘Los hermanos’ della Casa dell’Immacolata.

MI297,2 [04-03-1970]

2. «Per quanto buone possano essere, se restano mie, non saranno mai le azioni di Cristo; non testimonieranno mai il mio assoluto vivere di Lui e in Lui, l'essere io stesso Gesù, “ego ipse Jesus”, votato unicamente alla volontà del Padre, distaccato dalle stesse mie vedute personali, dai miei stessi piani apostolici, qualora Egli volesse in modo diverso il mio contributo alla salvezza del mondo, magari nel segreto e nel nascondimento doloroso di una prova umiliante».
Basterebbero queste poche righe messe a programma, e noi avremmo una Congregazione che potrebbe sfidare i secoli; basterebbero queste poche righe messe a programma, ma nel vero senso della parola, e noi avremmo una Congregazione che potrebbe sfidare i secoli. Qui c'è una cosa, che io vi ho detto ancora, e perdonate se ve la ripeto; mi pare di avervela detta l'ultima volta; portate pazienza! Quando ho steso le Costituzioni insieme con voi, io le ho prese e portate a Roma. Roma le ha approvate e me le ha restituite: da allora non sono più mie. Prima noi discutevamo, trattavamo, abbiamo cercato la forma letteraria migliore, le abbiamo riviste. Siamo andati persino dal prof. Vicari perché ne rivedesse la correttezza grammaticale. Però, portate a Roma e approvate, quelle Costituzioni noi le abbiamo ricevute, ci sono state date da Dio attraverso la Chiesa. “Ma... le ho fatte io!”. Non interessa chi le ha fatte. Dio ha dato a me l'incarico di farle, ma poi è come se me le avesse date lui. Le mie azioni, anche le più ordinarie, io devo offrirle a Dio. E devo mettercela tutta per farle bene come ce l'abbiamo messa tutta nel preparare le Costituzioni, sia con don Giovanni Sartori, sia con l'uno e con l'altro, impiegando un po' le nostre conoscenze, le doti, i doni e i carismi che il Signore ci ha dato. Abbiamo cercato di buttarle giù insieme. È chiaro! Poi però le abbiamo presentate a Dio, alla Chiesa. Io devo impegnarmi al massimo nelle mie azioni, come se tutto dipendesse da me. Va bene? Però io devo offrire al Signore la mia azione, il mio progetto, il mio modo di agire, e lui mi restituisce questa azione e mi dà un comando. Tu, don Girolamo , devi occuparti in legatoria di tutti questi libri? Va bene: vai davanti al Signore, ci metti tutta la tua parte di conoscenza e pensi: “Prendere quel lavoro è necessario perché adesso non abbiamo tanto lavoro. Con il prezzo ci stiamo dentro o non ci stiamo dentro?”. E fai il tuo progetto umano, ti consigli con monsignore che è tuo collaboratore, ti consigli con gli altri, e poi, a un dato momento, quando hai preso la decisione, con parole umane dici: “Beh! Quella cosa va fatta, bisogna che la facciamo”. È chiaro! Questo “bisogna che la facciamo” io lo trasformerei in “io ci ho pensato, ho detto qualche giaculatoria, ho cercato... Mi pare che questa sia la volontà di Dio e Dio, adesso, mi ha dato quest'ordine. Basta, non si discute più. Bisogna farla!”. Don Matteo, dimmi: vado fuori strada dicendo questo? Io penso che bisogna prenderla così la volontà di Dio. Don Guido, che cosa ne dici? Se non la prendiamo così... Le nostre azioni devono essere sottoposte prima ad un vaglio. Non posso io intraprendere un'azione dicendo: “Ecco, la faccio perché mi pare che vada bene sia fatta”; non può Gabriele dire: “Vado a suonare perché mi pare che vada bene così”. Non si può: questa sarebbe una leggerezza! “Adesso faccio quel lavoro perché mi sembra bene; studio quella materia perché mi sembra conveniente...”. In tal modo tu fai la tua volontà, anche se novantanove su cento essa corrispondesse oggettivamente alla volontà di Dio. La tua azione resterà umana, molto umana, se non ti abituerai a cercare in essa la firma del Signore. Così voi emettete un mucchio di assegni, ma senza firma, voi spedite un'enorme quantità di pacchi, ma senza indirizzo, voi vi caricate di assegni che non hanno alcun valore o, anche se l'avessero, senza la firma avrebbero il valore di un pezzo di carta, il valore che può avere la cartaccia.

CONGREGAZIONE storia

CONGREGAZIONE missione

CONGREGAZIONE Costituzioni

CONGREGAZIONE fondatore

AUTOBIOGRAFIA

CHIESA

DOTI UMANE

SOCIETÀ

lavoro

APOSTOLO uomo

VOLONTÀ

di DIO

PECCATO passioni

VOLONTÀ

di DIO firma di Dio

Don Ottorino si richiama all’immagine paolina di 1 Cor 13,1.

Don Ottorino riteneva Quinto Vicentino (VI) come il suo paese, anche se era nato ad Anconetta, alla periferia di Vicenza: in esso infatti trascorse la sua adolescenza, ivi ritornava durante le vacanze estive dal seminario e ivi continuarono ad abitare alcuni parenti della famiglia della madre ai quali restò sempre legato affettivamente.

Il riferimento è a Franco Faggian, alunno del 1° anno del corso liceale, proveniente dal seminario diocesano di Padova. Don Ottorino scherzando allude ai noti campanilismi fra Vicenza e Padova, che si manifestavano specialmente in occasione di competizioni sportive.

René Voillaume, superiore dei Piccoli Fratelli di Gesù, fondati sulla spiritualità di Carlo De Foucauld, era uno degli autori spirituali più letti ed apprezzati da don Ottorino, che si ritrovava nelle sue riflessioni sulla vita consacrata e sulla donazione totale a Gesù.

MI297,3 [04-03-1970]

3. Amici miei, il Signore ci ha chiamati in un altro modo, in un'altra forma. Se analizziamo la vita di Gesù, la vita della nostra buona mamma, la Madonna, la vita dei santi, scopriamo che i santi avevano questo ideale davanti. La scintilla del vostro amore verso Dio e verso le anime nasce qui. Se non avete questo desiderio di fare la volontà di Dio, cambiate strada, cambiate strada! Perché, anche se un domani foste degli organizzatori straordinari, foste dei sacerdoti bravissimi, ma lavoraste umanamente, sareste una campanella che suona, che continua a suonare, ma che non entra mai in chiesa. Io non ho mai visto le campane del mio paese di Quinto entrare in chiesa: le ho sempre viste sul campanile; quando ero piccolo eran là e sono ancora là. Ho visto, invece, qualche buona vecchietta, che magari continuava a tossire durante la Messa, che è andata in chiesa, poi al cimitero, e ora in Paradiso.
Amici miei, ve lo dico proprio in nome di Dio: se vogliamo che tutte le nostre azioni siano guidate veramente da questo filone d'oro, bisogna che entri in noi quest'unico amore: fare la volontà di Dio. E non deve entrare soltanto nell'intelligenza, ma anche nella nostra vita, nel nostro cuore, nelle nostre preghiere. Dobbiamo dire queste parole: “Signore, io voglio fare quello che vuoi tu. A me non importa, capisci, Franco , ripetere anche per dieci anni la prima liceo, non mi interessa che mi prendano anche a calci nella Casa dell'Immacolata o mi rimandino a Padova, dicendo: “Portatevelo via perché non sappiamo che cosa farcene dei padovani!”; a me non interessa niente, Signore! Se tu volessi farmi diventare muto, sordo, paralizzato... Signore, dammi la tua forza. Se per la tua gloria, per la salvezza delle anime vuoi uno macinato col tritacarne per farne dei salami, eccomi qui, Signore!”. Se non entra in voi questo amore totalitario per Dio e un desiderio veramente grandissimo di fare solo quello che vuole lui, figlioli, cambiate casa! Io vi supplico nel nome di Dio: cambiate casa! Perché? Perché il Signore vuole questo da noi: un gruppo di anime donate totalmente a lui, che assumano le loro doti e le sviluppano in modo meraviglioso. Allora si vedranno degli uomini capaci di essere un domani vescovi, di stare anche nei posti più alti della Chiesa, ma che conservano l'umiltà, osservano la carità, perché quello che fanno, lo fanno in nome di Dio e le Costituzioni non le presentano come proprie, anche se le hanno fatte loro, ma le presentano in nome di Dio, dal quale le hanno ricevute. Perciò quando uno comanda lo fa in nome di Dio, chi obbedisce lo fa in nome di Dio. Vogliamo avere dei superiori? Bisogna che vivano questo spirito. Vogliamo fare dei collaboratori del superiore o di Dio? Bisogna che vivano questo spirito. E allora si vedranno insieme tre, quattro, cinque confratelli; allora non si avrà più il piccolo duce, il superiore; allora si realizzerà quello che diceva il Voillaume, che l'obbedienza è una “amorosa ricerca della volontà di Dio”.

MARIA la nostra buona mamma

GESÙ

servo

DIO amore a Dio

VOLONTÀ

di DIO

SACERDOZIO prete

AUTOBIOGRAFIA Quinto

PAROLA DI DIO Sacra Scrittura

NOVISSIMI paradiso

VOLONTÀ

di DIO abbandono alla...

CONSACRAZIONE offerta totale

PREGHIERA abbandono

APOSTOLO salvezza delle anime

CROCE

CONGREGAZIONE spiritualità

CONGREGAZIONE Costituzioni

DOTI UMANE

VIRTÙ

umiltà

CARITÀ

COMUNITÀ

superiore

VOLONTÀ

In quel periodo si stava mettendo in servizio villa San Giovanni, una antica casa di campagna donata dalla signorina Clementina Valeri per accogliere i benefattori anziani.

Nell’esempio don Ottorino nomina con il suo abituale tono scherzoso il diacono Vinicio Picco, dotato di vasta conoscenza nel campo musicale, e Ruggero Pinton che proveniva da una famiglia di agricoltori.

Don Ottorino porta un nuovo esempio in tono molto scherzoso, riferendosi al fatto che don Zeno Daniele, che prima di entrare in Congregazione aveva lavorato con l’impresa Grassetto di Padova, doveva essere consacrato sacerdote il mese seguente.

Il riferimento è a un episodio de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, che don Ottorino amava leggere e rileggere con vero diletto spirituale.

A quel tempo lo studio dei seminaristi era fatto nella stessa sala, e per uscire si doveva chiedere l’autorizzazione dell’assistente incaricato. Però don Ottorino vuole insegnare che è fondamentale chiedere sempre il permesso al Signore, prima ancora di ricorrere all’assistente.

Don Ottorino, nel testo registrato, cita l’espressione di Lc 10,41 in latino, come era sua abitudine nel ripetere frasi bibliche.

MI297,4 [04-03-1970]

4. Le discussioni, anche se vivaci, sono, si può dire, un'oasi di carità. Ed è giusto! Se andiamo a vedere i lavori a villa San Giovanni uno può dire: “A me piace questa tinta...”; un altro: “No, a me quest'altra!”; un terzo: “Ma andate a farvi benedire! Date la tinta che volete!”. Ognuno dice qualche cosa, e questo va bene, questo deve esserci, perché ognuno ha una mentalità diversa, una formazione diversa: uno si intende di musica come Vinicio, un altro di pollame o di vacchette more come Ruggero... ognuno ha la sua competenza, le sue doti particolari. Però tutti devono avere alla base una dote: la ricerca della volontà di Dio, il desiderio di fare contento il Signore. E se qualche volta si discute anche animatamente, si discute per fare più contento il Signore.
È come quando una mamma e un papà vanno al mercato per comprare un regalo al loro bambino e cominciano a dire: “Un momento...Vediamo un po'...”. Fate conto che io sia il papà e Ruggero la mamma, e andiamo al mercato a comperare un regalo per il nostro bambino, don Zeno, che deve essere ordinato prete. Io dico: “Io penso che per don Zeno bisognerebbe comperare una bella macchina, una bella vettura. Eh, sì! L’ha sempre desiderata. Ho sentito che, parlando di Grassetto, diceva...”. E Ruggero: “No, don Ottorino. Io conosco molto bene don Zeno perché siamo compagni di scuola: io penso che per lui ci vorrebbe una mula come quella di don Abbondio, perché... anche per tenerlo un po' più calmo”. “Ma no... ma questo... ma quello...”. E noi due possiamo discutere anche animatamente... e dopo, alla fine, ci accorgiamo che non abbiamo soldi né l'uno né l'altro, e gli comperiamo un biberon. Che cosa volete! Ma la nostra discussione è stata fatta per far contento lui, per cercare di accontentare lui. Una Comunità dove tutti sono sempre d'accordo, dove tutti sono a testa bassa, e quando chiedete: “Che cosa vi pare?” nessuno risponde, è una Comunità di marmotte. È giusto che vi sia un po' di vita, che ognuno dica la sua, che si discuta, che ci si animi... anche contro il superiore, anzi specialmente contro il superiore, che per noi non è un dio. Però, dobbiamo essere tutti intenti e desiderosi non di far valere il proprio pensiero, ma di cercare quello che vuole il Signore. Questo non lo farete nelle discussioni se non lo fate nella vita, se non lo cercate nelle piccole cose, se non ve lo domandate prima di andare a vedere la televisione, prima di leggere un libro, prima di prendere in mano un giornale, prima di uscire dallo studio, prima di andare a letto, mentre state pensando, mentre state lavorando, mentre state giocando... In tutte le azioni voi dovete domandarvi questo: “Che sia contento il Signore?”. Chi è innamorato di una ragazza pensa alla sua ragazza tutta la giornata. Ieri ho ricevuto un ex allievo; piangeva. Perché? Perché, a causa della fidanzata, era successo un piccolo inconveniente con la mamma, e lui vuol bene alla mamma e “adesso - diceva - la mamma è un po' arrabbiata con la fidanzata”. Questi due amori! “Io non voglio disgustare la fidanzata, ma neanche la mamma. Che cosa devo fare, don Ottorino, che cosa devo fare? Sono quindici giorni che faccio fatica a mangiare, sono quindici giorni che non dormo per questo problema”. E piangeva. “Possibile - dicevo dentro di me - che chi è innamorato di una ragazza abbia un motore più forte di uno che è innamorato di Dio? È possibile che i nostri giovani non si possano innamorare di Dio?”. Scusate e portate pazienza se tocco certi tasti. Quando sarete stanchi di sentirmi, mandatemi in Paradiso; io ci vado volentieri e allora verrà qualche altro che dirà cose nuove perché io dico sempre cose vecchie. Ho l'impressione, amici miei, che oggi siamo preoccupati di troppe cose. “Marta, Marta, troppe cose! Una sola cosa è necessaria”.

COMUNITÀ

dialogo

CARITÀ

DOTI UMANE

VOLONTÀ

di DIO ricerca della...

COMUNITÀ

uniti nella diversità

COMUNITÀ

COMUNITÀ

superiore

COMUNITÀ

condivisione

MI297,5 [04-03-1970]

5. Chi deve specializzarsi in medicina cerca le riviste di medicina, chi vuole specializzarsi nello sport cerca le riviste sportive, chi vuole specializzarsi nell'amore di Dio cerca Dio.
Fate un po' di esame di coscienza: per esempio, quante vite di santi avete letto? Quante volte, leggendo le vite dei santi, avete cercato di vedere come il santo si è messo a disposizione di Dio ed ha cercato Dio? È logico! Voi potete prendere in mano la vita di un santo e trovare una frase che non vi va ed esclamare: “Oh... stupidaggini!”. Se voi andate cercando in un predicatore la soddisfazione vostra personale, è chiaro che con lo spirito di critica che c'è oggi non troverete nessun predicatore che fa per voi. Voi dovete andare in cerca di Dio ed entrando in chiesa, se c'è uno che sta predicando, mettetevi in attitudine di discepoli, non di maestri, altrimenti la parola di Dio non entrerà in voi. E allora, leggendo la vita di don Orione, del canonico Annibale di Francia, di don Guanella, di San Giovanni Bosco e via via la vita di tanti altri, si può studiarla e analizzarla a fondo. E si vedrà sempre, in tutte queste vite, un parallelo con la vita del Cristo, con la vita della Madonna. A volte si noterà, logicamente, che è stata scritta male qualche frase, che è stata fatta qualche interpretazione errata, che avranno fatto nascere quella persona già santa... tanto che se il santo fosse vivo forse strapperebbe una buona parte di quelle pagine... Siamo d'accordo, per carità! Ma si nota che c'è un filone, quel filone che gli scrittori esprimono forse senza accorgersene, e il filone è il distacco completo dal mondo di uno che, ad un dato momento, dice: “Signore, ti seguo”, e che per amore del Cristo ritorna in mezzo al mondo per sacrificarsi per i fratelli. Si scopre uno che, quando agisce, sente quasi una forza interiore che in nome di Dio lo spinge a fare, lo spinge ad agire.

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

PECCATO passioni

CONVERSIONE esame di coscienza

CONSACRAZIONE santo

CONSACRAZIONE disponibilità

VIRTÙ

umiltà

GESÙ

sequela

APOSTOLO salvezza delle anime

Rettorgole è una località alla periferia di Vicenza, e all’epoca era una piccola parrocchia di campagna, che non appagava certamente l’ambizione umana.

L’allusione scherzosa è a Giorgio Girolimetto, che aveva studiato filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

MI297,6 [04-03-1970]

6. Se esaminate la vita di San Francesco di Sales troverete che va a studiare e a un dato momento sente la forza di Dio. Allora, in nome di questa forza, affronta il papà, affronta la famiglia, affronta tutti, affronta le ire familiari, e si lancia. E comincia a fare il prete. E allora sente come proprie le necessità della Chiesa e si offre spontaneamente per andare a Ginevra. E là fa il missionario. Ma si nota in tutto questo lo stesso filone: il bisogno dell'uomo di donarsi totalmente a Dio e di rinunciare a se stesso. Rinuncia e offerta: c'è sempre questo! In tutte le vite dei santi voi trovate una rinuncia e una offerta. In questa offerta, poi, ci sarà un'azione apostolica. L'errore enorme sarebbe quello di essere mossi dall'azione apostolica e non dalla rinuncia e dall'offerta.
Non so se sbaglio. È facile venire nella Casa dell'Immacolata perché piace andare a lavorare nelle missioni. No! Qui si viene perché ci si vuole separare dal mondo e donarsi a Dio, mettersi a disposizione di Dio, il quale può mandarci nell'America Latina, può mandarci a Rettorgole , o può mandarci anche in ospedale o in manicomio. E noi, entrando, diciamo: “Signore, eccomi, sono qui, prendimi!”. Questi sono gli uomini che Dio vuole. Se voi analizzate le vite dei santi, voi li trovate tutti, tutti, su questo schema: il povero e il ricco, il santo intelligente come il nostro Tommaso d'Aquino - il tuo amico favorito, non è vero, Giorgio? - ovvero come il Santo Curato d'Ars. Voi li trovate così. Sono creature che si sono staccate e offerte. Non si può servire a due padroni. Noto troppo interesse, qualche volta, figlioli, per le cose del mondo, per la politica, per lo sport; troppo interesse! “Ma che peccato c'è?”, potrebbe dire qualcuno. Nessuno, ma... dove ci sta l'anguria non ci può stare la pastasciutta, diceva quell'altro in chiesa ieri mattina. Ci sono troppe cose, figlioli, che distraggono. Non ci può essere l'innamorato di Cristo. Il fidanzato che vuol seguire la fidanzata e nello stesso tempo andare a pescare, e andare al cinema, e andare di qua e andare di là, deve fare una scelta. La fidanzata gli direbbe: “Senti, o vieni con me o sennò rompiamola, e io me ne trovo un altro”. Più di una volta io ho sentito qualche giovane dire: “E va bene! Io non posso...”. Se tu hai la fidanzata, devi rinunciare a qualche cosa! E voi vedete che ci sono state delle crisi d'amore proprio tra lui e lei per questo motivo: lui pretendeva di avere la fidanzata e di non rinunciare a qualche cosa. “O tu vieni, o tu ti dai... Sennò fa a meno di venire!”.

ESEMPI di santi

APOSTOLO distacco

CONSACRAZIONE offerta totale

CONSACRAZIONE disponibilità

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

MISSIONI

MONDO

VOLONTÀ

di DIO

VOLONTÀ

di DIO abbandono alla...

SOCIETÀ

politica

DOTI UMANE sport

DOTI UMANE coerenza

“Sacro digiuno, sacro digiuno!”. L’espressione latina ritorna frequentemente nella preghiere delle Messe quaresimali.

Come sempre, don Ottorino cita in latino, nel testo registrato, la frase di Gv 16,19.

Il riferimento è forse a Giuseppe Biasio, alunno del 4° anno del corso teologico, che amava i lavori di giardinaggio.

Don Ottorino si rivolge a Marco Pinton, che all’epoca aveva appena iniziato il corso teologico.

Allusione alla cerimonia di ordinazione al suddiaconato, nella quale era chiesto al candidato l’impegno alla castità perfetta, che si manifestava esteriormente con un passo avanti.

MI297,7 [04-03-1970]

7. Il Signore, a un dato momento, potrebbe dirci: “O tu vieni per offrirti totalmente a me, altrimenti puoi fare a meno di venire”. Ricordatevi che tutte le crisi sacerdotali che oggi si notano qua e là nel mondo sono crisi di fede e di donazione. O non c'è stata una donazione o, se c'è stata, poi si è rotta. Se vogliamo resistere a questo tempaccio che c'è fuori di casa, ci vuole una donazione totale, bisogna trovare il modo di una donazione totale, di una rottura completa, rottura che, naturalmente, esige sacrificio, esige penitenza. Non si può pretendere nulla senza penitenza, per cui è ridicolo dire al mattino: “Sacrum jejunium, sacrum jejunium!” , e poi non fare alcuna penitenza durante la giornata. Le nostre buone mamme dicevano: “ Non si può andare in Paradiso in carrozza, neppur per sogno! “; adesso si direbbe... in aeroplano. Non si può assolutamente!
La vita di un consacrato è vita di penitenza, è vita di rinuncia, è vita di sacrificio, è vita di amore. Non ci interessa che siano cento i religiosi o che siano mille; ci interessa, perché Dio lo vuole, che i religiosi siano di questo colore, siano con questo spirito, siano con questa anima, e che poi sviluppino il più possibile le loro doti umane. Perché? Perché allora andranno in mezzo al mondo, ma si potrà dire di loro: “Voi non siete del mondo” , e allora voi sarete quelli che conquisteranno le anime. Si diceva in altre circostanze: “Se noi riusciremo ad avere degli apostoli donati, non soltanto intellettualmente, ma totalmente donati, li lanceremo con il paracadute, e dopo un po' di tempo si vedrà sorgere una chiesa, un incendio”. Vi ricordate che dicevamo questo? “Tu li lancerai con il paracadute, uno qui, uno là, e dopo un po' di tempo troverai un incendio”. Si realizzerà, allora, quello che diceva padre Lombardi: quando ad uno manca una parte di pelle, i chirurghi gli prelevano un po' di quella sana e gliela trapiantano... Come quando si pianta l'erbetta in un prato: se si vuol fare un tappeto erboso, si pianta un ciuffo d'erba qui, un ciuffo là e dopo un po' di tempo - direbbe il nostro caro Giuseppe - avremo il tappeto. Così dovrebbe essere per noi. Dovremmo mettere delle piccole Comunità, dei piccoli gruppi nelle varie parti del mondo, e dopo un po' di tempo ci dovrebbe essere l'Ecclesia, cioè la Chiesa. Ricordatevi, però, che non avremo la Chiesa se non arriveremo a questa temperatura: aggiungeremmo confusione a confusione, freddo a freddo, vorrei dire discussione e organizzazione a discussione e organizzazione. Don Zeno mi guarda serio. Don Marco potrebbe dire: “Caro don Ottorino, bisogna che scappiamo tutti”. No! Qui si tratta solo che bisogna andare tutti più avanti. “Se vi sentite il coraggio, fate un passo avanti”, dice il vescovo. Se permanete nel desiderio di farvi santi fate un passo avanti, e il passo avanti deve essere fatto non soltanto con la mente, ma con le azioni, con il cuore e con le azioni. Fin dall'inizio dell'incontro di questa mattina vi dicevo che vogliamo vedere nelle azioni il sigillo di Dio, non il nostro. E questo si deve vedere in laboratorio, nella generosità con cui rinunciate ad una cosa che vi piace... La santità è fatta di piccole cose; non di cose ragionate, ma dell’amore che trascina tutte le cose.

VIRTÙ

fede

SACERDOZIO prete

PENITENZA sacrificio

NOVISSIMI paradiso

CONSACRAZIONE offerta totale

CONSACRAZIONE radicalità

CONSACRAZIONE vita religiosa

CONSACRAZIONE religioso

CONSACRAZIONE generosità

APOSTOLO salvezza delle anime

Don Ottorino legge ora qualche frase delle Note di spiritualità religiosa stese da Don Matteo Pinton. Le citazioni, tratte delle pagine 190-191 di Scritti ispirati da don Ottorino, vengono sempre riportate in corsivo.

Don Ottorino vuol significare che avrebbe dovuto fondare una Congregazione diversa dalla Compagnia di Gesù e che dal suo nome si sarebbe potuto chiamare famiglia dei “Francescani”. È evidente il tono scherzoso perché i Francescani esistevano già, fondati da San Francesco d’Assisi.

Cfr. Ebr 10,7.

A questo punto don Ottorino sembra interpellare don Girolamo Venco, Piergiorgio Paoletto o Piergiorgio Santagiuliana, il primo del corso teologico e il secondo del corso liceale, e infine forse Giampietro Fabris, del 3° anno del corso teologico.

MI297,8 [04-03-1970]

8 Dopo queste riflessioni, leggiamo pure le poche righe che ci restano:
«In particolare, le mie azioni, restano mie, se agisco contrariamente allo spirito della famiglia religiosa in cui mi ha chiamato Dio a vivere...». Ultimamente, ragionando con una persona, dicevo che un confratello non può creare una sua Congregazione religiosa. Al tempo di Sant’Ignazio, San Francesco Saverio, pur essendo un grande santo, non avrebbe potuto fondare un'altra famiglia religiosa, dare un altro colore alla famiglia dei Gesuiti, altrimenti avrebbe dovuto staccarsi e fondare la famiglia dei... Francescani. Chiaro? Ma se il Signore lo ha chiamato insieme con Sant’Ignazio, egli doveva collaborare con lui per formare i Gesuiti. Uno non può dire: “Quando io sono davanti al Signore mi pare che vada bene quello, e allora io vado per quella strada”. No, non si può fare questo neppure per sogno. Se siamo stati chiamati insieme a costruire la villa Valeri, bisogna che collaboriamo tutti insieme: i muratori nel fare il foro e i falegnami nel collocarvi la porta in modo che questa, quando viene messa in posa, corrisponda al foro. Ci deve essere un disegno comune. Ed altrettanto si dica per gli elettricisti e per gli idraulici. Dobbiamo metterci d'accordo. Chiaro: non si imporrà, discuteremo insieme, ma poi bisogna lavorare insieme. In questa Casa, nessuno di noi - non dico di voi, ma di noi, perché mi ci metto dentro anch'io - può dare un'impronta sua. Io non posso dare un'impronta mia, voi non potete dare un'impronta vostra alla Congregazione, ma tutti dobbiamo, in ginocchio, cercare l'impronta che Dio vuole abbiano i membri della Congregazione. E l'impronta fondamentale dei membri della Congregazione è proprio questa: una totale disponibilità nelle mani di Dio, come il Cristo che è venuto in mezzo agli uomini e ha detto: “Ecco, o Padre, sono venuto per fare la tua volontà”. Perciò chi entra in questa casa deve vedere che ciascuno di voi ha un solo desiderio: la ricerca della volontà di Dio. Se ci chiedessero: “Potete venire ad aprire una Casa?”, dovremmo rispondere: “Un momento: bisogna che ci fermiamo e vediamo un po' qual è la volontà del Signore”. Devono sentire, quelli che vengono qui, che il motivo della nostra gioia, il motivo della nostra forza e del nostro agire sta proprio qui. La nostra forza è qui: noi stiamo realizzando la volontà di Dio, siamo a disposizione di Dio... in tutte le azioni, anche nel divertimento. Don Girolamo, dimmi, per piacere: sto esagerando sostenendo questo? C'è qualcuno che non è d'accordo? Tu, Piergiorgio? Pietro? Tutti d'accordo! Va bene, speriamo! «Se non adempio con coscienza e con corresponsabilità le mansioni affidatemi...». Io non rispondo allo spirito se non adempio con coscienza, ma anche nello stesso tempo con responsabilità le mansioni affidatemi, portando avanti l'azione, mettendoci qualcosa di mio, anche trasformando, se necessario, cioè non come un semplice esecutore.

APOSTOLO chiamata

CONGREGAZIONE missione

CONGREGAZIONE carisma

CONGREGAZIONE appartenenza

DOTI UMANE collaborazione

VOLONTÀ

di DIO

VOLONTÀ

di DIO abbandono alla...

CONSACRAZIONE disponibilità

GESÙ

servo

GESÙ

incarnazione

DIO Padre

VOLONTÀ

di DIO ricerca della...

DOTI UMANE coerenza

È chiaro il riferimento alle delibere approvate durante il 1° Capitolo generale, alcune delle quali riguardavano le pratiche di pietà.

Il riferimento è ad Alberto Baron Toaldo, che all’epoca frequentava il 4° anno del corso teologico.

MI297,9 [04-03-1970]

9. «... se vado comunque contro un regolamento di vita concreto, concordato legittimamente nel Capitolo generale, senza dovuto permesso o senza una causa proporzionatamente grave».
Ci possono essere degli impegni che abbiamo concordato insieme, e qualcuno forse non li osserva. Per esempio, io so che qualcuno ha detto: “Ah, io il breviario non lo dico; io dico la corona. Mi trovo più a mio agio dicendo le corone”. Se nel Capitolo abbiamo concordato di dire il breviario, perché dire le corone? “Beh, insomma... l'una o l'altra cosa è lo stesso! Non si recitavano le corone prima di adesso? Prima stavano al posto del breviario, ebbene... io recito quello che si recitava prima”. Ho sentito membri della nostra Congregazione ragionare così, ultimamente. Se nel Capitolo abbiamo stabilito di fare la Via Crucis una volta la settimana e l'abbiamo stabilito insieme, non posso io tralasciarla abitualmente. Io potrò dispensare uno per una volta, ma non posso dire: “Tu, Alberto , sei dispensato per sempre dal fare la Via Crucis”. Non posso dispensarmi... Potrò dispensare me stesso una volta, perché c'è un motivo grave, perché non ho proprio potuto... Voi potete dispensarvi una volta, ma non posso io dispensare me stesso per sempre. “Ma... sono stato io a proporla”. Non importa niente! Abbiamo stabilito insieme, perciò siamo legati tanto io quanto voi. Avrei potuto dire nel Capitolo: “Ragazzi, tiriamola via questa disposizione!”. D'accordo, tiriamola via, ma dal momento che l'abbiamo accettata insieme, quella è una disposizione che lega me come lega voi. E se non la osservo per pigrizia, io devo confessarmi e dire: “Padre, non sono stato fedele al mio dovere; ho mancato al mio dovere”. Mi hanno imposto un dovere e lo devo compiere; e sennò dovevo starmene a casa mia. Ma se sono entrato qui, mi sono sottoposto a queste leggi qui. Allora il mio amore al Signore lo manifesto osservando queste leggi, che ho accettato per amore di Dio. Se io vado a servizio in una famiglia e la padrona mi ordina riso asciutto e io invece le presento zuppa, e un altro giorno mi ordina zuppa e io le presento gnocchi, mi dirà senz’altro: “Senti, va’ a casa tua”. State attenti: non è facendo quello che ci sembra bene che ci faremo santi, ma facendo quello che vuole lui, che è nostro padre e ci ha inviati. Sia lodato Gesù Cristo!

PREGHIERA pratiche di pietà

CONGREGAZIONE appartenenza

CONGREGAZIONE Capitolo

VIZI accidia

DOTI UMANE coerenza

GRAZIA Confessione

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

DIO amore a Dio

ESEMPI volontà

di Dio

CONSACRAZIONE santità