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“CHI PERDE TEMPO TRADISCE LE ANIME”

MI298 [17-03-1970]

17 marzo 1970

Don Girolamo Venco era il responsabile della legatoria della Casa dell’Immacolata, e nel testo registrato risponde “Seimila” alla domanda di don Ottorino.

Olivotto era la più grande legatoria industriale della città, che affidava lavori anche alla legatoria della Casa dell’Immacolata.

Il riferimento è a Ruggero Pinton, che all’epoca stava completando l’ultimo anno del corso teologico.

Il riferimento è a Tarcisio Magrin, alunno all’epoca del 3° anno del corso liceale.

MI298,1 [17-03-1970]

1. Sia lodato Gesù Cristo!
Prima di incominciare la meditazione facciamo una distrazione. Don Girolamo, mi pare che stiate rilegando dei libri di tecnologia: quante copie sono? Sono diecimila? Seimila, seimila copie di un testo di tecnologia a tremilacinquecento lire la copia. Quanto prendete per la legatura? Trenta lire l'una? Di meno? Di più? Quaranta? Beh, supponiamo per ora quaranta, giacché stiamo facendo meditazione e non calcoli elettronici. Voi lavorate con tanto impegno, ce la mettete tutta e presentate poi il vostro bel conto a Olivotto. Quanto fa, Ruggero , quattro per sei? Ventiquattro, mi pare; una volta era così, cioè duecentoquarantamila lire. Voi, tutti contenti, andate dicendo: “Abbiamo preso in una settimana duecentoquarantamila lire”. Sennonché don Girolamo si reca da Olivotto per la consegna del lavoro e torna a casa disgustato e dice: “Ci hanno protestato quattromila libri”. Tarcisio, cervello matematico, fa subito i suoi conti - non è vero, Tarcisio? - e dice: “Allora quattro per quattro fa sedici: centosessantamila lire in meno; restano appena ottantamila lire”. “Eh, no!”, risponde don Girolamo. “Ma come? I conti sono esatti!”. I ragionieri mi guardano stupiti. “No! - rispondo io - Dei quattromila libri protestati bisogna pagarne ad Olivotto cinquecento, perché sono completamente rovinati. Così non ci viene pagato il lavoro di quattromila libri e inoltre dobbiamo pagare i danni di cinquecento: costerebbero tremilacinquecento lire l'uno, ma si accontentano di riceverne duemila. Calcoliamo: cinquecento per due fa un milione, se non sbaglio. Perciò abbiamo preso centosessantamila lire e dobbiamo dare un milione. Quanto abbiamo perso? Ottocentoquarantamila lire”. Voi direte: “Oh, ma insomma... facciamo matematica stamattina?”. Sì, facciamo matematica, perché potrebbe capitare proprio un caso simile, e chi ha lavorato sa che succedono queste situazioni. Voi avete visto, agli inizi dei lavori in legatoria, che qualche volta ci inviavano dei pacchi di carta stampata, che poteva servire per gioco o per divertimento o per prova. Quei pacchi stavano proprio ad indicare questo, che non solo non ci avevano pagato il lavoro perché avevamo sbagliato, ma che avevamo dovuto rimetterci le spese di tutta la carta, rimetterci tutto, insomma. Quando si lavora, capitano spesso cose di questo genere. Se, invece di vivere in una comunità come questa, nella quale, anche se capita di sbagliare, a mezzogiorno trovate lo stesso il pane e alla sera lo stesso la bottiglietta di vino, foste in famiglia, ricordate che per riparare simili danni ci vorrebbe forse un anno, forse due o anche più. E guardate che nel mondo capitano cose di questo genere. E cioè: uno lavora, lavora, è tutto contento; alla fine del mese crede di avere guadagnato duecentoquarantamila lire anziché centocinquantamila, ma proprio all'ultimo momento si accorge che, invece, ha perso cinque o seicentomila lire perché è stato fatto uno sbaglio da un operaio, o perché si è rotta una macchina e gli operai non si sono accorti... e invece di ricevere, deve piano piano versare dei soldi. Amici, questo capita nel campo materiale.

SOCIETÀ

lavoro

ESEMPI Volontà

di Dio

Don Ottorino si riferisce alle Note di spiritualità religiosa che don Matteo Pinton aveva steso sotto sua ispirazione. Le citazioni, tratte dalla pag. 191 di Scritti ispirati da don Ottorino, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

MI298,2 [17-03-1970]

2.Ieri sera ho preso in mano questo nostro caro libretto, opera di Matteo , ho cominciato a sfogliarlo un pochino e vi ho letto questa frase:
«Il permesso in certi casi può essere supposto, ma non può mai essere scambiato il desiderio di Dio con il mio giudizio personale». Allora, ciò che dà valore alle mie azioni non è tanto il rilegare e ritagliare il libro come voglio io, ma farlo secondo la volontà di Dio. Se mi viene commissionato un libro da Olivotto, mi viene consegnato un campione e io devo tagliare le pagine del libro secondo quel campione. Non è così, don Girolamo? Non posso dire: “Io lo lascio nella misura che voglio perché, per conto mio, è più bello. Invece del formato di venticinque centimetri io lo faccio di ventidue: a me piace di più nella misura di ventidue”. È naturale che scarteranno tutte le copie, e con ragione. Potrebbero dire: “Noi abbiamo commissionato il libro così e così e non come volete voi; se non ce lo fate così, non ve lo paghiamo e, se ce lo rovinate, lo pagate”. Leggendo queste righe, mi pare che il Signore, in altra forma, ci commissioni, si può dire, una giornata di lavoro. Ogni giorno, quando ci alziamo, egli ci commissiona una giornata di lavoro, ci dà un programma di lavoro giornaliero. “Allora - mi sono detto io questa notte facendo l’esame di coscienza - se io oggi prendessi in mano la penna e dividessi la giornata in ore invece che in azioni e ragionassi così: da quando mi sono alzato questa mattina fino a questo momento, che è mezzanotte, che cosa ho fatto? Vediamo un pochino: dalle sei di questa mattina fino a mezzanotte... dunque sono sedici ore, mi pare, cioè, scusate, diciotto ore. Mettiamo diciotto ore. Prima ora... seconda ora... Nella prima: mezz'oretta, venti minuti di pulizia, poi in chiesa e così via... e si scrive il valore a fianco. Ma il valore di questa mia azione va considerato in base al campione, cioè se l’ho fatta come la voleva il Signore. Supponiamo: se io posso dire che in queste diciotto ore ho fatto la volontà di Dio, allora il valore lo dà il Signore, il valore è infinito; ma se ho fatto quello che ho voluto io, allora c'è il pericolo che il Signore non mi paghi o addirittura che debba pagare io”.

VOLONTÀ

di DIO

CONVERSIONE esame di coscienza

Il termine veneto indica bestemmia o anche parola impropria.

Don Ottorino scherza con Domenico Centomo, che stava facendo l’anno di noviziato e che forse aveva spruzzato con un po’ di acqua. Era sua abitudine fare spesso degli scherzetti con i suoi giovani, sia per creare l’amicizia che per tener allegro il gruppo: a volte metteva un po’ di sale o di pepe nella minestra, un pezzo di pane nel bicchiere e, durante l’estate, gettava dalla finestra dell’acqua per rinfrescare qualcuno. Naturalmente chi li riceveva, colto di sorpresa, a volte si lasciava scappare qualche imprecazione fra le risate divertite degli altri.

MI298,3 [17-03-1970]

3 Ho l'impressione che non facciamo sufficientemente l'esame su questa partita. Noi facciamo l'esame se abbiamo commesso un peccato, se abbiamo fatto un peccato impuro, se abbiamo detto una bestemmia... perché qualche volta qualcuno tira qualche “oca”. Per esempio, Domenico, quando stamattina ti è capitata l'acqua, immagino che un'ochetta può essere scappata. Dunque noi facciamo questo esame di coscienza, ci pentiamo, e se a un dato momento ci accorgiamo che abbiamo offeso volontariamente il Signore, che abbiamo trasgredito volontariamente la legge di Dio in cosa grave, allora diciamo: “Ho peccato, sono stato cattivo, ho offeso Dio”. E siamo d'accordo. Ma, amici miei, non è sufficiente riconoscere: “Io ho rotto apposta una macchina”. Qualcun altro potrebbe dirmi: “Non l'ho fatto apposta”. Intanto hai rotto una macchina; potevi stare più attento e questo non sarebbe successo. “Ma non ho preso in mano il martello per romperla!”.
Non so se capiti solo a don Girolamo, ma penso qualche volta anche a Vinicio: vi sentite sdegnati quando qualcuno mette le mani in una macchina per ripararla e rompe un pezzo. E poi quel tale viene da voi e con tutta ingenuità vi dice: “Si è rotto il pezzo”. “Ma... si è rotto da solo?”. “No, ma io... volevo metterlo a posto”. “Stammi a sentire: perché ci hai messo le mani?”. “Ma non l'ho fatto apposta!”. “Ci mancherebbe altro che l'avessi fatto apposta! Sarebbe il caso di ammazzarti”. Chiaro? Non l'ha fatto apposta, ma ha rotto la macchina. Queste rotture non fatte apposta potrebbero essere all'ordine del giorno nel campo spirituale, durante la nostra giornata. E allora noi ci bamboleggiamo un pochino, credendo di essere dei santi, e invece siamo purtroppo uomini che continuano a commettere peccati di omissione. Perché? Perché crediamo di fare la volontà di Dio solo perché non commettiamo peccati, perché nessuno ci rimprovera, perché non prendiamo la multa. Ma uno potrebbe girare in macchina senza ricevere mai la multa solo perché non ci sono i vigili o la polizia stradale, pur essendo in stato di infrazione del codice perché ha i pneumatici consunti, perché tiene la sinistra anziché la destra... A un dato momento colui che vede e segna la nostra giornata ci dice: “Non hai preso la multa durante questa giornata, però l'hai meritata ogni volta che hai premuto troppo l'acceleratore”. Perché Dio, che vede, a un dato momento segna la multa in fondo alla pagina. State attenti perché, alla fine della giornata, viene archiviata una pagina della nostra vita, e in questa pagina sono segnati tutti gli atti di amore, ma anche tutte le multe che meritiamo. È troppo da ingenui dire: “Io, però, domando perdono al Signore”. È vero che chiediamo perdono al Signore, però... se una mamma non educa i figli, può fare a meno di domandare perdono al Signore. Un domani il Signore le chiederà: “Dove sono i tuoi figli?”. La mamma di San Giovanni Bosco doveva portare un santo alla Chiesa, e San Giovanni Bosco doveva portare dei santi alla Chiesa. Io vorrei proprio soffermarmi su questo punto perché è facile, a un dato momento, fare quello che vogliamo noi e non quello che vuole il Signore.

CONVERSIONE esame di coscienza

CONVERSIONE pentimento

PECCATO omissioni

VOLONTÀ

di DIO

PECCATO passioni

Don Ottorino accenna, con termini forse un po’ forti, alla disciplina che si doveva osservare durante il periodo formativo in seminario. Nel testo registrato pronuncia in latino il rimprovero del Battista ad Erode di Mc 6,18.

Il diacono Vinicio Picco, prima di entrare in Congregazione, aveva lavorato come meccanico negli stabilimenti tessili di Marzotto a Valdagno (VI) e quindi conosceva l’ambiente operaio e i suoi problemi.

Don Ottorino si riferisce ai lavori di ristrutturazione che si stavano facendo nella casa donata dalla signorina Clementina Valeri per accogliere i benefattori anziani e ribattezzata Casa San Giovanni. Nell’esempio accenna a un manovale di grossa corporatura, del quale aveva parlato anche nella meditazione del 13 febbraio 1970.

MI298,4 [17-03-1970]

4. L'educazione che noi abbiamo ricevuto era austera, tutta diversa dalla vostra. Noi eravamo legati ad un programma, ad un orario, e non ci passava nemmeno per il capo l'idea di uscire da quel binario, anche perché il superiore ci avrebbe puntato immediatamente il fucile e ci avrebbe detto: “No, non ti è lecito. Se vuoi fare questo, va’ a casa tua”. Era tutta una vita di disciplina, come del resto era anche quella nel mondo.
I vostri fratelli, che vivono nel mondo, hanno ancora questa disciplina nel campo del lavoro, nel quale anzi essa è diventata peggiore di quella di prima. Perché, almeno, prima si andava allo stabilimento, ma si conservava un po' della propria personalità, mentre adesso li mettono accanto ad una macchina e magari per uno, due, tre anni devono stare lì. Lo sanno specialmente quelle povere creature che lavorano nel campo tessile, dove adesso hanno non un telaio, ma cinque, sei, sette e più, e bisogna stare attenti e correre di qua e di là. Non è vero, Vinicio? È un nervosismo tremendo, è sempre una cosa monotona. Una volta avevano forse più spazio per l'iniziativa personale. Chi faceva il muratore, per esempio, ci metteva qualcosa di suo, perché costruiva il muretto, la finestra... Invece, adesso, è tutto regolato da un disegno, tutto a servizio di uno che comanda. Si fa meglio, tutto quel che volete, ma sotto un certo punto di vista l'uomo è diventato meno uomo. Una volta c'era qualcosa di più personale. Resta, però, che i nostri fratelli, che sono fuori nel mondo, fanno il sacrificio del lavoro. Se, per esempio, andiamo al mattino alla villa San Giovanni, state sicuri che alle otto vi troviamo gli operai. Sono partiti da Quinto, si sono alzati presto, hanno mangiato in fretta qualcosa e sono lì. Si vede quel povero manovale grande e grosso, sempre al suo posto con la cazzuola e il badile: è là che lavora, che suda, che si sacrifica. E lo si vede oggi e domani... Quando da noi il lavoro sarà finito, andrà in un altro posto, per tutta la sua vita sarà là, alle otto del mattino, una pausa a mezzogiorno e poi fino alla sera. Noi facciamo delle puntate, una volta ogni tanto, ma una vita così metodica, così dura, piena di sacrificio, noi non la facciamo. Siamo sinceri! Noi, con la scusa che adesso bisogna cambiare metodo, bisogna trasformare una cosa e l’altra, ci siamo scaricati di quello che pesa, abbiamo buttato via quello che stanca.

FORMAZIONE educazione

COMUNITÀ

superiore

MONDO

SOCIETÀ

lavoro

DOTI UMANE personalità

MONDO progresso

Da questa confidenza di don Ottorino si può dedurre il suo impegno per vivere continuamente nella volontà di Dio: accusarsi di aver perso un quarto d’ora di tempo in tutta la settimana fa capire la delicatezza del suo spirito.

MI298,5 [17-03-1970]

5. Amici, se mi fosse concesso di tornare indietro e diventare giovane, non sceglierei il metodo di formazione che seguite voi. Quelle famose cinque ore e mezza o sei di studio che noi avevamo alla domenica erano dure, ma io ringrazio il Signore perché mi hanno abituato un po' allo spirito di sacrificio. Vi assicuro che l'Istituto non sarebbe sorto se avessi avuto una formazione un pochino così... non dico all'acqua di rose, ma all'acqua di colonia. Questo sarebbe più difficile per voi adesso che una volta per noi. Perché noi sapevamo che in quelle due ore di studio bisognava studiare e se non si studiava, quando andavamo a confessarci, si diceva “Ho perduto un'ora, mezz'ora di studio: ho peccato, ho rubato, non ho fatto il mio dovere”. Tutte le settimane io dovevo accusarmi d'avere perduto mezz'ora o un quarto d'ora di studio; penso che in tutte le mie confessioni mi sono accusato di questo. Perché? Perché il tempo che si perde è un furto. Ed è tempo perduto, se mi metto a leggere un giornaletto o una rivista quando è tempo di studio. Lo studio deve essere studio!
Un uomo che è al lavoro deve lavorare, non può leggere il giornale durante il lavoro. E per me lo studio è lavoro, e il mio lavoro è questo, e un domani quando sarò prete darò quello che avrò raccolto ora, e se non lo darò sarò responsabile. Non potete dire: “Ma io mi preparo nella scuola: ho preso sette, ho preso dieci, mi è andato bene un esame...”. Quando confesserete, quando vi troverete con i giovani, voi dovrete dare non il voto o la pagella d'esame, ma quello che avrete assorbito, e l'assorbimento lo fate studiando, e specialmente studiando i testi sacri.

FORMAZIONE

AUTOBIOGRAFIA seminario

DOTI UMANE studio

GRAZIA Confessione

PECCATO omissioni

PENITENZA sacrificio

SOCIETÀ

lavoro

SACERDOZIO prete

Don Ottorino raccomandava con insistenza la lettura delle vite dei santi per cogliere gli aspetti positivi, al di là dei limiti di uno stile agiografico del passato, che tendeva a presentare i santi come tali fin dalle più tenera età e a volte accompagnati da segni prodigiosi.

“In modo opportuno e anche inopportuno” (2 Tim 4,2).

L’Esternato era la scuola Ferdinando Rodolfi per allievi esterni, presso la quale prestavano assistenza i religiosi dell’Immacolata; don Ottorino li invita ad approfittare di tale occasione per diventare veri educatori.

MI298,6 [17-03-1970]

6 Proprio ieri una persona esterna, un laico, mi diceva: “Sono innamorato delle lettere di San Giovanni: sto imparandole a memoria perché mi piacciono. Adesso voglio impararle”. Persone del mondo! E vorrebbe imparare a memoria anche qualcuna delle lettere di San Paolo. Laici! E voi sarete un domani i maestri anche di quella gente, dovrete insegnare loro come si fa a salire.
In altre circostanze vi ho raccomandato: “Leggete libri di santi. Cercate di leggerli con un po' di criterio, lasciando da parte qualcosa che non va. In fin dei conti sono uomini, vissuti su questa terra, che avevano le passioni che abbiamo noi, le difficoltà che abbiamo noi e le hanno sapute vincere e far qualcosa per amore di Dio”. In ogni tempo ci sono stati questi uomini, che hanno fatto così. Prendiamo in mano questi libri, cerchiamo di capire quello che è importante, non perdiamoci in critiche perché, forse, l'autore della vita del santo si dilunga nei miracoletti o in qualcosa del genere. Siamo uomini, passiamo sopra a queste cose, guardiamo all'essenziale. Amici miei, come insegnerete voi, un domani, a una ragazza a farsi santa? Se voi avrete letto una, due, tre vite di sante, vi metterete nel confessionale e saprete subito dire: “Beh, insomma! Santa Teresina faceva così... Santa Teresa d'Avila faceva così... Santa Caterina...”. Pensate un pochino e qualcosetta saprete dire. Ma se voi non studiate questi libri, se non vi preparate in vista di una “professione” - scusate la brutta parola, capite che la parola esatta sarebbe “missione” - o almeno in vista di formarvi una coscienza professionale, figlioli miei, un domani sarete responsabili. Che cosa darete, che cosa darete, che cosa farete, quando improvvisamente vi metteranno il bisturi in mano e dovrete operare? Verrà da voi un uomo di quaranta o cinquant'anni e vi chiederà: “Padre... - voi sarete seduti di qua e lui inginocchiato di là - padre, mi dica che cosa devo fare”. Ieri è venuta da me una maestra, che mi ha portato l'offerta di cinquantamila lire per una Santa Messa, e ha detto: “Sono venuta a domandarle un consiglio. Farò quello che mi dirà lei”. E mi ha esposto il suo problema: “Ora mi dia un consiglio: io mi rimetto proprio a quello che lei mi dirà. Ho chiesto anche ad altri, ma ieri sera ho sentito che ha parlato dell'amicizia con Gesù e penso che lei sia amico di Gesù. Perciò mi rimetto in pieno a quello che lei mi dirà”. Ah, amici miei, è difficile dover dire: “Faccia così”! Ma poi io devo rispondere al Signore, per cui a un dato momento ho dovuto dire: “Faccia così”. Voi vi sentite di dire questo, di fare questo? Ci vogliono due cose: anzitutto l'unione con Dio sulla quale abbiamo insistito “opportune et importune” , ma poi anche lo studio, la capacità di pensare, il discernimento per vedere. Andate, per esempio, all'esternato: vedete un po', parlate e discutete insieme, leggete qualche libro...

PASTORALE

FORMAZIONE direzione spirituale

PECCATO passioni

CROCE difficoltà

DIO amore di...

DIO cuore di...

DIO bontà

di...

FORMAZIONE

CONSACRAZIONE santità

GRAZIA Confessione

DOTI UMANE studio

MISSIONI

DOTI UMANE responsabilità

AUTOBIOGRAFIA

Potrebbe trattarsi di Luigi Tonello o Luigi De Franceschi, ambedue del corso teologico.

Don Ottorino cita in latino: “Veneriamo prostrati un così grande sacramento”, che è l’inizio dell’inno che si cantava per la benedizione eucaristica, al cui canto si faceva un inchino profondo. Lo cita in tono bonario per indicare il rispetto e l’approvazione verso chi sta compiendo veramente la volontà Dio; chi però non è nella volontà di Dio, non solo non avrà merito, ma dovrà anche pagare, secondo l’esempio fatto all’inizio della meditazione.

MI298,7 [17-03-1970]

7. Mentre frequentavo il corso teologico, per esempio, ricordo d'aver fatto per conto mio qualche studio su alcuni libri che parlavano di ragazzi, e questo per vedere se c'era qualcosa da imparare. Allora c'era il famoso libro intitolato Anima di ragazzo, non quello di don Pilla, ma un altro: trattava di un ragazzino che non voleva confessarsi. Ho letto alcuni di questi libri, e cercavo di vedere un po' come avrei potuto comportarmi, un domani, con i ragazzi per riuscire a stabilire un dialogo senza forzare troppo. Certe tecniche bisogna impararle.
Perché dico questo? Ieri sono entrato nello studio degli studenti del corso teologico e non ne ho trovato nemmeno uno. “Dove sono?”, ho chiesto a Luigi. “Eh, saranno a lavorare!”. Vado a vedere in laboratorio: ce n'erano due. Non sono andato in giro a indagare, ma mi sono domandato: “Questi teologi che non sono qui e che altre volte, quando sono venuto qui, non ho trovato, ed ora sono uno qua e uno là... in questo momento sono proprio dove Dio li vuole? Se sì, mi inginocchio e dico: “Tantum ergo sacramentum veneremur cernui”, ma se non sono dove Dio li vuole, due sono le cose: o non guadagnano nulla o devono pagare”. “Ma - potrebbe obiettare qualcuno di loro - sono andato a fare un'ora di adorazione”. “Mi dispiace tanto! Se tu non hai il permesso di fare un'ora di adorazione durante il tempo da dedicare allo studio, l'ora di adorazione non vale niente, niente, niente”. “Ma io vado a pregare”. “Sì, va bene, ma non durante il tempo destinato allo studio durante il quale devi studiare. Per fare un'ora di adorazione durante l’orario di studio devi averne il permesso. Tu non puoi fare a meno di studiare”.

AUTOBIOGRAFIA seminario

FORMAZIONE

DOTI UMANE studio

PECCATO passioni

PECCATO omissioni

VOLONTÀ

di DIO

PREGHIERA

Nel seminario diocesano era chiamato prefetto lo studente del corso teologico che aveva l’incarico di seguire nella disciplina e nella formazione un gruppo di studenti dei corsi inferiori.

Don Ottorino prende don Zeno Daniele per esempio perché era all’ultimo anno del corso teologico, quasi alla vigilia dell’ordinazione, mentre subito dopo nomina Ruggero Pinton, suo compagno di corso.

Al tempo di don Ottorino seminarista i vari gruppi si distinguevano con il nome di un santo, lo stesso del corridoio in cui erano situate le stanze di alloggio del gruppo. Gli studenti del 4° anno del corso teologico, a quell’epoca l’ultimo anno di studio, occupavano le stanze che si aprivano sul corridoio San Pietro. I chierici dell’ultimo anno costituivano il “senato”, ed essere il prefetto era titolo di stima e di onore. Anche tale gruppo, nonostante l’età e la maturità intellettuale e umana, era soggetto alle classificazioni sul comportamento e sul profitto, e questo comportava l’umiliazione di sentirsi giudicati e valutati da un coetaneo.

MI298,8 [17-03-1970]

8 Se, per esempio, uno non fa almeno due ore di vero studio al giorno, non so se se la cava senza peccato grave. Guardate che non scherzo: può darsi che un giorno non ci sia il tempo e che un altro giorno facciate quattro ore. Un domani voi mangerete il pane che viene dall'altare e non potete tradire l'altare. Il Signore, quando tu hai fatto tutto il possibile, fa anche un miracolo: invia lo Spirito Santo e ti illumina. Ma tu devi prima fare la tua parte. Non si può tentare Dio, perché il Signore ha una economia anche nei suoi miracoli. Scusate se sono duro, ma lo sono perché in casa si manca spesso a questo proposito.
Nonostante questi rilievi, io ho la massima stima di voi; faccio solamente quello che fanno un papà e una mamma quando richiamano un po' i figli alla coscienza del dovere. Capisco che qualche volta lo fate per distrazione e senza pensarci, ma io ho il dovere di farvi riflettere. Noi, in seminario, eravamo costretti a stare al nostro posto, perché eravamo legati ad un orario, a una disciplina, a un controllo, ad una classificazione mensile. Fino all'ultimo anno di teologia, chi non era prefetto aveva le classificazione, fino al quarto anno di teologia riceveva dei voti. Se, per esempio, il nostro Zeno non fosse prefetto, pur svolgendo mansioni esterne di responsabilità, come le aveva anche allora qualcuno del corso teologico, farebbe parte di un gruppo anche lui. L’ultimo corridoio del seminario era chiamato San Pietro, e il prefetto - supponiamo il nostro caro don Ruggero - alla fine del mese dava la classificazione sulla condotta, che comprendeva pietà, studio, obbedienza, buona creanza, eccetera. E per buona creanza si intendeva anche questo: chi, per esempio, versava magari un po' di vino sulla tovaglia riceveva nove perché dimostrava poco senso della pulizia. Anche se frequentava il quarto anno di teologia! Costava fare un atto di umiltà, accettare che un altro ti mettesse le mani sulla piaga! Ora nessuno mette le mani sulle vostre piaghe, nessuno viene a controllarvi; vogliamo rispettare la vostra personalità. Non abbiamo fatto un orario rigido con ore e ore e ore di studio, però questo deve aiutarvi ad essere, un domani, uomini capaci di organizzare il vostro tempo.

DIO Spirito Santo

FORMAZIONE

AUTOBIOGRAFIA seminario

DOTI UMANE studio

DOTI UMANE stima

DOTI UMANE buona volontà

FORMAZIONE educazione

DOTI UMANE personalità

Don Ottorino ricorre spesso a una immagine a lui gradita: lo sposato è l’esempio della persona che accetta la responsabilità della famiglia con gli impegni, le gioie e i sacrifici che ne conseguono, mentre lo scapolo è il prototipo della persona che non vuole assumere responsabilità, ma restare libero per pensare solamente a se stesso.

MI298,9 [17-03-1970]

9. Vi dico questo perché, girando per le nostre Comunità dell'Italia e dell'America, ho visto che le abitudini contratte qui si portano anche fuori. Forse senza volerlo e animati dalla più grande buona volontà, perdiamo tanto e tanto tempo.
Don Aldo, tornato a casa dal suo ultimo giro in America, mi ha detto: “Ho l'impressione che i nostri religiosi non siano capaci di organizzare il proprio tempo”. Questa è stata la prima cosa che mi ha detto riservatamente e che io non ho reso nota a voi. “Ho l'impressione che in America si diano tanto, tanto da fare, ma che non siano capaci di organizzarsi perché perdono tempo”. Vi sono andato, poi, anch'io con don Matteo e abbiamo girato insieme. L'impressione che abbiamo avuto è stata la stessa: si perde tempo, non si sa organizzare il tempo. Ora io non voglio fare una colpa a loro, poveretti, che ammiro per tutto quello che fanno, ma non è giusto che mentre un lavoratore laico trova il tempo per il suo lavoro, per la sua famiglia e per il resto, un altro, perché è chierico o sacerdote o diacono, possa fare quello che vuole. Eh, no, figlioli miei, altrimenti siamo degli scapoli e non siamo degli sposati. La malattia comincia qui, proprio qui. Ad un dato momento si è nella sala da studio, passa per la testa il desiderio di fare qualcosa e non si ha voglia di studiare in quel momento, e allora si decide: “Beh, adesso potrei fare quel lavoro”, mentre quel lavoro potrebbe essere svolto anche di sera, dopo cena.

AUTOBIOGRAFIA viaggi

PASTORALE

DOTI UMANE studio

DOTI UMANE buona volontà

SOCIETÀ

lavoro

SACERDOZIO prete

DIACONATO diacono

Il riferimento è forse ad Antonio Bottegal, che all’epoca lavorava come segretario di don Ottorino e allo stesso tempo era molto esperto nell’arte della fotografia e della registrazione.

L’esempio è eco della massima di don Ottorino: “Apostoli di duemila anni fa, ma del duemila”, con la quale voleva far capire la necessità di usare tutti i mezzi offerti dalla tecnica moderna per diffondere il regno di Dio. Qui don Ottorino vuol far capire la preziosità del tempo, da sfruttare nel miglior modo per un apostolato efficace.

MI298,10 [17-03-1970]

10. Ieri, per esempio, non incontravo il vostro carissimo amico qui presente, il quale poi mi disse: “Sono andato a registrare i nastri”. Molto bene, ma si poteva fare dopo cena, dedicandovi parte della ricreazione e non rubando tempo allo studio, a meno che non si trattasse, per esempio, di una lettera urgente e di un nastro che per le cinque del pomeriggio era necessario recapitare a Roma perché dovevo partire per l'America. In quel caso si fa subito, senza discussione e con precedenza su tutto. Ma, per carità, non agite secondo il vostro capriccio, perché Dio oggi ve ne domanda conto e, un domani, molte anime andranno all'Inferno perché non avete saputo organizzare il vostro tempo, perché forse non studiate, non vi preparate, non fate le conferenze e non predicate come dovreste o perché invece di avvicinare dieci anime ne avvicinate soltanto cinque. E questo perché non avete organizzato bene il vostro tempo.
Quello che si può fare con la ruspa, si deve farlo con la ruspa. Perché volete mettervi con la carriola e il badile? Facendo il lavoro con la ruspa si spende di meno e non si perdono giornate e giornate nel trasporto del materiale con la carriola: quello che si può fare oggi con la tecnica moderna, lo si faccia con la tecnica moderna. Ma, amici miei, vi raccomando: fate un po' di esame di coscienza davanti a Dio, non lasciatevi prendere da quello che può essere il capriccio e l'ozio. Con questo non è che io venga adesso a osservare o che abbia intenzione di investigare; voglio soltanto, io per primo e voi dopo di me, che facciamo un esame davanti a Dio per vedere se queste parole, scritte da padre Matteo, corrispondono a quanto serve per noi: «Il permesso in certi casi può essere supposto...». E chiaro!

PECCATO omissioni

PECCATO passioni

FORMAZIONE

NOVISSIMI inferno

PASTORALE

APOSTOLO apostoli di 2000 anni fa

APOSTOLO salvezza delle anime

CONVERSIONE esame di coscienza

VIZI accidia

MONDO progresso

MONDO tecnica

Il riferimento è a Michele Sartore, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

Nel testo originale don Ottorino pronuncia in latino l’espressione di Lc 16,2: “Redde rationem villicationis tuae”.

Don Ottorino dice venticinque anni perché normalmente era l’età in cui lo studente di teologia terminava gli studi e veniva consacrato prete, sottolineando così che il comportamento dopo la consacrazione sarà simile a quello anteriore.

Il riferimento è a Franco Faggian, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale.

MI298,11 [17-03-1970]

11. Ieri, supponiamo, sei andato a registrare senza il permesso perché non c'era nessuno a cui chiedere: avevi un permesso supposto. Però, attenti: «... non può mai essere scambiato il desiderio di Dio con il mio giudizio personale». E qui vi voglio! Non si può mai uscire senza il permesso! Quando si è in servizio militare - non è vero, Vinicio? - e si esce di caserma, che cosa occorre? Bisogna che mandiamo qualcuno a fare il servizio militare perché ci manca l'esperienza di questa vita. Chi è che si presta? Tu, Antonio? Noi abbiamo ragionieri, medici, veterinari, di tutto, ma ci manca qualcuno con questa esperienza. Quando, dunque, si fa il servizio militare, occorre il permesso firmato per l'uscita, e se non si ha questo pezzetto di carta, quando passa la ronda sono problemi. Ci vuole il permesso!
Per ogni nostra azione ci vuole il permesso firmato da Dio. Non sarà don Ottorino che ti ferma, Michele , ordinando: “Alt! Fermati, presentami il permesso. Chi te l'ha firmato? Perché sei venuto in città? Che cos'hai fatto? Quanto tempo hai perduto?”. No, Michele, don Ottorino non ti fermerà per questo, però c'è Dio che segna le multe. E se stasera Michele morisse, il Signore gli direbbe: “Rendi conto della tua amministrazione! Dimmi: sedici ore oggi, sedici ieri...”. “Ma io sono andato a dormire mezz'oretta più tardi, perché mi piaceva tanto la lettura di quel libro...”. “Va bene! Quella mezz'oretta te la sei presa senza il permesso”. “Ma ho letto la Sacra Scrittura!”. “Non importa! Non solo non ti sarà pagata, ma dovrai pagarla tu”. Se non entriamo con questa spiritualità del dovere da compiere non faremo cose sublimi. E quando abbiamo fatto questo, non abbiamo fatto né più né meno di quello che fanno i nostri papà e le nostre mamme. Ma se non entriamo in questa spiritualità del dovere, siamo nel pericolo di divenire dei poveri uomini. E allora la gente ha ragione di dire: “Che lavorino anche i preti!”. Ha ragione di dire questo. Se la gente dice continuamente: “Sarebbe giusto che anche i preti lavorassero, che non vivessero così”, vuol dire che tante volte ha i motivi per dirlo. Infatti, mentre essa non ha il tempo per andare a comprarsi un fazzoletto durante la settimana perché deve lavorare, il prete è visto a chiacchierare perdendo ore e ore di qua e di là come se non avesse niente da fare. State attenti che il prete fa così dopo i venticinque anni perché ha sempre fatto così anche prima dei venticinque anni. Perdonatemi se sono stato un po' troppo duro, sai, Franco - ma credo che fosse mio dovere farlo, e vostro e mio dovere esaminarci in proposito. Sia lodato Gesù Cristo!

VOLONTÀ

di DIO

DOTI UMANE esperienza

COMUNITÀ

superiore

PECCATO omissioni

PAROLA DI DIO Vangelo

FAMIGLIA mamma

FAMIGLIA papà