Don Giuseppe Rodighiero era ritornato il 1° aprile dall'America Latina, dopo aver animato a Resende (Brasile) un corso di immediata preparazione al diaconato per tutti gli assistenti già operanti in America Latina e aver visitato le Comunità. Nella presente meditazione don Ottorino lo nomina più volte, richiamandosi sempre all’esperienza di questo viaggio.
Don Ottorino è sempre molto concreto nei suoi esempi: aveva iniziato accennando agli aspetti della vita della Comunità colti da don Giuseppe nel suo viaggio e continua con esemplificazioni pratiche, sempre in riferimento al punto di partenza.
MI302,1 [03-04-1970]
1. Diamo anzitutto il bentornato al nostro carissimo don Giuseppe e lo ringraziamo ufficialmente per la sua missione, missione compiuta bene, speriamo. Importante è che dobbiamo essere a disposizione di Dio, pronti a fare la sua volontà sia in Italia come in America. Questo è importante: poter essere sempre interpreti della volontà di Dio. Ed è questo appunto il tema della meditazione di questa mattina. Volevo quasi chiedere a don Giuseppe che, per piacere, prendesse lui la parola, ma ho pensato che sia ancora stanco. Verrà il momento che ci farà questo regalo, che ci dirà qualche cosa non tanto sui fatti di cronaca, anche se desideriamo pure quelli, ma su ciò che il Signore gli ha insegnato per noi, per la Comunità e per la Congregazione. Perché, vedete, si imparano tante cose da un giro come ha fatto lui attraverso le Comunità, osservando le cose belle e anche quelle meno belle che, logicamente, ci sono dappertutto. Come in me c'è del bianco e c’è del nero, così è inevitabile che in ogni Comunità ci sia qualche aspetto meno positivo, altrimenti saremmo già in Paradiso. E allora è giusto che abbia osservato quello che c'è di bello - e l'ha osservato! - e dica: «Queste qualità devono essere incrementate perché quel frumento attecchisce: coraggio... quei cavoli crescono bene». Avendo visto le cose che sono valide, incoraggia a coltivarle, mentre, se ha osservato qualche cosa che non è valida, dirà: «Questa è inutile». Così, per esempio, potrebbe dire: «Nella valigia avete fatto bene a mettere delle camicie perché di camicie ne occorrono tante. Avete messo dentro anche alcune paia di scarpe, però, quando portate con voi un paio di sandali ne avete a sufficienza. È inutile mettere in valigia venti paia di scarpe e una sola camicia con il caldo che fa: bastano due paia di scarpe, ma occorrono dieci camicie». In altre parole fa il punto dicendo: «Guardate che occorre specialmente questo; il resto serve, ma un po' meno. Troppo vestiario costituisce un peso inutile da portare». È questo, io penso, quello che ci dirai, dandoci la grazia di sentire nella tua voce lo Spirito Santo che è in te.CONGREGAZIONE storia
VOLONTÀ
di DIO
CONSACRAZIONE disponibilità
COMUNITÀ
condivisione
NOVISSIMI paradiso
Mariano Apostoli, insieme con Alberto Baron Toaldo, Giuseppe Biasio, Antonio Bottegal, Luigi De Franceschi, Daniele Galvan e Giorgio Girolimetto, all’epoca frequentava il 4° anno di teologia e sarebbe stato consacrato diacono in vista del presbiterato alla fine dell’anno scolastico.
Daniele Galvan, pur frequentando il corso teologico nel seminario vescovile, aveva optato per il diaconato permanente e quindi era soggetto alle norme fissate dal documento pontificio “Sacrum Diaconatus Ordinem” che fissava l’età canonica di 25 anni per l’ordinazione. La dispensa richiesta non venne concessa e allora, mentre gli altri sei vennero consacrati regolarmente, Daniele dovette attendere e venne consacrato il 18 luglio 1971. Poco prima don Ottorino nomina il vescovo diocesano mons. Carlo Zinato e Marco Pinton, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico nella Casa dell’Immacolata.
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2. E intanto, caro Mariano , in attesa che tu sia ordinato diacono, incominciamo la meditazione. Marco, ti meravigli? Non sai che saranno ordinati diaconi presto, nel prossimo mese di maggio? Ma non sapete niente! I nostri carissimi fratelli del quarto anno di teologia hanno talmente riempito la Chiesa di Dio della loro santità, che sua eccellenza reverendissima mons. Carlo Zinato li ha creduti maturi per essere ordinati diaconi. E allora, pensando che anche il nostro caro Daniele, il quale frequenta il quarto anno di teologia, sia maturo per questo passo, pur essendo un po' deficiente d'età perché occorre avere venticinque anni per essere ordinati diaconi... - deficiente soltanto d'età, eh, intendiamoci bene! - abbiamo fatto domanda anche per lui e abbiamo chiesto alla Santa Sede la dispensa in modo che possa essere ordinato anche lui insieme con i compagni. È male, caro don Giuseppe? Così avremo la gioia di avere entro maggio, se il Signore ce la concederà, sette nuovi diaconi.DIACONATO diacono
CONGREGAZIONE storia
Il riferimento è alle meditazioni del 4 e del 17 marzo.
Il termine è molto frequente in don Ottorino, e significa saper trattare e capirsi con Dio.
Romano Thiella era stato allievo della Casa dell’Immacolata, ma poi aveva sentito la vocazione per la famiglia e aveva conservato legami di profonda amicizia con don Ottorino e i suoi vecchi compagni. In quel periodo aveva ottenuto la laurea in ingegneria presso l’università di Padova.
Padre René Voillaume ha accolto l’eredità spirituale di Carlo de Foucauld ed è divenuto il secondo fondatore dell’Istituto dei Piccoli Fratelli di Gesù. I suoi abbondanti scritti erano letti con interesse da don Ottorino, che ne ricavava spunti interessanti per la spiritualità della Congregazione. Il libro citato, Con Gesù nel deserto, Esercizi Spirituali in Vaticano, è stato stampato dalla Morcelliana di Brescia nel 1969.
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3. State attenti, fratelli: fra poco vi leggerò un paio di pagine, ma prima vorrei anticiparvi un punto che mi interessa sottolineare. Nelle meditazioni precedenti, quando riflettavamo insieme su questo argomento, dicevamo che la volontà di Dio la troviamo espressa nel regolamento e nei superiori, e che tante volte può o deve essere interpretata. Prima di leggere voglio sottolineare allora questo aspetto: in certi casi il permesso può essere supposto. Io direi, e don Giuseppe che ha girato un po' per le Americhe penso che lo confermi, che nella maggior parte delle volte bisogna intendersela con Dio nella vita apostolica. Per esempio, esaminiamo il voto di povertà. Non è possibile, quando si è nella vita apostolica, andare continuamente dal superiore e dirgli: «Adesso mi occorre un caffè», perché questa sarebbe vita monastica, non missionaria, non pastorale. Nella vita pastorale ognuno personalmente deve essere un pochino l'interprete della volontà di Dio - non so se sbaglio! - e chiedersi: “Occorre? È necessario? Non è necessario?”. Ma per far questo è importante avere un telefono che funzioni regolarmente. Lunedì sera siamo andati a cena in casa di Thiella in occasione del conseguimento della sua laurea, e lui ci ha mostrato la sua tesi. Conversando ci ha detto che adesso sta per essere introdotto in Italia un meraviglioso sistema telefonico, in modo che una persona, per esempio un industriale, può avere l’auto con il telefono a bordo. Sono già previsti mille numeri per Milano, cinquanta per Vicenza, cento per Padova; solamente cinquanta per Vicenza, perché gli abitanti sono meno numerosi. Con questo mezzo, in qualsiasi parte d'Italia la persona si trovi, può chiamare a casa pur viaggiando in macchina: fa il prefisso, il numero e ottiene la comunicazione. Anche da casa può essere chiamato, ma allora, per non spendere troppo, vengono installate delle piccole spie, mi sembra quattro, che si accendono nell’auto e segnalano che deve chiamare e il numero, e le possibilità sono tre o quattro. Per esempio, domani don Zeno si trova a Vicenza o altrove e viene chiamato: vede accesa la spia dell'Isolotto, e allora sa che deve fare quel numero. Rimanendo in auto, continuando a correre a cento chilometri all'ora, fa il numero dell'Isolotto e si mette in contatto. L'Isolotto fa solo questo segnale. Perciò sono stati ideati dei disegni, dei cerchi. Ogni quindici chilometri ci deve essere sull'autostrada una centralina, un punto di irradiamento, tutta una rete. L'Italia sarà all'avanguardia quando verrà realizzato questo progetto. Io ho subito pensato: è quello che dobbiamo fare noi! Oggi l'industriale, che deve uscire per i propri affari, sente il bisogno di stare collegato con il suo centro: per non perdere gli affari, per poter decidere, per poter dirigere la sua industria anche andando lontano. Ora, scusatemi tanto, il nostro pericolo enorme è appunto questo: staccarci dal centro. Il Voillaume nel suo ultimo libro uscito adesso “Con Gesù nel deserto”, nel quale sono raccolte le prediche da lui fatte un paio di anni fa, mi pare un anno e mezzo fa, al Santo Padre e alla corte pontificia durante un corso di esercizi spirituali, dice a un certo punto che ogni attività esterna, anche apostolica, lascia un certo residuo di umanità, lascia qualche cosa insomma: è facile incominciare con l'intenzione più buona e più santa, buttarsi dentro con entusiasmo e, ad un certo momento, essere l'uomo e non l'uomo di Dio che lavora. Non so se don Giuseppe è d'accordo. In pratica: ci si tuffa dentro con tutta la buona volontà, con spirito buono e, a un dato momento, prevale l’aspetto umano.VOLONTÀ
di DIO
COMUNITÀ
superiore
DIO rapporto personale
MISSIONI vita missionaria
PREGHIERA telefonate a Dio
CONSACRAZIONE povertà
MONDO progresso
ESEMPI centralità
di Dio
CHIESA Papa
APOSTOLO entusiasmo
APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO uomo
Il padre spirituale nel movimento del “Cursillo de Cristiandad” è il sacerdote che durante l’esperienza presenta ai corsisti l’essenza della vita cristiana e li accompagna nel loro cammino con il consiglio e il sacramento della riconciliazione, per cui deve essere un uomo di profonda spiritualità.
Don Zeno Daniele stava completando all’epoca il corso teologico e si trovava prossimo all’ordinazione sacerdotale.
L’espressione è frequente in don Ottorino, che l’aveva assorbita durante gli anni del seminario dal suo padre spirituale, mons. Luigi Volpato.
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4. Per esempio, anche in una attività quanto mai spirituale si può cadere in questo pericolo. Mentre stavamo pranzando voi stessi, parlando dei corsillisti, avete comunicato che il padre spirituale, mi pare a Milano, alla fine di un corso ha detto: “Vi annuncio che adesso io lascio tutto e mi unisco ad una donna”. Non c'è da meravigliarsi, caro don Zeno! Anche il direttore di una casa di esercizi spirituali ad un certo momento potrebbe fare il mestiere del prete: potrebbe cominciare pieno di spirito e poi terminare facendo il mestiere del prete. Un sacerdote potrebbe confessare tante ore, predicare tante ore e fare il mestiere del prete. Non voglio fare nomi, ma potrei parlare di padre Roberto da Nove, per esempio: per entrare in chiesa e sentirlo parlare bisognava pagare cinquecento lire, pagare per entrare in chiesa. Era un oratore straordinario, ma alla fine non c'era sostanza nelle sue omelie: belle parole, ma tutta una messa in scena. È venuto anche a Quinto, e ricordo che bisognava proprio pagare il biglietto per entrare in chiesa ad ascoltarlo. E la chiesa era tutta piena: c’era gente perfino sopra i confessionali, proprio piena zeppa perché erano venuti da tutti i paesi dei dintorni. «Basta, non ci sono più posti!», fu detto ad un certo momento. Era la prima volta che vedevo che non c'erano più posti liberi in chiesa, e la gente, all'esterno, brontolava perché non poteva entrare. Pagare per entrare in chiesa! Amici miei, si può arrivare a questo anche nelle cose più sante e più belle. E il caso è proprio quello del direttore di una casa di esercizi spirituali, dove dovrebbe esserci la fucina della santità, e quello di questo padre spirituale dei corsillisti. È naturale partire pieni di spirito di Dio, ma se poi non si continua ad alimentare l’unione con il Signore, c'è il pericolo che ad un dato momento si faccia il mestiere. E allora torniamo a dire che “fare il prete è la più sublime delle missioni e il peggiore dei mestieri”.PECCATO tradimento
SACERDOZIO prete
PASTORALE
APOSTOLO predicazione
AUTOBIOGRAFIA Quinto
APOSTOLO vita interiore
DIO rapporto personale
Il riferimento è ai giorni di fraternità trascorsi da don Ottorino con alcuni religiosi durante le vacanze pasquali nella pace del villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI).
Padre Pierluigi Torresin, passionista, era stato invitato più volte da don Ottorino per ritiri ed esercizi spirituali.
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5. Sempre nel suo volume il padre Voillaume, parlando al Papa e ai vescovi, dice che con l'attività moderna di oggi, con il movimento attuale, con questo apostolato pieno di impegni e di organizzazione, per ottenere un equilibrio tra vita contemplativa e vita attiva, per essere carmeli ambulanti ci vorrebbe mezza giornata alla settimana e una settimana al mese da trascorrere nel deserto, cioè fuori del mondo. Il deserto può essere anche la propria stanza, intendiamoci bene! Poi, ogni tanto, ci vorrebbe un lungo periodo di isolamento, perché altrimenti le varie pratiche di pietà che facciamo, la mezz'ora di meditazione, il breviario e le altre, finiscono per essere senza succo perché siamo immersi nelle cose del mondo. In altre parole, anche un sacerdote secolare, pieno di attività, dice il breviario in fretta e fa la sua meditazione, ma prima di entrare nella meditazione fa fatica perché ci sono troppe cose da fare e durante la meditazione estrae continuamente il foglietto per annotare ciò che deve fare. E allora, se vogliamo che queste pratiche quotidiane di pietà abbiano un calore, una forza, è necessario che ci si ritiri ogni settimana. Se vogliamo, poi, dare la forza a tutta la nostra vita, bisogna che almeno ogni mese ci mettiamo tranquilli a parlare con Dio e solo con Dio. È stata questa una cosa che mi ha fatto impressione o, meglio, che ha fatto impressione a tutti nei giorni in cui a Bosco ne abbiamo parlato. Infatti notiamo che dei bravi religiosi, dei buoni religiosi, che pure fanno la meditazione, dicono il breviario, sono fedeli alle pratiche di pietà, poi non si accorgono che, in pratica, stanno facendo la loro volontà. Dico male, don Giuseppe? Sono buoni, fanno meditazione, celebrano la Messa, recitano anche il breviario, fanno tutte le pratiche di pietà, ma non si vede, poi, la preoccupazione, la vera preoccupazione di fare la volontà di Dio. E questo non dipende da cattiveria, eh! Cioè, prima di prendere una decisione, prima di dire una cosa, prima di lanciare una frase, di fare un'asserzione, non si preoccupano di chiedersi: “Sto facendo il mio capriccio? Sto buttando fuori il meglio o il peggio di me? Sto realizzando quello che Dio vuole o quello che voglio io?”. Se noi non riusciamo in questo, allora facciamo una opera umana, un apostolato umano; bisogna invece che noi riusciamo ad essere uomini di Dio. Stamattina, prima di parlare a voi, io sono rimasto un momentino in cappella e mi sono chiesto: “Signore, che cosa devo dire a questi benedetti miei fratelli? Che cosa tu vuoi dire a loro?”. E questo bisogna farlo non soltanto prima di predicare. Vi ricordate di padre Pierluigi? Due ore di preghiera prima di ogni predica! E perché due ore? Per ricevere da Dio la parola da dire ai fratelli. Non possiamo dare ai fratelli le cose nostre. Questo potrebbe essere vero per un meccanico, per un operaio, ma non per noi che siamo uomini di Dio, che ci presentiamo in nome di Dio. La gente viene da noi per sentire la parola di Dio, per prendere una decisione, per domandar consiglio: “Mi dica lei, per piacere... Mi trovo in questa situazione... Che devo fare? Che cosa potrei fare?”. Come possiamo, con quelle le povere nozioni che abbiamo imparato sui libri, manifestare la volontà di Dio a queste creature? Noi dobbiamo indicare loro la volontà di Dio.CHIESA Papa
CHIESA Vescovo
PREGHIERA carmeli ambulanti
PREGHIERA deserto
PREGHIERA pratiche di pietà
PREGHIERA meditazione, contemplazione
SACERDOZIO prete
PREGHIERA unione personale con Dio
CONSACRAZIONE religioso
PECCATO passioni
VOLONTÀ
di DIO
APOSTOLO predicazione
APOSTOLO vita interiore
APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO ambasciatore di Dio
Il riferimento è al lavoro di manutenzione della casa che don Ottorino richiedeva ai suoi giovani nell’ambito del lavoro manuale che entrava nel programma formativo.
“Nel nome del Signore getterò la rete” (cfr. Lc 5,5).
Don Ottorino cita sempre l’espressione di Lc 5,5 in latino, anche se non è fedele al testo che dice: “Per totam noctem laborantes nihil cepimus”.
Il riferimento è alle Note di spiritualità religiosa preparate da don Matteo Pinton che don Ottorino stava commentando dall’inizio dell’anno.
MI302,6 [03-04-1970]
6. Anche nei tempi antichi per gli oracoli i sacerdoti almeno fingevano di mettersi in contatto con i loro dei prima di parlare. Non facevano così? Dicevano: «Attendi!», e andavano a interrogare la divinità. Scusate, almeno fingevano di mettersi in contatto con la divinità. Noi, invece, dobbiamo metterci davvero in contatto con la divinità, e questo prima di ogni azione, prima di ogni pensiero. Dobbiamo filtrare tutto attraverso il divino. Non abbiamo più niente di umano. Anche voi, che state dando la tinta, ogni pennellata deve essere data nel nome del Signore. Dobbiamo fare come San Pietro, quando gettò la rete: «In nomine Domini laxabo rete». Soltanto allora cattureremo il pesce. “Abbiamo faticato tutta la notte senza prendere nulla” : potrebbe capitare che alla fine della nostra vita ci accorgiamo di avere lavorato tutta l'intera giornata della vita senza aver preso niente perché non abbiamo gettato le reti «in nomine Domini». Per questo tutte le nostre azioni devono essere fatte «in nomine Domini». Qui è scritto proprio questo: qualche volta - io direi che la maggioranza delle volte nella vita vi capiterà questo, specialmente quando sarete in cura d'anime - dobbiamo essere noi coloro che interpretano la volontà del Signore. E se non prendiamo questa abitudine, se non abbiamo questa preoccupazione, vorrei dire questo chiodo fisso nella testa, in modo da dire: “Voglio fare quello che vuole il Signore, non quello che voglio io: vacanze o non vacanze, sole o nuvole... quello che vuole il Signore, voglio fare la volontà di Dio”, non siamo a posto. Questo è stato il tema che abbiamo trattato lassù a Bosco. È un tema che non voglio sviluppare adesso. Volevo quasi incominciare a trattarlo, ma ho pensato che è meglio finire prima questo fascicoletto; mi ripropongo di trattarlo nei nostri incontri a Bosco. Infatti è necessario che troviamo nella nostra Famiglia religiosa il modo di poter incontrarci con il Signore: non se ne può fare a meno! Dobbiamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi - ormai dovete dire anche voi: “A quelli che verranno dopo di noi!”, perché fra cent'anni non ci saremo più, nemmeno uno! - un mezzo efficace per poter essere in contatto con Dio, e penso che il mezzo sia specialmente questo saperci ritirare.DIO rapporto personale
APOSTOLO vita interiore
FORMAZIONE lavoro
APOSTOLO attivismo
VOLONTÀ
di DIO
FORMAZIONE direzione spirituale
PREGHIERA deserto
Don Girolamo Venco era animatore all’epoca del gruppo del corso liceale e responsabile della legatoria.
Don Ottorino nomina, con don Guido Massignan e don Matteo Pinton che avevano responsabilità formative nella Casa dell’Immacolata, don Erasmo De Poli che all’epoca era il responsabile del semiconvitto Ferdinando Rodolfi.
A Spello, presso Assisi, Carlo Caretto aveva iniziato una comunità sullo stile dei Piccoli Fratelli di Gesù di Carlo de Foucauld, basata sempre su una forte esperienza di preghiera e di deserto.
Don Domenico Passuello era stato assistente diocesano dei giovani di Azione Cattolica all’epoca di cui parla don Ottorino. In seguito fu promotore e primo direttore della casa diocesana per esercizi spirituali Villa San Carlo. Era un uomo molto dinamico e di intensa vita spirituale.
MI302,7 [03-04-1970]
7. Vi preannuncio soltanto una semplice proposta perché possiate valutarla fra voi. Don Girolamo , posso comunicarla? A Bosco si pensava alla possibilità di fare un'esperienza di deserto: provare intanto in tre o quattro per una domenica, non quella prossima, ma la successiva. Ci siamo già prefisso di andare lassù in quattro: don Guido, don Matteo, don Erasmo e il sottoscritto. Andremo a fare l'esperienza di una giornata di deserto, anche se un domani non la chiameremo deserto. Si tratta di questo: una giornata trascorsa completamente da soli a soli con Dio. In che modo? Cercheremo di seguire un po' le indicazioni del Voillaume, la traccia di Santa Teresa d'Avila e di qualche testo di ascetica per vedere come hanno fatto gli altri. Dopo questa esperienza e visto un po' come va, qualcuno andrà ad Assisi a vedere come fanno i Piccoli Fratelli di Gesù che hanno una specie di regolamento per il loro incontro con il Signore. Fatta qualche altra esperienza, se vediamo che può andare, allora diremo: “Se qualcuno di voi vuole provare, ben volentieri: ecco qui, provate. Libertà per chi vuole provare a mangiare questo pane”. Come sarebbe bello se riuscissimo - è un sogno! - a gustare questo incontro con il Signore! Ricordo che don Domenico Passuello nei primi anni di sacerdozio lavorava in mezzo ai giovani con un fervore straordinario, però ogni mese si ritirava per un giorno a Bassano, da solo, e dedicava un giorno ogni mese, nonostante fosse pieno di attività, per restare insieme con il Signore. Se anche noi riuscissimo a portare nella nostra vita apostolica questa abitudine: una volta al mese una giornata col Signore, e avere, come diceva don Matteo, un tema come guida. Per esempio, una volta si potrebbe dire: «Beh, oggi, restiamo insieme con il Signore meditando sulla natura», e allora si prendono tutti i brani della Sacra Scrittura che riguardano la natura e si cantano le lodi del Signore; un'altra volta si potrebbe meditare sulla povertà, insieme con il Signore. Ci sono già dei temi che si possono studiare insieme, temi di meditazione, temi di colloquio con Dio.DOTI UMANE esperienza
PREGHIERA deserto
PREGHIERA unione personale con Dio
COMUNITÀ
conduzione comunitaria
PASTORALE giovani
CREATO
Jean Guitton, scrittore cattolico francese, aveva da poco pubblicato il libro “Dialoghi con Paolo VI”, del quale era amico personale. La frase citata a senso da don Ottorino era già stata da lui pronunciata durante la relazione programmatica al 1° Capitolo generale della Congregazione (cfr. Costituzioni, pag. 743, nota 1).
Don Ottorino ricorre spesso all’esempio del vassoio per indicare che il messaggio di Dio deve essere presentato degnamente. La cosa più importante è senza dubbio il contenuto del vassoio, ma per non compromettere l’accoglienza del messaggio anche il vassoio deve essere decoroso.
Spesso don Ottorino usa l’immagine della cisterna per indicare l’apostolo, che necessariamente deve essere ripieno di Dio.
MI302,8 [03-04-1970]
8. In altre parole, amici miei, ci sono due mondi: il mondo soprannaturale e il mondo dove viviamo noi. A un dato momento bisogna avere la forza di farne la sintesi e unirli insieme. Noi dobbiamo essere gli uomini di Dio che si innalzano e sanno unire il mondo di Dio con il mondo terreno, in modo da trascinare questo mondo verso quello divino. Per poter fare questo bisogna che noi ci innalziamo un pochino da questa terra, bisogna che siamo pieni di Dio, che sappiamo parlare con Dio. Jean Guitton diceva: “Noi vogliamo che voi preti siate gli uomini che sono in contatto con l'Assoluto”. Non possiamo parlare di Dio se non siamo stati con Dio. La predica comporta una duplice preparazione: una spirituale, intima, che è un contatto con Dio, e una culturale, che è necessaria per potere esprimere quello che Dio ci ha detto nell'anima. E sbagliato? Mi pare che sia necessario questo: prima un contatto personale ed intimo con il Signore, poi tutto un lavoro di cultura e di preparazione per poter presentare il messaggio in maniera adeguata, ma questo è un vassoio , quasi una specie di illuminazione di ciò che dobbiamo avere nell’intimo. Noi non intendiamo imporre niente a nessuno, ma volevo solo preannunciare almeno l’idea, parlare cioè di questa proposta. Personalmente, per poter resistere nel mondo di oggi, io sento il bisogno di incontrarmi con Dio. E quello che mi è piaciuto, quando siamo andati a Bosco, è stato vedere che i fratelli, don Zeno e tutti gli altri, hanno sentito questo stesso bisogno ed hanno detto: «Dobbiamo incontrarci con Dio». Vorrei dire che dobbiamo moltiplicare le nostre attività apostoliche, ma trovare anche il tempo per fare rifornimento di Dio. Ecco! Bisogna aumentare la velocità, bisogna aumentare l'intensità, bisogna non perdere tempo perché altrimenti le anime vanno all'Inferno, ma nello stesso tempo occorre più rifornimento. Dobbiamo equilibrare il tempo del rifornimento di Dio e il tempo dell'azione. Si tratta di mettere un po' di ordine, e io credo che, alla fine, in questo modo lavoreremo di più, renderemo di più e faremo anche di più riguardo all'azione. D'accordo? A questo proposito non c'è niente di imposto: è una ricerca fraterna che faremo insieme. Questa mattina abbiamo presentato una proposta, e penso che nel vostro intimo, specialmente i più vecchi, sentiate tutti il bisogno di questa unione con Dio, il bisogno di avere qualche cosa da dare alle anime, di essere delle cisterne piene e non vuote di Dio. E allora insieme, proprio con l'aiuto della nostra buona mamma, la Madonna, ci sforzeremo in questi mesi di trovare il modo di fare qualche cosa. Per esempio, perché non sognare - permettete che si sogni qualche volta, che almeno oggi sogniamo una bella giornata, che sogniamo qualcos'altro - di poter realizzare durante l'estate un nostro mese ignaziano, come lo ideò Sant’Ignazio? Potrebbero essere due o tre settimane di ritiro, interrotte dalle domeniche, con un gruppetto di volontari. Dapprima si potrebbe sperimentare qualche giornata, e poi si potrebbe dire: “Chi vuole, con tutta libertà, invece degli abituali esercizi spirituali, dedichiamo otto, dieci, dodici giorni ad una esperienza di deserto: ci ritiriamo in un posto, studiamo il programma, facciamo le prove”. Potrebbero essere anche solamente due settimane. Non sarebbe una cosa bellissima potersi ritirare, ricaricarsi, gustare Dio per un periodo di tempo, gustarlo nel vero senso della parola, in modo da avere poi la facilità di gustarlo mensilmente almeno per mezza giornata, se non sarà per una giornata intera?APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO vita interiore
DIO rapporto personale
DOTI UMANE cultura
APOSTOLO uomo
APOSTOLO predicazione
SACERDOZIO prete
APOSTOLO salvezza delle anime
DOTI UMANE buona volontà
MARIA la nostra buona mamma
COMUNITÀ
conduzione comunitaria
Don Ottorino, che senza dubbio aveva le qualità dell’uomo di azione e il cuore dell’uomo contemplativo, insiste molto sull’espressione carmeli ambulanti a lui cara, sottolineando allo stesso tempo il pericolo della prevalenza dell’azione sulla contemplazione.
Don Ottorino non perde mai l’innata capacità di attualizzare e rendere concreto ogni esempio, applicandolo alla situazione del momento.
Il riferimento è al combattimento di Giosuè contro Amalek, narrato in Es 17,8-16.
MI302,9 [03-04-1970]
9. Amici miei, ricordatevi che non è sufficiente il ritiretto mensile che facciamo; è troppo poco! Il ritiretto mensile, ridotto a una o due prediche, è troppo poco, siamo sinceri, è troppo poco! Il dinamismo esterno, e le molteplici attività ci distraggono tanto, ed è facile che a un dato momento si diventi uomini di azione, ma non di contemplazione. L'abbiamo detto tante volte: i membri della Pia Società dovrebbero essere dei carmeli ambulanti, ma minacciamo di essere troppo “ambulanti” e poco “carmeli”. E allora bisogna che troviamo assolutamente il modo di armonizzare insieme l’aspetto contemplativo con quello attivo: organizziamo la nostra attività in modo che sia un vero agire più che un correre da una parte all’altra, organizziamo il nostro lavoro in modo che esso renda ancora di più, anzi lavoriamo ancora di più, con maggior intensità, seguendo una ben studiata programmazione. Penso che noi saremo ancora di più “ambulanti”, cioè organizzati nel nostro lavoro, se saremo capaci di essere dei “carmeli”. Il tempo che noi daremo al “carmelo”, cioè al nostro incontro con Dio, non farà diminuire l'azione. Sono convinto che un parroco, che a un certo momento comincia a fare un giorno al mese di deserto, alla fine dell'anno avrà reso molto di più nella sua parrocchia; se invece di uno, ne fa due, il suo rendimento sarà ancora maggiore. In seminario ci raccontavano di un sacerdote che si era recato dal vescovo per chiedere la dispensa dalla meditazione, e gli aveva detto: «Eccellenza, non ce la faccio». Aveva portato con sè anche la lista di tutte le cose di cui doveva occuparsi: sistemare villa San Giovanni, completare una cosa e l’altra. “Ecco qui la lista; non ce la faccio, eccellenza. Chiedo la dispensa dalla meditazione”. E il vescovo, dopo averla esaminata, gli rispose: “Va bene! Per obbedienza, per un mese, invece di una mezz'ora farai un'ora di meditazione”. “Ma, allora, eccellenza, mi tolga le ore di scuola”. “No, farai questo e anche quello. Prova per un mese, poi verrai da me”. Alla fine del mese il sacerdote ritornò dal vescovo e disse: “Eccellenza, ho fatto ogni giorno l'ora di meditazione, ho svolto tutte le attività di prima ed ho avanzato anche del tempo per aggiungerne delle altre. Continuerò a fare un'ora di meditazione”. Credo che questa sia la storia mia e un pochino anche la vostra. Penso che se una volta al mese, per esempio, mi ritirassi una giornata interamente con Dio senza la preoccupazione di organizzare e di fare, ma solo per caricarmi di Dio, alla fine del mese la Congregazione ne guadagnerebbe e anche i debiti andrebbero pagati più facilmente perché, se non altro, la provvidenza del Signore si farebbe più presente. Infatti quando Mosè pregava con le braccia alzate, l'esercito vinceva la battaglia.APOSTOLO attivismo
PREGHIERA carmeli ambulanti
SOCIETÀ
lavoro
DIO rapporto personale
PASTORALE parroco
PASTORALE parrocchia
AUTOBIOGRAFIA seminario
CHIESA Vescovo
PREGHIERA deserto
PREGHIERA meditazione, contemplazione
SACERDOZIO prete
CONGREGAZIONE spiritualità
PROVVIDENZA
Per la parte finale di questa meditazione don Ottorino si serve delle Note di spiritualità religiosa preparate da don Matteo Pinton. Le citazioni, prese dalla pagina 191 di Scritti ispirati da don Ottorino, vengono sempre riportate in corsivo.
La formula latina significa: “A piacere”.
Il riferimento è a un episodio raccontato nella vita del Santo Curato d’Ars. Un intellettuale era andato da lui per discutere sulla confessione, e il santo lo invitò con decisione a farne prima l’esperienza; poi non ci fu più bisogno di discussione.
MI302,10 [03-04-1970]
10. Dopo questa lunga premessa cominciamo la lettura. Mi pare che il tempo sia trascorso, ma leggiamo almeno mezza paginetta. «Il permesso in certi casi può essere supposto, ma non può mai essere scambiato il desiderio di Dio con il mio giudizio personale. Non posso portare un pezzo d'oro a chi sta morendo di sete con la scusa che è più prezioso dell'acqua. Dio vuole ciò che chiede e non ciò che noi crediamo meglio portargli». È forte questa parola! Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma... sarebbe meglio...”. Ma che cosa vuole Dio, che cosa vuole Dio, figlio mio? “Sarebbe bello...”. È vero, e allora non una, ma due, se Dio lo vuole. Ma che cosa vuole Dio? Questa è la domanda. Ricordate che la logica umana non è la logica di Dio. «Ogni interpretazione arbitraria e trascuratezza nelle piccole cose può essere l'inizio di una vita di tiepidezza, che mi porta a non avere più una vera amicizia con Dio». Eh, niente da fare! Può esserci chi crede di fare opere meravigliose, ma perde l'amicizia di Dio perché fa quello che gli piace. «Le costituzioni, le delibere capitolari, che tracciano il regolamento di vita del consacrato a Dio nella Pia Società San Gaetano, non sono un codice impersonale, imposto e che si può “ad libitum” ignorare in nome della propria autonomia». È facile dire: «Beh, insomma...». Per esempio, a proposito della Via Crucis: “Per conto mio... Sì, è vero, è scritto nelle Costituzioni, però posso tralasciarla!”. L'ora di adorazione: “Beh, va bene, però...”. Ad un dato momento si ragiona così per tutto quello che è fissato nelle Costituzioni: non fumare, non... fare una cosa e l’altra, e si finisce con il programmare uno stile di vita a proprio piacimento. Si dice: “In fin dei conti per me rende spiritualmente molto di più leggere, per esempio, un brano della Sacra Scrittura che recitare il breviario, perciò leggo la Sacra Scrittura e non recito il breviario”. Si può arrivare a questo e anche a peggio. Però non illudiamoci: in questo modo non accontentiamo il Signore. È inutile che facciamo discussioni perché qui si tratta di una cosa sola: se tu vuoi bene al Signore non fai tante disquisizioni. Devi recitare il breviario? Lo reciti! Devi fare la meditazione? La fai! La Via Crucis? La fai anche se ti costa un pochino! Tu devi portare al Signore quello che il Signore ti domanda. In questi casi si tratta, per conto mio, di crisi d'amore e di fede, non di altro. Quando il Santo Curato d'Ars disse a un penitente: «Inginocchiati qui!”, nonostante quello si rifiutasse di farlo perché affermava di non credere nella confessione, dopo la confessione non c'è stato più bisogno di discutere di essa. Io credo che, quando sentite discutere tanto su queste cose, è perché ci si pone poco in ginocchio dinnanzi a Dio. «Sono la manifestazione concreta e dettagliata del volto della missione che io ho scelto liberamente, rispondendo alla chiamata divina. La maggiore libertà da una disciplina ferrea, quale era esercitata in altri tempi, si esige attualmente per rispettare la personalità di tutti in modo che ognuno faccia responsabilmente ciò che deve fare, non ciò che vuole fare; altrimenti si cade nel libertinismo religioso e apostolico, che è una forma molto elementare di egoismo e di immaturità umana». Qui ci sarebbe materiale sufficiente per fare un'altra meditazione sullo stesso argomento, ma la farà don Giuseppe. Io mi fermo un poco prima e la prossima volta darò l'opuscoletto in mano a don Giuseppe. Andiamo!VOLONTÀ
di DIO
DIO logica di...
PECCATO passioni
CONGREGAZIONE Costituzioni
EUCARISTIA adorazione
PREGHIERA pratiche di pietà
DIO amore a Dio
PENITENZA sacrificio
VIRTÙ
fede