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IL RELIGIOSO È FEDELE NELLE PICCOLE COSE

MI306 [13-05-1970]

13 maggio 1970

Don Ottorino premette, nel testo registrato, una frase scherzosa su Adriano Conocarpo che si stava preparando agli esami statali di ragioneria e che avrebbe sostenuto a Crotone: “Una volta era sempre Conocarpo l’incaricato del pallone... Sst! Silenzio: deve andare a Crotone a fare gli esami”.

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve delle “Note di spiritualità religiosa”, preparate da don Matteo Pinton e pubblicate in Scritti ispirati da don Ottorino. Le citazioni, prese dalle pagine 191-192, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Don Ottorino si rivolge a don Zeno Daniele, che già collaborava nell’amministrazione generale della Congregazione e aveva esperienza delle difficoltà per pagare i debiti, anche se alla fine l’ultima responsabilità era sempre di don Ottorino.

Don Ottorino continua le esemplificazioni con tono sempre scherzoso, nominando dapprima don Matteo Pinton che all’epoca era insegnante di filosofia e animatore dei giovani del corso teologico, e poi don Ruggero Pinton che era prossimo all’ordinazione sacerdotale.

Il religioso Ugo Gandelli prestava il suo servizio di fine settimana nella parrocchia di Laghetto e accompagnava don Gaetano Scortegagna a benedire le case della parrocchia al posto del parroco don Domenico Collicelli, anziano e ammalato.

MI306,1 [13-05-1970]

1. Stamattina mi hanno raccomandato di leggere soltanto, senza fare commenti, altrimenti si rischia di non arrivare più in fondo a questo libro, anche perché fra poco usciranno altri volumi...
«La maggior libertà da una disciplina ferrea...». Ricordate dove eravamo arrivati? Avevamo detto che il religioso deve fare la volontà di Dio e che tante volte, vorrei dire la maggioranza delle volte, la volontà di Dio deve lui stesso saperla interpretare. Sarebbe comodo avere sempre un superiore che decide per lui. “Che cosa devo fare adesso?”. “Fa’ questo!”. Ed io so che faccio la volontà di Dio, senza alcun pericolo di errore. Tutt'al più collaboro con il superiore dicendogli: “Beh, mi pare... è conveniente... forse... Questo va bene, è giusto”. Ci si accorge delle difficoltà quando viene a mancare il sostegno di un altro, come quando in una famiglia muore il papà e al figlio più vecchio corrisponde il dovere di portare avanti la famiglia. Allora la situazione è diversa: prima c’era il papà e si discuteva insieme, poi muore il papà e deve condurre avanti la famiglia da solo. Per parlarci chiaro, non è lo stesso avere una cambiale da pagare se c'è il papà o averla da pagare senza il papà, cioè che ponga la firma il papà e si cerchino i soldi insieme, o che metta la firma tu. È una situazione che è difficile descrivere. Zeno, che ne dici? Nel primo caso puoi dire: “Sa, in fondo... Beh, io... Andiamo in cerca dei soldi insieme!”, mentre nel secondo caso quando devi dire: “Ho firmato io... sono scritto io in quel registro... devo rispondere io...”. A un dato momento ci si accorge che la realtà è diversa. Ebbene, voi nella vita vi troverete presto, molto presto, a non avere più il papà, a dover fare voi, invece, da papà agli altri; dovrete voi interpretare la volontà di Dio per gli altri, anche se non sarete superiori. Perché sarete chiamati a vivere in cura d'anime, a lavorare in mezzo alle anime e, dovendo lavorare in mezzo alle anime, è chiaro che, anche quando a un pretino giovane giovane, come può essere l'angelico don Matteo, - don Ruggero si aspettava che nominassi lui: infatti ha cominciato subito a fare un sorriso quando ho detto “giovane” - succede che gli dicono: “Padre”, lui si guarda intorno e pensa che abbiano sbagliato e che ci sia suo nonno dietro le spalle. Quando ci si presenta in cura d'anime, come ha fatto in questi giorni Ugo che andava a benedire le case con delega, o quando ci si presenta e la gente comincia a domandare consiglio, uno si chiede: “Ma, che cosa succede?”. Non è vero? Si ha l'impressione che la gente capisca, voglia, desideri qualche cosa, esiga qualche cosa da noi. E tante volte capiterà proprio che questo giovane diacono, questo giovane sacerdote debba per la gente interpretare la volontà di Dio.

CONSACRAZIONE religioso

VOLONTÀ

di DIO

COMUNITÀ

superiore

ESEMPI apostolo

APOSTOLO missione

SACERDOZIO paternità

spirituale

SACERDOZIO prete

DIACONATO diacono

All’epoca era stata ristrutturata la villa di campagna donata dalla signorina Clementina Valeri per benefattori anziani e che aveva assunto il nome di villa San Giovanni, ma che non era stata ancora inaugurata.

Abitualmente dopo la Santa Messa e prima della meditazione don Ottorino prendeva il caffè, per questo usa l’espressione familiare: “... dare il caffè a... Gesù”.

“Io vivo, ma non sono più io che vivo”, è la celebre frase di Paolo in Gal 2,20 la cui lezione esatta è la seguente: “Vivo autem iam non ego, vivit vero in me Christus”. Don Ottorino invece, nel testo registrato, aggiunge: “Ego ipse Jesus”, che significa: “Io divento Gesù stesso”, aggiunta posta da don Matteo nelle sue note, ma che don Ottorino sente troppo elevata ed impegnativa.

MI306,2 [13-05-1970]

2. Quello che abbiamo detto precedentemente, e lo diremo proprio fino all'ultimo respiro, gridandolo senza sosta, è questo: dovete diventare esperti, veramente esperti nell'interpretare la volontà del Signore, nel sapere che cosa vuole il Signore, e questo in tutte le azioni.
Ieri, per esempio, siamo andati con i giovani del primo anno di teologia a villa San Giovanni per fare pulizia: io non avrei potuto chiamarvi senza averlo prima chiesto al Signore, non avrei potuto domandarvi durante il lavoro se, per piacere, eravate disposti a fare anche la pulizia al piano superiore senza avere prima interpretato la volontà del Signore. Io non posso dire qualcosa che sia mio, neanche spostare una credenza, neanche spostare un mobile, neanche mettere un lampadario, altrimenti divengo un mestierante. Io devo cercare di fare in modo che alla fine lui, il padrone di casa, dica: “Sì, volevo così”, e se sbaglio pazienza, ma ho sbagliato cercando la volontà di Dio, non il mio capriccio, non il mio desiderio. E questo devo farlo in tutte le cose. Fratelli miei, se voi raggiungete questo - e questo è il punto dove bisogna arrivare - voi avete trovato il paradiso in terra, vi sentite strumenti nelle mani di Dio, ma sempre nelle mani di Dio, anche quando si va a prendere un caffè, come siamo andati a prenderlo poco fa con don Zeno dicendo: “Andiamo giù, andiamo a dare il caffè a... Gesù”. Facciamo questo perché non siamo più nostri, ma opera in noi il «vivo ego, iam non ego» di San Paolo. Questa mattina ho ripetuto bene la prima parte della frase: “Vivo ego, iam non ego”, ma mi è sembrata troppo impegnativa la seconda: “Ego ipse Jesus”: fino a quel punto io non ci arrivo. In qualche modo posso dire soltanto la prima parte: “Vivo ego, iam non ego”.

VOLONTÀ

di DIO ricerca della...

PECCATO passioni

CONSACRAZIONE disponibilità

GESÙ

MI306,3 [13-05-1970]

3. Amici miei, questo è lo sforzo che dobbiamo fare. Potrebbe sorgere però la tentazione di dire: “Insomma, è una vita dura, una vita difficile!”. Vi dico invece che è la vera vita. Avrete la gioia, l’autentica gioia. Sopra la terra gli uomini cercano la gioia, cercano la soddisfazione. Io vi assicuro, in base alla mia povera esperienza, che non potrete avere sopra la terra una gioia maggiore di questa, cioè quella di desiderare in tutte le cose di fare la volontà di Dio; anche le cose del mondo e le sue bellezze non potrete gustarle come le gusterete quando fate la volontà di Dio. Un fiore che voi guardate in questa luce diverrà molto più bello, molto più bello; un'amicizia che voi godrete in questa luce sarà piena di amore, molto più calda, molto più intima; le cose, anche un divertimento che vi prenderete, avranno un altro colore: sentirete Dio presente. Anche quando farete una gita o vi divertirete o giocherete una partita a carte, tutto quello che farete, ma in questa luce, voi sentirete insomma una gioia molto più profonda.
Immaginate ora di giocare una partita a carte fra amici, e che giunga Papa Giovanni e dica: “Io vorrei giocare una partita a carte”: È ben diversa questa partita a carte dalla solita partita! Supponiamo, per esempio, che debba giocare Ugo... Ugo e Papa Giovanni contro, supponiamo, don Matteo e don Guido. In seguito don Guido direbbe: “Ho giocato a carte contro Papa Giovanni!», e Ugo, andando a casa da sua mamma, le direbbe: “Sai, ho giocato con... Prova a indovinare con chi? Con Papa Giovanni!”. Capite che è subito un'altra cosa! Bisogna che noi ci fissiamo in testa che stiamo continuamente giocando una partita con Gesù, insieme con Gesù. E la vinciamo sempre, anche quando perdiamo. Noi non perdiamo mai quando giochiamo con Gesù, non perdiamo mai, anche se andiamo a finire crocifissi, non perdiamo mai. Quando io mi sforzo di fare la volontà di Dio e di vivere con Cristo, non interessa qualunque cosa capiti.

DOTI UMANE buona volontà

DOTI UMANE amicizia

VOLONTÀ

di DIO

MONDO

CREATO fiori

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

GESÙ

Villa San Giovanni era destinata ad accogliere benefattori anziani, ed evidentemente da questa opera don Ottorino si attendeva anche qualche nuovo intervento della provvidenza.

Chiara allusione alla parabola della zizzania, narrata in Mt 13,24-30.

Il diacono Vinicio Picco era sempre accanto a don Ottorino nelle attività pratiche, ed evidentemente anche nei lavori di ristrutturazione di villa San Giovanni.

Il termine “distrazioni” significa sempre i commenti personali di don Ottorino, che si lasciava portare dallo spirito e dalle situazioni concrete.

Don Ottorino affida la lettura delle note preparate da don Matteo Pinton a Mario Corato che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

MI306,4 [13-05-1970]

4. Ieri, mentre voi stavate facendo pulizia, pensavo che stiamo arrivando al termine di un certo lavoro materiale dal quale speriamo anche qualche vantaggio, e dicevo tra me: “Se questa notte venissero qui dei nemici, come l' “inimicus homo” , e con la dinamite facessero saltare la casa, e domattina trovassimo tutto all'aria, un massacro... Povero Zeno, povere magnolie, povere piante, poveri rosai di Ruggero, poveri candelabri, povero colore di Michele, povero lavoro del nostro caro Daniele!”. Un momento! Se noi trovassimo tutto così, dovremmo chiamarlo un disastro? No, no, no e poi no! ll giorno dopo si riprenderebbe il lavoro per mettere a posto e per risistemare, e ci si radunerebbe insieme per vedere se è il caso di rifare la casa o di vendere il terreno. Si discuterebbe un pochino insieme perché era una proprietà della signorina Valeri, la quale potrebbe essere mezza morta da infarto per la disperazione e per l'avvilimento perché a più di ottant'anni non si potrebbe resistere al colpo, e alla fine si dovrebbe dire: “Oh, forse è stato meglio così!”. E anche se non arriveremo mai durante la vita a capire che sarebbe stato meglio così, lo capiremo di là: ne valeva la pena!
Noi dobbiamo arrivare a questo: dobbiamo mettercela tutta, ma essere pronti al fiasco finale, pronti al disastro finale, pronti alla sconfitta, ricordandoci che per noi che facciamo la volontà di Dio non c'è sconfitta, non c'è mai sconfitta. Anche se per la carne ci sarà sconfitta, se per l'io, per la parte umana ci sarà sconfitta, invece per la parte soprannaturale alla quale noi apparteniamo, per la nostra missione che è prettamente ed esclusivamente soprannaturale, non ci può essere sconfitta. Se entriamo in questo atteggiamento interiore noi saremo sempre vittoriosi. “Ti auguro che vada bene!”. Ma va sempre bene se io faccio la volontà di Dio. Per esempio, io do il colore, non è vero, Vinicio , io do il colore alla ringhiera: ebbene, se mi sforzo di fare la volontà di Dio, il colore è sempre bello, anche se gli altri criticano. Se io pianto una magnolia, questa è sempre bella, anche se morirà, purché mi sia sforzato di fare la volontà di Dio. I rosai daranno sempre rose belle, anche se moriranno tutti... se io mi sono sforzato di fare la volontà di Dio, se non ho fatto il mio capriccio. Quello che abbiamo detto nelle meditazioni precedenti può essere riassunto così. Questa mattina non voglio permettermi distrazioni : leggiamo soltanto. L’introduzione l’ho fatta per mettervi in carreggiata. Vorrei che questa mattina leggessimo un paio di pagine e allora, per evitare che io abbia distrazioni, è preferibile che legga uno di voi.

ESEMPI volontà

di Dio

VIRTÙ

fede

CROCE fallimento

VOLONTÀ

di DIO

APOSTOLO missione

DOTI UMANE buona volontà

MI306,5 [13-05-1970]

5. «La maggiore libertà da una disciplina ferrea, quale era esercitata in altri tempi, si esige attualmente per rispettare la personalità di tutti in modo che ognuno faccia responsabilmente ciò che deve fare, non ciò che vuole fare; altrimenti si cade nel libertinismo religioso e apostolico, che è una forma molto elementare di egoismo e di immaturità umana».
Qui ci sarebbe da fare qualche distrazione, ma mi sono impegnato a tacere. «Con la vocazione alla Pia Società San Gaetano Dio mi partecipa un tipo chiaro e specifico di carisma (missione speciale per il bene della Chiesa): il carisma stesso del fondatore e di tutta la congregazione, come è emerso ed è stato definito dal Capitolo. Se mi sento investito da altri carismi che non quadrano con quelli della congregazione, il Regno di Dio ha posto per tutti: ci sono congregazioni per tutte le scelte. Ma quello che non potrà mai essere un carisma di Dio è la mancanza di spirito di sacrificio, tale da non farmi accogliere con umiltà e disponibilità l'obbedienza, sia pure nella scoperta insieme della volontà di Dio. Il fare quello che si vuole, a seconda delle voglie e degli umori che vanno e vengono, è fare ciò che piace e fuggire ciò che non piace. Come possono allora essere azioni di Cristo, quelle azioni che pregiudizialmente sono basate sul mio egoismo, e non sulla sua volontà, qualsiasi essa sia? Come possono definirsi carismi le mie velleità egoistiche, che mi fanno evadere dal mio dovere quotidiano, che mi rendono autosufficiente e autonomo di fronte a qualsiasi obbedienza, che mi dimostrano attaccato alle mie idee e vedute personali, superbo di fronte ai confratelli? Ciò che divide la fraternità, ciò che è fondato sull'egoismo e sulla superbia, non può mai dirsi carisma, non è autenticato dalle note autenticanti ogni tipo di carisma, le note della carità, come ce la descrive San Paolo: “La carità è paziente, la carità è benigna; non invidia, non si vanta, non si gonfia, non è indecorosa, non va in cerca del suo, non si adira, non pensa male, non gode dell'ingiustizia, ma si allieta della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,4-7). La carità è l'anima di tutte le virtù: ogni virtù per essere autentica deve riflettere le sue caratteristiche. Se la carità non si rivela in ogni situazione concreta in cui posso venirmi a trovare, non è presente in me, anche se continuo a parlare di essa ed appellarmi ad essa. L'apostolo consacrato unicamente alla gloria di Dio, di tanto in tanto con regolarità confronta il suo modo di vivere e di agire con le costituzioni, le delibere capitolari e si impegna con sempre rinnovato spirito di sacrificio nelle mansioni specifiche ricevute».

San Filippo Neri (1515-1595) possedeva il segreto della simpatia e dell’ottimismo come tutte le persone che si affidano alla provvidenza di Dio, e godeva di una forte carica di vivacità e di allegria. Fosse per una certa vicinanza di carattere era particolarmente amato da don Ottorino.

È la classica definizione in latino dell’arte di guidare le anime: “La direzione delle anime è l’arte delle arti”.

Il riferimento è alle giornate di ritiro e di preghiera che all’epoca si stavano organizzando nel villaggio San Gaetano di Bosco di Tretto (VI), chiamate con il nome di “deserto”.

Il cardinale Cesare Baronio apparteneva all’Oratorio fondato da San Filippo Neri, e nella Chiesa aveva raggiunto una fama universale per le sue spiccate qualità di storico e di scrittore.

MI306,6 [13-05-1970]

6 Due distrazioni, tanto per non dormire.
La prima è questa. Quando eravate più giovani vi raccontavo qualche episodio della vita di San Filippo Neri. San Filippo Neri era un grande direttore spirituale, era uno che sapeva prendere le anime e portarle alla santità, uno che conosceva l'“ars artium regimen animarum” . Questo è l'augurio che io faccio anche a voi, cioè che possiate un domani essere dei grandi direttori di anime. Sia i diaconi come i sacerdoti potrete essere direttori di anime. Direttori di anime vuol dire, in fondo, incontrarsi con uno e portarlo a Cristo; vuol dire incontrarsi con uno che è lontano da Cristo. e portarlo vicino a Cristo, o prendere uno che gira attorno al gruppo di Cristo e portarlo nell'intimità di Cristo. Un domani negli oratori, negli incontri parrocchiali, voi potrete trovare sempre un fratello che non conosce Cristo o che lo conosce poco, e allora la vostra missione sarà quella di dirigerlo. Direttore di anime deriva da dirigere, condurre, fare da guida alpina: voi dovrete essere delle vere guide alpine che conducono le anime verso il Signore. Naturalmente, per condurre all’intimità con Cristo dovete essere voi prima intimi di Cristo. Ecco la nostra preoccupazione: poter portarvi veramente attraverso questi incontri nel deserto, questi incontri con Dio, all'intimità di Cristo. Gli Apostoli facevano così: erano tanto amici di Gesù, tanto intimi con Gesù, e poi andavano e parlavano di Gesù. Ed era allora naturale per loro parlare di Gesù, condurre le anime a Gesù, perché erano intimi di Gesù. È quello che anche noi cercheremo di fare. San Filippo Neri aveva questa grande capacità: è la caratteristica dei santi, che sanno far santi. Il santo fa santi, porta gli altri alla santità. E anche San Filippo Neri, attraverso la direzione spirituale, aveva portato molti a una vita intima con Dio. Però era un santo un po' strano, sapeva usare mezzi insoliti. Per tenere umile il card. Baronio un giorno lo aveva mandato a comprare un quarto di litro di vino con una damigiana da cinquanta litri o forse con una botticella, con la richiesta di farla prima lavare. Entrato in un'osteria ha chiesto: “Per piacere, me la lavate?”. E l'oste: “Quanto vino mettiamo, nero o bianco dei Castelli?”. “Un quarto”, rispose il cardinale, dopo aver fatto lavare la damigiana: tanto lavoro per un quarto di vino! San Filippo era uno che sapeva far conservare l'umiltà, in una forma che adesso non reggerebbe più, ma che allora serviva. Un giorno mandò a chiamare il barone A, il marchese B, il monsignore C, il protonotario L, citandoli per le nove del mattino. Arrivò il primo in carrozza e chiese: “C'è padre Filippo? Mi ha fatto chiamare per le nove”. Poi arrivò un altro ed esclamò: “Anche lei, monsignore, anche lei? Ha invitato anche lei?”. Alla fine si trovarono riunite venti o trenta persone dicendo: “Ha chiamato me... ha chiamato me... ha chiamato me...”; ognuno credeva di essere il solo invitato. E quando li ha radunati tutti - mi pare di vedere San Filippo con la sua caratteristica ilarità - disse loro: “Sentite, cari amici: voi siete tanto amici miei, mi volete bene e so che se vi domando un piacere non mi dite di no. Io devo cambiare di casa. Che volete? Devo cambiare di casa. Perciò vi chiedo questo grande favore: poiché non ho disponibilità di denaro... - io penso che ognuno di quelli avrebbe pagato tutto di tasca propria piuttosto di mettersi a lavorare con le proprie mani! - ho pensato che è meglio che ci diamo una mano tutti insieme. Voi due, tu monsignore e tu commendatore, prendete questa scansia, tu prendi questo, tu prendi quello...”. Dice la sua biografia che da ultimo venne Filippo con la sua gattina in mano. Immaginate questa processione di nobili e di monsignori per le strade di Roma con tutte le masserizie di San Filippo e, ultimo a chiudere la processione, padre Filippo con la gattina in mano. Da principio la gente rideva, ma dopo, vedendo in coda padre Filippo, non rideva più: commentava che stava passando una processione di santi.

FORMAZIONE direzione spirituale

DIACONATO diacono

APOSTOLO ambasciatore di Dio

APOSTOLO missione

PASTORALE

GESÙ

conoscenza

APOSTOLO vita interiore

GESÙ

unione con...

GESÙ

amico

CONSACRAZIONE santità

SACERDOZIO prete

PREGHIERA deserto

PREGHIERA unione personale con Dio

VIRTÙ

umiltà

MI306,7 [13-05-1970]

7. È necessario che le nostre Comunità siano veramente così: non occorre che girino con la gattina in braccio, ma che siano composte di religiosi, che possono essere quattro, cinque o sei, che vivono completamente a disposizione di Dio. Il Filippo che deve essere presente nella nostra Comunità è Dio, e noi dobbiamo essere pronti anche ad andare in giro per le strade con la gattina in mano, se fosse necessario. Allora noi non seguiremo le contestazioni, le divisioni che sono di moda. Il pericolo enorme infatti è che da una Comunità di sei religiosi vengano fuori sei Comunità perché ognuno fa per conto proprio, con la scusa: “Io ho da fare, io ho da fare...”. E si trovano insieme appena per mangiare. In altre parole si potrebbe trasformare la nostra Comunità in un'osteria dove si va a mangiare, e qualche volta in una piccola trincea dove, come succede nelle osterie, vola qualche piatto sulla testa.
Bisogna che le nostre Comunità siano veramente come un santuario dove ci si trova insieme, anime completamente a disposizione di Dio, per cercare insieme la volontà di Dio. Il Signore che ci ha radunati, ci ha radunati insieme per una finalità ben precisa. Ed è per questo che ho voluto prendere la parola: non possiamo fare tante congregazioni quanti siamo noi. Neanche io, che sono stato preso dalle mani di Dio per iniziare questa Congregazione, posso fare una Congregazione come vorrei. Quante volte io devo dire quello che non mi piace, quante volte devo condurre la Congregazione per una strada che, umanamente parlando, io non seguirei! Non crediate che tutto quello che vi dico, lo dica perché mi piace: lo dico perché lo devo dire, lo dico perché Dio vuole questo. Lo dirò con entusiasmo, con gioia. Perché? Perché è volontà di Dio. Ma non crediate che lo dica perché mi piace. Non è quello che piace che noi dobbiamo cercare: è la volontà di Dio che dobbiamo cercare.

COMUNITÀ

DIO

CONSACRAZIONE disponibilità

COMUNITÀ

fraternità

VOLONTÀ

di DIO ricerca della...

CONGREGAZIONE missione

Il riferimento è a don Matteo Pinton, estensore delle note che don Ottorino sta commentando.

Don Ottorino è sempre originale e concreto nei suoi esempi, e non teme di usare i termini “oca” e “brodo” applicandoli al religioso e al clima comunitario.

Ancora una volta don Ottorino si rivolge direttamente a don Matteo Pinton, quasi per verificare se la sua interpretazione delle note corrisponde al senso del testo.

MI306,8 [13-05-1970]

8. La Congregazione ha una missione chiara, precisa, voluta dal Signore e non da me. E noi dobbiamo, tutti insieme, cercare di interpretare questa volontà di Dio. Perciò abbiamo un canale chiaro, preciso. Non possiamo dire a un dato momento: “Io desidererei questo... io desidererei quello...”. Dice bene l'autore di questo romanzetto : ci sono tante congregazioni nel mondo... sceglietene un'altra, e se non ci sono quelle che piacciono a voi, fatene un'altra. Ma voi non potete trascinare la Congregazione, la Pia Società San Gaetano, per una strada personale. Voi dovete, al contrario, mettere tutta la vostra personalità al servizio della Congregazione e della sua causa. Perciò non dovete soffocare la vostra personalità, ma metterla al servizio di questa causa, che è la causa di Dio, dando sempre maggiore splendore all'opera di Dio, non all'opera nostra, ma all'opera di Dio.
Se noi lavoriamo in una Comunità con questo spirito, allora si vedranno sempre cose nuove, si vedrà sempre un rifiorire nuovo, si vedrà qualcosa di particolare. Perché? Perché il Signore metterà persone con doti nuove, e perciò ci sarà sempre qualcosa di nuovo, e Dio si servirà di voi, dei vostri carismi per trasformare una parrocchia. Supponiamo, per esempio, che domani arrivi in una parrocchia, a Crotone, uno di voi: a un dato momento si deve sentire la sua presenza, non per una trasformazione dello spirito della Congregazione, ma per una realizzazione sempre migliore dello spirito della Congregazione. Guai se non si sentisse la presenza di uno di voi in una Comunità! Ognuno che arriva in una Comunità deve portare qualcosa di nuovo, uno spirito nuovo. Se io prendo una pentola d'acqua e vi butto dentro un'oca, l'acqua sale. Chiaro? Anche se vi buttate dentro un canarino l'acqua sale. E allora, scusate: se in una Comunità inserisco un'oca intera, perché non deve salire un pochino la Comunità? Perché non deve sentirsi un apporto nuovo? Anche il brodo deve diventare un po' più gustoso. Fratelli miei, insisto proprio su questo perché è facile, è facile diventare troppo uomini, cioè umanizzarsi. Io penso che il rimedio a questo sia proprio il deserto. In altre parole: quanto più noi viviamo nell'intimità di Dio, tanto più comprendiamo la missione nostra e della Congregazione e ci mettiamo umilmente a servizio della volontà del Signore. Non so se don Matteo sia pienamente d'accordo su questo. Guardate che non vivere questo, sarebbe un disastro per noi e per la Congregazione.

CONGREGAZIONE missione

CONSACRAZIONE disponibilità

DOTI UMANE personalità

VOLONTÀ

di DIO ricerca della...

COMUNITÀ

DOTI UMANE

ESEMPI personalità

PASTORALE parrocchia

San Giovanni Berchmans (1599-1621), giovane gesuita, si santificò vivendo integralmente le regole della vita religiosa.

L’esemplificazione di don Ottorino acquista particolare significato per il fatto che don Matteo Pinton era di gracile costituzione e si alimentava molto poco.

MI306,9 [13-05-1970]

9. Un ultimo pensiero e poi mi fermo anzi penso che valga la pena fermarsi subito. Avete scuola alle otto, mi pare... o no? Ah, no, il mercoledì no. Beh, state attenti: il pensiero è questo.
Qui si accennava alle delibere del Capitolo. Con dispiacere ho sentito che tante volte non si leggono le delibere, ma si buttano da una parte. Guardate che esse sono doni di Dio. Il Vangelo, le nostre Costituzioni, le delibere del Capitolo sono norme che devono stare insieme. San Giovanni Berchmans, morendo, ha lasciato come testamento che gli si mettessero in mano due cose: il crocifisso e le Costituzioni, cioè le regole della sua Famiglia religiosa. Per noi il canale che ci porta a Dio è questo: crocifisso, tabernacolo, Vangelo e, subito dopo, le nostre Costituzioni, le nostre delibere, le nostre regole, in altre parole lo spirito della Congregazione. Con questo non si vuol dire che ogni virgola sia sacrosanta, che dobbiamo inginocchiarci davanti a una virgola, ma che bisogna vivere lo spirito, l'anima della regola... fare per amore del Signore. Non si può dire: “Ah, questo per me non va, questo per me non va!”. Scusatemi tanto: la perfezione è fatta di piccole cose. Guardate che è ancora valida la famosa storia che si racconta di quella benedetta suora, che ha interrotto di scrivere una parola perché suonava la campanella, l'ha lasciata incompleta ed è corsa via dove la chiamava l’obbedienza, e ha poi trovato la parola terminata a caratteri d'oro. È ancora valida questa ascetica di saper dare le piccole cose al Signore. Offrire a una mamma un fiore, un piccolo dono, è ancora un gesto valido per esprimere l'amore. Tu, Vinicio, vai a casa e porti alla mamma qualcosa e le dici: “Mamma ho fatto questo per te, ho detto una corona per te, ho fatto dire una Messa per te”, lei rimane contenta perché la mamma è sensibile più alle piccole che alle grandi cose. A Dio dobbiamo dare anche le piccole cose. Se io dico, per esempio, a don Matteo: “Parti questa mattina e va’ in America, lascia tutto. Hai due ore di tempo per salutare a casa e, poi, parti per l'America”. E lui: pronto, compie un atto eroico. Ma può essere più eroico l'atto di sospendere un lavoro per fare la volontà di Dio, e andare a scuola nel momento giusto, senza un minuto di ritardo; può essere più eroico, quando suona la campanella al termine della lezione, sospendere la parola e dire: “Andiamo perché la volontà di Dio mi chiama: la scuola è finita”; può essere più eroico dire: “Debbo sforzarmi di mangiare e non ne ho voglia; ed io so che, se studio fino all'ultimo istante non mangio, e allora devo fare una corsa in cortile, prima, per mangiare”. Può essere più eroico quest'atto. Figlioli miei, io non sono mio, sono di Dio e, se sono di Dio, anche le piccole cose devo farle per amore di Dio. Non trascurate queste piccole cose. Voi rischiate di portare al Signore una cosa grande e poi... siete incapaci di offrirgli la piccola cosa a lui gradita.

CONGREGAZIONE Costituzioni

CONGREGAZIONE Capitolo

PAROLA DI DIO Vangelo

ESEMPI di santi

ESEMPI vari

CONGREGAZIONE spiritualità

EUCARISTIA tabernacolo

DIO amore a Dio

CONSACRAZIONE perfezione

CONSACRAZIONE obbedienza

VOLONTÀ

di DIO

VIRTÙ

eroismo

Nella tipografia dell’Istituto San Gaetano si stampavano i sussidi biblici che l’Associazione MIMEP di Pessano (MI) aveva ceduto alle edizioni ISG per offrire lavoro alla legatoria della Casa dell’Immacolata.

S. E. mons. Carlo Fanton, vescovo ausiliare e vicario generale di Vicenza, era molto amico della casa e a volte veniva invitato a cena.

Il riferimento è a Franco Faggian, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso liceale.

MI306,10 [13-05-1970]

10. Supponiamo che io vada in tipografia dove stampano il Vangelo e vedo il locale pieno di ragnatele, con sudiciume per terra e macchie d'inchiostro da una parte e dall’altra. Osservo subito:
“Fatemi un piacere! Va bene che stampate il Vangelo, ma non è un letamaio la tipografia”. Mi rispondono: “Che cosa vuole che sia: bisogna lavorare!”. Sì, certo, ma... quanto ci vuole per tenere un po' di ordine, un po' di pulizia, presentare l'ambiente un po' decorosamente? Ecco, corriamo il rischio di stampare libri grossi e, dopo, di presentarli in una forma che non piace al Signore. Per cui preferirei che mi stampassero un libro in meno e tenessero decorosamente la tipografia. Meglio l'una e l'altra cosa, però piuttosto di un libro in più, meglio un libro in meno, ma in modo che sia presentabile a Dio e agli uomini. Tante volte noi stampiamo un libro in più e siamo impresentabili: impresentabili a Dio. Perché? Per le piccole imperfezioni, magari per qualche piccolo peccatuccio veniale, o per imperfezioni che tante volte non sono neanche peccati veniali. Guardate che a Dio piacciono anche quelle piccole attenzioni, vorrei dire anzi che Dio vuole quelle piccole cose. Voi potete dire: “Che vuoi che sia? Quando ti presento da mangiare bene, anche se non c'è la tovaglia sopra la tavola, anche se la tovaglia è consunta...”. No, quando viene una persona di riguardo, vi preoccupate di cambiare la tovaglia e di mettervi dei fiori sopra. “Ma non è quella la sostanza!”. Lo so che non è la sostanza, ma per il rispetto alla persona che viene tu presenti anche una tovaglia pulita e vi metti i fiori sopra. Per amore di Dio, se tu capisci chi è Dio, chi è Gesù e che cosa desidera Gesù, tu vai in cerca anche delle piccole attenzioni. Se io so che oggi viene a pranzo da noi mons. Fanton , e so che a mons. Fanton piacciono i garofani perché è innamorato dei garofani dico: “Zeno, prendiamo tre garofani e mettiamoglieli davanti, perché so che gli piacciono, so che gli piacciono”. Mi sembra già di vedere mons. Fanton che esclama: “Che belli! Ma dove li avete scovati? Ma guarda che belli!”. “Eh, monsignore...”. “Ma sapete che sono il mio debole?”. Il Signore ha il debole per le piccole cose. Sì, sì, sì, Franco : il Signore ha proprio il debole per le piccole cose, e lui desidera trovare le piccole cose sulla tavola dove noi lo invitiamo tutti i giorni. E queste piccole cose, per noi, sono quelle segnate appunto dal nostro regolamento, sono segnate dai binari della vita religiosa che noi abbiamo abbracciato: sono cose che il Signore ci ha detto, e noi dobbiamo rispettarle. Concludiamo allora questa mattina mettendoci sempre più a disposizione di Dio, e impegnandoci questa settimana in modo particolare anche nelle piccole cose.

FORMAZIONE educazione

APOSTOLO uomo

ESEMPI amore a DIO

CONSACRAZIONE vita religiosa

CONSACRAZIONE disponibilità