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LA CONSACRAZIONE TOTALE A DIO E ALLA CONGREGAZIONE

MI326 [28-10-1970]

28 ottobre 1970

MI326,1 [28-10-1970]

1. Riprendiamo...
C'è qualcuno che ride sotto i baffi. Non è vero, Giuseppe? Il problema è che cominciamo a diventare vecchi, caro Gianni. Quando sono andato da Soprana a prenderli, Adolfo mi ha detto: “Io penso che era anche l'ora. Sono tanti anni che l'aspettavo”. State attenti perché c’è qualcuno che vende occhiali e aspetta anche voi. Vi siete messi a ridere perché ho messo gli occhiali. Soprana mi ha detto: “Sono tanti anni che lo aspettavo perché si mettesse gli occhiali”. Quindi c'è qualcuno che vende occhiali e aspetta anche voi. Sai, Gianni? Aspetta che te. Continuiamo con questo libro del Dagnino che abbiamo presentato una o due settimane fa. Abbiamo cominciato con il primo capitolo a considerare i rapporti tra verginità e Spirito Santo. Abbiamo letto un pensiero della prima lettera di San Paolo ai Corinti e ci siamo fermati lì. Ci siamo rotte le gambe... Comunque adesso cominciamo il capitolo.

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2. «La verginità è un dono dello Spirito Santo».
Prima di andare avanti vorrei sottolineare questo: la verginità è un dono che viene fatto a noi, è un dono, e non un dono che noi facciamo al Signore. Supponiamo adesso che Marco stia lavorando, e io lo chiamassi per fare un giretto in America: “Vorresti venire con me in America?”, e lui mi rispondesse: “Beh, insomma; le faccio questo piacere”. Sì, è vero, per me è un piacere, una gioia avere Marco che mi tiene su il morale per strada, però è un dono che io faccio a Marco invitandolo con me in America. Così la chiamata di Dio a consacrare la nostra vita nella verginità, cioè a donarla totalmente al Signore e alla sua causa, è un dono, è un privilegio che il Signore ci fa. Quanto meschino sarebbe un viaggio con Marco in America se per strada continuasse a dire: “Adesso ci sarebbe la partita di calcio, oggi a questa ora ci sarebbe la partita di calcio, e noi invece siamo qui in aereo! Ora ci troviamo qua con la jeep in mezzo ai boschi, insieme con padre Vittorio e monsignor Di Stefano, e nei boschi siamo fra gli orsi, mentre potremmo essere a Bosco! Guarda... Guarda... Guarda”. Insomma, a un dato momento, io lo spedirei a casa o per pacco postale o per pacco bestiame. Capite che prima di partire gli ho chiesto se veniva o non veniva volentieri, e se mi ha risposto affermativamente dopo non può farmi pesare la sua presenza per tutto il tempo del viaggio. Altrimenti verrebbe il desiderio di fare come fece San Paolo con Marco : accompagnarlo a casa da sua mamma e lasciarlo là, mandarlo a Grossa perché rimanga con la mamma e con il papà a cantare le glorie di Grossa, anche se posso capire che a un dato momento, quando durante il viaggio fa molto caldo, ricordi la fontana di Bosco. Anch'io, quando sono stato in America, non è vero, don Girolamo, ho detto più di una volta: “Se ci fosse qui la fontana di Bosco!”, ma lo dicevamo con una espressione di nostalgia, senza rimpiangere di aver viaggiato e di trovarci in quel momento in America. Quante volte dicevamo: “Che bellezza se fossimo in questo momento seduti su una sedia a sdraio, con una scodella di acqua fresca, una brocca di acqua, solamente acqua, Signore!”. Non desideravamo vino Frascati, ma acqua. Ma lo dicevo non perché fossi pentito di essere andato a visitare i fratelli, quasi per rinfacciare loro che ci dovevamo sacrificare. Scherziamo? Neanche lontanamente pensavamo a questo, non è vero, don Girolamo, perché siamo andati volentieri, pieni di gioia. È facile che ci offriamo al Signore e poi, sentendo il peso, le difficoltà inerenti alla vita consacrata, ripetiamo quello che qualche mamma disgraziatamente a volte dice: “Maledetto il giorno in cui mi sono sposata! Se fosse ora, andrei suora”. Questa è una bestemmia vera e propria: “Se fosse ora, andrei suora”, come se andando suora non avrebbe incontrato la croce e la salita. A un dato momento, perdendo la testa, una mamma può anche dire questa bestemmia: “Maledetta quella volta che ho preso la croce sulle spalle!”. Ma noi religiosi non possiamo dire questo, né per le cipolle di Egitto che abbiamo abbandonato, né perché troviamo sul nostro cammino chi ci intralcia la strada.

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3. Stamattina abbiamo celebrato, mi pare, la Messa dei Santi Simone e Giuda; non so se anche voi abbiate celebrato la stessa Messa. Non bisogna che ci dimentichiamo che gli Apostoli sono stati chiamati dal Signore e lo hanno seguito fino alla morte. Una grazia grande data dal Signore richiede una corrispondenza grande, e se non si corrisponde è pericoloso. Basta considerare il caso di Giuda, che si è perso. Infatti cadere da una panca non è pericoloso, ma al cadere dal tetto di una casa si riceve un colpo più duro. Quando il Signore ci chiama, ci chiama in alto, per cui una caduta è molto più dolorosa che cadere da uno sgabello: se uno cade da uno sgabelletto non si fa male e suscita le risa di chi è vicino; ma se questo sgabello è sopra la casa e si cade dal tetto, quelli che sono sotto piangono... specialmente se si cade sulla loro testa. Il fatto che il Signore ci dia una vocazione, ci chiami in alto, quanto più in alto noi siamo chiamati da Dio, tanto è più pericoloso dire: “Adesso scendo”.
Portiamo un esempio molto semplice. Supponiamo che Tarcisio si trovi per strada con un carro trainato da un paio di mucche, e don Giuseppe gli dica: “Tarcisio, mi dai un passaggio?”, Tarcisio risponde: “Va bene, salta sul carro”. Dopo giunge Dario che chiede: “Mi dai un passaggio?”, e anche a lui risponde: “Salta su”. Infine anche don Zeno chiede un passaggio. A un dato momento il carro è pieno di tutti coloro che erano lì attorno. Arrivati all'altezza della chiesa di Saviabona o dell'Ausiliatrice don Giuseppe deve andare a celebrare la Messa: fa un salto e scende... non occorre che fermi il carro perché salta giù ugualmente. Dopo un po’ incontrano un altro per strada che chiede: “Beh, mi date un passaggio?”, e alla risposta: “Sì, salta su!”, questi salta sul carro senza fermarlo. Sono quei passaggi che si facevano una volta quando le macchine avevano questa velocità. Supponiamo che don Giuseppe chieda un passaggio al nostro caro assistente Mario che ora ha una fuoriserie, e a un dato momento passi per il suo paese e dica: “Salta giù!”, è necessario fermare l’auto perché non si può scendere dall’auto in corsa. Mentre prima non era necessario fermare il carro perché non andava veloce, adesso per saltare giù dall’auto bisogna fermarlo, e così pure per farvi salire una persona. Se poi don Giuseppe viaggiasse in aereo, e stesse volando verso Roma, quando arriva sopra Firenze supponendo che debba passare sopra Firenze, non potrebbe dire: “Beh, aspettate un momento che salto giù”, e aprisse il finestrino, saltasse giù e andasse a trovare don Pietro. Non si può. Se si va con le mucche si può fare questo, ma in aereo no, perché quanto più è veloce il mezzo di trasporto, tanto più è pericoloso e pazzesco saltar giù.

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4. La velocità che prende un'anima consacrata è quella di un aereo: siamo staccati dalla terra e non possiamo saltare nella vita della gente comune. Non so se sbaglio. Noi ci siamo offerti al Signore. C'è un periodo di tempo per pensarci sopra: il noviziato; c'è un ulteriore periodo di tempo per rifletterci ulteriormente: i voti temporanei. La Chiesa stessa invita ad essere prudenti. Ma preso un impegno è un impegno serio, e dobbiamo essere uomini di parola, coerenti fino in fondo. Guardate che non si scherza, guardate che per noi c'è o santità o Inferno perché possono andare all'Inferno anche i preti. E si può andare all'Inferno senza far peccati impuri... si può andare all'Inferno con i peccati di omissione. Non c'è da scherzare a questo proposito. Anche noi consacrati abbiamo una fedeltà matrimoniale da osservare. Non è permesso dire a un dato momento: “Ah, io sono stanco! Non mi piace più, è pesante... Non mi piace più!”. La mamma, la vostra mamma, la mamma di don Matteo, per esempio, non può ad un certo momento dire: “Sono stanca! Non mi piace più!”, e abbandonare Giovanni, abbandonare Matteo, Marco, Luca. Con chi andrebbe? Con San Simone e Giuda. È una cosa inimmaginabile dire:”Non mi piace più!”. Potete pensare che Gesù Cristo, venuto dal cielo, venuto in mezzo agli uomini, un bel giorno avesse detto: “Ah, non mi piace più! Torno indietro e vado a giocare le carte con il Padre e lo Spirito Santo e San Giuseppe”. Ve lo dico perché mi pare che con troppa leggerezza adesso c'è gente sposata che va avanti e a un dato momento dice: “Basta, sono stanca! Divorzio”. Attenti, e per mettere le cose in chiaro vi ricordo che lo Stato non ha approvato il divorzio dei consacrati. Mario , tu che vivi a Roma, hai sentito che ci sia questo? Lo Stato non ha approvato il divorzio dei consacrati. E anche se qualche consacrato può ottenere la dispensa o da Roma o da Vicenza o da qualche altra parte, è sempre un atto di vigliaccheria, è sempre un atto che mette il Signore in condizione di non concedere più grazie straordinarie.
Se Marco, ritornando all’esempio di prima, cominciasse a fare il pagliaccio per strada, io lo rispedisco a casa. Arrivato a Rio de Janeiro gli direi: “Beh, senti, caro...”, e con una nave mercantile per il bestiame, non certamente in aereo, tornerebbe indietro. Se poi dovessi partire un'altra volta per l'America e lui mi dicesse: “Vengo anch’io!”, gli risponderei: “Marco! Taci e va’ a nasconderti nella stalla dei maiali e taci sempre!”. È giusto? È chiaro che non lo chiamerei più per grandi imprese. Neppure lo eliminerei, ma certamente non lo chiamerei per grandi imprese. Se, ad esempio, dovessi mandare uno per fare il segretario del Papa, non scelgo Marco: si è mostrato poco generoso, incapace di sopportare anche le più piccole difficoltà. Se si ammalasse, per carità, meriterebbe ogni attenzione. Ma quando manca la volontà, manca lo spirito di sacrificio, non c'è niente da fare, non è fatto per noi.

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5. Vi dico questo perché chi ha i voti temporanei deve pensarci con attenzione, perché quando vi siete consacrati dovete cercare di vivere da consacrati, e anche, vorrei dire, da uomini. Quando un uomo ha dato una parola è fedele a quell’impegno, quando un uomo è sposato è sposato. Ha sbagliato? Pazienza! Ora questa è sua moglie e deve amarla, perché è la creatura con la quale deve andare in Paradiso. Mi sono offerto alla Congregazione? A un dato momento non posso più dire: “Io non capisco più la Congregazione, non sono d'accordo...”. Qualcuno per il passato, o meglio nei secoli passati, certamente non ora, parlando con i superiori della Congregazione ha detto: “Io non sono d'accordo sulle finalità della Congregazione”. Chi gli ha detto di sposarla? Prima di sposarla doveva pensarci sopra. “Non sono d'accordo che nella Congregazione ci siano diaconi e non diaconi. Le finalità della Congregazione? Non le vedo chiaramente e non capisco perché nella Congregazione ci devono essere i diaconi”. Scusatemi, ma questo modo di ragionare merita il ricovero a San Felice. Mario, ti sembra giusto o è sbagliato? Eppure in tasca ho una lettera nella quale un confratello afferma così. Non sono ammissibili queste cose. Scusate, come minimo a uno si dà l'etichetta di ignorante. Non ci sono le Costituzioni? Non abbiamo le delibere del Capitolo? Non è chiaro? La ragazza che un giovane ha sposato non l'ha ricevuta per procura: l'ha guardata, l'ha vista. Allo stesso modo prima di entrare in Congregazione è possibile domandare spiegazioni, si può visitare, è ancora vivo colui che l'ha incominciata, è naturale parlare tante volte insieme, si può discutere e trattare in compagnia per far presenti i propri dubbi e le proprie perplessità.

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6. I confratelli del quinto anno di teologia mi permettano di ripetere l' esempio che abbiamo portato lassù a Bosco. Abbiamo detto che c'è una “schola cantorum”, e di questo voi ve ne intendete molto, che deve cantare a varie voci: alcuni cantano come bassi, altri come tenori, soprani, contralti, eccetera, eccetera. Beh! C'è un gruppetto già affiatato. Si presenta, supponiamo, don Alberto Baron e dice:
“Vorrei venire anch'io a cantare con voi”. “Va bene. In che posto?”. “Ho la voce da tenore; io canterei come tenore”. “Beh, prova, prova”. Facciamo le prove e conclude: “Sì, sì! Mi piace cantare come tenore”. Accetta, fa le prove, deve cantare come tenore, e si mette a cantare da basso. “Eh, no, ah! Hai chiesto tu di venire a cantare, hai chiesto tu di venire a cantare da tenore, va bene; ora canta da tenore”. “Ma voglio cantare da basso”. “Va bene, ma allora passa con il gruppetto dei bassi. Se sei con il gruppo dei tenori devi cantare da tenore, non da basso!”. È sbagliato? Se vuoi cantare da basso o contralto, passa col gruppo corrispondente perché possiamo cantare lo stesso cantico. A un dato momento la Congregazione è un gruppo chiamato da Dio per cantare la stessa armonia degli altri, perché stiamo cantando per la Chiesa, con la Chiesa, però si deve cantare con una certa voce. E se uno viene da fuori, non può inventarla lui questa voce, perché è stabilita dalla partitura. Viene un sacerdote da fuori, da Padova, per esempio don Zeno? Supponiamo che sia don Elio, e allora gli si dice chiaramente: “Ecco, questa è la musica che si canta nella Pia Società San Gaetano”. Stabilita la cosa essenziale, si può discutere fin che si vuole sul posto dove devono collocarsi i cantori: se devono stare su una gradinata o no, se devono avere un foglio grande, se devono indossare un vestito da bambino o da bambina, se devono stare con il bavaglino o senza bavaglino, se devono prendere una pillola prima di cantare o no, se devono bere una scodella di vino o no, se si deve cantare di mattina o di sera. Su tutto questo si può discutere liberamente, ma non sulla musica e sul canto, che non si può assolutamente toccare. È permesso modificare tutto, anche la sala se non risponde bene, ma la musica no. Mi dispiace, ma neppure io che ho cominciato la Congregazione posso modificarla. Presentata alla Santa Madre Chiesa, io l'ho ricevuta firmata. Quella è entrata nell'armonia e non si può cambiare perché sarebbe una stonatura in tutta la Chiesa, cioè un sacerdozio, un diaconato, un servizio fatto cervelloticamente. Non possiamo quindi cambiare perché corriamo il rischio di stonare. Neppure io lo posso fare, e se lo faccio dovreste cacciarmi via. È sbagliato? Mi guardate con stupore. C'è qualcuno che non è d'accordo? Alzi la mano. O che desidera qualche spiegazione in proposito? Mario? Vinicio? Mi guardate: siete spaventati o siete addormentati? Scegliete voi. Tarcisio... Siete d'accordo su questo? E allora andiamo avanti. Abitualmente quando uno ha scelto dice: “Io vengo perché ho sentito cantare, ho ascoltato le prove di canto, e mi pare che quella sia la nota giusta”. Infatti tutti dobbiamo cantare in cattedrale, nella grande cattedrale di Dio, nella chiesa di Dio, e allora passando sente cantare, sente i bassi, sente i soprani e dice: “Questa è la musica! Qui canto io; mi pare che sia la musica che va bene”. Entra, fa le prove, ripete le prove, si unisce al coro per cantare, e a un dato momento prende il titolo di cavaliere, cioè fa i voti perpetui e si offre interamente. Se arrivato a questo momento nasce un pensiero di dubbio: “Che sia stato chiamato? Che non sia stato chiamato? Che sia, che non sia?”, questo deve essere cacciato come un pensiero impuro perché si è accettato il matrimonio con il Signore. Qualcuno potrebbe obiettare che è duro. Certamente costa. Ma anche per l’uomo sposato, a cui si ammala la moglie, a cui si ammala il figlio, a cui esce un figlio disgraziato, costa la fedeltà al sì pronunciato con il matrimonio.

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7. Dovete mettere in preventivo che la nostra vita è un servizio. E quando si deve fare un servizio, una volta si va con il camion, una volta si va in aereo, una volta si va a piedi, una volta si va in corriera, ma il servizio deve essere fatto. Non abbiamo qui il regno eterno, non abbiamo qui la ricompensa: siamo a servizio. Ed è naturale sudare e stancarsi, anche se talvolta il Signore può offrire una tazzina di caffè o un bicchiere di vino per prendere coraggio. Bisogna mettere in preventivo che è una missione la nostra, è una missione che costa fatica; non è una soddisfazione. Per cui, a un dato momento, quando la vita si fa pesante sorge la tentazione di dire: “Ahh! Io forse ho sbagliato; dovevo prendermi una ragazza e formarmi una famiglia. Eh, vedo che sono fatto per la famiglia!”. Nel momento in cui si sente la fatica appare l'idea di stare a letto con una ragazza e di godersela... È logico che questa è più attraente! Anche per un uomo sposato, quando si trova con una moglie ammalata, potrebbe dire: “Ahh! Quanto meglio è andare con la mia segretaria!”. Bisogna però che ammettiamo che questa è un comportamento indegno. Mario, tu che te ne intendi del mondo, è così o no fuori nel mondo? Quando si sente il peso del dovere si cerca il piacere, perché è logico. Scusatemi, ma credo di non parlare a bambini.
Quando si presentano le tentazioni peggiori? Quando ci sono i momenti di tristezza, quando uno sente la tristezza, il peso, la fatica. Io, analizzando un po' le cadute che si fanno, anche in base all’esperienza di tanti anni di confessioni, posso affermare che la maggioranza delle cadute delle anime avvengono nei momenti di tristezza. In quei momenti si presenta il demonio e dice: “Se ti inginocchi davanti a me, ti do tutto il mondo”. Nel momento, ad esempio, in cui un ragazzo a scuola viene bocciato, ovvero fa il suo dovere e viene trattato male, ovvero riceve un'ingiustizia, un'umiliazione, in quel momento la nostra superbia si fa sentire in forma più forte delle altre volte perché si presenta il demonio. Se il demonio si è presentato a Gesù Cristo credo che possa presentarsi anche a noi, e dice: “Tu vedi che il Signore ti ha tradito. Che cosa guadagni con lui? Vieni con me, caro, e io ti darò questo”. Abitualmente l’avversario si presenta ad offrire soddisfazione a chi crede di non avere ricevuto soddisfazione nel servizio del Signore. Chiaro? Quando uno non riceve, anche nel campo politico, quando uno viene un po' deluso, deluso perché credeva di venire eletto deputato e non è riuscito perché i suoi l’hanno messo da parte, state sicuri che i comunisti si affacciano vicino a lui in una forma blanda: “Se vieni con noi, ti assicuriamo un seggio in parlamento; vieni con noi, vieni con noi”. È la solita storia che sempre si ripete.

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8. Prima di cominciare la meditazione volevo mettere un preambolo anche questa volta: guardate che non si può scherzare con Dio. Stiamo giocando la vita eterna, ma non solo la nostra vita eterna, ma la vita eterna di tutte quelle anime che Dio ha affidato al nostro servizio sacerdotale o diaconale, di tutte quelle anime che Dio aspetta salve attraverso il nostro ministero. Io vorrei insistere ancora: prendete coscienza che dobbiamo rendere conto a Dio dei peccati di omissione.
Ieri sera si è fermato brevemente con me il parroco di Sovizzo, e mi diceva: “Per me è una grazia. Ho tanto pregato per chiedere al Signore che cosa dovevo fare nella parrocchia. I due sacerdoti e il futuro diacono che vengono in parrocchia ad aiutare sono per me una grazia che lei non può immaginare. Sempre mi domandavo che cosa fare per i giovani, e adesso vedo che i giovani vengono in chiesa, e leggono l'epistola, svolgono il ruolo di lettori, fanno servizio all'altare. Al vedere questo movimento giovanile e tutto il risveglio in parrocchia non so come fare per ringraziarvi; don Ottorino, non so veramente come fare per ringraziare la Congregazione per il bene che viene fatto”. Fratelli, supponiamo che questi confratelli non avessero accolto la voce dello Spirito Santo e fossero stati un po' addormentati e non avessero fatto questo servizio: loro potevano anche dormire sugli allori e dire che tutto andava bene, però questo bene non sarebbe stato fatto. Non fate ora un peccato di superbia per il bene che, ringraziando Dio, state facendo; pensate a quanto altro bene si potrebbe fare mentre invece si preferisce andare a cena da una parte o leggere qualche libro o restare a poltrire. Questo lo dico per don Ottorino Zanon, non per voi. Se poi volete far tesoro della riflessione serve anche per voi, ma intanto la dico per me. Nella vita apostolica noi dovremo rispondere anche dei peccati di omissione. Un operaio che va in officina la può danneggiare in due modi: anzitutto spaccando le macchine e poi non lavorando, perché uno che non lavora può danneggiare tutta l'officina. Supponiamo che, in una fabbrica dove si fa il lavoro a catena, uno non ponga un bullone ad un’auto: tutte le macchine escono senza quel bullone. È chiaro? Se questo è lo spazzolino dello spinterogeno, tutte le auto escono senza lo spazzolino dello spinterogeno e nessuna può correre per causa di un operaio. È inutile che la FIAT costruisca 50 o 100 o 200 macchine al giorno; sono 100 o 200 macchine al giorno che non vanno perché un operaio non ha lavorato bene: non perché abbia danneggiato qualcosa, ma perché è stato là con le braccia conserte. Anche noi lavoriamo in équipe, lavoriamo insieme, siamo una grande famiglia; e Dio ha stabilito che ognuno di noi deve mettere il suo pizzico di Spirito Santo. E se manca quello, forse tutta la parrocchia non si muove, tutta la Comunità non si muove, perché quell'uno non ha messo se stesso. Sono verità di cui bisogna avere paura, cari! Ora leggo solamente, perché abbiamo ancora quattro minuti a disposizione, e la settimana prossima commenteremo queste parole. Ma dopo quello che ho detto forse ci possono suggerire qualcosa.

MI326,9 [28-10-1970]

9. «Tocchiamo la prima dimensione. L'idea che dovremmo approfondire si può sintetizzare così: in tanto il vergine è tale in quanto “prima che il mondo fosse” , quando era ancora chiuso nel seno materno, lo Spirito lo aveva “scelto”, “segregato”, “chiamato per nome e per cognome” , con un atto del suo amore preveniente, gratuito, creativo, affidandogli un piano del tutto “diverso”, pensando per lui un sistema di vita del tutto eccezionale».
Ricordate il film su San Pio X, nel quale si vede un bambino che sta giocando e viene chiamato: “Giuseppe!”? Lo avete presente? Non lo hai mai visto, don Giuseppe? Hai perso metà della tua vita. C'è un film su San Pio X dove si vede il ragazzino a Riese, un po' grassottello, mentre sta giocando con i compagni; tutti gridano e lo chiamano: “Giuseppe, vieni qui!”. Se avessero potuto sapere che quel ragazzino sarebbe diventato Papa! Eppure ci sono dei ragazzini in giro per il mondo che stanno giocando, che potrebbero chiamarsi Matteo o Girolamo o Giuseppe, e forse questi un domani saranno Papi perché Dio li ha già prescelti. Ricordatevi bene che ci sono quelli che saranno Papi, ma ci sono quelli anche che saranno cardinali di Stato, o che saranno come il Santo Curato d'Ars che non è meno di un Papa. Questi siamo noi, fratelli, che siamo stati “prescelti da Dio” ancora nel seno materno. Quando il piccolo Matteo, che era piccolo quando è nato perché è piccolo anche adesso, era bambino, sua mamma avrà detto: “Chissà che il Signore lo faccia diventare un prete!”. Chissà quante benedizioni! Ma già portava il sigillo di Dio che lo aveva scelto. Dopo, per arrivare alla meta è stata necessaria tutta la corrispondenza da parte sua, perché sempre si deve mettere insieme acqua, sabbia e cemento: una parte la fa Dio, una parte la fa l'uomo, perché ci vuole la corrispondenza da parte dell'uomo. Ma Dio già fin d’allora l'aveva scelto per rovinare quelli di prima teologia in seminario, fin d'allora l'aveva scelto per diventare la prima donna nel cinema di San Gaetano, fin d'allora l'aveva scelto per andare a lavorare a Sovizzo. Ma corrisponde a lui ora mettersi a disposizione di Dio per andare a finire dove Dio lo vuole condurre, e per portare in quel posto tutto quello che Dio vuole che attraverso di lui sia portato. Ma lui è stato scelto fin dall'eternità, è stato scelto nella culla. Amici miei, bisogna che capiate questa elezione da parte di Dio “Non voi mi avete scelto, ma io ho scelto voi”. Non possiamo ridurre la vocazione a una scelta umana, a una scelta di capriccio, a una scelta di piacere, a una scelta di preferenza, come se uno dicesse: “Mi piace, mi piace...”. No, è una realtà troppo grande, è una realtà soprannaturale, è una scelta divina, è una accettazione di un piano divino. Solo in questo modo avremo gli uomini che trasformano il mondo; altrimenti avremo dei poveri uomini, dei poveri funzionari statali, degli ispettori del ministero. Troppo poco... Troppo poco... Funzionari in Italia e nel mondo ce ne sono anche troppi. Sia lodato Gesù Cristo!