Meditazioni italiano > 1970 > LA CHIAMATA ALLA VITA CONSACRATA È UN DONO GRATUITO DI DIO

LA CHIAMATA ALLA VITA CONSACRATA È UN DONO GRATUITO DI DIO

MI327 [30-10-1970]

30 ottobre 1970

Don Ottorino intende dire che in quel periodo si era pregato molto per chiedere al Signore qualche intervento economico per le particolari necessità che si stava attraversando.

Don Giovanni Calabria, al quale don Ottorino aveva chiesto consiglio prima di iniziare l’Opera e al quale si era ispirato, vedeva la provvidenza di Dio incarnata nelle persone che ne erano strumento concreto e visibile.

Do Zeno Daniele era all’epoca il responsabile dell’amministrazione delle Edizioni ISG e collaborava da vicino con don Ottorino nell’amministrazione generale della Congregazione.

Il signor Adone Maltauro stava collaborando con consistenti aiuti per la creazione del centro apostolico di Estanzuela in Guatemala, ma allo stesso tempo era sensibile per ogni necessità della Congregazione, come l’iniziativa del centro audiovisivi che nel testo registrato don Ottorino chiama “cinecittà”.

Monsignor Giuseppe Sette, all’epoca arciprete della parrocchia di San Clemente di Valdagno (VI), era legato a don Ottorino da sentimenti di profonda amicizia essendo originario dello stesso paese di Quinto (VI) ed avendo accompagnato da vicino il sorgere dell’opera mentre era insegnante nel seminario diocesano.

Il riferimento è al capolavoro I promessi sposi, libro molto caro a don Ottorino, dove il Manzoni mette in risalto in modo meraviglioso la presenza della provvidenza divina anche nelle situazioni più complicate.

Don Ottorino riporta a senso le esortazioni di Gesù ai settantadue discepoli di Lc 10,1-24, e l’invito stupendo all’abbandono alla provvidenza di Lc 12,22-32.

MI327,1 [30-10-1970]

1. Prima di iniziare la meditazione vorrei dire una cosa.
In questi giorni siete stati tutti impegnati a pregare per la provvidenza. In altra circostanza vi dicevo anche che bisogna sforzarsi di ringraziare il Signore, che non si deve vedere gli interventi della provvidenza e dire: “Ah! Che meraviglia!”, mangiando magari le caramelle che ha mandato la provvidenza senza dir grazie a quella mano paterna di Dio, che si è servita forse di cravatta e cappello, come diceva don Calabria, per arrivare fino a noi. Ho visto che vi siete impegnati sia come gruppo sia come individui, e ho sentito anche, nelle vostre conversazioni, che qualcuno ha fatto qualcosa di straordinario per ottenere questo aiuto di Dio. Ebbene, vi comunico allora qualche piccolo segno arrivato in questi giorni nei quali ci sono state scadenze di pagamento da fare, come don Zeno e i suoi collaboratori in amministrazione sanno bene. Un giorno, per pagare un assegno che era stato già emesso, si sono fatti in quattro per trovare i soldi, e don Zeno è andato da Adone Maltauro per chiedere i tre milioni che ci aveva promesso per il centro audiovisivi, perché gli ho detto: “Beh, intanto fatti dare quelli; poi il Signore provvederà in qualche modo”. Il giorno dopo, - don Zeno è andato a prendere i soldi martedì sera - mi è arrivata una telefonata da monsignor Sette di Valdagno comunicando che una persona mette a disposizione dell'Istituto tre milioni, che mi saranno consegnati fra sei o sette giorni. Contemporaneamente mi è giunta un'altra telefonata da Milano comunicando che l'attrezzatura per il centro audiovisivi arriverà certamente entro i primi giorni della settimana ventura lasciando passare quindi proprio i sette o otto giorni che ci occorrevano. Voi direte che questi sono casi, ma il Manzoni dice: “Sono casi che non sono casi”. A un dato momento dobbiamo sentire che il Signore è con noi e in mezzo a noi, anche perché questi casi, mi pare, stanno ripetendosi da trent'anni nella nostra Famiglia. Qualche volta vi ho chiesto: “Vi è mai mancato niente?”. Lo ha detto anche il Signore ai suoi Apostoli: “Quando siete andati in giro a predicare vi è mai mancato niente?”. Le nostre buone mamme direbbero: “Sei mai morto di fame?”. Avete mai sentito dire questa frase: “Sei mai morto di fame? E allora coraggio, avanti! Vedrai che non muori di fame! Il Signore non ti abbandona”? Io vi ripeto la stessa cosa: non moriremo di fame, non moriremo per il freddo o per la mancanza di qualcosa, e neanche andremo a finire in galera perché non paghiamo i debiti, se confideremo nel Signore, se cercheremo prima di tutto la gloria del Signore, se pregheremo il Signore. Per cui adesso raccomando vivamente: continuiamo a pregare perché il Signore rischiari un po' la situazione nella quale ci troviamo; ma state attenti, impariamo a ringraziare il Signore e a vederlo anche nelle piccole cose, fosse anche nel dono di una cesta di mele.

PROVVIDENZA

DIO riconoscenza a...

PROVVIDENZA episodi di...

CONGREGAZIONE storia

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

VIRTÙ

fiducia

Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di A. DAGNINO, Il cantico della fede e dell’inevidenza o della stoltezza e della follia, Edizioni Paoline, Alba 1970. Le citazioni prese dalle pagine 24-26, vengono riportate in corsivo senza ulteriori richiami.

Il libro del Dagnino indica in nota la citazione evangelica: Mt 19,11-12.

Nel testo registrato don Ottorino scherzosamente aggiunge: “Come voi ben sapete, non è vero?”.

La nota del libro del Dagnino indica la citazione evangelica: Mc 3,13-14.

Il libro del Dagnino indica in nota la citazione biblica: Gv 15,16.

La citazione paolina, indicata in nota dal Dagnino, è Gal 1,15.

Il riferimento è forse a Franco Faggian, che all’epoca stava frequentando l’istituto magistrale.

MI327,2 [30-10-1970]

2. Continuiamo ora la nostra meditazione sui rapporti fra verginità e Spirito Santo. La prima riflessione l'abbiamo fatta sulla frase di San Paolo tratta dalla prima lettera ai Corinti e riportata all’inizio del capitolo; la seconda sulle prime righe, cioè sul titolo «La verginità è un dono dello Spirito Santo» e sul primo capoverso. Adesso, continuando alla lettera “a”, intitolata «Documentazione della Bibbia», cioè cerchiamo nella Bibbia una documentazione che ci dica che effettivamente la verginità è un dono dello Spirito Santo.
«Documentiamo la tesi con la Bibbia e con l'insegnamento della Chiesa. Nella Bibbia c'è un passo solo che, forse, possiamo citare con una certa precisione nel senso che esso si riferisce esattamente al nostro problema: ed è la classica frase di Cristo: “Non tutti comprendono queste parole, ma solo coloro ai quali è stato dato... Chi può capire capisca”. Anche se il verbo “comprendere”, come fa osservare il p. Schillebeecks, esaminando il senso del termine nel greco, non significherebbe capacità intellettuale ma psicofisica, l'idea tuttavia della gratuità-dono emerge abbastanza evidentemente da tutto il contesto. Altri passi sono: “Poi Gesù salì sulla montagna e chiamò a sé quelli che Egli volle... E ne costituì dodici”. Il Garofalo, commentando, dice appunto: “Il verbo 'costituì' lascia intendere un intervento divino”. Altri commentatori sottolineano l'idea della gratuità della chiamata nelle parole: “... quelli che Egli volle...”. “Ancor più esplicitamente nel discorso dell'ultima cena Gesù dichiara ai suoi apostoli: “Non siete voi che avete scelto me, ma io che ho scelto voi...”. E S. Paolo, parlando della sua vocazione, usa la medesima terminologia: “Ma quando piacque a Colui che, fin dal seno di mia madre, mi prescelse e mi chiamò mediante la sua grazia...”. “La conversione e l'apostolato di Paolo”, dice Leone Algisi commentando, “furono perciò un dono assoluto di Dio, una grazia senza preparazione e tanto più senza merito”. “Tutti i termini sono scelti ... e convergono a mettere in risalto l'azione di Dio, che ha fatto tutto con l'esclusione di Paolo che non c'entra per nulla: benevolenza divina, predestinazione, chiamata della grazia, rivelazione del Figlio, apostolato”». Ci fermiamo un momentino. Prima di tutto vorrei sottolineare questa frase: «Non tutti comprendono queste parole, ma solo coloro ai quali è dato». Penso che anche voi vi sarete fermati più di una volta dinanzi al Santissimo e vi sarete domandati: “Perché io, proprio io, Franco , e non un mio compagno di scuola, non un mio cugino, non un mio fratello, non un altro che forse aveva doti d'intelligenza e di bontà superiori alle mie? Perché proprio io sono stato chiamato? Per quale motivo?”.

CONSACRAZIONE verginità

DIO Spirito Santo

ESEMPI parola di Dio

EUCARISTIA

APOSTOLO chiamata

Don Ottorino ricorda con molto affetto uno dei primi collaboratori nell’assistenza dei giovani orfani dell’Istituto.

Il riferimento è forse a Gianni Sarzo, un giovane infermiere entrato in Congregazione come vocazione adulta.

Cfr. Atti 22,3.

Forse il riferimento è a don Giuseppe Biasio, entrato anche lui in Congregazione come vocazione adulta.

MI327,3 [30-10-1970]

3. Se noi diamo uno sguardo al passato e pensiamo a tanti giovani che sono passati per la Casa dell'Immacolata... io non credo, senza offendere nessuno di voi, che siano stati cattivi quelli che se ne sono andati; forse qualcuno era meno buono, ma se io penso, per esempio, a tanti assistenti, devo riconoscere che erano esemplari. Non so se voi ricordate Ugo Caregnato. È stato uno dei primi che è venuto, e prima di entrare da noi faceva un'ora di adorazione al giorno a casa, ogni sera inginocchiato ai piedi del letto leggeva un pezzo di Vangelo e lo meditava nella sua stanza. È venuto qui, ma ha scoperto che la sua vocazione era quella della famiglia, e ora si mantiene ancora molto buono, veramente molto buono: vive a Torino dove è direttore di uno stabilimento, mi pare, di confezioni, di maglieria, e ha proiettato, si può dire, la sua bontà in tutte le operaie, le centinaia di operaie della fabbrica, e persino nei suoi principali; la sua famiglia poi è un piccolo santuario.
E allora domandiamoci: perché il Signore ha scelto me, ha scelto uno di voi, e non ha scelto lui? Non era un buon cristiano? Pregava, era pieno di entusiasmo, e non se ne è andato via perché, parliamoci chiari, non potesse conservarsi puro: era puro come un angelo. Neppure vorrei dire che non potesse resistere nella rinuncia al matrimonio, perché è sempre stato molto sereno a questo proposito. Perché? A un dato momento ha detto: “No! Non è la mia strada”. Forse il Signore lo avrà portato qui per perfezionare un po' certi aspetti della sua formazione religiosa, ma la sua vocazione era quella della famiglia. È una cosa che fa impressione il fatto che in un paese non sono scelti i più buoni. Senza fare offesa al nostro caro Gianni, perché lui sarà certamente il più buono di tutta la zona, di Cittadella e anche delle vicinanze, penso che anche nel suo paese ci siano delle anime buone. Che cosa vi pare? Senza dubbio ci sono delle anime buone, ma il Signore sceglie perché vuole lui. Ha scelto, per esempio, Paolo, che era discepolo di Gamaliele : poteva scegliere Gamaliele, poteva scegliere qualche altro... Senza offendere il nostro caro don Giuseppe penso che anche nel suo paese c’era qualche buon ragazzo, qualche anima buona. E invece ha scelto noi, proprio noi. Il primo sentimento che deve sorgere in noi, figlioli, deve essere un senso di confusione. Quando io mi metto dinanzi all'altare sento che veramente il Signore mi ha scelto: io posso giurare sulla mia vocazione, che non sono stato io a scegliere; sento che è stato lui, è stato lui, perché altrimenti io non sarei entrato neanche per sogno. Ma sento allo stesso tempo che ha scelto me nonostante le mie miserie, le mie deficienze, le mie incorrispondenze; non mi ha scelto perché ero il migliore, perché sono stato fedele, ma per sua bontà, per un suo disegno di amore, di predestinazione.

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

CONGREGAZIONE storia

EUCARISTIA adorazione

PAROLA DI DIO Vangelo

APOSTOLO vocazione

FAMIGLIA

APOSTOLO chiamata

CHIESA cristianesimo

APOSTOLO entusiasmo

FAMIGLIA matrimonio

FORMAZIONE

DIO bontà

di...

Daniele Galvan ha sempre nutrito una grande passione per la natura e le sue meraviglie. Pur avendo frequentato il corso teologico presso il seminario diocesano, non venne consacrato diacono con i suoi compagni di corso perché aspirava al diaconato permanente, per cui dovette attendere di avere l’età richiesta dalle disposizioni pontificie.

Don Ottorino descrive in modo scherzoso le avventure di Daniele alla caccia di insetti, e nomina anche Antonio Bottegal, suo compagno di corso.

Il riferimento è forse a Severino Bettega, che aveva emesso la professione religiosa da alcune settimane.

La frase di don Ottorino è sarcastica, e vuole indicare proprio il contrario di quello che le parole significano.

Don Ottorino cita, nel testo registrato, l’espressione del Salmo 133,1 in latino: “Quam bonum et quam iucundum abitare fratres in unum”, e aggiunge per due volte: “Cum Christo”.

Don Ottorino sottolinea esageratamente la sua poca propensione per la musica ed esalta invece le qualità musicali di Giorgio De Antoni.

MI327,4 [30-10-1970]

4. C'è poi questa frase che fa impressione: «Non tutti comprendono queste cose». Lui sceglie e fa capire certe cose. Per avere una piccola idea di questo bisogna considerare qualcuno che ha passione per qualche cosa.
Prendiamo, per esempio, il nostro caro diacono Daniele, che ormai possiamo cominciare a chiamare diacono, che ha passione per le bestioline. Quando lui da piccolo girava per il prato con la scatoletta in cerca di coccodrilli, si buttava a terra quando incontrava qualcosa. Che cosa faceva? Era morto o svenuto? No, aveva trovato un insetto. Ricordate? E il suo amico Antonio Bottegal portava la scatoletta e faceva una foto ogni tanto per consolarlo o per deriderlo, non si sa. Comunque si dedicava alla raccolta di insetti. Diventato un po' più grande ha cominciato a catturare addirittura vipere e non insetti solo, e a mantenerle levandosi il latte dalla bocca per darlo alle vipere. Se qualcuno parla con Daniele e gli chiede: “Che cosa senti, che piacere trovi?”, vi risponderà: “Voi non capite niente, non capite niente!”. Severino , per esempio, è la preoccupazione di tutti perché quando scendiamo da Bosco si sente la macchina piena di sassi. Se qualcuno gli chiede: “Che piacere provi a raccogliere sassi?”, vi risponderà: “Voi non capite niente!”. Certe emozioni bisogna capirle, e allora si può parlare. Prendiamo qualcuno che abbia la passione per lo sport. Beh, qui non c'è nessuno che s'interessa di sport, per cui è difficile trovare uno da indicare come esempio. Si potrebbe allora scegliere don Matteo, perduto con la sua filosofia. Se qualcuno gli osserva che ama certi voli filosofici, vi risponde: “Voi non capite, voi non capite”. Amici miei, entriamo nel campo della sofferenza, come potrebbe essere il dolore per un'unghia incarnata. Non è vero, Mario? Bisogna avere provato certe cose, altrimenti non si sa che cosa vuol dire un'unghia incarnata; certe esperienze bisogna averle fatte. Alla stessa maniera bisogna aver provato anche l’esperienza dello Spirito. Solo un'anima che si dona interamente al Signore, e sottolineo le parole 'interamente al Signore, riesce a provare quanto è dolce il Signore, “quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme” in unità con Cristo, quanto è bello vivere la vita di unione con Dio e con i fratelli. Una musica sentita da un asino, cioè sentita da me e sentita da Giorgio, è sempre la stessa musica, ma suona diversamente. L'asino raddrizza le orecchie, cioè io dico: “Beh, insomma, mi piace!”; mentre quell'altro può andare in estasi quando sente certa musica. Capite anche voi che è una cosa diversa: la musica è sempre la stessa, ma viene gustata in maniera diversa.

APOSTOLO chiamata

DOTI UMANE sport

DOTI UMANE esperienza

CONSACRAZIONE offerta totale

COMUNITÀ

unità

nella carità

DIO rapporto personale

GESÙ

MI327,5 [30-10-1970]

5. Consideriamo, per esempio, la frase che spesso si canta e che dice: “Dove c'è carità e amore qui c'è Dio, qui c'è Dio”. Questa frase, sentita cantare da un gruppo di giovani del mondo, può suscitare un certo effetto: “Oh! È molto bello! Carità e amore, qui c'è Dio!”. Sentita però da un'anima consacrata, sentita da una Santa Teresa d'Avila, per esempio, o da un'anima che veramente vive l'unione con Dio, è come una musica meravigliosa per uno che ha la passione della musica: è tutto un suono diverso, è tutta una cosa diversa. Per un'anima che vive profondamente l’unione con Dio le parole “dove c'è carità e amore lì c'è Dio!” hanno una risonanza del tutto particolare. Supponete che ora dicessero: “C’è qua il Papa!”, Aprono la porta e dicono: “C’è il Papa!”: tutti scattereste subito in piedi. Ebbene, le parole: “Lì c'è Dio, lì c'è Dio” dovrebbero farci scattare. Per esaminare a che punto di spiritualità siete arrivati basterebbe fare un po' d'esame, per esempio, sui canti e sulle preghiere che fate, ed esaminare che cosa vi dicono queste frasi, queste parole, questi annunci.
Per capire queste realtà bisogna essere totalmente di Dio. L'anima veramente vergine, che si è donata in forma totalitaria a Dio, e che vive la sua unione con Dio, può capire certe realtà che altri non riescono capire, certe esperienze che sono indescrivibili.

CARITÀ

CONSACRAZIONE religioso

DIO rapporto personale

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

PREGHIERA pratiche di pietà

CONSACRAZIONE offerta totale

MI327,6 [30-10-1970]

6. Altre volte vi ho raccontato che avevo un meccanico che veniva nei primi tempi dell'Istituto, perché i lavori ce li facevamo qui in casa per spendere meno; per lavori intendo dire tutto quello che era necessario per la manutenzione dell’auto; nei primi tempi non portavamo mai dal meccanico le macchine perché ciò avrebbe richiesto troppi soldi. Adesso ci sono più meccanici e più soldi e allora si mandano dal meccanico, ma a quei tempi non c'erano soldi e allora il meccanico veniva alla sera, dopo aver lavorato tutto il giorno nella sua officina. Avevo dei meccanici che venivano gratuitamente, e allora mi levavo la veste anch'io, sebbene fossero tempi in cui non si poteva farlo, e smontavamo motori e lavoravamo insieme. Questo meccanico, che trovo di tanto in tanto in città e adesso lavora presso le Aziende Municipalizzate, si è sposato e ha avuto un bambino, e mi diceva: “Lei non ha idea, don Ottorino, che cosa vuol dire per me ritornare a casa alla sera e sentire il bambino che mi viene incontro e mi dice “papà”. È una cosa, è una cosa che non si può descrivere. Don Ottorino, lei è prete e non potrà mai capire che cosa provo io andando a casa e sentendo un bambino che dice “papà, che dice “papà”. E le confesso che andando a casa corro più velocemente. Perché? Perché sogno quel momento, mi pare già di sentire quella voce che mi chiama”.
Amici miei, quando io ho sentito questa confidenza non è che abbia detto: “Allora, adesso voglio anch'io fare questa prova, vivere questa esperienza. Voglio prendermi una donna, sposarmi, per provare anch'io, altrimenti non ho fatto questa esperienza”. “E allora non sono un uomo completo”, direbbe qualcuno, perché bisogna fare tutte le esperienze altrimenti non si è uomini completi, anche quella di andare in prigione. Invece mi sono detto: “Perché non devo provare una esperienza simile quando sento qualcosa che riguarda il mio Dio?”. Ci deve essere qualora che deve scattare anche in me perché io pure sono uomo, e la mia parte umana devo darla al Signore. E se questo papà va a casa e sente nell'intimo del suo cuore qualcosa che pulsa dolcemente perché, insomma, il suo cuore comincia a battere all'unisono con quello del suo bambino, perché il mio cuore non deve battere altrettanto per il mio Dio? Perché le cose del mio Dio, gli interessi del mio Dio, la presenza del mio Dio, non devono fare altrettanto? Bisogna che noi arriviamo a vivere questa esperienza, a vivere in modo tale, senza sottolineare la parte del sentimento, ma attraverso la meditazione e la preghiera, che la nostra consacrazione divenga una unione vera e personale con Dio. Scusate se insisto: sono cose che non si possono descrivere e che bisogna provare. Un tempo vi dicevo, quando parlavamo della Congregazione, che io sono come un muto, un muto che è andato a un dato momento in un certo posto e ha sentito una musica meravigliosa. Ricordate che vi dicevo questo: ho ascoltato una musica meravigliosa e sono venuto qui per dirvi: “Ragazzi, ho ascoltato una musica meravigliosa, ma non posso ripeterla, non posso cantarla perché sono stonato, e non ho la partitura, non ho niente”. Vi sono certe esperienze che l'anima deve sperimentare, deve provare.

CONGREGAZIONE storia

AUTOBIOGRAFIA

FAMIGLIA papà

SACERDOZIO prete

DOTI UMANE esperienza

APOSTOLO uomo

CONSACRAZIONE

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

DIO centralità

di...

PREGHIERA sentimentalismo

PREGHIERA meditazione, contemplazione

DIO rapporto personale

Don Ottorino racconta un episodio che forse era accaduto in quel periodo nel vicentino e non era noto a tutti.

MI327,7 [30-10-1970]

7. Se, per esempio, io vi dicessi che cosa ho provato ieri sera entrando in chiesa mentre c’era il Santissimo esposto, forse non mi credereste: ho sentito la presenza della seconda persona della Santissima Trinità sopra l’altare, ho assaporato la gioia di essere consacrato alla stessa causa, di esserlo in una forma totalitaria, anche con le mie miserie, con i miei peccati, con i miei limiti, con le mie stupidaggini, con tutto me stesso, consacrato totalmente e immerso nel treno della Santissima Trinità... sono sensazioni indescrivibili, prive di ogni elemento sentimentale. A un dato momento uno si sente come abbagliato dalla luce: la presenza di Dio, e si domanda come sia possibile che Dio sia venuto ad abitare nella nostra casa. Se qui ci fosse la Vergine Santissima con il Santissimo Sacramento nel suo cuore, nel suo seno, cioè Gesù qualche mese prima della nascita, noi la terremmo con la massima attenzione come tengono oggi le mamme.
Perfino con la mamma di Stefano, che faceva la contrabbandiera si sono comportati così. Ora racconto questo episodio per dare un po' di ricreazione a questi ragazzi. La mamma di Stefano faceva la contrabbandiera e un giorno si è riempita talmente di sigarette da sembrare una donna incinta. Mentre stava camminando è stata sorpresa da due o tre militi della Finanza che andavano a cavallo, che le hanno detto: “Signora, vuole salire a cavallo?”. Infatti avevano notato che era eccessivamente grossa e che stava per avere un bambino”. le hanno dato una mano perché salisse e l'hanno accompagnata fino a Schio o a Thiene. “Ha visto che ce l'abbiamo fatta?”. “Eh, sì, ce l'abbiamo fatta”, ha detto lei. “Ha visto che ce l'abbiamo fatta?”. “Sì, sì; ce l'abbiamo fatta... ce l'abbiamo fatta!”. Gli stessi militi della Finanza usano attenzione quando si accorgono di qualcosa del genere, perché naturalmente quando sta per nascere una creatura tutti hanno più rispetto. Nelle nostre famiglie c'è il rispetto verso la mamma che sta per avere un figlio.

AUTOBIOGRAFIA

EUCARISTIA adorazione

DIO Trinità

DIO Figlio

CONSACRAZIONE

CONSACRAZIONE offerta totale

DOTI UMANE esperienza

PREGHIERA sentimentalismo

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

GESÙ

incarnazione

MARIA maternità

divina

PREGHIERA rosario

SOCIETÀ

avvenimenti

Don Ottorino si riferisce al diacono Vinicio Picco che da pochi giorni aveva compiuto appunto quarantadue anni.

Cfr. Lc 1,49.

MI327,8 [30-10-1970]

8. Pensate se avessimo qui la Madonna che sta per avere il figlio, figlio suo e figlio di Dio, e allo stesso tempo Dio. Ebbene, pensate che nella nostra chiesa lo abbiamo sempre presente: non lo vediamo, come neppure nella Madonna lo avremmo visto, eppure è presente. Quando abbiamo ricevuto la comunione siamo come tante Madonne, come tante “Vergini Marie”. Certe esperienze, anche quella che ha provato la Madonna finché aveva Gesù in grembo, sono indescrivibili. Ci sono esperienze che devono essere vissute, senza poi avere la pretesa di descriverle. Ci vorrà del tempo, ci vorranno degli anni per capire questo. Quando sarete arrivati a venticinque anni direte: “Ah! Adesso finalmente ho capito!”. Vi accorgerete poi a quarant’anni, o a quarantadue, caro Vinicio, che a trent'anni non avevate capito niente, e a cinquant’anni che a quarant'anni non avevate capito niente.
La nostra vita spirituale, se ci doniamo in forma totalitaria al Signore, sarà una scoperta continua. Un bambino di quinta elementare crede di conoscere molte cose; quando arriva in terza media crede di conoscere molto; in quinta ginnasio pensa di conoscere moltissimo; quando raggiunge la laurea pensa di aver raggiunto l’ultimo grado; se diviene professore d'università s’accorge che lo scibile è ancora più vasto. È come in montagna: quando si raggiunge una cima si esclama: “Ohh!”, ma poi si va avanti e se ne scorge un'altra più alta; arrivati alla meta se ne vede una ancora più alta. La vita spirituale deve essere così: ad ogni tappa raggiunta abbiamo la sensazione che prima eravamo tanto bassi, e che siamo ancora tanto bassi. Io sono arrivato a cinquantacinque anni e mi accorgo che l’anno scorso ero tanto bambino, ma guardando in avanti m’accorgo quanto basso sono ancora. La constatazione è che quando credevo di essere qualcosa ero un niente, e adesso sono molto più alto di allora, ma mi sento molto più basso di allora. Perché? Perché la distanza fra me e Dio è enorme. E allora? Nasce spontanea l’esclamazione della Vergine: “Fecit mihi magna qui potens est, colui che è potente, che è buono, ha fatto in me queste cose grandi”.

MARIA maternità

divina

EUCARISTIA comunione

DOTI UMANE esperienza

CONSACRAZIONE offerta totale

ESEMPI crescita nella vita spirituale

AUTOBIOGRAFIA

VIRTÙ

umiltà

Don Ottorino continua sviluppando l’esempio della vocazione di don Zeno Daniele, che lavorando con la ditta Grassetto di Padova percorreva spesso la strada per Mestre.

Il riferimento è possibilmente a Gianni Sarzo, da poco entrato nella Casa dell’Immacolata come vocazione adulta.

Don Ottorino scherza nei riguardi di don Matteo Pinton che era di costituzione molto gracile e poco amante della buona tavola.

Il tradimento di San Pietro è narrato in Mt 26,69-75; Mc 14,66-72; Lc 22,55-62 e Gv 18, 17.25-27. Don Ottorino, come era sua abitudine, cita l’espressione di Mt 26,73 in latino: “Et loquela tua te manifestum facit”. E allora, caro Ugo

Il riferimento è a Valerio Geremia, che all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.

Il riferimento è forse ad Antonio Conte, compagno di noviziato di Valerio.

MI327,9 [30-10-1970]

9. Amici miei, io vorrei che ci rimanesse questo pensiero: Dio mi ha chiamato; non sono stato io a scegliere, non è stato il parroco che mi ha scelto, non è stato il cappellano che mi ha scelto. Considerate il caso di don Zeno, per esempio. Chissà quante volte tu, don Zeno, avrai sentito tua mamma dire: “Che bellezza se avessi la grazia di avere un figlio sacerdote!”. Se tu allora per un motivo umano avessi detto: “Mamma, vado io!”, cioè lo avessi fatto per consolare tua mamma avresti sbagliato: non ci sono motivi umani che possano spingere uno ad essere sacerdote. Eppure per l'amore verso la mamma, morto il papà, con la mamma grave, sarebbe stato un po' naturale umanamente parlando dire: “Mamma, se proprio questo è tuo desiderio...”. Ascoltando il desiderio della mamma sul letto di morte, un figlio che le vuole tanto bene darebbe anche la vita. Si può dare la vita, ma non la vita eterna, perché andare per una strada sbagliata è mettere in pericolo la vita eterna. Però, a un dato momento, arriva la decisione. E allora si dice: “Perché non glielo ho detto prima?”. Perché non era arrivata l'ora di Dio, non eravamo ancora arrivati sulla via di Damasco, ovvero sulla via di Mestre. A un dato momento Dio interviene: “Paf! Ferma! Vieni e seguimi!”. Perciò dobbiamo avere coscienza che siamo stati chiamati da Dio, che siamo stati scelti da Dio.
E allora ci riallacciamo a quello che abbiamo detto l'altra volta: abbiamo la forza di non perderci in stupidaggini, di essere costanti, di andare avanti nonostante la fatica. Ma poi la preoccupazione deve essere questa: metterci veramente ai piedi di Dio per essere istruiti da lui a comprendere i suoi misteri. Ieri sera siamo entrati un una casa insieme con Gianni. Appena entrati si sentiva profumo di polenta abbrustolita. È vero, Gianni? Avevo desiderio di portarne a casa due o tre fettine per don Matteo , ma non avevo tanta confidenza da poter dire: “Me ne dia due o tre fettine”, eppure le avrei portate a casa volentieri per don Matteo. C’era un profumo di polenta abbrustolita. Ho guardato sopra la cucina economica: non si vedeva fuoco, ma sopra c'erano le fettine, belle, con la crosta, abbrustolite. Restando vicino al fuoco, la polenta, che è una poltiglia, si riscalda; non solo, ma dà anche profumo. Alla stessa maniera le anime divengono profumate di Dio: mettendosi a contatto di Dio, abitando insieme con Dio ricevono il suo colore e il suo profumo: “La tua parlata ti tradisce”, hanno detto a San Pietro, e nonostante la sua insistenza per negare hanno ribadito: “Anche dal tuo modo di parlare si sente che sei galileo”. , quando andrai a scuola ti diranno: “È inutile che tu dica di no: sei un frate!”. È logico che questo si deve notare perché il tuo modo di parlare, il tuo modo di salutare, la tua gentilezza, la tua bontà, non sono qualità artificiose: sei abituato a vivere in un certo ambiente e ne hai assunto le caratteristiche. Se una persona proviene da Napoli, non è vero, Valerio , è inutile che cerchi di nascondere la sua provenienza perché nel suo parlare uscirà continuamente: “O sole mio, o sole mio”. Ieri sera avete fatto una festa e uno di voi descriveva la primavera dicendo “O sole mio”, descriveva l'estate dicendo: “O sole mio”, descriveva l'autunno dicendo “O sole mio”; è inutile, ricorreva sempre al suo: “O sole mio”. Invece il suo amico Antonio , che faceva la parte del fifone, diceva continuamente: “Fifone mio, fifone mio”, “in saecula saeculorum. Amen!”. Se uno abita a Napoli porta un po' il colore di Napoli, se abita con Dio porta il colore di Dio.

APOSTOLO chiamata

SACERDOZIO prete

FAMIGLIA mamma

NOVISSIMI eternità

AUTOBIOGRAFIA

DIO profumo di...

DIO rapporto personale

Don Ottorino si riferisce a Giorgio Girolimetto e a don Matteo Pinton che avevano studiato filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

MI327,10 [30-10-1970]

10 Perciò insisto ancora. La nostra preoccupazione deve essere quella di entrare nell'intimità con Dio per acquistare il modo di vivere di Dio, il modo di sentire di Dio, senza preoccuparsi per ora di come lo dovremo manifestare. Cioè preoccupiamoci di essere. Certe cose non si trovano presso alcun maestro: c'è solo un maestro che può insegnarcele, c'è solo un libro dove sono scritte. Se non sapessi di fare torto al nostro caro Giorgio, e non sapessi anche di stimolare in questo modo la superbia di un altro amico tomista , chiederei: “Quale era il libro sul quale si è ispirato il nostro caro Divo Tomas?”. Il crocifisso. Ricordatevi sempre che i grandi uomini possono avere un grande biblioteca, ma la prima biblioteca, la più grande biblioteca è Cristo crocifisso, che è disceso dal cielo, si è fatto uomo ed è morto per noi; e sarebbe pronto a scendere un'altra volta dal cielo, morire per Giuseppe, per Ottorino, anche per un'anima sola; lui sarebbe disposto, per salvare l'anima di uno solo di noi, rifare la strada: dal cielo al seno purissimo di Maria, da Betlemme all'Egitto, dall'Egitto a Nazaret, da Nazaret al Calvario... per salvare un'anima sola. Ricorriamo a questo pensiero quando la tentazione ci spinge ad essere meno generosi.
Sia lodato Gesù Cristo!

DIO rapporto personale

APOSTOLO vita interiore

GESÙ

crocifisso

GESÙ

incarnazione

GESÙ

redenzione

GESÙ

mistero pasquale

MARIA maternità

divina

CROCE tentazioni

CONSACRAZIONE generosità