Meditazioni italiano > 1971-1972 > INTERESSE PER LE VOCAZIONI E AMICIZIA PERSONALE CON IL SIGNORE

INTERESSE PER LE VOCAZIONI E AMICIZIA PERSONALE CON IL SIGNORE

MI340 [08-01-1971]

8 gennaio 1968

Don Ottorino realizzò il 5° viaggio in America Latina dal 13 gennaio al 23 febbraio 1971, visitando solamente le Comunità del Brasile e dell’Argentina

La meditazione è stata dettata al venerdì, e il mercoledì seguente don Ottorino sarebbe già stato in volo per l’America Latina.

“Un cuor solo e un’anima sola” (Atti 4,32). L’incontro a Bosco di Tretto (VI) aveva avuto luogo durante le vacanze natalizie e don Ottorino aveva fatto una panoramica della presenza di Dio nella storia della Congregazione.

Don Ottorino allude ai limiti personali e alle difficoltà quotidiane che rendono difficile a volte la vita comunitaria.

È chiara l’allusione al versetto del salmo 133,1 che don Ottorino amava citare con frequenza: “Quanto è buono e soave che i fratelli vivano insieme!”.

Spesso don Ottorino accenna al vassoio per indicare le qualità umane dell’apostolo, necessarie per presentare in maniera attraente il messaggio evangelico.

MI340,1 [08-01-1971]

1 Si dice che “partire è un po' morire”. Penso che un giorno o l'altro il partire sarà un morire sul serio. Comunque, le ultime parole prima della partenza ce le diremo martedì mattina perché, se non vi dispiace, anticiperei la meditazione della settimana ventura a martedì prossimo, essendo occupato il mercoledì successivo. A meno che non vogliate venire, volando con... la testa tra le nuvole, là dove sarò io..
È certo che il partire lascia sempre un po' di vuoto, nel senso che si starebbe volentieri con i fratelli, specialmente dopo l'esperienza fatta a Bosco di vivere insieme, di stare in compagnia, di volersi bene, vedendo che insomma, ringraziando Dio, mi pare che oggi siamo “cor unum et anima una”. I limiti umani si faranno sempre sentire: ci sarà la giornata in cui uno avrà il raffreddore e un altro non ce l'ha, ma, ringraziando il Signore, mi pare che siamo uniti nello spirito, nell'ideale, nel desiderio, pur ammettendo - e lo ripeto - che c'è sempre la parte umana che una volta eleva fino alle stelle e un'altra invece deprime fino a terra. Però il desiderio di essere totalmente del Signore, l’unità nella fraternità e l'idea chiara della meta dove dobbiamo arrivare, mi pare che ci siano in tutti.Vorrei premettere questo, prima ancora della settimana ventura, perché non so quello che il Signore mi farà dire allora, se vi consegnerò dei ricordi o, forse, il mio testamento: cercate in questo periodo, che è il più importante dell'anno sia per lo studio che per la vita spirituale, perché in fondo è un po' il periodo del lavoro spirituale intenso, di crescere sempre più nella vita spirituale vera e propria, nell'unione con Dio e fra di voi, nello spirito di fede e di carità; cercate, anche, di lavorare un pochino nello sforzo di togliervi qualche difetto, di crescere nelle virtù non solo interne spirituali, ma anche in quelle, per così dire, umane, quelle cioè che formano il vassoio necessario per presentare il messaggio evangelico un domani nella vita apostolica, aiutandovi gli uni gli altri con la correzione fraterna, con la preghiera, con la reciproca edificazione.

NOVISSIMI morte

COMUNITÀ

fraternità

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

COMUNITÀ

unità

nella carità

DIO rapporto personale

CONVERSIONE

VIRTÙ

Don Venanzio Gasparoni, oltre ad avere la responsabilità dei gruppi dei più giovani della Casa dell’Immacolata, era anche l’incaricato vocazionale.

Il riferimento scherzoso è a Gianni Sarzo, che lavorava come infermiere all’ospedale di Cittadella (PD) prima di entrare nella Casa dell’Immacolata.

Mons. Giovanni Sartori era allora rettore del seminario diocesano di Vicenza, mentre prima lo era stato mons. Gianni Cielo: entrambi erano amici di don Ottorino, anzi mons. Sartori era legato da particolari vincoli di amicizia per averlo avuto come prefetto nel seminarietto della cattedrale e per essere suo figlio spirituale.

Don Ottorino aveva da poco avviato l’attività dei sussidi pastorali audiovisivi e ne era uscito il primo filmino catechistico dal titolo “Incontro al Vangelo”. L’allusione alla patata cotta si riferisce al modo con cui don Ottorino aveva avuto un particolare aggancio con don Venanzio Gasparoni, allora seminarista del 4° anno del corso ginnasiale, e lo aveva convinto ad entrare nella Casa dell’Immacolata.

All’epoca i giovani del corso teologico frequentavano le lezioni presso il seminario diocesano.

MI340,2 [08-01-1971]

2 E poi, come abbiamo detto, cercate di lavorare per le vocazioni, insieme con qualcuno o in gruppo. Don Venanzio si ripromette in questo periodo, ora che le giornate missionarie sono terminate, di dedicare esclusivamente all’animazione vocazionale un giorno per settimana: vorrebbe fare un lavoro a tappeto, in ogni parrocchia, passando di parroco in parroco ad elemosinare, a vedere se c'è qualche giovanotto, qualche infermiere come Gianni , qualche ragioniere, qualche disoccupato, qualcuno, insomma, che abbia in sé la chiamata di Dio: non andrà per scaldare la testa a qualcuno, ma per incontrare chi ha in sé la chiamata di Dio.
Al mio ritorno mi riprometterei di dire a mons. Sartori che non ci troviamo d'accordo perché, quando il rettore del seminario era mons. Cielo, ogni anno qualche seminarista passava con noi. Perciò gli direi: “Adesso, che da due anni sei rettore tu, non si vede venir nessuno, vero! Devi stare attento, altrimenti bisogna rompere i patti di amicizia...”. “E allora, che cosa potrei fare?”, mi chiederà mons. Sartori. Io penserei di invitare, al mio ritorno, i seminaristi del liceo gruppo per gruppo, per proiettare loro il filmino catechistico, spiegarlo e poi dar loro magari una patata cotta o qualcos'altro e creare un po' l'ambiente. Perciò, se riguardo al seminario in passato vi ho detto: “Siate guardinghi!”, adesso vi dico “Siate... non invadenti, ma aggressivi”: qualche seminarista deve entrare nella nostra Famiglia, anche perché dobbiamo ricevere una certa ricompensa per quel peso che voi date al seminario frequentando la scuola.A parte lo scherzo, abbiamo bisogno anche di uomini, abbiamo bisogno di santi. Qualche volta ho detto che non interessa il numero, ma la qualità, ed è giusto, ma quando siamo d'accordo sul come dev'essere la qualità, allora vi dico che bisogna crescere anche di numero. Ognuno di noi deve sentirsi responsabile delle vocazioni.

APOSTOLO animazione vocazionale

CONGREGAZIONE storia

APOSTOLO vocazione

Don Ottorino allude all’affannosa ricerca di una casa dove accogliere i primi ragazzi che provvisoriamente radunava nel sottopalco del teatro parrocchiale di Araceli.

Padre Michele Pro (1891-1927) fu un gesuita molto attivo e famoso in Messico, mentre cresceva la persecuzione contro la Chiesa cattolica.

Il riferimento è a Adriano Conocarpo, che all’epoca frequentava il corso per ragionieri.

MI340,3 [08-01-1971]

3 Ai più anziani, che sono stati con me a Bosco di Tretto, ho detto: “Guai se, agli inizi dell'Istituto, mi fossi limitato solo a lavorare in mezzo ai giovani e non avessi cercato qualcuno che mi aiutasse, non mi fossi preoccupato seriamente di avvicinare qualcuno! Come mi sono preoccupato per la casa - e questo mi ha fatto perdere tanti giorni, tante ore, cosicché mia mamma era fortemente impensierita - altrettanto mi sono preoccupato per le vocazioni”. Quando vedevo un giovane pensavo: “Forse quello potrebbe avere la vocazione, ma a quell'età forse no...”; poi, accorgendomi che frequentava una ragazza, concludevo: “Non c'è niente da fare!”. Come è accaduto una volta a padre Pro: i poliziotti gli son corsi dietro per arrestarlo, ma intanto lui si era messo a braccetto d'una ragazza, per cui i poliziotti esclamarono: “Niente da fare! Quel tale non è certamente il padre Pro”. Anch’io qualche volta vedevo un giovane, lo osservavo e, se mi accorgevo, ad un dato momento, che aveva la fidanzata, dicevo tra me: “Niente da fare: lasciamogliela!”.
Bisogna cercare, io dico, non di scaldare la testa a qualcuno, non di invitare a far parte della nostra Famiglia chi non ne ha la vocazione, né di dire ad uno che è già avviato su un'altra strada: “Vieni qui da noi”, ma di accostare qualcuno che ha effettivamente tutti i segni esterni, e può averli anche interni di una vocazione.Qualcuno di voi, rientrato dalle vacanze, mi ha detto d'avere osservato, di essersi accorto che qualche giovanotto aveva delle buone qualità. Io credo che valga anche la pena, se necessario, andare qualche volta a casa in questo periodo. Qualcuno potrebbe dire: “Avrei notato una vocazione. - attento che non sia femminile! - Andrei a casa ogni settimana in cerca di vocazioni”. Adriano, può darsi che occorra far così... dico ad Adriano Conocarpo perché si è voltato a guardare indietro.Se, per esempio, vi siete accorti che nel vostro paese o in quello vicino c'è qualcuno che potrebbe essere un po' disponibile e ne avete il sospetto, penso che valga benissimo la pena andare a casa il pomeriggio di una domenica o tutta la domenica o la sera di un sabato e dire: “Vado in famiglia e così, come per caso, mi incontro con questo giovane”.

AUTOBIOGRAFIA

APOSTOLO vocazione

APOSTOLO animazione vocazionale

Forse don Ottorino si riferisce a Mario Corato, che all’epoca frequentava il 4° anno del corso teologico, che si interessava della diffusione del Vangelo rilegato nella Casa dell’Immacolata.

Don Guido Massignan era all’epoca segretario generale della Congregazione e superiore della Comunità della Casa dell’Immacolata, e in particolare contatto con comunità religiose con le quali da tempo la Congregazione era in collegamento spirituale: tra queste il Carmelo Santa Maria Maddalena de’ Pazzi di Firenze, le Suore Sacramentine e quelle di Maria Bambina di Bassano del Grappa (VI).

Don Erasmo De Poli, religioso dal 1957 e sacerdote dal 1966, dopo un periodo di discernimento si trovava a Roma per gli studi universitari completamente staccato dalla Congregazione. Don Anterangelo Speggiorin, religioso dal 1960 e sacerdote dal 1966, aveva abbandonato da poco la Comunità di Monterotondo (Roma) per passare al clero diocesano di Latina.

S. E. mons. Camillo Faresin era passato dal seminario di Vicenza ai Salesiani, e dopo anni di missione in Brasile, nella regione del Mato Grosso, era stato nominato vescovo nel 1954 della prelatura di Registro do Araguaia, trasformata nel 1981 in diocesi di Guiratinga.

Don Ugo Caldini era stato in Italia per un periodo di vacanza dopo tre anni di lavoro a Rio Hondo - Zacapa (Guatemala).

MI340,4 [08-01-1971]

4 Quando si va alla pesca si parte apposta in bicicletta o in macchina con la propria canna e si va a pescare. Io penso che anche nel nostro caso occorra pescare. Perciò sarei del parere che, oltre a don Venanzio, il quale si ripromette di dedicare un giorno per settimana alle vocazioni, anche Mario prendesse un po' a cuore il problema: quando esci per i Vangeli, specialmente quando vai fuori diocesi, nello stesso tempo puoi vedere un po' se c’è qualche giovane con vocazione, e altri potrebbero ripassare magari per quei posti dove sei già stato, dove ti sei accorto della presenza di qualche speranza.
Tutti, però, siamo impegnati in questo lavoro vocazionale con la preghiera e con qualche sacrificio. E non solo noi. Io direi che don Guido potrebbe interessare anche il Carmelo, le suore di Bassano, affinché questo diventi, per un paio di mesi, un periodo di salita spirituale e anche di lavoro per le vocazioni. Pensate che ora siamo un po' diminuiti di numero: è uscito dalla Congregazione don Erasmo, è uscito don Antero... insomma ne sono usciti, mi pare, cinque o sei. Per carità, formiamo ancora un bel numero, ma se guardiamo ai bisogni che ci sono siamo troppo pochi.Proprio ieri è venuto qui mons. Faresin Lo so che nessuno di voi vorrebbe andare nel Mato Grosso, perché matti lo siamo un po' lo stesso, diventare poi “matti grossi” sarebbe una cosa ancor peggiore; però lui viene ogni anno e ogni anno ripete: “E allora, quando, quando?”.Io penso che anche adesso, nel mio viaggio in America, i nostri confratelli mi diranno: “Ci può inviare qualche aiuto?”. Anche don Ugo, quando è venuto, una delle prime cose che sperava di portar via dall'Italia erano uomini, e sono rimasti male i nostri confratelli d'America quando hanno visto che non aveva potuto portarsene via neanche uno.

ESEMPI vari

PREGHIERA

PENITENZA sacrificio

CONGREGAZIONE appartenenza

MISSIONI

DOTI UMANE

MISSIONI

È interessante notare il criterio usato da don Ottorino nel fondare le missioni in America Latina. Forse egli aveva scoperto questo metodo di San Bernardo leggendo il libro di P. RAYMOND, Una famiglia che raggiunse Cristo, Modena 1964.

Il riferimento è all’assistente Vittoriano Rossato, che all’epoca faceva parte della Comunità di Crotone.

Villa San Carlo è la casa per esercizi spirituali della diocesi di Vicenza.

MI340,5 [08-01-1971]

5 Oltre che rinforzare le posizioni dove abbiamo cominciato il lavoro, bisognerebbe un domani, allargarle, perché, tante volte, è più facile sostenere tre missioni tra loro vicine anziché una sola isolata. In tal modo il cambio dei missionari è più facile, facile anche mettere insieme elementi tra loro amici; qualche volta è un po' difficile andare d'accordo con qualcuno, e allora si fanno degli spostamenti finché non si trova il punto di equilibrio. Quando abbiamo iniziato il lavoro in America Latina non pensavamo di piantare una missione in qualche modo, ma di seguire il metodo di San Bernardo, il quale, quando fondava i suoi monasteri, ne avviava prima uno che doveva essere come il centro di un cerchio, e poi una raggiera di altri attorno a quello. Anche noi abbiamo pensato di formare dei centri nei tre punti dell'America Latina.
Anche a Crotone, per esempio a Forgiano o in un'altra parte, quante volte si è detto che sarebbe bello, un domani, formare un centro di irradiazione. Ricordi, Vittoriano che abbiamo parlato tante volte di questo argomento? Potrebbe essere quasi una provincia religiosa, da cui incominciare il lavoro di animazione vocazionale e dove pian piano far sorgere una casa di formazione. Ma per far questo ci vogliono uomini, uomini. Supponiamo che a Forgiano potessimo avere la cura d'anime e aprirvi un domani una Comunità, avendo anche una certa disponibilità di personale, cioè due o tre confratelli addetti alla formazione dei giovani, con una casa per esercizi spirituali, per ritiri... Vittoriano, pensi che si potrebbe fare tutto ciò, secondo te? Si potrebbe fare tanto bene e la Congregazione, lavorando in profondità con i giovani attraverso ritiri ed esercizi spirituali, come si fa a Villa San Carlo, , potrebbe raccogliere un domani delle vocazioni locali.

MISSIONI vocazione missionaria

MISSIONI

FORMAZIONE case di formazione

CONGREGAZIONE missione

Sant’Agostino di Canterbury era monaco a Roma quando, nel 597, il Papa San Gregorio Magno lo inviò con un altro confratello ad evangelizzare l’Inghilterra.

Il riferimento è a S. E. mons. Giacomo Beltritti, che divenne in seguito patriarca di Gerusalemme. Nel testo registrato interviene a questo punto don Zeno Daniele dicendo: “A proposito, ho sentito che lo hanno fatto patriarca”, e don Ottorino risponde: “Infatti aveva il diritto di successione”. Don Zeno allora chiede: “Ma l’altro è morto?”, e don Ottorino: “Sì, e so che questi aveva il diritto di successione”.

Grosso centro della Calabria, vicino a Crotone, dove da molti anni era presente una Comunità delle suore Dorotee di Vicenza.

Di fatto alcuni giovani di Crotone erano entrati nella Casa dell’Immacolata, ma nessuno aveva resistito a lungo.

MI340,6 [08-01-1971]

6 Qualcuno potrebbe dire: “Come è possibile avere delle vocazioni? Si può, forse, ricavare qualcosa di buono da Crotone?”. Non dimentichiamo quello che abbiamo visto, mi pare, in una trasmissione televisiva, una sera, quando un religioso parlò di Sant’Agostino inviato a predicare il Vangelo in Inghilterra. Ricordatevi che ogni terra può dare i suoi santi, basta che sia lavorata e lavorata in profondità. Non si può pretendere di portare a casa uva e farne vino non appena si mette mano ad un campo: bisogna prima dissodarlo. E ci sono piante che danno il loro frutto dopo anni e anni.
A questo proposito, il vescovo ausiliare di Gerusalemme mi diceva: “Io non ordinerò mai prete un ebreo convertito, ma i suoi figli”.Ricordo che le suore di Strangoli , la prima volta che vi sono andato, mi dicevano: “Noi abbiamo lavorato quarant'anni. Durante i primi anni ci sembrava che fosse impossibile raccogliere vocazioni. Sì, si faceva tanto bene, ma non si vedevano frutti. Adesso ci sono due o tre vocazioni all'anno in questa sola parrocchia. Ma da quando? Da quando sono cresciute le figlie di quelle ragazze che abbiamo educato da piccole. Noi abbiamo raccolto delle bambine e abbiamo cercato che formassero delle famiglie cristiane; ora dalle loro figlie ricaviamo due o tre vocazioni all'anno”. Anche la madre generale mi parlava con gioia delle bellissime vocazioni che sono venute da quel luogo.Non si può pretendere di prendere un ragazzo qualsiasi. Ad un certo momento potrebbe venire la tentazione di dire: “È entrato da noi il tale e il tal altro, e se ne sono andati via!”. Non possiamo pretendere questo, non possiamo. Piuttosto aspettiamo di raccogliere il frutto di quei bambini che vanno all'asilo, che crescono vicino all'altare, ai sacerdoti, ai diaconi, agli assistenti nostri: è una generazione nuova che deve venire avanti.Un artista diceva: “Dipingo per l'eternità”. Anche noi lavoriamo per la Chiesa, lavoriamo per l'avvenire, e se opereremo nelle varie zone in profondità, state sicuri che le vocazioni verranno. Sarebbe fare un'offesa al Signore pensare che non vengano vocazioni anche da quei luoghi.

APOSTOLO animazione vocazionale

ESEMPI vocazioni

CHIESA

CONGREGAZIONE appartenenza

CONGREGAZIONE missione

Cfr. Mt 9,37-38 e Lc 10,2.

P. Riccardo Lombardi, gesuita, era noto in tutta Italia per la sua predicazione e la sua opera diretta al rinnovamento della Chiesa. Il periodo più fecondo della sua attività fu tra il 1945 e il 1965. Tra i suoi libri don Ottorino meditò e commentò ai suoi religiosi alcuni tratti di “Esercitazioni per un mondo migliore” (Roma 1958) e di “Per un post-Concilio efficace” (Roma 1965). Morì il 14 ottobre 1979.

MI340,7 [08-01-1971]

7 Perciò io penso che, come le altre famiglie religiose hanno avuto delle bellissime vocazioni in quelle zone dove hanno lavorato in profondità, così sarà anche per noi e si presenterà il momento in cui bisognerà aprire una casa di formazione anche in quei luoghi. Tutto questo dipenderà dalla nostra santità, dallo spirito che regnerà nella nostra Famiglia religiosa, e anche dal nostro numero, perché verrà il momento in cui ci vorrà anche il numero, ci vorranno anche gli uomini.
E questo per dirvi che dovete sentire il problema delle vocazioni e sensibilizzarvi a questo proposito, perché di esso siamo tutti responsabili. Non dite: “A me non tocca...”. Siamo tutti responsabili; tutti dobbiamo fare qualcosa e più di una volta chiederci nel nostro esame di coscienza: “Che cosa ho fatto io per le vocazioni? Che cosa ho fatto per attirare qualcuno nella Casa dell'Immacolata, per sensibilizzare un pochino qualcuno?”. Come si compiono viaggi in cerca di beneficenza o per vendere Vangeli o per combinare qualche affare o per qualche altro motivo, così bisogna viaggiare anche per questo; bisogna muoversi, bisogna passare ore e ore davanti al tabernacolo per domandare luce, per domandare consiglio al Signore, per chiedere vocazioni. “La messe è molta, gli operai sono pochi: domandate, domandate” , ha detto il Signore, e il padrone non può lasciare la sua messe senza operai.Non possiamo dimenticare che oggi il mondo ha bisogno di santi. E proprio oggi voi vedete in giro per il mondo tanta povera gente disorientata, ma vedete che dove piove un santo, ad un certo momento succede come in Palestina: dove hanno scavato dei pozzi di acqua il terreno è diventato un giardino. Il deserto può essere trasformato in giardino, purché ci sia un po' d'acqua sorgiva. E i santi sono dei pozzi artesiani, che riversano le loro acque nelle varie zone. Il padre Lombardi in un suo discorso ha detto che, per rifare la pelle scorticata, se ne preleva una parte di sana e se ne formano delle piccole parti che vengono poi applicate alla superficie malata: a poco a poco la pelle ricresce su tutta quella superficie. Noi dovremmo avere santi a nostra disposizione, passare in aereo e paracadutarli uno di qua e uno di là, e allora faremmo fiorire questa nostra povera terra.

CHIESA

CONGREGAZIONE spiritualità

APOSTOLO animazione vocazionale

CONVERSIONE esame di coscienza

EUCARISTIA tabernacolo

PREGHIERA

PAROLA DI DIO Vangelo

Cfr. Mt 14,13-21 e Mc 6,30-44.

Don Ottorino nomina don Zeno Daniele, impegnato nell’amministrazione delle Edizioni ISG, e don Matteo Pinton, insegnante di filosofia.

Il riferimento è a don Graziano Celadon, della Comunità del Chaco (Argentina), che evidentemente si trovava in Italia per un periodo di vacanza.

MI340,8 [08-01-1971]

8 Se nostro Signore ci ha chiamati qui, lo ha fatto per questo: perché ci prepariamo nella santità ad essere un domani germe di altri cristiani. E come il sangue dei martiri fu seme di cristiani, così il vostro sacrificio quotidiano dev'essere quel sangue che voi spargerete, dal quale nasceranno altri santi e altri cristiani. Affrontiamo la santità con semplicità, proprio con semplicità, senza tante complicazioni, senza tante paure di superbia. Vogliamo essere di Dio così come siamo, accettandoci come siamo, con le nostre miserie. Il Signore non ci ha creati con le miserie, ma noi, purtroppo, le abbiamo. Perciò diciamo con semplicità al Signore: “Così come sono, con il mio raffreddore o con la mia bronchite, con i miei dolori o con le mie miserie... così come sono, Signore, eccomi qua: mi metto nelle tue mani”. Questa mattina abbiamo letto, mi pare, il brano evangelico della moltiplicazione dei pani: avevano pochi pani e due pesci. “Date voi da mangiare”, disse Gesù ai suoi discepoli.
“Come facciamo?”.“Datene voi, datene voi! Che cosa avete là? Pochi pani e due pesci! Beh... distribuite”.Il Signore dice anche a noi questa mattina: “C'è bisogno di santi nel mondo? Beh, distribuiteli voi, distribuiteli voi!”.“Come possiamo fare, Signore?”.“Moltiplicatevi!”.Adesso non dovete tagliarvi a metà... non possiamo tagliare don Zeno a metà per moltiplicarlo; di don Matteo poi non resterebbe più nulla.Però questo dovere della moltiplicazione incombe su ciascuno di noi: prima di moltiplicarci cerchiamo di essere pesci, sforziamoci di essere santi.Dopo questa lunga premessa possiamo dare inizio alla meditazione, a meno che, essendoci solo dieci minuti a nostra disposizione, non preferiate porgermi voi delle domande e rimandiamo ad altra volta la meditazione di questa mattina. Avete qualche domanda da fare? Tu, don Zeno, ha qualche cosa da dire? Che cosa devo riferire, don Graziano, ai tuoi amici dell'Argentina? Una delle notizie che porterò sarà questa: sono stato edificato dal tuo spirito; don Graziano ha conservato la fede. Sono stato veramente contento, e penso che anche voi siate rimasti contenti ed edificati. Questo lo diremo con gioia.Nessuno ha da chiedermi qualcosa? Allora diciamo una parolina alla buona.

APOSTOLO chiamata

CROCE martirio

VIRTÙ

semplicità

APOSTOLO uomo di Dio

PREGHIERE di donazione

PAROLA DI DIO Vangelo

Per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di R. VOILLAUME, Pregare per vivere, Cittadella Editrice, Assisi 1971. Le citazioni, prese dalle pagine 19-21, vengono riportate in corsivo senza ulteriori richiami

MI340,9 [08-01-1971]

9 La volta precedente abbiamo cercato di affrontare il problema dei nostri rapporti con Dio e abbiamo visto, mi pare, con la maggior parte di voi, che, essendo una cosa difficilissima avvicinare Dio invisibile e spirituale, Dio stesso, nella sua bontà, ha lanciato un ponte per rendere possibile il nostro passaggio dalla terra al cielo: questo ponte è Gesù, vero Dio e vero uomo. In questo modo noi possiamo veder Gesù come uomo, che ci prende per mano e ci mette a contatto con il vero Dio. È chiaro che, se noi non avessimo Gesù, incominceremmo a pensare Dio concependolo in forma spirituale; ora invece abbiamo la possibilità di immaginare come una persona umana la seconda persona della SS.ma Trinità, la quale si è fatta uomo, ha preso carne umana pur restando persona divina, e in lui ci sono perciò due nature: allora possiamo raffigurarci la natura umana del Cristo. Questo ci rende accessibile e più facile anche il contatto con il Signore.
Arrivati a questo punto, il nostro caro autore si pone una domanda.«È possibile vivere nell'intimità con Dio qui, sulla terra?Si pone quindi per noi questa prima domanda: in questo mondo del Cristo, accetteremo forse di restare anonimi, di essere un numero sperduto nella massa? No, questo non è possibile! Possiamo trovare in questo mondo un’intimità personale con lui, il Figlio di Dio, che riesca a soddisfare tutte le nostre aspirazioni a un amore assoluto, alla verità, all'amicizia personale con Dio?Esitiamo a rispondere a una tale domanda, perché la nostra ragione non riesce ad ammettere che noi si possa veramente essere oggetto dell'attenzione di Dio. D'accordo, noi accettiamo di essere salvati da lui, ma fino a interessarlo? Ci sono stati, ci sono troppi uomini sulla terra e la nostra immaginazione e i nostri sentimenti ne restano disorientati. C'è, inoltre, la coscienza della nostra nullità, il disgusto di noi stessi, che ci confermano che noi non sapremmo davvero interessare Dio. Ma se Dio ci ha dato una personalità cosciente del proprio io, non è certo per prendersi gioco di noi; e noi sappiamo anche, che il nostro completo sviluppo nella visione beatifica sarà il possesso personale, eterno, diretto, limpido, della sovrana verità, del sovrano amore, della sovrana bellezza. Se, dunque, è questo il fine riservato a ciascuno di noi, non è normale che si possa cominciare a realizzarlo già quaggiù? Come è difficile credere a un tale destino, quando si vedono sulla terra miriadi di uomini che, a causa della miseria alla quale sono costretti, non sono in grado di praticare la legge morale più elementare! A maggior ragione, non posseggono nemmeno le minime condizioni richieste per dedicarsi alla preghiera contemplativa. Questa situazione è, forse, per noi fonte di dubbio e di scandalo. La salvezza di ogni uomo e la sua crescita nella carità restano il segreto di Dio. Vi sono anime che sembrano essere chiamate a raggiungere tutta la pienezza dell'amore già quaggiù, mentre ve ne sono altre che non la raggiungeranno che nell'altra vita».E qui, adesso, comincia - ed io l'ho letto un po' in fretta - il pensiero che mi interessa vivamente. Riassumendolo in poche parole è questo: siamo chiamati a un'amicizia personale con il Signore, come se fossimo soli con lui. Del resto, quando andiamo in spiaggia e ci mettiamo da soli a goderci un po' di sole, anche se c'è il vento che ci porta via l'ombrello, abbiamo l'impressione di essere soltanto noi e il sole, tanto che si pensa: «Sono solo, non c'è nessun altro». In effetti si gode il sole come se si fosse in completa solitudine. Se questo avviene tra il sole e me, pensate se non avverrà tra Dio e me. Il mio contatto con Dio sarà proprio così: Dio e me. Lui mi conosce nell'intimità, mi conosceva prima ancora che io esistessi, e mi conoscerà sempre. Perciò bisogna che ci sforziamo di raggiungere questo contatto. E qui c'è Gesù che sceglie.

GESÙ

uomo

DIO Trinità

GESÙ

incontro personale

Il riferimento è ad Ermanno De Antoni, che per tanti anni ha lavorato presso il laboratorio di elettromeccanica dell’Istituto San Gaetano di Vicenza.

MI340,10 [08-01-1971]

10 «Un'altra fonte di luce sull'argomento che stiamo trattando è il modo con cui il Cristo si è comportato durante la sua vita terrena; sappiamo, in effetti, che egli ha avuto degli amici; sappiamo che, fra i discepoli che lo seguivano, egli ne chiamò alcuni per un compito tanto particolare come quello dell'apostolo, o per restargli più vicini. "Va’, vendi tutto ciò che hai e seguimi". Tutti questi furono chiamati a divenire suoi amici. Presso di essi, Gesù si è riposato e ha pianto sul sepolcro di Lazzaro.
C'erano certo molti uomini attorno a lui, in quel tempo, ma Gesù, vero uomo che conosce il valore e la necessità dell'amicizia, non ne ha scelti che un piccolo numero per essere suoi amici. Questo esempio di Gesù, non ci è forse dato più per ricordarci che, anche nella vita religiosa e sacerdotale, noi non potremmo fare a meno dell'amicizia? Se dunque Gesù si è scelto degli amici, durante la sua vita terrena, perché non dovrebbe continuarlo a fare anche ora? Solo la gratuità del suo amore determina una simile scelta».Mi fermo qui. Io penso che sarebbe bello se noi cercassimo qualche volta di fermarci un pochino a meditare sul fatto che Dio ci ha scelti e vuole che diventiamo suoi amici, proprio suoi amici. Qualche volta è così bello vedere due amici che si vogliono bene, due di voi che camminano insieme, parlano insieme, si confidano le loro difficoltà: è bello, è bello. Piace anche al Signore questa amicizia. E non vi pare che sarebbe bello se noi riuscissimo a stabilire questa amicizia con il Cristo, un'amicizia simile a quella del bambino che dice: “Guarda che lo dico a mia mamma!”, e va dalla mamma a confidarle un po' tutto, se riuscissimo con la fede, anche in mezzo all'aridità, in mezzo alle difficoltà, ad aprire il nostro cuore al Cristo, a metterci dinanzi al Signore, a vedere un pochino chi è lui e chi siamo noi, e poi aprire il nostro cuore con semplicità?È lui stesso che desidera la nostra amicizia, la nostra confidenza, e vuole che ci apriamo con lui, che parliamo con lui. Tutto questo, da principio, potrà sembrare una cosa infantile, ma penso che anche i santi, se osserviamo Papa Giovanni e altre anime grandi come lui, avevano questa confidenza con il Signore, sapevano parlare al Signore. Da principio sorgerà un po' di difficoltà; trovandovi agli inizi della vita spirituale i vostri padri spirituali vi insegneranno, forse, a scrivere al Signore qualche cosa che poi straccerete, in forma di lettera, di dialogo, seguendo un po' il vostro modo di parlare confidenziale.Del resto, durante la guerra ho visto che tanti matrimoni furono combinati attraverso lo scambio delle lettere e, inizialmente, anche senza l'invio di una fotografia. Ermanno, per esempio, il fratello di don Aldo, si è sposato servendosi della corrispondenza. A quel tempo molte ragazze, che frequentavano la scuola, scrivevano ai soldati, scrivevano senza mandar loro la propria fotografia e, all'inizio, senza alcuno scopo, se non quello di sostenerli al fronte. Hanno continuato a scrivere, a scambiarsi la corrispondenza e, a un dato momento, assieme alla lettera è arrivata la fotografia e con la fotografia una corrente che ha attraversato l'oceano... e con la corrente anche i figlioli.

APOSTOLO vocazione

GESÙ

amico

VIRTÙ

fiducia

ESEMPI vari

Don Ottorino descrive con estrema semplicità e in maniera pratica e concreta il cammino per alimentare l’amicizia personale con il Signore, attingendo a piene mani dalla sua personale esperienza.

MI340,11 [08-01-1971]

11 Anche nell'amicizia con Gesù all’inizio non ci sarà la fotografia, ma soltanto un dialogo semplice, o solo qualche parola detta a voce o scritta con semplicità su un foglietto, che poi verrà stracciato. Non dite: “Ma... io non sono capace”. Prendete un pezzo di carta e scrivete qualcosa: “Caro Signore...”, e poi stracciatela. Non è cosa da pubblicare sui giornali. È una confidenza fatta proprio con il cuore, con semplicità con il proprio Dio. Ognuno deve arrangiarsi secondo la propria natura. Quando, poi, si riuscirà piano piano a parlare con lui, allora piano piano scatterà anche la fotografia. Da principio riuscirà una foto non tanto bella, come scattata da una macchinetta da quattro soldi, ma in seguito verrà anche quella a colori. Certo la foto a colori mostrerà un Cristo crocifisso, un Cristo incoronato di spine, un Cristo che ha offerto se stesso con la sua passione. E allora, a un dato momento, se lo si ama, si desidera essere come lui. Ma non possiamo non passare attraverso la legge dell'amicizia, attraverso la legge naturale dell'amore, dell'affetto, della compagnia, dello stare insieme e della reciproca confidenza.
Da qui, io penso, scaturisce il desiderio di andare in Cina a salvare le anime, di portare le anime all'amico. In fin dei conti l’apostolato consiste in questo, nel cercare di portare le anime all’amico. Il mio amico Gesù, infatti, vuole che tutti gli uomini siano salvi, e ai fratelli, che non sono suoi amici, vuole portare la salvezza servendosi di me. Allora io sono pronto a lasciare la mamma, a lasciare la patria, ad attraversare il mare, ad andare nelle regioni calde e in quelle fredde, in mezzo ad amici e a non amici: a me non interessa nulla di tutto ciò pur di andare dove vuole lui, dove lui, amico mio, ha degli amici, ha dei fratelli che devono essere salvati. Dobbiamo impostare la nostra vita intima e la vita apostolica in questo centro che è il cuore di Gesù.Sia lodato Gesù Cristo!

GESÙ

amico

GESÙ

crocifisso

GESÙ

sequela

APOSTOLO salvezza delle anime

GESÙ

amico

MISSIONI

GESÙ

centro