La presente meditazione venne proposta il venerdì precedente la settimana santa, e quindi prende spunto dalla passione del Signore.
Don Ottorino si riferisce sempre al diac. Vinicio Picco collocandolo fra i più anziani, perché in realtà lo era anche se all’epoca aveva solamente quarantadue anni.
Il racconto della preghiera al Getsèmani si trova in Mt 26,36-46; Mc 14,32-42 e Lc 22,39-46.
L’episodio dell’arresto di Gesù è narrato da Mt 26,47-56; Mc 14,43-52; Lc 22,47-53 a Gv 18,3-11.
Il riferimento è una zona di Gerusalemme dove attualmente sorge la basilica cristiana che ricorda il pentimento di Pietro, detta appunto “del canto del gallo”.
Il racconto del rinnegamento di Pietro si trova in tutti i quattro Vangeli, pur con qualche diversità nei particolari: Mt 26,69-75; Mc 14,66-72; Lc 22,54-62 e Gv 18,15-27.
MI344,1 [2-041-1971]
1 Ci siamo proposti di fare alcune meditazioni sulla passione di nostro Signore Gesù Cristo. Non pretendiamo di meditare su tutta la passione, come abbiamo detto mercoledì scorso, e neppure di dire cose nuove, perché tutti, cominciando specialmente dai più anziani, non è vero, Vinicio, e terminando con i più giovani, penso che qualche volta abbiate letto e più di qualche volta meditato la passione del Signore.Questa mattina cerchiamo di entrare un po' nel cuore di Pietro e in quello di Gesù dopo la caduta di Pietro, e vediamo se possiamo ricavarne un pensiero salutare per noi.Pietro aveva giurato ripetutamente che non avrebbe mai abbandonato il suo maestro, ma quella notte, nell'orto del Getsemani, egli dorme: forse aveva bevuto un goccio più del solito, forse influiva la stanchezza della giornata precedente, tutti motivi buoni, plausibili, però dorme! «Non avete potuto vigilare un'ora con me... Andiamo!».Gli avversari non hanno dormito, ma hanno arrestato il Signore. Sappiamo che in un primo momento Pietro ha compiuto quell'atto generoso, glorioso, di prendere la spada, e di tagliare l'orecchio a un servo dei sacerdoti, che Gesù poi avrebbe riattaccato. È il Pietro di sempre che salta fuori, che si accorge che vengono a prendere Gesù e che reagisce clamorosamente, ma subito dopo scappa correndo forse anche più velocemente degli altri suoi compagni, nonostante fosse il più anziano di tutti. Perché? Per la paura d'essere riconosciuto come l'uomo della spada. Però dopo un po', ritorna in se stesso e sente il bisogno di seguire il maestro, e pensa: «L'ho fatta grossa, eh! Mi aveva avvertito che l’avrei: abbandonato». Se si fosse ricordato che il maestro gli aveva anche detto: «Tu mi rinnegherai», Pietro sarebbe forse scappato ancor più lontano. Riconosce d'essere stato vigliacco e, compiendo un atto generoso, lo vediamo andare con il caro Giovanni alla casa di Caifa, dove adesso sorge la basilica «in Gallicantu». Sappiamo che si mette a scaldarsi perché ha freddo, e che una donnetta gli dice: «Anche tu, anche tu sei uno dei suoi discepoli». In quel momento Pietro non capisce più niente, è come un alcoolizzato che perde la testa davanti a un fiasco di Frascati o ad una bottiglia di grappa; e Pietro in quel momento ha paura, più che se fosse in alto mare con la sua povera barchetta in mezzo alla tempesta, non capisce più niente e comincia a dire: «No no, no!». Sente solo il bisogno, in quel momento, di salvare la propria pelle, e comincia a giurare e a spergiurare che non conosce Gesù.PAROLA DI DIO Vangelo
Nell’esempio don Ottorino nomina don Girolamo Venco, uno dei responsabili all’epoca della Casa dell’Immacolata, e Giovanni Battista Battilana, entrato da alcuni mesi dopo una esperienza con i Padri Serviti di Monte Berico e all’epoca in noviziato.
È evidente che don Ottorino scherza con il suo linguaggio per attualizzare il tradimento di Pietro e sottolinearne la gravità.
MI344,2 [2-041-1971]
2 Riflettiamo, adesso, un momentino. Ci siamo abituati a sentire che Pietro ha rinnegato il Signore, ma considerate che l’ha combinata veramente grossa nell’affermare: «Io non lo conosco, non ho mai sentito parlare di lui!».Supponiamo che vengano qui dei comunisti a prelevare don Girolamo per portarselo via con loro e che chiamino, poi, due o tre giovani della Casa dell'Immacolata.«Battista, conosci quest'uomo?».«Io non l'ho mai visto!».«Ma tu non vivevi con lui...?».«Non l’ho mai visto! Vi giuro che io non lo conosco. Per carità, non l’ho mai visto, mai visto!».È grave rinnegare uno con il quale hai mangiato il pane insieme fino a pochi minuti prima... Poco prima, infatti, nel Cenacolo, avevano condiviso il pane, spartito il vino e, forse, avevano cantato insieme: «Dov'è carità e amore qui c'è Dio» e... poco dopo Pietro dice: «Non l’ho mai visto, non lo conosco, non lo conosco!». Riflettiamo sulla gravità del comportamento di Pietro, e mentre lui agisce in tal modo Gesù ne è al corrente.PREGHIERA meditazione, contemplazione
ESEMPI vari
Don Ottorino ricorre ad un esempio molto concreto perché la cucitrice era una macchina molto preziosa per il lavoro della legatoria. Nomina il diac. Vinicio Picco, che per la sua esperienza come meccanico era specializzato nell’affrontare i problemi che sorgevano con le macchine, e Marco Pinton, all’epoca studente del corso teologico.
L’allusione scherzosa è alla statura alta e slanciata di don Girolamo Venco.
Nell’esempio don Ottorino nomina Vittorino Gonella e Franco Faggian, che all’epoca frequentavano la scuola superiore.
Don Ottorino ricorda l’esclamazione di doloroso stupore di Caio Giulio Cesare nel momento in cui veniva assassinato, quando scorse tra gli assalitori Marco Giunio Bruto, che egli aveva adottato come figlio.
MI344,3 [2-041-1971]
3 Fermiamoci un momentino a considerare che cosa deve aver sofferto Pietro quando si è accorto d'averla fatto così grossa. Per capirlo portiamoci con l'immaginazione in legatoria.Supponiamo che là ci sia una macchina che si chiama cucitrice e che, nel caso non funzioni bene, ci sia l'ordine di chiamare Vinicio. E invece Marco vuol ficcarci dentro le mani e spacca tutto e rompe tutto... e soltanto dopo va a chiedere aiuto da Vinicio. Ditemi un po': con che faccia andrà a chiedere questo aiuto, sapendo che la cucitrice l'ha rotta per colpa propria? Pensate un pochino a Pietro: che cosa avrà detto tra sé? Forse: «Che cosa ho fatto! Che lazzarone sono stato! Aveva ragione il maestro: io non ho pregato, mi sono messo nell'occasione e l'ho rinnegato dicendo che non lo conoscevo, ho giurato e spergiurato di non averlo mai visto». Pensate un momentino a Pietro. Se qualcuno ha fatto la dolorosa esperienza del peccato sa che esso dapprima è dolce, ma poi amaro; crede inizialmente che tutto sia bello, e poi sente la pesantezza di quello che ha commesso.Io credo che Pietro abbia sentito, dopo il suo peccato, cascargli il mondo in testa, il monte Tabor addirittura schiacciarlo, il monte Carmelo piombargli addosso dall'altra parte; abbia sentito, cioè, la gravità di quello che aveva commesso, dell'offesa fatta al suo maestro.Tuttavia c'è un altro cuore dall'altra parte: il cuore di Gesù, il quale, mentre sta pregando nel Getsèmani, comincia a soffrire tremendamente per la colpa di Pietro. Gesù nel Getsèmani, mentre sta agonizzando, patisce per l'infedeltà e la disobbedienza di Pietro che non prega; sente il peso della caduta di Pietro, sente che Pietro gli procurerà un dispiacere proprio perché non prega. Credete che ricevere del male da una persona beneficata ed amata è una delle ferite più grandi che si possono ricevere, più grande di quella che proviene da una persona estranea. Se un domani vengono i comunisti, sequestrano don Girolamo, lo bastonano e lo uccidono, pazienza: è tanto lungo e qualcosa resterà; ma se a sequestrarlo è proprio Vittorino, e con lui Faggian, i quali improvvisamente lo legano, viene spontaneo esclamare: «Come? Voi eravate due comunisti travestiti e nessuno ne sapeva niente! Proprio tu, Vittorino, proprio tu?». Capite ora la forza della famosa espressione: «Anche tu, Bruto, figlio mio!». Proprio Pietro, il capo della Chiesa, l'uomo circondato di tanto affetto da Gesù, colui che aveva anche compiuto miracoli, è proprio Pietro a rinnegare il suo maestro!ESEMPI pentimento
PREGHIERA meditazione, contemplazione
PECCATO DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
PAROLA DI DIO Vangelo
CROCE sofferenze morali
ESEMPI vari
Il riferimento è all’episodio di Gesù davanti al sinedrio, narrato in Mt 26,57-68; Mc 14,53-65; Lc 22,66-71 e Gv 18,19-24.
L’allusione è all’esempio portato poco prima quando paragonava il tradimento alla rottura volontaria della cucitrice della legatoria.
MI344,4 [2-041-1971]
4 Insomma, chi veramente vuol bene a Cristo che soffre nel profondo del suo cuore?Quando sarete più avanti negli anni e avrete sperimentato qualche volta anche voi che cosa vuol dire sentirsi abbandonati e soli, non avere vicino in certi momenti proprio quelli che dovrebbero essere vicini, allora forse, ingrandendo il rapporto perché qui le proporzioni sono immensamente più grandi, potrete capire che cosa deve avere sofferto il Signore in quel momento di abbandono: prima del rinnegamento c'è l'abbandono. Proprio quando avrebbe avuto bisogno di una parola fraterna, Gesù si è sentito solo, e inoltre coloro che avrebbero dovuto consolarlo gli hanno dato amarezza e procurato dolore.Mentre Gesù si trovava in mezzo a tutta quella gentaglia che voleva accusarlo e cercava, con falsi testimoni, di tirar fuori un capo di accusa per giustificare, poi, il proprio deicidio, mentre egli si trovava lì, gli Apostoli lo abbandonavano. Leggendo nel santo Vangelo che falsi testimoni accusano Gesù siamo portati a pensare a questi falsi testimoni, al dolore di Gesù, al sommo sacerdote che si straccia le vesti quando lui dice di essere veramente il figlio di Dio. Ricordate, però, che nel fondo del cuore di Cristo c'è un'altra ferita, di cui non si parla nel Vangelo, ma che è chiarissima: quella causata da Pietro perché, mentre Gesù viene ferito dagli avversari, viene ferito anche da un amico, proprio nello stesso tempo. C'è una piaga che si vede, e un'altra, intima, che non si vede; due cuori che soffrono: Pietro perché è caduto, Cristo perché è offeso da Pietro.Se ascoltiamo il linguaggio dei due cuori, noi sentiamo Pietro esclamare: « Ed ora, che farò? Come riuscirò ad incontrarmi con Cristo? Come è possibile riparare il guasto che ho arrecato alla macchina? », e Cristo che desidera incontrarsi con Pietro, non per rimproverarlo, ma per perdonargli. Ecco l'atto di amore.Una caduta che umilia quella di Pietro, un cuore trafitto quello di Cristo; uno è scoraggiato, l'altro vuole incontrarsi per portare il perdono.GESÙ
Via Crucis
GESÙ
sequela
PAROLA DI DIO Vangelo
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
Il particolare dello sguardo di Gesù, che è al centro della presente meditazione, è colto solamente da Luca l’evangelista della misericordia: Lc 22,61.
MI344,5 [2-041-1971]
5 È importante capire queste cose, amici miei, perché sono situazioni che si ripetono continuamente sulla terra: ogni peccato è una ripetizione del rinnegamento di Pietro, ogni peccato provoca nel peccatore che si pente veramente lo stato d'animo di Pietro. È utile, a questo proposito, conoscere anche lo stato d'animo del Cristo verso il peccatore. Gesù desidera ardentemente incontrarsi con Pietro per dirgli: «Me l'hai fatta grossa, bambinone che sei, veramente grossa! Però io ti perdono, ti amo, non cesso d'amarti». E quando Gesù, uscendo dal palazzo di Caifa, incontrerà lo sguardo di Pietro, uno sguardo confuso e supplicante, gli parlerà con gli occhi dicendogli: «Non peccare più, va’ in pace, ti ho perdonato».È necessario che noi per primi sappiamo dopo la caduta - e lo insegniamo agli altri - rivolgere il nostro sguardo a Cristo, perché lui, quando siamo caduti, aspetta solo che lo guardiamo per perdonarci. Però anche noi dobbiamo fare qualcosa, cioè guardarlo. Se oggi io cadessi nel peccato di Pietro o anche in uno più grande, come quello di Giuda, lo sguardo di Gesù è ancora lo stesso: uno sguardo pieno di dolore, ma anche di misericordia, uno sguardo che cerca la pecorella smarrita e vuol perdonare, perdonare. Però c'è un gesto che devo compiere: alzare anch'io il mio sguardo per incontrarmi con quello di Gesù, e allora avrò il suo perdono. L'atteggiamento che tante volte abbiamo detto necessario, cioè l'incontrarci con il Signore per chiedergli perdono delle nostre miserie, è l'incontro di due sguardi: quello di Gesù con il mio.Oh, se riuscissimo nella nostra casa di formazione a prendere questa bella abitudine: ogni sera, prima di andare a letto, guardare Gesù negli occhi, e negli occhi suoi vedere i nostri peccati, non per scoraggiarci ma per ottenere il perdono! Ecco, in sostanza, che cos'è l'esame di coscienza della sera: un guardare lui, un guardare con semplicità e amore il nostro Cristo, un riconoscere le nostre miserie senza passarci sopra con leggerezza, un avere il coraggio di guardare dentro di noi: non chiamando virtù ciò che non lo è, santità o zelo quello che è egoismo, apostolato quello che invece è ricerca della nostra soddisfazione personale, ma avendo la forza di guardare proprio Gesù negli occhi e sentirci dire: «Tu hai mancato!», guardarlo sapendo che è lì per perdonarci.PECCATO CONVERSIONE pentimento
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
PAROLA DI DIO Vangelo
PECCATO peccatore
FORMAZIONE case di formazione
CONVERSIONE esame di coscienza
Nel testo registrato don Ottorino cita l’espressione di Lc 22,62 in latino, anche se in modo poco corretto: “Et egressus foras Petrus flevit amare”.
Il riferimento è al sig. Stefano Pietribiasi, il quale collaborava nell’attività di preparazione degli audiovisivi, da poco iniziata nella Casa dell’Immacolata.
MI344,6 [2-041-1971]
6 Sono due cose, amici miei, che dobbiamo fare assolutamente:1) Essere sinceri: sentire, nello sguardo di Gesù, la realtà della nostra miseria, che non dobbiamo coprire con il nostro egoismo e la nostra superbia. Non chiamiamo santità ciò che non lo è; chiamiamo chiaramente peccato ogni infedeltà e incorrispondenza.2) Ricordare che non siamo destinati a fare la fine di Giuda che si impiccò, ma quella di Pietro, il quale «uscito fuori pianse amaramente». Il Signore, infatti, è in chiesa che ci attende ogni sera prima che andiamo a coricarci: non per rimproverarci, ma per perdonarci. Però vuole che siamo sinceri con lui.Oh, se in questo periodo di formazione riuscissimo a stabilire con il Cristo questa intima unione, ma veramente intima, in modo che appena commesso il peccato, e quando dico peccato non intendo quello mortale, ma anche il peccato veniale, anche l'imperfezione, appena commesso ciò che non piace al Signore, avessimo l'abitudine di guardarlo subito in faccia, quasi di strizzargli l'occhio, di dirgli: «Signore, ho sbagliato!», allora lui con un altro sguardo direbbe: «Coraggio, avanti, sforzati di non sbagliare la seconda volta»!Noi apostoli dovremmo proprio arrivare a stabilire una tale intimità con il Signore, per cui il peccato e le mancanze commesse non dovrebbero scoraggiarci. Però dovremmo acquistare l'abitudine di guardare lui, chiedergli subito il perdono e la forza per andare avanti.Noi siamo chiamati a salvare le anime, a portare i fratelli a Cristo.Ieri sera, nel reparto degli audiovisivi, si trovava quel pittore di Verona che voi conoscete, con i figli e la signora, la quale teneva tra le braccia un bambino. Il piccolo, quando ha visto Stefano con il camice bianco ha creduto che fosse il suo dottore, e ha incominciato a fargli boccacce e smorfie. Allora la signora, rivolta a Stefano, ha detto: «Voglia scusare perché il bambino ce l'ha con il dottore, e quando lo vede gli tira il muso». Stefano allora, perché il piccolo smettesse con le boccacce, si è tolto il camice, ma ormai non c'era più nulla da fare: egli era sempre il dottore per il bambino.VIRTÙ
trasparenza, sincerità
VIZI superbia
CONVERSIONE pentimento
DIO perdono di...
FORMAZIONE
GESÙ
unione con...
PECCATO APOSTOLO vita interiore
APOSTOLO salvezza delle anime
GESÙ
medico
ESEMPI Gesù
L’affermazione del popolo a Mosè si trova in Gen 20,19, mentre l’episodio del vitello d’oro è narrato in Gen 32,1-20.
Cfr. Gv 1,42 e 1,47.
Evidentemente don Ottorino accentua in modo scherzoso le antiche norme che reggevano la vita religiosa.
Nell’Istituto San Gaetano di Vicenza per molti anni una Comunità di Suore Poverelle di Bergamo prestò servizio per la cucina e il guardaroba.
MI344,7 [2-041-1971]
7 Quando un bambino accusa un po' di malessere lo si porta dal medico, e qualche volta stanchiamo questi piccini portandoli continuamente dai dottori, tanto che a volte dicono qualche parolaccia anche a tre anni, come il nipotino di don Guido quando l'hanno portato dal medico. Comunque i bambini vengono portati dal medico perché hanno bisogno di essere seguiti.Anche noi dobbiamo prendere l'abitudine di andare da Gesù perché abbiamo bisogno di essere da lui seguiti nel nostro sviluppo spirituale, nella nostra crescita dinanzi a Dio e agli uomini.Ma bisogna che anche nel nostro lavoro apostolico abituiamo le anime a guardare in faccia il Signore: proprio a guardarlo in faccia. Non possiamo comportarci come il popolo ebraico, il quale disse a Mosè: «Sali tu sul monte, parla tu con il Signore. Noi non ne abbiamo il coraggio; se vedessimo il Signore, moriremmo di spavento». E intanto non sono andati a incontrarsi con il Signore ed hanno finito per adorare il vitello d'oro. Noi, invece, dobbiamo portare i nostri fratelli al Signore. Quando i primi Apostoli incontrarono i loro amici e li portarono al Signore, avvennero degli incontri tra lo sguardo di Gesù e quello dei futuri apostoli. Gesù guarda ancora in faccia il futuro apostolo: «Oh, Franco! Che bravo ragazzo! Vieni con me: vieni e seguimi!».Nel Vangelo è sempre l'incontro di due sguardi che porta salvezza, che chiama.Abituiamo le persone, i giovani, specialmente nella direzione spirituale, negli incontri che facciamo con loro, a incontrarsi veramente con il Signore, per potersi veramente specchiare in lui. Adesso nelle vostre stanze avete uno specchio. Una volta ai religiosi era proibito dal Santo Uffizio collocare uno specchio in una stanza, tant'è vero che le Suore delle Poverelle, per regola, non si guardavano mai allo specchio, perché altrimenti sarebbero andate contro il voto di povertà, di castità o di obbedienza. E noi, quando sono state nel nostro Istituto, avevamo messo dei mobili vecchi nelle loro stanze, avevamo collocato delle tende con nel mezzo un mobile fornito di specchio, che avevamo coperto con un pezzo di drappo, fissato con chiodi, perché non potevano specchiarsi. Non so se di nascosto andassero a specchiarsi, sollevando leggermente il drappo, comunque allora era così. Adesso, invece, anche per la decenza, abbiamo specchi grandi anche nelle casette di Bosco. Ebbene, cerchiamo di averne uno nel quale guardarci continuamente: gli occhi del Cristo. Specchiamoci con semplicità e con gioia, ed educhiamo le anime a fare lo stesso: nel Cristo troveremo il perdono dei nostri peccati e la forza per non commetterne più.GESÙ
medico
PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
FORMAZIONE direzione spirituale
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
DIO perdono di...