IL PUNTO DEBOLE

MI346 [23-04-1971]

23 aprile 1971

MI346,1 [23-04-1971]

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L’UOMO VA COLTIVATO COME LA TERRARaccogliere i sassi (Asiago) arare - concimare - seminare.Come per la terra, così per le anime:Raccogliere i sassi e arare = conquistare con la carità.Concimare = preghiera e sacrifici (I corsillisti raccolgono il «capitale» necessario per l’azione apostolica).Seminare = con arte e con coraggio (pronti a essere respinti – la verità è verità).NB. Dove sono triboli possono uscire rose; è troppo comodo il solo raccogliere.Dagli appunti presi da due confratelli presenti alla meditazione:Ieri ero a Bosco di Tretto e, osservando intorno, pensavo alla prima visita a quel luogo dove doveva sorgere il «Villaggio San Gaetano». Sembrava allora che il g luogo non fosse adatto. Poi furono fatti i ripiani nel terreno e si costruirono le case. L'ambiente fu trasformato: aiuole, fiori, tappeto d'erba...Ci volle però un lungo lavoro di dissodamento, ci volle molta fatica, lo sforzo e l'impegno di tutti.Anche ad Asiago, in Val Giardini, c'erano mucchi dì sassi, raccolti dai contadini per sfruttare poi il terreno, piantando erba o patate.Come un terreno bisogna dissodarlo, concimarlo e seminarlo, e dopo si raccolgono i frutti, così avviene per la nostra anima e per quelle che ci saranno affidate: prima si prepara il terreno e si concima, poi si semina e si raccoglie.Noi siamo mandati a tutte le genti e siamo chiamati non solo a raccogliere, ma anche a compiere tutte le operazioni preliminari: e questo vale sia per la nostra anima come per le altre.Vuoi essere santo? Lavora la tua anima; talora è difficile «la direzione delle anime è l'arte delle arti», costa fatica praticare le virtù e vincere i difetti. Talora sottovalutiamo lo sforzo da compiere per essere cristiani e santi.Per essere santi bisogna essere grandi ribelli alle proprie passioni e all'ambiente; spesso bisogna «agere contra».Per essere santi abbiamo bisogno della direzione spirituale, che consiste nel mettersi in mano di un sacerdote, perché usi la «ruspa» o il piccone per dissodare l'anima. Bisogna naturalmente avere stima del padre spirituale.Siamo tutti un po' «selvaggi»: se non ci si accorge, vuol dire che lo siamo di più e abbiamo più bisogno di direzione spirituale. Bisogna abbassare le montagne e colmare le valli! Scopriremo che spesso agiamo per interesse, cioè perché piace a noi, più che per fare ciò che piace a Dio. Dobbiamo metterci di fronte a Dio e chiedere che ci dica cosa dobbiamo togliere da noi.Sarebbe doloroso presentarci a Dio e vedere il fallimento della nostra vita per la nostra mancata generosità. Talora non abbiamo il coraggio di compiere tutte le operazioni nella nostra anima (arare, concimare con la preghiera, seminare...) e perciò non si riesce a cogliere la volontà di Dio.Lo stesso vale nell'apostolato: non troveremo i santi già fatti, ma incontreremo anime che devono essere dissodate con un lavoro paziente e costante. Le avvicineremo con carità e gentilezza umana, ma dopo il primo passo di avvicinamento bisogna avere il coraggio di «piantare il piccone», presentando tutto il messaggio di Cristo, a costo di essere segno di contraddizione. Bisogna avere il coraggio di annunciare la verità e il Cristo fattosi uomo per salvarci.Bisogna preparare le anime per «l'intervento chirurgico» che deve fare Cristo in loro, a costo di rompere l'amicizia tra noi e loro. Guai a differire anche di un solo minuto l'ora in cui Cristo vuole che diciamo a un'anima: «Non licet!»Di qui la necessità di raccogliere «capitale» (come fanno i cursillisti), perché non si possono salvare le anime senza prima aver pregato e fatto penitenza. Perciò prima di seminare la parola di Dio, occorrono preghiere e sacrifici. Bisogna far penitenza, altrimenti non si può pretendere che le anime si salvino. Un'anima non si salva senza spargimento di sangue. Dobbiamo dare qualcosa di noi stessi: preghiera e penitenza, per «pagare» le anime. Dove c'è un santo che prega e soffre, fioriscono i santi (ad esempio ad Ars).Cristo non ci ha mandato a raccogliere, ma a seminare. padre Carlo De Foucauld ha seminato, altri raccolgono.Talora il Signore permette che raccogliamo dove altri hanno seminato: allora il merito non è nostro, ma di altre anime.Non dobbiamo scoraggiarci nel constatare talvolta che le anime resistono alla grazia; dobbiamo invece avere il coraggio di insistere.Non si costruisce un cristiano o un santo da soli: occorre l'aiuto di altre anime.L PUNTO DEBOLEIl medico: «Si curi quella ciste, si operi di quell’ulcera: può degenerare!».Spiritualmente: ognuno ha il suo punto debole: può degenerare! È un punto contro i comandamenti di Dio: contro la carità, eccetera.a) Cercare il punto debole: con sincerità con il desiderio di rimediare b) Programmare una salita: con Diocon un compromesso anche umano con il padre spirituale o un amico (vedi cursillisti)c) Chi ha tempo non aspetti tempo: «Hodie, non cras», il domani è nelle mani di Dio; potrebbe essere tardi.

PASTORALE

PECCATO passioni

CONVERSIONE esame di coscienza

La registrazione è per un breve tratto iniziale molto frammentaria. Probabilmente si è cercato di cancellare per evitare che venisse ascoltata da Lorenzo Centomo, alla cui malattia don Ottorino fa preciso riferimento, cioè a un polipo degenerato in un tumore che l’avrebbe portato alla morte l’anno seguente. Per questo motivo le frasi iniziali sono parzialmente ricostruite sulle poche parole comprensibili

Lorenzo Centomo, nato il 25 marzo 1947, entrò in giovane età nella Casa dell’Immacolata. Venne colpito da un tumore durante il corso teologico, e il 16 luglio 1970 subì un serio intervento chirurgico a Padova. Morì il 30 aprile 1972, un mese prima di essere ordinato sacerdote. Negli ultimi anni collaborava con il maestro dei novizi, e tre mesi prima della morte scrisse una lettera a un giovane confratello, Valerio Geremia, che da poco aveva emesso la professione, esponendo la sua visione della vita consacrata come atto di amore. Don Ottorino stesso ebbe modo di commentare il contenuto della lettera, affermando che corrispondeva in pieno alla sua stessa concezione della vita religiosa.

Nel testo registrato don Ottorino ricorda una espressione latina “pincipiis obsta” che è parte di un distico del poeta latino Publio Nasone Ovidio: “Principiis obsta; sero medicina paratur cum mala per longas convaluere moras”, che significa: “Rimedia in principio, perché tardi si prepara la medicina, quando i mali, con i lunghi indugi, hanno preso vigore”.

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2 Questa mattina faremo la meditazione prendendo lo spunto dalla malattia di Lorenzo Centomo.
Tutto è cominciato con un piccolo polipo, che è degenerato in tumore. Lorenzo si è fatto visitare dal medico, che ha detto: «Bisogna operare al più presto!». Lorenzo è stato operato e il chirurgo ha assicurato che l'intervento è riuscito. Possiamo ringraziare il Signore perché Lorenzo si sta rimettendo abbastanza bene. Non potrà lavorare come gli altri, perché sarà gracile di salute, ma fra un anno sarà sacerdote e allora potrebbe continuare a collaborare con il maestro dei novizi, magari, in America Latina, a Buenos Aires.Una cosa, però, dobbiamo imparare: ci sono malattie che da principio appaiono trascurabili, ma che possono degenerare e diventare gravi, se non vengono curate in tempo.Amici miei, sono infezioni che tante volte si attaccano al nostro corpo alle quali bisogna subito porre rimedio, altrimenti quando si ricorre alla medicina è troppo tardi. Sono cose che devono essere curate da principio, come un raffreddore: se non si cura, il raffreddore può diventare una grave malattia, come capitò a una sorella di mio padre di neppure vent’anni di Anconetta, la quale trascurò un raffreddore che degenerò in tisi e poi in tumore, e finì al cimitero.Noi abitualmente ci preoccupiamo del nostro corpo perché abbiamo sentito, abbiamo visto qualche indizio. Talora capita anche che non badiamo a questo o a quel disturbo, mentre dovremmo stare più attenti. In genere, però, noi ci preoccupiamo del nostro corpo.Questa mattina vorrei fare un parallelo con lo spirito. Di esso, senza accorgerci, non ci preoccupiamo perché non tocchiamo, non abbiamo la possibilità di vedere se c'è un cancro, non sentiamo alcun dolore, non vediamo un qualcosa che appaia esternamente, come potrebbe essere un foruncolo od altro. C'è però qualche cosa. E vorrei anche aggiungere questo: di solito tutti abbiamo un qualche cosa che, se non lo curiamo in tempo, può degenerare; forse non ci porterà al sepolcro, ma può degenerare in una forma tremenda.

CONGREGAZIONE appartenenza

PECCATO passioni

CREATO

FORMAZIONE

Nell’esempio scherzoso don Ottorino nomina Giovanni Battista Battilana, all’epoca ancora novizio e aiutante in cucina per tagliare la carne, dove la responsabile era Teresina Todescato, e Giorgio Girolimetto, studente dell’ultimo anno del corso teologico e incaricato della cantina.

Don Ottorino, in tono scherzoso, immagina che Marco Pinton, allora studente del 2° anno del corso teologico, vada in Romagna a far visita al fratello don Luca, parroco a Portonovo (BO), e lì abbia una relazione con una ragazza, che chiama Marchetta, dalla quale poi nasce un figlio, un nuovo Marchetto.

Don Ottorino nomina anche don Dario Crestani, compagno di corso di Marco Pinton.

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3 Supponiamo che Battista, approfittando della confidenza o, meglio, della fiducia che gli concede la Teresina, quando va in cucina a tagliare la carne macellata, all'insaputa di tutti si beva qualche bicchierino di grappa: prima un bicchiere piccolo, poi uno più grande e, infine, una scodella. E questo, naturalmente, con grave danno di Giorgio che, poverino, vede sparire una al giorno, ogni mattina, quelle famose bottiglie. Amici miei, ricordatevi bene che non si diventa alcoolizzati perché si è esagerato un pochino una volta, ma perché piano piano ci si è abituati all'alcool.
Nel campo spirituale è proprio così: non è per una sola mancanza grave che si arriva un domani sull'orlo della morte spirituale. Quante volte in questa o nell'altra cappella io vi ho detto che a me non fa paura un religioso che commette una mancanza veramente grave! A un dato momento, che cosa può succedere? Supponiamo che Marco vada a Crotone o vada in Romagna a trovare il fratello. Rimane con lui tre o quattro giorni e, dopo un po' di tempo, mandano a dire che c'è un "Marchetto" che va gironzolando da una parte o dall’altra. Capite bene che cosa voglio dire. Naturalmente Marco viene da me piangendo: «Che cosa vuole! È stato così: mi sono incontrato... è stato un caso... una "Marchetta"...». Sì, un momento di debolezza! Ed io, caro Dario, mi meraviglierei di meno se succedesse che Marco portasse a casa un "Marchetto" moltiplicando così le vocazioni, che di qualche cos'altro. Scherzi a parte, guardate che qualche cos'altro può essere più pericoloso anche di una mancanza grave.

ESEMPI peccato

CONSACRAZIONE religioso

CREATO

Cfr. Mt 26,75; Mc 14,72 e Lc 22,62.

Cfr. Gv 12,6.

Forse don Ottorino nomina Giuseppe Biasio, che all’epoca frequentava l’ultimo anno del corso teologico.

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4 In genere, durante tutti questi anni che io sono tra voi - non proprio tra voi, ma in mezzo ai giovani di questa casa, perché trent'anni fa voi, almeno alcuni di voi, non c'eravate - ho notato che le mancanze gravi non sono motivo di disastri. E ne sono capitati, ne sono capitati! Ho visto qualcuno, che oggi sta lavorando apostolicamente in modo meraviglioso, piangere le proprie mancanze, i propri sbagli, i propri errori. Eppure non sono stati questi a rovinare una vocazione, una vita cristiana: sono le piccole cose non curate, appunto perché piccole, e perciò trascurate, come un raffreddore. Infatti, se ti capita una febbre a quaranta o qualcosa come una broncopolmonite, ci si mette per forza a letto, non si è capaci di stare in piedi. È, invece, un semplice raffreddore, considerato una stupidaggine da nulla, che di solito porta alla morte nel campo spirituale, e non la grande caduta che è motivo di pianto e di pentimento: «Che bestia sono stato!».
Ricordo un chierico, non dei nostri: quanto ha pianto un giorno con me, quanto ha pianto! «Che cosa ho fatto! Com'è capitata una simile cosa? Non so ancora rendermene conto», andava ripetendo. E dopo anni e anni che è prete, quando lo incontro, di tanto in tanto mi dice: «Non so ancora rendermene conto!», e piange di nuovo. E questo è successo quando l'ho incontrato anche non molto tempo fa. Perché? Perché, insomma, ha capito la gravità del suo errore: è stato un momento di debolezza. Anche Pietro pianse amaramente: «Exiit foras et flevit amare». Chissà quante volte, durante la sua vita, Pietro si sarà domandato: «Ma come, come ho fatto?»! Giuda, invece, poiché teneva la cassa dei denari e la cassa aveva un forellino, proprio attraverso quel forellino si è perso. Capisci, Giuseppe?

FORMAZIONE

ESEMPI peccato

CONVERSIONE pentimento

Piergiorgio Santagiuliana, che frequentava allora il 1° anno del corso teologico, effettivamente soffriva di ulcera. Don Ottorino per scherzo dice che era stata causata da una bottiglia di grappa.

Don Ottorino continua ad usare lo stesso linguaggio che ha usato all’inizio per parlare della malattia di Lorenzo Centomo.

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5 È motivo di preoccupazione non uno che un bel giorno perde la testa, scende in cucina, si prende una bottiglia di grappa, si ubriaca con tutto il suo gruppo e confessa: «Sì, ho sbagliato, ho sbagliato!», ma chi ruba un bicchierino al giorno perché ogni giorno fa un atto di volontà e dice: «Voglio rubare». Capisci, Battista? Questi ogni giorno fa un atto di volontà come se affermasse: «Non mi interessa Dio, non mi interessano le leggi e le disposizioni... Voglio, voglio!». E non è il voglio di un momento che poi fa venire il mal di stomaco, come è capitato a Piergiorgio quando, per un attacco d'ulcera, ha detto: «È stata una bottiglia di grappa che mi ha fatto venire l'ulcera. Pazienza, ho sbagliato!», e ora deve fare un po' di penitenza con la sua ulcera , ma è la piccola mancanza continua alla quale non si da importanza. Bisognerebbe che ognuno di noi avesse il coraggio di guardare dentro se stesso e la forza di dire: «Anch'io ho qualcosa dentro di me che può degenerare».
Quando noi facciamo l'esame di coscienza, di solito osserviamo le mancanze che sono gravi, che apparentemente si mostrano più gravi e sono veramente le più gravi in se stesse. Chi commette un peccato impuro, chi fa una mancanza di carità, chi non compie il suo dovere... nell'esame di coscienza riconosce lealmente: «Qui, insomma, sono stato un lazzarone, qui non ho fatto il mio dovere, io mangio il pane a tradimento». Chi è mancato nella carità o ha criticato qualcuno dietro alle spalle o ha commesso qualcosa del genere, se ne accorge subito nel suo esame e pensa: «No, non ho amato... sono stato un vigliacco! Ho parlato male con il mio compagno di un amico, mentre non avrei il coraggio di dirgli a quattrocchi i suoi errori, poi ho detto le cose in quel modo. Sono cose vere, d'accordo, ma ciò non importa: io, infatti, non sarei contento di essere trattato così». Queste mancanze di solito le vediamo, di solito balzano chiare.Invece noi siamo tutti - me compreso - portati, forse, per natura, a non rilevare quelle piccole cose, che sembrano piccole, ma dovrebbero essere tenute d'occhio più di quelle grandi, perché sono legate tra loro da un vizietto, un piccolo vizio, che piano piano ci porta a diventare degli alcoolizzati, ad essere impuri, ci conduce generalmente alla superbia, all'egoismo. D'ordinario prima entra in noi l'egoismo e poi l'impurità. Nel novantanove per cento dei casi in queste malattie si avverte la presenza di piccoli polipi di egoismo, che poi degenerano piano piano in egoismo perfetto e arrivano all'impurità più perfetta possibile.

CONSACRAZIONE mediocrità

CONVERSIONE esame di coscienza

VIZI

MI346,6 [23-04-1971]

6 Se noi analizziamo, per esempio, le cadute dei preti, delle suore, dei papà e delle mamme di famiglia, cioè praticamente dei cristiani, ci accorgiamo che, in fondo, c'è una dominante, una dominante che è quella che piano piano ha portato a quel disastro. Se nel passato voi - parlo ai più vecchi - avete visto don Ottorino reagire in modo villano e forte contro qualcosa che a voi sembrava una stupidaggine, dovete capire che io lo facevo perché in quella stupidaggine notavo non un piccolo male, che poteva essere curato con leggerezza, e anche non curato, ma qualcosa che era legato ad un filo e che avrebbe potuto degenerare.
Per esempio, posso notare in uno di voi un piccolo foruncolo, che dubito possa diventare un domani un serio pericolo, e allora gli ripeto continuamente: «Va’ all'ospedale, va’ a fartelo esaminare». E lui ribatte: «Mamma mia! Per un foruncolo... Che cosa vuole che sia!». E magari ad un altro, che ha una gamba zoppicante, non dico un bel nulla. «Che testa ha don Ottorino! A me, per una robetta fa un sonoro rimprovero e invece a quell'altro, che ha una gamba zoppa, nemmeno la più piccola osservazione!». Quell'altro ha giocato al pallone, gli si è gonfiata la gamba e adesso deve far penitenza mettendosi a riposo fino alla guarigione. Ma io so che quello nel giro di un breve spazio di tempo ci penserà sul modo di giocare al pallone la prossima volta, altrimenti dovrà, poi, portare ancora pazienza, mentre nel foruncoletto c'è qualcosa per cui, se si aspetta troppo, alla prima visita il medico manderà a casa un biglietto dove è scritto che non c'è più niente da fare.Se nel passato ho fatto tante volte il cattivo - e lo faccio anche nel presente - per cose piccole, posso avere sbagliato diagnosi, ma preferisco sbagliare la diagnosi di dieci foruncoli e salvare l'undicesimo, piuttosto di sbagliarla di tutti undici. Questo è affetto, è amore. Quando voi mi vedevate fare quelle scenate, qualche volta un po' dure, io sapevo che come conseguenza avrebbero lasciato, in chi le subiva, il distacco del cuore da me, ma l'affetto per voi, per le vostre anime, per il Cristo, era così grande in me che accettavo anche questo distacco pur di salvare una vocazione, salvare un cristiano, darvi forza e farvi mettere il naso dove il demonio non voleva, perché sapeva che avrebbe, così, perduto lui la battaglia.

ESEMPI peccato

FORMAZIONE

CROCE Demonio

MI346,7 [23-04-1971]

7 Adesso, ormai, avete raggiunto un'età nella quale questa operazione dovete farvela da soli. Avrete notato che in questi ultimi tempi non ho più reagito con forza, anche perché ho visto che qualcuno di voi ha preso le cose sul serio ed ha capito che a un dato momento bisogna impegnarsi. Dai contatti che ho con qualcuno di voi mi rendo conto che, buona parte, siete impegnati in questo sforzo, ma guardate che qui si tratta di impegnarsi sul serio. Non dobbiamo arrivare allo scrupolo, ma avere la consapevolezza che bisogna affrontare un pochino la ricerca di noi stessi nel nostro intimo, per vedere quelle radici poco buone che dobbiamo assolutamente estirpare; naturalmente, estirpando queste, facciamo crescere le altre. Perché, vedete, certe virtù che sono in noi e anche certi nostri doni naturali, spesso si fanno crescere con mezzi indiretti: togliendone i parassiti. I difetti, che sono apparentemente piccoli, di solito sono dei parassiti talmente grandi che fermano anche lo sviluppo della personalità cosiddetta esteriore, delle doti esteriori: riducono nel giovane il suo crescere naturale, gli tolgono un po' della sua bellezza giovanile ed anche del suo comportamento gioioso e gaio.
Ricordate le piante che avevamo in cortile? Nei loro tronchi erano rose da certi vermi, abbastanza grossi, che facevano un buco da una parte o dall’altra, e tutta la pianta ne soffriva. Erano cose piccole in sé, insignificanti: che cos'è, infatti, un piccolo bruco a confronto di una grossa pianta? Eppure uno solo è sufficiente per creare in essa una disfunzione e farla morire. Quante volte ho sentito don Aldo dirmi: «Osserva quelle piante: o ve ne prendete cura o moriranno, o fate morire i vermi oppure le piante moriranno». È sufficiente un piccolo bruco, che poi diventa un po' più grande, per far morire a un dato momento una pianta.Tante volte non è necessario che il difetto divenga tale da apparire esteriormente; spesso può esserci in noi un difetto piccolo, piccolo, un difetto che si mostra esteriormente piccolo, per cui dinanzi ai confratelli e alla gente possiamo apparire più santi degli altri. Per esempio, uno può avere un difetto appariscente e allora si dice: «Che vuoi? Quello è un maleducato o qualcosa di simile»; un altro, invece, ha una superbia fine, un fine egoismo, che proprio non si vede. Però, se lo si esamina attentamente, o meglio se lui si esamina profondamente dinanzi a Dio, deve concludere: «Onestamente io cerco me stesso. Dico di cercare Dio, lo faccio vedere esteriormente, anzi qualche volta inganno me stesso, credo di cercare Dio e la sua gloria, e invece, in pratica, sto cercando quello che mi piace e mi serve: sto innalzando un piedistallo per me, un piedistallo umano, senza accorgermi».

DOTI UMANE buona volontà

PECCATO passioni

VIZI

VIRTÙ

DOTI UMANE personalità

ESEMPI peccato

PECCATO difetti

FORMAZIONE

Il riferimento è al religioso Ugo Gandelli, che all’epoca stava completando il corso per ragionieri.

MI346,8 [23-04-1971]

8 Io in questo momento non mi riferisco a nessuno, perché se adesso notassi apparire in qualcuno di voi una cosa simile glielo direi. Non rimprovererei quel tale che si ubriaca una sola volta, ma quell'altro che di nascosto va a bere bicchierini di vino lo richiamerei senz'altro al dovere, sentirei il bisogno di richiamarlo. Questa mattina non tocco quest'argomento con l'intenzione di dirvi, ad esempio: «Sta’ attento, Ugo : tu hai questo e quest'altro difetto e non ho il coraggio di dirtelo in faccia». Vi dico questo perché ognuno di noi, me compreso, dobbiamo metterci dinanzi a Dio e con l'aiuto del padre spirituale e dei compagni, che in questo caso valgono spesso più del padre spirituale perché ci vedono da vicino, con l'aiuto anche dei superiori e dei fratelli maggiori che sono in mezzo a noi, dobbiamo andare alla ricerca di questa dominante negativa, che ognuno ha dentro di sé, per correggerla, per tenere sempre pronto sul trampolino di lancio un missile per cui è sufficiente premere il pulsante e quello parte. Non si può attendere che scoppi qualcosa per far partire il missile, perché quando uno si muove per premere il pulsante è già morto.
In trent'anni di sacerdozio ho visto più di una morte provocata da questi germi interni che sono le passioni. In fondo si tratta della passione dominante, che ci porta al vizio dominante. Per questo dovrebbe esserci una preoccupazione, una vera preoccupazione da parte dei singoli che faccia dire: «Io voglio assolutamente scoprire me stesso». E se uno di voi in questo momento, dinanzi al Signore, dicesse: «Beh, per grazia di Dio, mi pare di non avere nessuna passione dominante», costui è più ammalato degli altri, perché io non ho ancora trovato un'anima che lavori sul serio la quale non conosca la sua passione dominante o neghi di averla. Io conosco benissimo la mia e vi assicuro che mi fa sudare ancora. Certo, se invece io la coltivo, se la lascio andare, allora non mi fa sudare per niente; ma se io continuo a tenerla d'occhio, mi accorgo che essa influisce tremendamente in tutte le mie azioni.

PECCATO difetti

ESEMPI vigilanza

VIZI

PECCATO passioni

CONVERSIONE esame di coscienza

Don Ottorino prende l’esempio da una macchina che aveva acquistato a Luino (VA) sul Lago Maggiore per il laboratorio degli audiovisivi, che serve a sviluppare l’immagine delle pellicole

Don Ottorino scherza con il giovane Raffaele Testolin, che probabilmente qualche giorno prima era stato colto da un improvviso malore.

Le saldature delle travi di ferro in una costruzione sono i punti soggetti a maggior trazione e quindi i punti più deboli.

MI346,9 [23-04-1971]

9 Fra non molto arriverà la sviluppatrice per il nostro laboratorio cinematografico. A Luino ci hanno detto che ci vuole un apparecchio, che con una brutta parola si chiama «piaccametro» e che serve a misurare il grado di acidità dei bagni. Perciò, al mattino, prima di far funzionare la macchina, bisogna provare l'acidità di tutti i bagni ed eventualmente correggerla.
Ognuno di noi dovrebbe avere un «piaccametro» e misurare mattina e sera il grado di acidità dei propri bagni; anzi, vorrei dire, dovrebbe misurarlo spesso, anche durante le sue azioni. Fatta una predica o una confessione, avvicinata un'anima, con il «piaccametro» regolato secondo Dio, ognuno dovrebbe misurare particolarmente quanto ha influito la passione dominante sul suo operato e chiedersi con onestà: «Quanto ha influito la mia passione dominante su questa azione?». E se il «piaccametro» segna un grado di acidità superiore al normale, dovrebbe ammettere: «No, questo non piace al Signore».Non ricorro a casi particolari perché non voglio fare alcuna allusione a nessuno, perché dovrei farla, prima di tutto, a me stesso, però bisognerebbe che noi, se vogliamo prendere sul serio la nostra missione apostolica, che è appunto missione di aiuto ai fratelli perché raggiungano Dio, ci rendessimo conto prima di quello che significa raggiungere Dio e affrontassimo sul serio la nostra salita verso di lui. Guardate che a questo riguardo non siamo mai, mai, mai sicuri. Qui non si tratta di mettersi in uno stato di timore o di scrupolo, ma di essere coscienti che la passione dominante non è mai a posto: è un cane legato a una catena, per cui bisogna controllare ogni tanto la catena. Non si deve avere paura. Se a un dato momento uno ha dominato la sua passione, non deve avere paura, però deve sapere che essa è come un cane che ha in casa e che deve essere controllato. Uno che ha sofferto un infarto ha poi un po' di attenzione. Non è vero, Raffaele, che ne hai già avuti due? Chi ha sperimentato la propria debolezza, anche se non è caduto in peccati gravi, ma ha constatato che la sua passione dominante l'ha portato fino all'orlo estremo, deve dire: «Devo stare attento perché è già capitato due o tre volte nella mia vita; potrebbe capitare per la quarta volta ed essere la mia rovina». Se, per esempio, un giovane ha perduto un po' la testa con questa e quella donna, arrivato a cinquanta o a sessant'anni, già sposato e con famiglia, deve stare attento e pensare: «Può capitare che a questa età rovini la mia famiglia e me ne vada con un'altra donna», come è avvenuto ultimamente a un novantenne che ha chiesto il divorzio. Un avvocato mi ha raccontato il caso di un signore di novant’anni, con una moglie di ottantaquattro, che ha chiesto il divorzio. Non illudetevi quindi dicendo: «Sono arrivato ad una data età per cui la mia passione è terminata, l'ho uccisa con la grazia di Dio, con l'aiuto di Dio». State attenti perché le passioni dominanti non muoiono: possono essere legate, possono sembrare morte, ma bisogna vigilare fino al giorno della morte perché sono i nostri punti deboli, i punti saldati della nostra costruzione. E allora io posso dirvi questo: quante volte ho visto, sempre nel campo della confessione, questi ritorni di fiamma! Quante volte ho visto delle lacrime! «Pensavo... pensavo... Sì, da giovane mi è capitato qualche volta». «Si è poi curato?». «No! Pensavo che non ci fosse più il pericolo». E invece il momento, l'occasione, l'attimo di debolezza è arrivato, e ne è nato un disastro.

ESEMPI vizi

PECCATO passioni

CONVERSIONE esame di coscienza

APOSTOLO missione

APOSTOLO salvezza delle anime

VIRTÙ

prudenza

MI346,10 [23-04-1971]

10 Mi pare che, dovendo noi trattare con le anime, trovandoci continuamente in mezzo a tante occasioni, come il medico che è in un ospedale e a contatto di cose infette, a un dato momento, per non essere contagiati e travolti dal male, dobbiamo prendere degli antibiotici, qualche medicina. Perciò la nostra passione dominante va continuamente curata con qualche piccola pillola.
È la superbia? Deve essere curata con atti di umiltà, mettendosi ogni giorno, con semplicità, dinanzi a Dio: «Signore, tienimi una mano sul capo, dammi la grazia di essere umile». Basta, forse, una piccola pillola di questo genere: riconoscere ogni giorno della vita che, se il Signore non tiene una mano sul capo, si diventa superbi.È l'impurità? Qualcuno sente, insomma, che è veramente difficile agire onestamente? In questo caso si è portati ad agire facendo distinzione tra le persone preferendo chi è simpatico, e perciò mossi più dalla simpatia che dall'amore di Cristo. Cari miei, siccome è umano che uno piaccia di più e un altro di meno, allora può succedere che a colui che piace di più diamo tre bistecche, e a chi piace di meno una crosta di formaggio. Ma il Signore ci dice: «No! Io ti ho dato il necessario per dare da mangiare a tutti. Forse chi ti piaceva di meno aveva bisogno della bistecca più dell'altro». E allora perché noi, distributori dei doni di Dio, non abbiamo da compiere ingiustizie, dobbiamo tenere controllata la nostra passione dominante. Se uno ci piace di più, non c'è niente da fare perché la natura è natura, però sopra la natura esiste un dovere e noi dobbiamo compierlo.Amici, non ditemi che voi non siete influenzati dalle passioni, che non ne avete nessuna, perché mi direste una bugia. Io devo ancora conoscere un uomo, tra quelli che ho avvicinato intimamente, che non abbia qualche cosa dentro di sé che tenti di dominarlo, qualche cosa che può degenerare in modo tremendo.

ESEMPI apostolo

PECCATO passioni

VIRTÙ

umiltà

VIZI superbia

VIZI lussuria

ESEMPI onestà

Don Ottorino è sempre molto concreto e pratico nei suoi esempi, passando con estrema facilità dal campo materiale e quello spirituale.

MI346,11 [23-04-1971]

11 Allora voi mi domanderete: «Ma come si fa a vincerla? Che cosa si dovrebbe fare?». C'è tutto un lavoro positivo che avevo messo per iscritto in questa scheda e di cui farò qualche accenno.
Cari miei, ci vuole un programma di vita vero e proprio, un programma tracciato con Dio, con il proprio padre spirituale, un programma onesto. Quando si va dal medico questi prescrive un modo di vivere, una specie di dieta da seguire, una cura: «Lei, le assicuro io, starà bene fino a cent'anni, purché beva birra ogni giorno perché chi beve birra campa cent'anni. E poi, mi ascolti, vada ogni anno per una breve settimana a Montecatini e dopo... stia pur sicuro... E ogni giorno faccia questo, questo, questo... Può starsene veramente tranquillo».Bisogna arrivare a questo punto, a questa piccola cura, perché il fegato malato lo abbiamo tutti, e questo fegato qui bisogna curarlo. Ci vuole una cura spirituale che non è uguale per tutti, come può darsi che ad uno faccia bene la birra, ad un altro il cognac; non c'è niente da fare! Non si può dire: «Tutti quelli che son superbi, facciano così...». Per carità, i mezzi sono diversi. Ad uno può bastare ogni giorno un chilo di radicchi di campo, ad un altro un chilo di castagne secche: le cure sono diverse. L'essenziale è che chi ha una malattia deve curarla, e poiché l'abbiamo tutti bisogna tenerla sotto controllo: è cosa che va controllata. Se uno è stato in sanatorio non deve spaventarsi, ma ogni anno deve farsi le radioscopie, tenersi sotto controllo, in modo che se c'è qualche piccolo sintomo di ricaduta si possa intervenire con prontezza: non deve farne una malattia, ma agire con semplicità e con serietà. Così noi, dinanzi a Dio e dinanzi al padre spirituale, con l'aiuto anche dei confratelli, cerchiamo di tenere sotto controllo il cane, perché ci può divorare quattro giorni prima che moriamo, può causare dei disastri che poi diventano irrimediabili.

FORMAZIONE direzione spirituale

ESEMPI direzione spirituale

PECCATO passioni

Don Ottorino scherza con Giuseppe Biasio, entrato nella Casa dell’Immacolata con il diploma di ragioniere per cui non doveva conoscere né il latino né il greco. Giuseppe però all’epoca stava completando il corso teologico per cui era in grado di capire perfettamente le parole latine citate da don Ottorino

Don Ottorino nomina alla fine il diac. Vinicio Picco, notoriamente appassionato delle escursioni e della montagna.

MI346,12 [23-04-1971]

12 Qui c'è un pericolo ed è questo, che si dica: «Cras, cras, cras!», mentre i santi dicevano: «Hodie, hodie, hodie!». Traduciamo per Giuseppe, che non sa il greco: «cras» significa «domani», «hodie» vuol dire «oggi». I santi si sono fatti santi eseguendo subito quello che avevano stabilito di fare, e non rimandandolo a domani; gli altri, invece, l'hanno sempre rimandato a domani, dicendo: «Eh... andrò a confessarmi domani... domani incomincio... domani...». Qui si tratta proprio di dire: «Io voglio cominciare oggi, voglio vedere dentro di me oggi, voglio cercare di correggermi con l'aiuto di qualcuno che mi dia una mano se non sono capace da solo, senza scoraggiamenti, senza abbattimenti d'animo, con lealtà e sincerità». La vita è tanto breve per cui penso che ognuno di voi desideri raggiungere subito la santità, una santità serena e gioiosa, che ognuno di voi voglia diventare uno specializzato nel guidare le anime.
Ricordatevi bene che oggi la gente, e in modo particolare la gioventù, si lamenta perché non trova direttori di anime. Non si può guidare uno nella scalata di una montagna se prima non si è fatta quella scalata. Perciò, se volete divenire dei maestri, dei direttori di anime, bisogna che prima voi vi convinciate che occorre salire, che prendiate sul serio la piccozza e tutto il necessario e cominciate la scalata. Sul principio si pianterà un chiodo e si farà un passo in avanti e due indietro, e ci si romperà, magari, una gamba, ma dopo si avrà la gioia del nostro caro Vinicio di piantare la bandiera sopra la vetta della montagna di Dio.

CONSACRAZIONE santità

DOTI UMANE buona volontà

VIRTÙ