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LA MEDITAZIONE COMUNITARIA

MI351 [12-05-1971]

12 maggio 1971

MI351,1 [12-05-1971]

1

«TIMEO DOMINUM TRANSEUNTEM»

LA PAROLA DI DIOUna breve sosta nel nostro cammino: perché venite qui? a) Perché tocca? b) Perché è minor fatica che il fare meditazione da soli? c) Con spirito di critica? d) Con fede? attiva? passiva?S.O.S. Dio passa: o vita o morte. «Si sa: don Ottorino dice sempre le solite cose!». Per qualcuno potrebbe essere l’ultima volta che le sente.

PAROLA DI DIO

In quel periodo don Ottorino dettava la meditazione ai religiosi e ai novizi due volte alla settimana, al mercoledì e al venerdì.

«Temo il Signore che passa»: celebre frase di Sant’Agostino che sottolinea la necessità di corrispondere alla grazia attuale del Signore.

Don Ottorino in quel tempo celebrava abitualmente la Santa Messa per le donne che lavoravano nella cucina e nel guardaroba della Casa dell’Immacolata, che familiarmente chiamava pie donne. Fra di loro c’era anche Teresina Todescato, che nomina subito dopo parlando di Villa San Giovanni, casa donata all’Istituto nel 1970 e ristrutturata per ospitare benefattori anziani.

MI351,2 [12-05-1971]

2 Sia lodato Gesù Cristo!
La meditazione di questa mattina è, in un certo senso, un po' strana. Quando si è in cammino, ci si ferma ogni tanto un pochino anche per riposare: fate conto che questa sia una meditazione di sosta per riposarci alquanto sul tragitto che stiamo percorrendo insieme circa la revisione della nostra vita religiosa, della nostra donazione. Vi sarete accorti che da cinque o sei volte stiamo mettendo le mani sulle realtà intime di casa nostra, e l'intenzione sarebbe di continuare a frugare ancora. Questa mattina facciamo una piccola fermata e chiediamoci: come ci accostiamo a ricevere due volte la settimana questa parola? Come la riceviamo? Ieri sera mi martellava continuamente la frase di Sant’Agostino: «Timeo Dominum transeuntem».Questa mattina, dopo aver parlato alle pie donne in una forma semplice e senza accennare a questo argomento, ma portando un paragone perché a loro bisogna parlare per immagini e con linguaggio semplice, mi avete visto arrivare sorridendo. Avevo appena finito di parlare con Teresina e le avevo detto: «Ieri siamo andati a Villa San Giovanni; ah, Maria è veramente entusiasta di lei», però mi son guardato dal riferirle certe frasi che Maria aveva pronunciato nei suoi riguardi. Adesso, per una quindicina di giorni, ci saranno sorrisi ed esultanze per Villa San Giovanni. Eh, bisogna prendere le bestie - si fa per dire - come sono, e qui le creature, le anime belle, come sono.Con le donne dicevo questo: «Se quest'oggi dovesse venire a pranzo da noi il cardinale di Firenze e fosse portato in cucina questo annuncio: «Oggi a pranzo ci sarà il card. Florit», penso che a mezzogiorno non si troverebbe una tovaglia poco pulita o quella ordinaria, e penso che neanche Teresina se ne dimenticherebbe o direbbe: «Me ne sono dimenticata!». Piuttosto si dimenticherebbe di far da mangiare per i ragazzi, non per il card. Florit; resterebbero senza cibo, senza burro i ragazzi, ma non il card. Florit; penso che il condimento della minestra di tutta la comunità andrebbe a finire nella minestra del cardinale. È chiaro: «È stato portato un annuncio e bisogna preparare», direbbero le cuoche.Questi nostri incontri comunitari come sono intesi? Come annunci o come ordini? Insomma come li prendiamo? E qui vorrei fare una premessa. Se questa mattina suggerisco una meditazione di questo genere o, meglio, meditiamo insieme su determinati pensieri, ciò avviene perché come non si muove foglia che Dio non voglia, così anche non si muovono parole senza che ci sia qualche motivo che le muove. Non credo conveniente esporre le ragioni e i particolari che mi inducono a parlare di questo argomento, anche se lo potrei fare. Veniamo, invece, alla sostanza del discorso di cui, forse, cominciando da me, tutti abbiamo un po' di bisogno.

CONSACRAZIONE vita religiosa

ESEMPI parola di Dio

FORMAZIONE

MI351,3 [12-05-1971]

3 La meditazione comunitaria perché è obbligatoria
Si potrebbe partecipare a questi incontri settimanali o bisettimanali pensando in questa maniera: «Devo andarci; se non ci vado se ne accorgono, vedono che manco: devo andarci!». In altre parole: «Partecipo agli incontri del mercoledì e venerdì perché si deve. Se potessi fare la meditazione per conto mio, sarebbe molto più piacevole per me». E vi assicuro che qualcuno le ha già dette queste parole: «Vengo perché bisogna venire, però, se io potessi, se mi si lasciasse scegliere, farei la meditazione per mio conto, la farei molto meglio e mi troverei molto meglio».Non faccio polemiche. È chiaro che uno che voglia e sia capace di far meditazione, si trovi meglio da solo, ma è altrettanto chiaro che siamo in una Famiglia religiosa e che il Signore, se vuol dire qualche cosa alla Comunità, la dice in forma comunitaria, non la rivela cinquanta volte, ma ci fa riunire insieme e parla anche attraverso il peggiore asino che ci sia. Non mi fermo neppure a discutere con questo gruppo, con coloro che possono pensare così. Può darsi che lo pensino per una quindicina di giorni o per un mese, ma mi pare, insomma, che sarebbe offensivo per la maggior parte di voi se credessi che tutti la pensate così: «Vado perché devo andarci».Scusate: se io mi faccio cappuccino, desidero assorbire lo spirito dei Cappuccini; non posso prendermi un libro di meditazione dei Gesuiti e dire: «Mi faccio cappuccino, ma per la meditazione mi metto per conto mio». A un dato momento io devo cercare le fonti per assorbire lo spirito dei Cappuccini.

CONVERSIONE esame di coscienza

PREGHIERA meditazione, contemplazione

COMUNITÀ

Nel testo registrato don Ottorino cita l’espressione di Mt 26,56 in latino: “Ut adimplerentur Scripturae”, applicando però la frase, con una punta di ironia, a coloro che compiono il loro dovere, come la mezz’ora di meditazione comunitaria, solo perché è comandato, solo perché è scritto nelle regole.

MI351,4 [12-05-1971]

4 Ci potrebbe esser qualcun altro che dice: «Vengo volentieri il mercoledì e il venerdì alla meditazione comunitaria perché far meditazione da solo mi riesce faticoso. Eh, lì almeno si sta una mezz'oretta... "affinché siano compiute le Scritture" : ci si tiene un po' svegli, si ascolta qualche barzelletta... se non altro, un pezzo è in italiano, un altro in latino, un altro ancora in dialetto o, meglio, quattro quinti, anzi cinque quarti in dialetto e il resto in altra lingua... così c'è un po' di varietà, e una mezz'oretta, insomma, passa in un lampo. Al contrario, se mi metto da solo, faccio fatica a far meditazione. Perciò vengo molto volentieri il mercoledì e il venerdì e approvo in pieno questo incontro comunitario. Se si trattasse di metterlo ai voti, segnerei subito il mio voto positivo, il mio "placet" perché... perché intanto è un diversivo. Una volta alla settimana abbiamo l'impegno di vita, due volte una chiacchierata comunitaria, e intanto si arriva alla fine».
Questo atteggiamento è peggiore del precedente. Infatti nel primo caso si desidera far meditazione, trovarsi a contatto con Dio; nel secondo non solo non si fa meditazione durante i due incontri comunitari, ma nemmeno negli altri giorni perché, in conclusione, si considera la meditazione come riposo e non fatica. La meditazione non è riposo. Quando Gesù andava sul monte a pregare, non andava per riposare, ma per pregare, e pregare e pregare bene costa un certo sacrificio perché bisogna far violenza un pochino alla natura che, per esempio, al mattino di solito ha sonno; non so se per voi è così. Perciò c'è sempre qualcosa da sacrificare se si vuole volare, e per volare bisogna vincere l'attrazione della terra, c'è da vincere il peso di gravità e la forza di attrazione. Bisogna alzarsi e, per farlo, consumare energie.

PREGHIERA meditazione, contemplazione

FORMAZIONE

DIO rapporto personale

GESÙ

imitazione

ESEMPI preghiera

MI351,5 [12-05-1971]

5 Dopo queste due categorie di persone, la prima delle quali dice: «Io vengo perché devo», la seconda: «Vengo perché è meno pesante», ce n'è una terza che mi auguro sia al cento per cento di tutti voi e che dice: «Vengo perché voglio essere come Dio mi vuole, e siccome non si può cambiare per ora lo strumento che mi insegna la strada, allora cerco di venirvi per ascoltare».
Questa terza categoria potrebbe incorrere in un pericolo, cioè quello di assumere due atteggiamenti diversi: critica o fede. Non so se filiamo abbastanza correttamente in senso filosofico. Cioè, fra costoro, che naturalmente vengono con la retta intenzione, ci potrebbe essere chi dice: «Partecipo a questi incontri perché desidero assorbire lo spirito della Congregazione, essere come Dio vuole che siano i membri della Congregazione. Perciò io vengo con l'intenzione di ascoltare proprio questo». Però si potrebbe venire ad ascoltare come persone, direi, soltanto intellettuali o anche come persone dotate di un po' di cuore. In altre parole, io potrei venire per soppesare punti, virgole, vocaboli, oppure con un atteggiamento interiore di fede, mettendo a disposizione di Dio intelligenza, cuore e tutto, come un discepolo che si presenta davanti al suo maestro e cerca di raccogliere le parole sue, anche se il recipiente è qualche volta o spesso sporco o addirittura poco decente e decoroso. Insomma si cerca di capire ciò che il Signore trasmette anche attraverso uno strumento poco adatto.Si fa come quando si andava a pescare e si raccoglievano dei barattoli o dei vasi da notte, e non si andava tanto per il sottile: si buttavano via gli uni e gli altri e si teneva il pesce, si gettava quello che non serviva senza farci tanto caso. «Vediamo un po' che cosa il Signore vuole darmi questa mattina»: ecco il vero atteggiamento con il quale ci si dovrebbe presentare qui dinanzi al Signore, sia che oggi sia don Ottorino a parlare e un domani un altro confratello. «In ogni caso io mi presento ugualmente per vedere che cosa questa mattina il Signore vuol dare a me in cibo per l'anima mia e per il mio progresso spirituale, che cosa mi dice e mi spinge a fare il Signore».Io direi allora di non prendere in considerazione i due primi gruppi di persone che, senz'altro, non vorrei fossero presenti nella Casa dell'Immacolata perché sono certamente condannati a far fallimento nella vita spirituale. Piuttosto vi inviterei ad essere vigilanti perché è facile che il demonio tenti di farvi assumere l'atteggiamento di chi ascolta una predica o una lezione. Come uno che va in chiesa e dice: «Eh, non mi importa...», e dà un giudizio sulla persona del predicatore e sulla predica e non sulla verità che viene predicata.

PREGHIERA meditazione, contemplazione

CONGREGAZIONE spiritualità

CONGREGAZIONE appartenenza

ESEMPI parola di Dio

CONGREGAZIONE Case della Congregazione

Qui si intende critica in senso negativo, l’abitudine a giudicare e criticare sistematicamente ogni proposta, fermandosi spesso alla presentazione esteriore invece che badare al contenuto. Questo atteggiamento molte volte diventa un pretesto per non impegnarsi.

Enrico Domenico Lacordaire (1802-1861) e Felice Roberto Lamennais (1782-1854) furono due famosi predicatori francesi, dotati entrambi di profonda intelligenza e di forte e convincente arte oratoria.

MI351,6 [12-05-1971]

6 Guardate che questo è pericoloso: voi, a scuola, siete abituati a sentire, sentire, sentire, a pesare, pesare, pesare; qui, invece, è necessario assumere un altro atteggiamento, altrimenti è proprio il caso di ripetere la parabola del seminatore, quella che volevo ricordarvi e commentare e che, invece, ho cercato di interpretare in chiave un po' più moderna, più attuale, più vicina a noi. È proprio il caso di dirvi: «State attenti!», perché se vi mettete in un atteggiamento non dico di opposizione, ma di diffidenza: «Mah! Per conto mio don Ottorino sbaglia... Io farei così... Non mi piace in questa forma... non mi piace in quest'altra...”, cioè in atteggiamento di critica, guardate che è un atteggiamento di superbia perché chi qui vi parla non è un Lacordaire o un Lamennais o qualche altro personaggio importante, ma un povero strumento che si sforza di dire quello che Dio vuole da noi: si sforza, dico, si sforza, perché non ha pretese di dire cose grandiose.
Quello che vi ho detto e vi dirò l'ho preparato e meditato ieri; stanotte mi sono alzato dalle tre fino alle quattro e sono rimasto a pensarci sopra ancora, a pensarci e pregarvi sopra. Perché? Perché mi sforzo di dire quello che Dio vuole che noi facciamo. Ed è proprio su questo punto che ho pensato e ripensato ieri, se, cioè, dovevo dirvela o non dirvela questa cosa perché, vedete, è molto grave. In altri tempi, forse, avrei fatto una scenata tirando fuori nomi, gridando e dicendo che per qualche mese non avrei più dettato la meditazione. Mi era venuta questa idea; il mio «animalis homo» avrebbe voluto far questo con voi: sospendere la meditazione per un periodo di tempo e dirvi: «Arrangiatevi!». Poi mi son detto di no. Il Signore mi ha fatto capire che è necessario che mi comporti diversamente. Però... però... avrei voluto passare sopra e rinunciare a questa meditazione, poi ho creduto conveniente farvela perché, se vi mettete disgraziatamente in questo atteggiamento di critica, neanche il Santo Padre si salva, venisse qui a predicarvi perfino il Santo Padre... non si salva nessuno dalle critiche. Le verità però sono verità.

PREGHIERA meditazione, contemplazione

COMUNITÀ

critica

VIZI superbia

CONGREGAZIONE fondatore

VOLONTÀ

di DIO

FORMAZIONE

PREGHIERA meditazione, contemplazione

Il riferimento è alla meditazione del 30 aprile.

MI351,7 [12-05-1971]

7 Quando alcuni giorni or sono, in una meditazione vi dicevo che «la vita non è un fine, ma un mezzo», la frase doveva restare come l'ho detta, e non si doveva criticare sul come è stata detta o non detta, né se è stata detta bene o male; c'è qualche cosa che dovete portare via da qui, qualcosa che dovrebbe talvolta lasciarvi scioccati. Ed ecco allora che quest'ultima categoria, formata da coloro che vengono con un atteggiamento di fede e solo per cercare di portare via qualcosa, dovrebbe portare via il frutto di tale atteggiamento.
Per esempio, supponiamo che un giorno si parli delle vocazioni e ci si chieda: «Che cosa abbiamo fatto per esse?». Allora, colui che porta via qualcosa dovrebbe mettersi davanti al Signore e dire: «Sì, è vero, Signore: io ho fatto poco, non ho fatto niente per le vocazioni; devo fare qualche cosa!». Cioè, a un dato momento si dovrebbe vedere questa semente che cade e germoglia.Che brutto sarebbe se i nostri bravi giardinieri piantassero nel giardino una cinquantina di rosai e poi, dopo una lunga attesa, nemmeno un rosaio buttasse fuori una gemma: morti tutti, tutti! Che brutto sarebbe seminare... sotterrare dei tuberi per la produzione di fiori, aspettare, aspettare, e non spuntasse niente! Sì, voi avete seminato, avete fatto la vostra parte, però state attenti, eh, amici miei!Un giorno il Santo Curato d'Ars, mentre stava parlando ai suoi parrocchiani, si mise a piangere dicendo: «Io dovrò giudicarvi. Nel momento del giudizio il Signore mi chiamerà e mi dirà: "Curato, vieni qui! Queste cose le hai dette?". "Sì", risponderà il vostro curato piangendo, e voi sarete condannati dalle mie parole».

ESEMPI parola di Dio

Don Ottorino vuole dire che le linee spirituali della Congregazione non devono essere date per scontate, altrimenti si rischia di essere d’accordo solo teoricamente, mentre in realtà non si vivono.

Il testo delle delibere del 1° Capitolo generale della Congregazione venne pubblicato nel libro degli Atti, pagine 129-158.

MI351,8 [12-05-1971]

8 Amici miei, quando io vi dico certe cose, ve le dico perché da esse nascano delle opere, non soltanto una erudizione. È doloroso sentire tante volte: «Ormai don Ottorino dice sempre le stesse cose!». Volesse il cielo che queste stesse cose portassero i frutti che esse indicano!
Quando, per esempio, si dice che dovremmo agire e pesare le nostre azioni dinanzi a Dio, quanti spropositi di meno si farebbero nella vita, quanti peccati di meno, quante opere buone di più, quanto più luminosa sarebbe la nostra giornata, se si seguisse il consiglio! E invece, purtroppo, tante volte agiamo da uomini. Io ve l'ho detto tante volte, amici miei: non è che esiga che non facciate peccati perché sono io il più grande e il più misero peccatore di tutti, soltanto che io devo esigere e lo devo fare perché è il Signore che vuole che il vostro cammino sia illuminato da una luce e che voi non respingiate volontariamente questa luce. Certe linee spirituali che Dio ha dato alla nostra Famiglia religiosa non devono essere sottintese, ma devono essere l'anima della vostra vita. Che, poi, capiti una giornata, un momento di debolezza, pazienza, ma si deve vedere che esse sono l'anima della vostra vita.Certe delibere del nostro Capitolo generale, che sono state ponderate e riflettute, non devono restare lettera morta. Anzi, vorrei domandare ad alcuni di voi: “Da quando avete preso in mano la prima volta il libretto delle delibere, ve lo siete letto e riletto? Lo avete meditato e rimeditato per vedere se vivete in conformità alle sue norme?”. Perché è così che il Signore vuole che viviate, e non per vedere se c'è qualche appiglio per poter fare un po' la propria volontà o trovare qualche scappatoia per poter fare quello che piace. No! Bisogna leggerlo e meditarlo per vedere se la vostra vita corrisponde realmente ai desideri e alla volontà di Dio; in altre parole, per esaminare se vivete la vostra consacrazione.

FORMAZIONE

CONGREGAZIONE spiritualità

CONGREGAZIONE Capitolo

FORMAZIONE

VOLONTÀ

MI351,9 [12-05-1971]

9 Può capitare anche che si venga a questi incontri comunitari con retta intenzione, con spirito di fede e con disponibilità, non con un atteggiamento di critica, come dicevamo prima, e si esca anche veramente impressionati dalla meditazione perché ha colpito nell'intimo del cuore, e che poi, una volta usciti di qui e tuffati dentro le attività della giornata, non vi si pensi più. Ecco un altro pericolo ancora. Tutto va bene fino alle otto e mezzo del mattino, ma a mezzogiorno è come se la meditazione non fosse stata nemmeno fatta. E qui, amici miei, è veramente il caso di sviluppare la propria personalità, di ricordarsi che siamo uomini, veramente uomini e uomini di carattere; qui bisogna trovare, con una certa arte, il modo di affrontare le distrazioni del mondo e rendere concreto il nostro cammino; qui occorre abbandonare certe stupidaggini, lasciar da parte ciò che è superfluo, quello che non è necessario, e consolidare queste idee. Le quali possono venire consolidate con una meditazione, con la preghiera, con la lettura di qualche libro, nel quale si trovino riaffermati questi principi, con la recita di qualche corona del rosario, con la preghiera alla Madonna perché ci aiuti a vivere. Ma devono essere un cibo che noi cerchiamo di digerire, non di rigettare, perché vale poco mangiare con appetito, mangiar bene, se dopo una o due ore rigettiamo: quel cibo non diventa sangue del nostro sangue.

PREGHIERA meditazione, contemplazione

FORMAZIONE

DOTI UMANE personalità

CONSACRAZIONE radicalità

Nel testo registrato don Ottorino usa i termini dialettali “spinosa e marson”, due specie di pesci piccoli, che da giovane pescava nel Tesina o in qualche fossato di Quinto Vicentino.

MI351,10 [12-05-1971]

10 Il tempo è ormai passato, e concedo questa mattina qualche minuto alla vostra riflessione.
Io farò volentieri quello che è il mio dovere, cioè continuerò a dire a voi e a me, ma prima a me, quello che mi sembra sia il volere di Dio per la nostra Famiglia. Ricordatevi, però, che ogni volta che parlo qui, è una responsabilità per me, ma anche una responsabilità per voi. Ogni volta che qui ascoltate la mia parola, dovete segnare nel dare, non nell'avere, perché è una grazia di Dio della quale bisogna render conto. Non sono grazie di Dio gli spropositi che dico, ma in mezzo ad essi, tra tanti vasi e barattoli inutili, ci sarà pure qualche piccolo pesce, qualcosa, anche piccolissima, che Dio vuol dire a ciascuno di noi e alla nostra Comunità.Se disgraziatamente venite a queste meditazioni comunitarie perché bisogna, perché non si può fare diversamente o perché si passa meglio il tempo, io direi: riesaminate la vostra vocazione, che per caso non abbiate sbagliato strada.Se venite soltanto per motivi umani, ricordatevi che neanche un angelo disceso dal cielo potrebbe soddisfarvi, perché la parola di Dio deve appagare l'anima, lo spirito, non la parte umana.Se venite in cerca di Dio con spirito buono, umile, veramente religioso, preoccupatevi che questo spirito perseveri in voi e che la semente che già è caduta nell'anima vostra o che vi cadrà non muoia dopo mezz'ora o dopo un'ora: trovate il modo di coprirla. Ho visto che certe volte i contadini, quando piantano d'estate gli ortaggi, li coprono con una foglia di zucca perché si conservino umidi e il sole non li dissecchi. Tante volte si tratta proprio di trovare questa foglia di zucca per coprire la piccola semente che Dio ha deposto nell'anima nostra, perché una semente lasciata a se stessa muore.

FORMAZIONE

VOLONTÀ

di DIO

GRAZIA

CONGREGAZIONE fondatore

APOSTOLO vocazione

PAROLA DI DIO

CONSACRAZIONE religioso

ESEMPI parola di Dio