MI357,1 [16-06-1971]
1 Andare avanti: pregare, consigliarsi.Senza stanchezze. La stanchezza è una figlia della superbia. La fretta è pure figlia della superbia.Perché ci si nausea delle sconfitte, perché ci si inquieta delle lentezze? Per l’orgoglio. Tutto il creato è opera di un progredire paziente. Progredire sempre con pazienza instancabile. Ma nulla deve essere violenza, nulla. La violenza (provocata dalla fretta) è sempre contraria all’ordine. Dio è ordine.VIRTÙ
pazienza
Don Ottorino aveva dedicato due meditazioni, quelle del 29 maggio e del 9 giugno, ad illustrare il ritratto del religioso della Congregazione, sul quale voleva preparare un foglietto per l’animazione vocazionale.
Il fifolo è una specie di filo alla cui estremità è legato un amo. Usare il fifolo per catturare le rane era un modo abbastanza in voga nei tempi passati, ma che richiedeva molto tempo e pazienza.
Gli assistenti erano gli animatori dei gruppi di ragazzi. Naturalmente dovevano portare molta pazienza con i vivaci ragazzi a loro affidati, ma don Ottorino in tono scherzoso dice che spesso i ragazzi devono portare pazienza con i loro assistenti.
Allusione al noto detto latino: «Gutta cavat lapidem, non vi sed saepe cadendo», che vuol dire che la goccia scava la roccia non con forza, ma continuando a cadere. Subito dopo don Ottorino richiama l’immagine del rubinetto che perde acqua: nel caso del sacerdote è un bene che il flusso sia costante, anzi che aumenti di intensità.
Mons. Marco Scalco fu rettore del seminario di Vicenza dal 1923 al 1943, e poi padre spirituale fino alla morte.
MI357,2 [16-06-1971]
2 Sia lodato Gesù Cristo!Riprendiamo il lavoro che stavamo svolgendo prima dell’interruzione fatta per quel famoso foglietto che speriamo di realizzare. Se ben ricordate, io sono arrivato al n. 9 delle mie schede, abbiamo iniziato le nostre meditazioni con l'intenzione di esaminare un pochino qualche aspetto, che potrà servire per la nostra formazione, per andare avanti sulla via dello spirito, per essere apostoli: potrebbe essere una traccia per il cammino della nostra formazione. Mentre con il foglietto abbiamo steso una traccia per presentare e propagandare lo spirito della Congregazione, con queste schede, invece, intendiamo presentare degli appunti che siano come pennellate che ci portino avanti sul cammino verso la realizzazione soprattutto del sogno di Dio e, speriamo, anche nostro.Una virtù, che mi pare assolutamente necessaria all'apostolo, è la pazienza apostolica.Qui non intendo parlare della pazienza che si deve avere con l'amico o, per esempio, della pazienza di chi va di sera a catturare le rane e se ne sta lì con il «fifolo» ad attendere che arrivino, né della pazienza che si deve avere con gli assistenti o qualcosa del genere, e neanche di quella che si esercita nell'attendere la minestra che, forse, non è ancora pronta. Questa pazienza, fa parte di quelle virtù umane che sono assolutamente necessarie per costruirci sopra il cristiano e poi l'apostolo.Qui si parla di una pazienza veramente apostolica, propria, cioè, dell'apostolo nel suo campo specifico di lavoro, nella sua azione apostolica.Non, consideriamo, quindi, la pazienza di chi attende, al mattino, che le scarpe siano pronte o pronta la camicia; qui si tratta dell'apostolo che inizia e continua la sua azione apostolica.A prima vista, per noi veneti, la parola pazienza potrebbe suonare così: «Adagio, adagio! Pazienza, abbi pazienza, un pochino di pazienza! Mettetevi in fila, abbiate pazienza!». In dialetto noi diciamo così e, forse, questa parola è tanto entrata nella nostra mentalità che significa: «Un momento... aspetta: verrò fra poco!».«Vieni qui, Franco».«Sì, vengo: un po' di pazienza, un po' di pazienza!».Invece noi vogliamo intendere la parola pazienza nel significato di costanza, che è una cosa diversa: la costanza nell'agire, cioè non la pazienza nel partire, ma la costante pazienza nel continuare. È una cosa diversa. Non è, dunque, la pazienza di quelli che devono attendere, ma la pazienza nel continuare a distribuire, una pazienza vista, un pochino, dall'altra parte. Questa virtù è tanto importante, tanto importante, perché penso che, se non la esercitiamo, ci viene addosso la stanchezza, e «FORMAZIONE
CONGREGAZIONE spiritualità
VIRTÙ
pazienza
DOTI UMANE costanza
L’immagine dell’edificio in costruzione è presa dal Vangelo: Lc 14,28-30.
Cfr. Lc 5,5.
Don Ottorino accosta all’atto di fede di San Pietro la fiducia con cui la piccola Bernadetta a Lourdes si mise a scavare per terra, obbedendo all’ordine della Madonna, e ne uscì una sorgente miracolosa. Nel testo registrato don Ottorino pone sulla bocca di Santa Bernadetta una frase simile a quella di San Pietro, in un latino popolare scherzoso.
L’accenno è ad alcune macchine della rilegatoria della Casa dell’Immacolata, dove tutti i religiosi erano impegnati per qualche ora di lavoro.
MI357,3 [16-06-1971]
3 Del resto, anche nel campo umano, se c'è questa pazienza, che vuol dire costanza, continuità, si realizzano le idee; senza di essa, non si realizzano ma, a un dato momento, ci si scoraggia. Si fanno le fondamenta di una casa e ci si ferma alle fondamenta; qualcuno si ferma allo scavo, qualcun altro alla gettata in cemento, altri ancora tira su un muro di un metro, ma non arriva al tetto. Quante case si vedono in questo mondo senza tetto! Son rimaste là: cominciate e non terminate.Supponiamo che il Signore scelga un domani uno di voi e lo mandi ad Ars o nelle Indie: se costui avrà la pazienza apostolica, che vuol dire fiducia di essere nelle mani di Dio e di sentirsi un realizzatore di un piano divino, egli continuerà nella sua opera. Il Signore lo manda, come è stato mandato il Santo Curato d'Ars: «Va’ ad Ars; c'è poco amore; portalo!», e lui va. Più di una volta gli capiterà, come al santo curato, che la sua pazienza starà per andarsene, e con essa la costanza, e allora avrà la tentazione di scappar via. Ma a un dato momento il Signore gli farà vedere il suo errore e allora egli ritornerà sui suoi passi. Questa non è mancanza di pazienza, ma un momento di scoraggiamento. E tutti i santi ne hanno avuto. C'è un momento in cui si scappa via, ma poi si torna al proprio posto e si continua il proprio lavoro.E si vede, allora, che con la pazienza scaturisce l'acqua anche dalla roccia. Santa Bernardetta ha raschiato, ha raschiato e, come un tempo San Pietro aveva detto: «In nomine tuo, Domine, laxabo rete» , anche lei ha esclamato verso la Madonna: «Nel tuo nome raschierò la terra», e ha raschiato e ne è scaturita la fontana che esiste ancora.«Dove raschierò? Qua, là, sotto, sopra...?», si potrebbe obiettare. «Raschia, intanto, e scaturirà l'acqua». Che volete? È così!L'azione apostolica è proprio un'azione di continua fiducia in Dio, un mettere noi stessi nelle sue mani, ma senza scoraggiarsi.Insisto su questo punto perché voi dovete viverlo anche adesso. Se non lo osservate nel lavoro che vi viene proposto oggi, che potrebbe essere quello al trilaterale, quello al tagliacarte o alla sviluppatrice o anche il lavoro in giardino, se non avete oggi questa costanza, guardate che non l'avrete neanche domani nel campo apostolico.VIRTÙ
pazienza
ESEMPI incostanza
VIZI scoraggiamento
MARIA Lourdes
VIRTÙ
fiducia
MI357,4 [16-06-1971]
4 E voi avete sentito, per esempio, qualcuno - Aldo ce lo potrebbe confermare benissimo - dire: «Vengo anch'io nel giardino!», e l'avete visto lavorare per tre giorni con tanto entusiasmo che sembrava rivoluzionare il giardino e, dopo tre giorni, non l'avete più visto. Non sono capitate queste cose? Un giorno questi era andato in giardino, si era impegnato e aveva detto: «Vengo anch'io... ti aiuto in questo lavoro...»; sembrava quasi che il primo giorno dicesse: «Aldo, che cos'hai fatto finora? Niente! Bisogna che facciamo questo... quello...», però ha lavorato una o due giornate, ha fatto tante chiacchiere e, dopo, il terzo o il quarto giorno ha dovuto continuare ancora Aldo da solo.Mi pare che tante volte si inizi con uno slancio di fuoco, di entusiasmo, e che poi non ci sia più la costanza nel continuare. Voi capite che fa molto di più chi continua a camminare a dieci chilometri all'ora o a conservare il suo ritmo iniziale nel colorare un muro, che colui il quale parte a cinquanta chilometri orari e dopo tre quarti d'ora si ferma.State attenti: riguardo a questa benedetta stanchezza o meglio nella costanza, durante la prossima estate, verrete messi a prova più di una volta dal caldo, dalla fiacchezza, dagli sbalzi di stagione, e non avrete voglia di niente. E allora dovete vedere un pochino, dovete misurare un po' voi stessi, perché se oggi non siete pazienti nel compimento del vostro dovere, e cioè se non siete testardi nel compiere il vostro dovere anche nelle piccole cose, non lo sarete un domani nel campo apostolico.ESEMPI incostanza
APOSTOLO F.A.
DOTI UMANE costanza
Don Ottorino scherza con il novizio Giovanni Battista Battilana, che era grosso di corporatura e che desiderava una vita missionaria avventurosa.
Nella parrocchia dell’Isolotto di Firenze i religiosi della Congregazione avevano trovato una situazione particolarmente difficile che richiese, specialmente all’inizio, tanta pazienza e costanza
Don Ottorino rivolge l’invito a don Girolamo Venco che all’epoca era responsabile delle attività lavorative della legatoria della Casa dell’Immacolata.
La distanza di Grumolo delle Abbadesse (VI), dove la Congregazione possedeva una colonia agricola, da Vicenza è di circa 12 chilometri.
Nel testo registrato don Ottorino usa il termine dialettale scopisson che indica una specie di rana magra e lunga, un po’ rossiccia e non commestibile. Andando a caccia di rane succedeva sempre di pescare anche qualche rana non commestibile, ma sarebbe stato davvero una burla se le proporzioni fossero state invertite.
MI357,5 [16-06-1971]
5 In concreto: se oggi tu, Battista, non riesci ad essere tanto paziente da dire: «Beh! Devo riuscirci, devo farcela, devo completare quel lavoro», ma senza perderti di coraggio, «Va bene: ci vorrà un'ora? E sia! Ce ne vorranno due? E siano, ma devo riuscirci», se oggi non sei capace di far questo, un domani, quando sarai mandato nel Mato Grosso - mi pare sia quello il tuo posto, non è vero? - logicamente, dopo un po' dall'arrivo tornerai a casa o dicendo che laggiù ci sono le zanzare che ti pungono il naso o inventando la scusa: «Sono andato, non mi hanno voluto, mi hanno cacciato via; son venuti i selvaggi che mi hanno detto: “Tu, vattene, perché sei troppo grasso, altrimenti ti mangiamo”. E io ho avuto paura. Mandatene uno di magro perché, così, è meno facile che se lo mangino». Sono mille scuse per non concludere niente. L'uomo, che è abituato ad essere paziente, ad essere testardo, ad andare avanti a tutti i costi, va nel Mato Grosso e, dove ha seminato, farà venir fuori addirittura un'oasi, crea la piccola Ars; il non testardo, invece, si perderà di coraggio.Allora, che cosa bisogna fare? Quello che abbiamo detto tante volte: nelle azioni pregare, consigliarsi, partire e morire. Non c'è niente di diverso da fare. Bisogna pregare per cercare e sentire la volontà di Dio, consigliarsi, e poi partire e morire. Osservate i nostri fratelli che lavorano all'Isolotto. Per questo, caro don Girolamo, tu dovresti farmi il piacere durante quest'estate di esigere, da te, da me e da tutti, questo: la costanza nelle piccole cose perché, se non saremo fedeli nelle piccole, non lo saremo nelle grandi.Supponiamo che due o tre di voi dicano: «Stasera andiamo in bicicletta a Grumolo a mangiare le ciliegie… perché ce ne sono in abbondanza». Partono per Grumolo e, quando sono a metà del percorso, incontrano una bella ragazzina e si fermano a chiacchierare insieme. No, è sbagliato! Tornano, poi, a casa senza aver mangiato le ciliegie, dicendo: «Ah, ci siamo fermati lungo la strada». Niente! Siete uomini di poco carattere. Sbaglio? Se avevate stabilito di andare a Grumolo, dove vi aspettavano con scale e corde per arrampicarvi su per i ciliegi, dovevate arrivare a Grumolo e non giocherellare per strada.Decidete di andare alla cattura di rane? Andate! Lungo la strada incontrate un tale che vi offre un bicchier di vino? Bevetelo, ma poi andate a catturar le rane e tornate a casa con le rane come quando ne avete preso settanta e tre no commestibili, a meno che non fossero settanta non commestibili e tre rane!MISSIONI vita missionaria
VIRTÙ
pazienza
APOSTOLO missione
VOLONTÀ
di DIO
ESEMPI incostanza
All’epoca i religiosi del corso teologico o già in esperienza pastorale si portavano per iniziative pastorali nelle parrocchie della diocesi. Don Ottorino chiama Bassano metropoli perché era uno dei centri più importanti della diocesi.
Il riferimento è a Severino Bettega, che era professo dall’anno precedente e doveva ancora completare gli studi superiori.
MI357,6 [16-06-1971]
6 Antagonista di questa stanchezza e nemica della pazienza apostolica è la fretta. Sembrerebbe impossibile che la fretta sia figlia dell'orgoglio tanto quanto la stanchezza. Eppure, nel compimento del dovere c'è una tentazione, la stanchezza, e ce n'è un'altra, non meno forte, che è la fretta, cioè la voglia di fare in maniera precipitosa, tutto in un attimo.Andiamo al concreto. Supponiamo che don Girolamo si porti nella metropoli di Bassano per dar vita a un gruppo del Vangelo con alcuni di voi. Bene! Voi vi recate con lui per iniziare questa attività, ma siete ricevuti male. Allora il giorno dopo non ci andate più e tirate in ballo delle scuse per non andarci, concludendo: «È inutile che vi andiamo!». Ecco la stanchezza apostolica che non ci vorrebbe. Oppure vorreste che, dopo quindici giorni, gli appartenenti al gruppo arrivassero al terzo cielo e cominciassero a fare miracoli, e voi, ad indicare: «Facciamo così, facciamo così».Supponiamo che il nostro caro Battista abbia da sostenere gli esami di quinta ginnasiale e che, perciò, occorra dargli ripetizioni di matematica. Uno di voi, - chi è il più bravo, tra voi, in matematica? No... uno meno bravo, non capite? - beh, Severino viene scelto come suo ripetitore e comincia un po' a esaminarlo, ma si accorge che, poveretto, non è neanche capace di fare la moltiplicazione per due: infatti a lui due per tre danno cinque o sette, a seconda delle circostanze. Allora si perde di coraggio e molla tutto. Male! Questo non va; ci occorre un po' di pazienza e di coraggio. Oppure procede in senso inverso: comincia a spiegargli, spiegargli, spiegargli e a insegnargli, dopo il primo giorno, anche l'algebra o addirittura la trigonometria. A un dato momento tu vedi che Battista si gonfia come una rana e scoppia. È giusto?E invece, Severino, non deve perdersi di coraggio se Battista è uno zuccone. Deve provare e riprovare, insistendo finché trangugerà qualche nozione; ma non deve neanche, se vede Battista intelligente, buttargli dentro il gozzo tutto quanto, senza fare in modo che digerisca. Ne risulterebbe il minestrone di fra Ginepro, dentro il quale si butta quanto può bastare per una settimana; baccalà, pesce, patate, fagioli… e poi si mangia per una settimana: dentro c'è tutto il necessario, tutto, quindi lo si mette in frigo e dopo lo si mangia tutto.VIZI superbia
ESEMPI apostolo
MI357,7 [16-06-1971]
7 Ricordate che sia la stanchezza come la fretta sono ambedue frutto di superbia. Severino, che prima vuole e poi si perde d'animo e si scoraggia perché trova uno zuccone, manifesta superbia. Deve invece avere pazienza e dire a se stesso: «Sì, è duro, ma... abbi pazienza e va' avanti!». Se Severino volesse in due giorni far diventare Battista professore di matematica: manifesterebbe pure tanta superbia.Per uscire da questa metafora così realistica, come l'abbiamo presentata adesso, poniamo un caso pratico: se andiamo in una parrocchia e ci scoraggiamo perché c'è tanto da lavorare o perché vorremmo che in pochi giorni i parrocchiani fossero arrivati al terzo cielo, ebbene, l'uno e l'altro dei due motivi è frutto di superbia.Il Signore ha creato il mondo in tanti anni, ossia piano, piano, piano; ha atteso che gli uomini si sviluppassero; avrebbe potuto, appena creati gli uomini, metter loro in mano addirittura l'automobile, la bicicletta... Invece no! Ha lasciato che scoprissero da sé piano, piano, piano; ha permesso questa evoluzione. Lui ha avuto pazienza, e perché non dobbiamo avere noi la pazienza apostolica, cioè la pazienza che rispetta anche le anime, che non vuole subito, immediatamente?Supponete di dover cogliere dei fiori. Ecco là un rosaio: appena fa il bocciolo, vi mettete a raschiarlo con il coltellino perché ne fuoriesca il fiore. Portate pazienza: la rosa sboccerà da sola. Voi cercate solo che il bocciolo sia pulito e, se ha degli insetti, uccideteli, e concimate attorno la piantina, però non vogliate spingere il bocciolo ad aprirsi prima del tempo.Bisogna saper lasciare il lavoro a Dio. Non si può violentare un'anima, ma bisogna rispettare la volontà di Dio, rispettare l'azione dello Spirito Santo, non volere immediatamente i frutti. Non lasciate morire la pianta perché ci sono degli insetti e curatela, ma neppure vogliate provocare cose che, insomma, per la vostra fretta rovinano.Anche per le api - non è vero, Renzo? - è la stessa cosa. Il paragone potrebbe essere esteso a tutto.VIZI superbia
PASTORALE parrocchia
DIO creatore
VIRTÙ
pazienza
ESEMPI impazienza
APOSTOLO salvezza delle anime
VOLONTÀ
di DIO
DIO Spirito Santo
Don Guido Massignan era all’epoca il responsabile generale della Casa dell’Immacolata e il padre maestro del noviziato
Il riferimento è alla frase detta da don Pietro De Marchi il 2 aprile 1969 quando partì per la parrocchia dell’Isolotto di Firenze
L’allusione è a Tarcisio Magrin che si era posto di sua iniziativa a studiare il tedesco.
Don Ottorino vuole dire che come sarebbe un male perdersi di coraggio da una parte, così sarebbe sbagliato anche lasciarsi prendere da un impegno o da un progetto da realizzare con tale ansia e fretta da non vedere nient’altro.
A questo punto don Ottorino estrae di tasca gli occhiali per leggere meglio, e dice: «Permettete, c’è un’altra cosa che ho in tasca. Cari, sono cinquantasei anni suonati!».
MI357,8 [16-06-1971]
8 Mi pare che ci voglia questo equilibrio. Non so se sbaglio, don Guido. Quando io parto per andare a salvare le anime devo comportarmi da uomo, mettendocela tutta e senza scoraggiarmi, come diceva don Pietro quel giorno: «Noi andiamo, siamo pronti a morire sul posto». Questa testardaggine dovete portarla in tutte le cose che compite, specialmente durante l'estate quando c'è maggiore libertà di azione, e dovete usare la volontà fino in fondo, fino a terminare ciò che iniziate.Per esempio, adesso si tratta di iniziare con lo studio dello spagnolo. Si dice di sì? E va bene: si parte e si va fino in fondo, senza fermarsi dopo tre giorni per dire: «Ma, io, basta...». Sarebbe pure sbagliato dire: «Giorno e notte studio lo spagnolo... adesso studio lo spagnolo tutta la notte». Ecco la fretta che non va. L'altro, invece, che va avanti due giorni e poi dice: «Ah, basta! Mi sono stancato, non resisto, non ce la faccio...», denota mancanza di carattere. Si è stabilito di studiare lo spagnolo? Ci arriviamo senz'altro, e si continua fino in fondo. Occorrono cento lezioni? Cento lezioni! In fondo devo imparare qualcosa. Per cui durante l'estate passeremo quindici giorni in montagna e, allora, su ventiquattro ore, venti a studiare spagnolo, spagnolo, spagnolo. E al tedesco non si dedicherà nulla? Che ne dici, Tarcisio? Anche al tedesco si dedicherà un po' di tempo, e non tutto allo spagnolo. E un pochino anche a qualcos'altro.È necessario un po’ di equilibrio: non perdersi da una parte e non perdersi dall'altra. Voi adesso state preparando le armi per il vostro futuro apostolato. E ci sono tante anime che non si salvano perché gli apostoli sono stanchi o perché hanno fretta. Nell'uno e nell'altro caso abbiamo detto: le cause sono superbia e orgoglio, che non vanno.Adesso permettetemi che vi legga lo schema; vi indicherò quello che ho tralasciato.«Pazienza apostolica.APOSTOLO salvezza delle anime
DOTI UMANE costanza
ESEMPI impazienza
DOTI UMANE rinnovamento
DOTI UMANE equilibrio
APOSTOLO salvezza delle anime
APOSTOLO missione
Il riferimento è a Marco Pinton, allievo all’epoca del corso teologico.
MI357,9 [16-06-1971]
9 Qui si potrebbe fare una meditazione, ma per conto proprio, osservando tutto il creato: il bambino, il frumento, le viti... è tutto un progredire paziente. Osserviamo l'uomo: viene al mondo e viene senza vestito. Non è vero, Marco? Guardando gli uccellini con le piume, avrà esclamato: «Guarda un po': non potrei anch'io essere vestito?». Pensiamo, per esempio, e riflettiamo un pochino: io non credo che Eva, il primo giorno di vita sulla terra, abbia fatto il pane. Invece, lei e Adamo avranno dapprima scoperto il frumento e mangiato i suoi chicchi così come sono dicendo: «Uh, quant'è buono!»; poi, dopo averlo ridotto in farina e impastato con acqua, l'avranno cotto e in seguito lievitato esclamando: «Uh, è ancora più buono!»; successivamente avranno unito alla pasta un ovetto: «Uh, è più buono di prima!»; con l'aggiunta di zucchero e lievito ne è uscita addirittura la focaccia. Ma tutto è avvenuto un po' alla volta, piano piano. Non vi pare?Se così è capitato in queste cose, perché non dobbiamo avere anche noi un po' di questa pazienza nel rispettare le anime? Pensate ora a quello che vi ho già detto in precedenza riguardo alla direzione spirituale di un'anima o a proposito dell'incontro con un giovane: «Io devo fare tutto quello che spetta a me, però con pazienza».Bisognerebbe che imparassimo dal lavoro che, per esempio, il contadino fa attorno alla pianta del granoturco: rincalza la terra, operazione importantissima altrimenti la pianta si rovescia al suolo; concima, importante, ara, importante! E poi? Va, forse, ad aprire il cartoccio della pannocchia? No, niente: è sbagliato! Insomma, avete capito? Bisogna usare quella cura che il contadino ha per la vite: la concima, la pota, la tratta con solfato di rame, la insolfa, ci mette quella parte umana che spetta a lui; dopo, una parte, gliela metterà Dio.PREGHIERA meditazione, contemplazione
CREATO
ESEMPI impazienza
VIRTÙ
pazienza
Il riferimento è a Gabriele Stella, che all’epoca stava completando gli studi superiori prima del corso teologico.
Il riferimento è a Franco Faggian che frequentava all’epoca gli studi superiori.
Don Ottorino esagera scherzando perché il muletto è una macchina di grande potenza di trazione, che viene usato di solito per sollevare e trasportare carichi pesanti all’interno di una fabbrica, non certo con le viti. L’immagine è efficace proprio perché è ridicola e paradossale.
MI357,10 [16-06-1971]
10 Così anche con le anime. Avvicino un'anima, supponiamo quella di Gabriele : c'è una parte di lavoro che spetta a me e che devo fare. Infatti se l'agricoltore non pota e non cura la vite, non produce uva neanche a sognarla. C'è, insomma, una parte di lavoro che devo assolutamente compiere io, altrimenti manco al mio dovere, non produco grappoli d'uva; ma c'è una parte che io non devo assolutamente fare, deve farla Dio. Devo sapere quale parte spetta a me e adempierla a tempo giusto, non troppo tardi. Chi va a potare troppo tardi non produce uva. Non è così, Gianni? Cioè devo eseguire la mia parte e al momento giusto: non dormirci sopra.E qui ci sono i peccati di omissione. In queste cose non bisogna scherzare, fratelli miei; nell'opera apostolica non bisogna scherzare! Se avvicino un'anima, supponiamo quella di Franco , devo fare subito un esame di coscienza e chiedermi: «Se Dio mi ha messo accanto a lui, che devo fare? Ho dei doveri, se Dio me lo ha affidato!».Se incarico, per esempio, un agricoltore di coltivarmi le viti che sono davanti alla Casa dell'Immacolata, è chiaro che egli deve rispondere di esse, altrimenti deve subito dire: «Non me la sento». Nel caso che se ne disinteressasse gli direi: «Senta, per piacere: un'altra volta dica che non se ne interessa. Scusi! Se ha accettato di prendersi cura delle viti, allora le poti; lei è contadino e sa che cosa deve fare». Altrimenti bisogna che si trovi un'altra persona perché, se affido le viti a un agricoltore, suppongo che non sia un calzolaio, ma che sia una persona capace di coltivarle.Se Dio affida a me la cura delle anime, bisogna che io ce la metta tutta da parte mia per compiere la mia opera, e qui deve scattare l'umiltà, la pazienza e tutto quanto occorre, ma nello stesso tempo non devo strafare, tagliar di qua, tagliar di là... Amico mio, si taglia solamente dove è necessario. Perché la vite ingrossi non la si taglia alla radice, e neppure la si stiracchia, magari con il muletto, per farne uscire i grappoli d'uva: tutto si deve fare, ma sempre con criterio e pazienza.VIRTÙ
pazienzaDOTI UMANE costanzaDIO passaggio di...
DIO scoperta di...APOSTOLO missionePECCATO omissioni
CONVERSIONE esame di coscienza
APOSTOLO salvezza delle anime
ESEMPI apostolo
APOSTOLO salvezza delle anime
Don Ottorino aveva uno zio, Carlo Scortegagna, che era fabbro, e molte volte nella sua infanzia e giovinezza frequentava la sua bottega, ove aveva imparato a girare la manovella per alimentare il fuoco necessario per lavorare il ferro.
Cfr. Sapienza 11,20.
Probabilmente don Otorino e alcuni religiosi e novizi, tra i quali anche Giovanni Battista Battilana, erano andati a Grumolo delle Abbadesse (VI) con due auto. Don Ottorino, che guidava la seconda, ad un certo punto sorpassò l’altra auto e poi per scherzo rallentò facendo impazzire quelli cha seguivano. Poi d’improvviso ripartì a forte velocità arrivando per primo a Grumolo.
Come appendice pubblichiamo il testo della scheda autografa n. 10 con lo schema di una meditazione programmata da don Ottorino nel suo progetto di traccia per il cammino formativo, ma in realtà mai fatta.
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11 «Progredire sempre con pazienza instancabile, ma nulla deve essere violenza, nulla».Quante volte qualcuno non ha la pazienza apostolica e fa violenza! «Fa’ tanto fuoco! Dai, fa’ presto! Affrettiamo la cottura della focaccia!». E allora, facendo tanto fuoco, la si brucia, cari; non c'è niente che lo impedisca! Se per una focaccia occorrono due ore di cottura e, per abbreviarne il tempo, portiamo il calore del forno a cinquecento gradi, magari a mille, facendo anche un po' di calcoli: se a duecentoventi gradi di calore occorrono due ore, a quattrocentoquaranta occorrerà un'ora, a ottocentottanta mezz'ora, a millesettecentosessanta un quarto d'ora, e se aumentiamo ancora i gradi... Insomma, se continuiamo così, a un dato momento dovremmo cuocere la focaccia in un minuto.Anche un cadavere, se lo metti in un forno crematorio, in un paio di minuti lo cuoci, ma dopo lo puoi mettere in un barattolo e non se lo mangerà nessun verme. Le rane cotte così non sono certo mangiabili. Non è vero, Marco?Ci vuole il suo calore e il suo tempo per ogni cosa. E per conservare il calore bisogna girare la manovella. Niente da fare!È questa l'opera che, assolutamente, bisogna compiere nel campo apostolico.«La violenza è sempre contraria all'ordine, e Dio è ordine».Il Signore ha fatto tutto «con calcolo e misura». Proprio così! Dio è ordine: qualsiasi violenza è contraria all'ordine.Qualcuno potrebbe pensare che sarebbe bene sbarazzarci di questo principio: «Ma allora andiamo adagio!». No, non è vero che dobbiamo andare adagio: andiamo in fretta, ma senza fretta.Se una macchina, supponiamo una Fiat millecento, la si fa correre in autostrada a cinquanta o a trenta chilometri all'ora, si fa rallentare le macchine che seguono facendo bestemmiare la gente. Ieri, andando verso Grumolo, qualcuno bestemmiava: avevo sorpassato l'auto che mi precedeva e viaggiavo a trenta all'ora, e l'autista della macchina sorpassata diceva parolacce che sentivo anch'io, e c’era Battista nella stessa auto che diceva imprecazioni. È sbagliato andar troppo piano, come è sbagliato andar troppo forte. Nel caso nostro, poiché la macchina che era in testa andava troppo forte, l'altra, poveretta, a un dato momento non è riuscita a tenere la stessa velocità, e noi siamo arrivati a Grumolo un quarto d'ora prima di loro, giusto il tempo per prendere l'aperitivo. Questo è errato, è errato lanciare una Fiat millecento a centosessanta chilometri all'ora, come pure mandarla a quaranta: deve correre secondo la sua giusta velocità.È così anche per noi: in tutte le azioni dobbiamo assumere la nostra giusta velocità. Perciò, senza stanchezza, con pazienza apostolica e senza fretta.Sia lodato Gesù Cristo!VIRTÙ
pazienza
ESEMPI pazienza
DIO stile di...
VIRTÙ
pazienza
DOTI UMANE costanza
ESEMPI pazienza
DOTI UMANE rinnovamento
DOTI UMANE equilibrio
MI357,12 [16-06-1971]
12 Quante volte l’apostolo lavora per bontà, vera bontà, ma umana bontà.Ed essendo umano il suo agire, desidera sia noto agli uomini, soffre nel vedere che resta ignoto e studia il modo di farlo noto.L’apostolo fa il bene solo per amore del suo Dio.Lui saprà se è bene o no farlo noto agli uomini.L’apostolo deve stare in guardia di non essere spinto nell’agire da motivi o idee personali.È facile soggiacere a questi elementi imponderabili: gusti personali, eccetera.Per l’apostolo la meta è Dio.Tutto deve vedere in Dio per vedere bene.Non può mettere sé o altra cosa al di sopra di Dio.APOSTOLO chi è
l’
apostolo