Per questa meditazione don Ottorino prende lo spunto dal libro di M. VALTORTA, Il poema dell’Uomo-Dio, vol II, Editrice Pisani, Isola del Liri (Frosinone) 1961. Le citazioni, prese dalle pagine 433-434, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
Non si conosce la data precisa della meditazione, che venne dettata durante il periodo estivo. In alcuni punti la registrazione è scadente, per cui qualche tratto è interrotto.
L’episodio di Gesù a Nazaret è narrato in forma dettagliata da Lc 4,16-30, ma anche da Mt 13,53-58 e da Mc 6,1-6.
Mamma Clorinda viveva con il marito Giuseppe accanto a don Ottorino nei primi anni dell’Opera, ma in seguito venne trasferita nella colonia agricola di Grumolo delle Abbadesse (VI) ove morì il 2 aprile 1955.
MI359,1 [estate 1971]
1 Se non vi dispiace, questa mattina commenteremo alcuni passi tratti da questo romanzetto, giallo o bianco. Poiché d'estate si ha sonno, c’è bisogno di cose allegre, e allora faremo una lettura un po' allegra.Seguendo un episodio narrato in questo libro, vedremo un incontro che Gesù ebbe con la Madonna. Nel santo Vangelo leggiamo che un giorno Gesù, entrato nella sinagoga, si è manifestato ai presenti, i quali lo hanno trattato così bene da volerlo gettare giù dalla rupe e ucciderlo.Secondo il racconto di questo libro il motivo di simile condotta risaliva al fatto che si era creata nel suo paese una corrente contraria a lui, per non aver guarito uno zio, il papà di Giuda e di Giacomo. La gente mormorava: «Nelle altre regioni del paese egli fa miracoli e guarisce da una parte e dall’altra. Qui, dove egli ha uno zio ammalato, un suo familiare, non fa miracoli». Sotto sotto poi c'era anche una certa invidiuzza.Comunque dal santo Vangelo sappiamo che Gesù non ha fatto tanti miracoli a Nazaret e che, perciò, i suoi compaesani se la sono presa con lui, al punto da volerlo gettare giù dalla rupe e ucciderlo. Questo lo sappiamo già dal Vangelo.L'autrice del libro dice che, dopo questo avvenimento, Gesù si sarebbe portato in una casa privata dove l'attendeva la Madonna, alla quale Gesù aveva precedentemente detto di recarsi colà: lì si sarebbe incontrato con lei. È molto verosimile che il figlio si sia incontrato con la propria madre.Quando mia mamma si trovava a Grumolo mi capitava questo: se le cose andavano bene, mi presentavo da lei tutto contento e gliele confidavo; se c'era qualcosa che non filava dritta lei stessa mi diceva: «Com'è andato quel problema? Beh, beh, forse il Signore vuole anche questi sacrifici».Quando una mamma viene associata alla missione del figlio, se non si tratta di cose più che segrete, si parla a lei chiaramente di tutto e si trova, vorrei dire, una tale corrispondenza nel cuore della mamma da riceverne coraggio e forza per andare avanti. Scusatemi se vi dico questo, ma è un'esperienza che ho fatto specialmente nei primi anni di vita dell'Istituto, quando non c'era il pane, non c'era niente: ero solo e sentivo il bisogno di dire una parola alla mamma. Non le dicevo quello che l'avrebbe fatta soffrire, perché cercavo di tenerlo dentro di me possibilmente, ma lei lo leggeva negli occhi.«Tu hai qualcosa, hai qualcosa che ti fa soffrire. Dimmelo».«No, non ho niente. Che cosa pensi che sia?».«Io ti conosco, ti conosco fin da piccolo. So che hai qualche problema. Basta guardarti negli occhi. Si vede che non sei come al solito: devi avere qualcosa. Dimmi la verità. Sei forse senza soldi? C'è qualcos'altro? Hai ricevuto qualche dispiacere da qualcuno? C'è qualche ragazzo che fa il cattivo? Carletto, magari, fa il cattivo?». È così la mamma mi interrogava.PAROLA DI DIO Vangelo
MARIA
GESÙ
Don Ottorino afferma di non giurare sulla verità storica del racconto narrato nel libro della Valtorta, ma in diverse circostanze ha confidato di avere imparato, dalla lettura e dalla meditazione di quel libro, ad amare di più Cristo e a vivere meglio il Vangelo.
Il riferimento è forse a Graziano Muraro, che all’epoca stava ancora preparandosi per il noviziato.
Nel testo registrato don Ottorino legge la frase del libro, ma a metà fa un breve commento e ripete alcune parole.
Don Ottorino si riferisce ad alcuni episodi del romanzo di A. MANZONI, I promessi sposi, che rileggeva sempre con diletto. In particolare il rimprovero di padre Cristoforo a don Rodrigo si trova nel cap. VI, e quello a Renzo e ad Agnese perseguitati e tentati di ricorrere alla violenza nel cap. VII
MI359,2 [estate 1971]
2 Secondo questo libro, anche Gesù si sarebbe incontrato con la Madonna, si sarebbe confidato con lei. E allora ecco il dialogo; ve lo leggo un pochino.«Maria è afflitta. Ha saputo del fatto della sinagoga ed è addolorata. Gesù la consola».Eh, la Madonna doveva consolare Gesù, invece soffre per lui. Una mamma, di solito, soffre più dei suoi figli.«Maria supplica il figlio di stare lontano da Nazareth, dove tutti sono maldisposti verso di Lui, anche gli altri parenti che lo giudicano un pazzo desideroso di suscitare rancori e dispute».E qui vorrei soffermarmi per entrare nel tema della nostra meditazione. Con questo noi non giuriamo sulla verità storica del racconto narrato da questo libro, tuttavia giuriamo sulla verità delle seguenti parole che, io credo, tutti accettiamo. Attento, Graziano , perché esse servono anche per te.«Ma Gesù fa un gesto sorridendo. Pare dica: «Ci vuol altro, mamma; lascia perdere!». Ma Maria insiste. Allora egli risponde: «Mamma, se il Figlio dell'uomo dovesse andare unicamente là dove è amato, dovrebbe volgere il suo passo da questa terra e tornare al Cielo».Il brano è importantissimo per noi che stiamo affrontando il mondo, noi che stiamo affrontando la missione del Cristo. Non possiamo dire: «Andremo dove saremo amati, dove saremo accolti trionfalmente, dove saranno con le braccia aperte ad attenderci». State attenti, eh, perché allora dovremmo tornarcene a Vicenza: Gesù in Paradiso, noi a Vicenza, se dovessimo andare soltanto dove potremmo essere accolti in modo umano, trionfalmente. Anzi, ci sarebbe da aver paura d'andare in un luogo dove ci dicono: «Ah, tutto bene, tutto bene!». Dovremmo temere queste affermazioni. E Gesù spiega anche perché, lo dice con chiarezza.«Ho dovunque dei nemici. Perché la Verità è odiata, ed Io sono Verità».Bisogna che ci fissiamo in mente proprio questo: noi dobbiamo portare la verità, e la verità scotta. La verità infatti deve dire a don Rodrigo: «Non licet! Non ti è permesso; non puoi impedire quel matrimonio», o ad Agnese e a Renzo che si scagliano contro il signorotto: «No!». Ricordate come padre Cristoforo alza la voce anche con loro, sebbene siano perseguitati e abbiano perfino il diritto a una certa giustificazione se sfugge loro qualche parola, ma quando cominciano ad alzare un po' la voce, non c’è niente da fare: padre Cristoforo fa sentire la sua voce anche con loro.APOSTOLO missione
GESÙ
Il riferimento è a Giorgio De Antoni, che all’epoca stava frequentando il corso teologico.
Nel testo registrato don Ottorino riporta il versetto dell’antico cantico del giovedì santo in latino:. «Congregavit nos in unum».
La prima parte dell’espressione evangelica è tratta da Mt 10,16 e Lc 10,3, mentre la seconda da Mt 5,41.
Cfr. Atti 5,41.
MI359,3 [estate 1971]
3 L'apostolo deve dire e portare la verità. E ricordatevi che essa è odiata. È odiata dai preti, non propriamente da loro, ma dalla parte umana dei preti, dei frati, delle suore... è odiata. Tutti abbiamo la parte umana, ed è per questo che la verità scotta. Se dico, infatti, al nostro caro Giorgio: «Sei un bel ragazzo», lui gode tutto; ma se gli dico: «Sei una canaglia», tende a giustificarsi, dicendo: «Sì, però...». La verità - ricordatevelo - scotta a tutti, e noi siamo chiamati a dirla. Perciò dobbiamo rassegnarci ad essere anche odiati. Non possiamo sacrificare la verità per ottenere la popolarità, perché tradiremmo la nostra missione.«Perché la Verità è odiata, ed Io sono Verità. Ma Io non sono venuto per trovare facile amore».Anche la nostra andata nel mondo non è fatta per cercarvi un facile amore, una sistemazione che, paragonata a quella del matrimonio, potrebbe essere migliore. Se fosse così, avremmo sbagliato strada, avremmo sbagliato portone e numero di casa. Dio non ci ha chiamati qui, non ci ha congregati qui, in mezzo a questi campi dove una volta c'era il granoturco, non «ci ha riuniti nell’unità» in mezzo al granoturco per portarci a un facile amore, ad una posizione di comodità, ad una posizione di gioia.Nel Vangelo è scritto: «Vi mando come agnelli tra i lupi... Beati voi quando vi perseguiteranno». Gli Apostoli, fedeli a questo, sono stati contenti e gioiosi di soffrire qualcosa per amore del Cristo. Se noi non arriviamo a capire questo, significa che non abbiamo capito il Cristo, non abbiamo capito il Vangelo.«Io non sono venuto per trovare facile amore. Io sono venuto per fare la volontà del Padre e redimere l'uomo».Che siete andati a fare a Crotone? La volontà del Padre e a redimere l'uomo. E in Guatemala, in Brasile, in Argentina, all'Istituto, dovunque siete andati? A fare la volontà del Padre e a redimere l'uomo. «Ma io - si sente dire - là non ci andrei... là non mi piace! Sa, io... io...». E Gesù: «Sono andato a fare la volontà del Padre e a redimere l'uomo». In che modo? Predicando la verità con la mia vita, con la mia semplicità, con il mio amore. È questa, insomma, la grandezza!Al Santo Curato d'Ars fu detto: «Va’, porta amore ad Ars! Vi manca l'amore, portalo!». E lui, questo povero giovanotto, obbedisce: parte, va ad Ars portandovi l'amore, e l'amore attecchisce.APOSTOLO missione
MONDO
APOSTOLO chiamata
APOSTOLO missione
MISSIONI
CONGREGAZIONE Case della Congregazione
VOLONTÀ
di DIO
GESÙ
servo
Nell’esempio don Ottorino nomina don Zeno Daniele, che all’epoca era addetto all’amministrazione delle Edizioni, e don Renato Novello, che lavorava già nella Comunità di Crotone, e la famiglia di quest’ultimo, in particolare il padre che si chiamava Santo, che viveva a Malo (VI) e che aveva anche una figlia suora presso l’Istituto di Santa Teresa di Imola.
Era noto quanto a don Ottorino piacessero i fichi: egli non li ricercava, ma quando poteva gustarli era molto contento.
Don Ottorino era stato eletto superiore generale della Congregazione nel 1° Capitolo generale del 1968 e, secondo le Costituzioni di allora (art. 164), avrebbe dovuto restare in carica dodici anni. Forse egli, pensando al 2° Capitolo generale, che si sarebbe dovuto tenere nel 1974, progettava di rimettere l’incarico e, nella sua umiltà, pensava che non sarebbe stato confermato.
MI359,4 [estate 1971]
4 L'altra sera sono andato con don Zeno in casa di don Renato Novello, dove ci siamo fermati a cena per invito dei genitori. Poveretti, è un regalo che si fa loro: queste due creature, che hanno dato alla Chiesa un figlio e una figlia, vivono da sole. Vi sono andato volentieri. Prima di cena ci siamo intrattenuti all’aperto, davanti alla casa, dove c'erano due piante di fico.«Che belle piante di fico!», ha detto don Zeno.«Sì, - io ho esclamato - mi prendete sempre in giro con le piante di fico, però sono trent'anni che mi trovo all’Istituto e non ne è stata piantata ancora una». E rivolto al papà di don Renato ho chiesto: «Quanti anni occorrono perché queste piante facciano frutto?».«Eh, ne vorranno quattro o cinque».«Allora basta, ormai. - ho soggiunto - Fra tre anni ho finito, perciò è inutile. E poi, chi verrà dopo di me le sradicherà. Quindi non c'è niente da fare. Ormai è troppo tardi». E allora abbiamo scherzato un pochino.«Vede, - ha detto il papà di don Renato, dopo che gli avevo chiesto quanti anni occorrono perché il fico fruttifichi - vede questo grande fico? L'avevo, dapprima, piantato là, ma non attecchiva affatto; poi, in quel posto, alla distanza di qualche metro, stava per morire, era ormai ridotto agli estremi, non c'era più niente da fare. A quel tempo avevo piantato anche quelle viti e mi occorreva un palo da sostegno. Mi son detto: "Questo fico qui è morto: serviamocene, - non avevo altri pali! - è un bel legno di fico, abbastanza duro", e l'ho piantato come palo, proprio là come palo da filare per sostenere le viti. Passato un po' di tempo vedo che comincia a buttar fuori polloni a gran furia: di qua, di là, di sotto. Il fatto sta che è attecchito. Osservi che bellezza di fico ne è venuto. E quell’altro è suo figlio, l'ho ricavato da quello, e i vicini hanno tutti piante di fico figlie di quello». Voi sapete com'è Santo e come sa essere brioso nella conversazione, e mi ha spiegato come quella pianta abbia trovato il suo posto, il proprio terreno e per questo ha prodotto frutti e si è moltiplicata.E il nostro terreno dov'è? Quand'è che noi saremo piante che attecchiscono e portano frutto come quel fico? Quando saremo, non dove desideriamo noi, ma dove ci vuole il Signore; quando, nel posto voluto da Dio, ci sforzeremo di essere a sua totale disposizione, ricordandoci che non andiamo in cerca di una popolarità.ESEMPI volontà
di Dio
APOSTOLO ambasciatore di Dio
Don Ottorino usa un tono scherzoso nel suo esempio, nel quale coinvolge Marco Pinton, Franco Faggian e Aldo Bernardi, che frequentavano corsi diversi.
A questo punto la registrazione è piuttosto scadente, per cui alcune frasi non sono del tutto comprensibili e vengono riportate a senso.
Nel testo registrato don Ottorino a questo punto aggiunge: «Della Casa dell’Immacolata».
Il riferimento è a Silvano Tovo, che all’epoca si stava preparando per il noviziato.
MI359,5 [estate 1971]
5 Allora, la prima cosa che si vedrà, sarà questa: se ci vogliamo bene tra noi, se siamo capaci di compatirci, di comprenderci e di sopportare, cioè se siamo preparati alla sofferenza perché un apostolo deve essere preparato ad essa. Se si va, per esempio, in una Comunità, supponiamo che sia nella luna, dove si trovano Marco, Faggian, Aldo, e si chiede loro: «Come va? ». «Bene, - rispondono - ma Aldo... ma... ma... ma...». Insomma, che apostoli sono costoro? Cambiamo di posto le piante, trapiantiamole giù nel mare, perché se non sanno sopportarsi... Se per amore di Cristo non vi sentite disposti a versare il vostro sangue, non avete capito l'essenza dell'apostolato che è fare ogni cosa per amore.La nostra stessa presenza dovrebbe essere un po' odiosa, qualche volta, per il fatto che noi predichiamo... Il nostro modo di pregare deve essere di contrasto.E Gesù continua:«L'amore sei tu, Mamma, il mio amore, quello che mi compensa di tutto. Tu e questo piccolo gregge che tutti i giorni si accresce di qualche pecorella che Io strappo ai lupi delle passioni e porto nell'ovile di Dio».Se tu, Silvano , stamattina, quando hai sentito suonare la campanella, avessi visto una cinquantina di serpenti nel pavimento accanto al letto, non avresti certamente messo giù i piedi sul pavimento. Eppure ogni mattina... mi meraviglio che vi alziate alla mattina, mi meraviglio perché, se osservaste bene le vostre passioni, dovreste mettervi sotto le coperte e attendere che se ne vadano via. Osservate un pochino, fratelli miei: dentro di noi abbiamo il germe di ogni virtù, ma anche di tutti i vizi...Fra i nostri vizi troviamo il desiderio che il proprio io sia incensato: «No, non faccio per essere lodato, non faccio per dire...», il desiderio di apparire, di essere il primo, di trionfare: «Non per niente: per la verità, per la santità...»; questo desiderio del nostro io è un nemico acerrimo. E aggiungete poi tutte le altre passioni: la gola, il piacere...Cristo parla chiaro: dobbiamo essere gli strappati dai vizi e dalle passioni, cioè i vincitori, ma bisogna che ci lasciamo strappare dal Cristo.COMUNITÀ
fraternità
CROCE sangue
APOSTOLO chi è
l’
apostolo
VIRTÙ
VIZI
L’esempio biblico di Susanna e del giudizio di Daniele è narrato in Dan 13,1-64.
Nell’esempio don Ottorino coinvolge Marco Pinton, che aveva una dote spiccata per intrattenere e comunicare, e don Girolamo Venco, che lo aveva accompagnato nel suo 4° viaggio in America Latina nel 1969, quando aveva avuto occasione di conoscere l’ing. Luis Zago ed altri collaboratori della scuola professionale Giovanni XXIII del Chaco in Argentina.
MI359,6 [estate 1971]
6 Quando uno cade in un fosso e sta per annegare allunga una mano per aggrapparsi a qualcuno, ma se trascina con sé chi gli presta soccorso o se con la mano si tien fisso a una radice tutto è inutile. Anche noi qualche volta facciamo così: una mano la diamo al Signore perché ci strappi dalle passioni, ma con l'altra ci teniamo strettamente aggrappati ad esse perché egli non ce ne liberi.Noi, da soli, non possiamo uscire dalle passioni. State attenti, fratelli miei: voi vi accorgete che da soli non si viene fuori dalle passioni, neanche a sognarlo! Esse, anche se siamo vecchi, - ricordate il fatto dei vecchioni e di Susanna - anche se siamo vecchi, veniamo travolti dalle passioni se il Cristo non ci dà una mano. Però noi dobbiamo compiere necessariamente la nostra parte: lasciarci portare dal Cristo e staccare l'altra mano dalle passioni. Se noi ci teniamo stretti con una mano ad esse e con l'altra intendiamo dire: «Signore, io voglio essere tutto tuo; Signore, ti amo tanto!», e intanto continuiamo a coltivare il nostro io, a fare quel che vogliamo, amici miei, guardate che non c'è nessun rimedio. Se non ci lasciamo strappare dalle passioni, non possiamo fare i preti, non possiamo fare i diaconi. Perché? Perché non abbiamo niente da dare alle anime, fratelli miei, niente da dare!Se io sono legato ad una passione impura, come posso fare domani il maestro dei vergini e delle vergini, delle madri che cercano la castità nel matrimonio? E come posso insegnare agli altri il distacco dalle cose del mondo se ho il cuore attaccato ad esse? Come posso insegnare l'umiltà se sono superbo? In altre parole: come posso indicare la via dei cielo se questa via non la conosco?Non so che cosa direste voi se, per la visita di una cattedrale, supponiamo quella di Vicenza, si scegliesse come cicerone uno di voi, Marco, per esempio, ed entrasse nel tempio il nostro caro don Girolamo con un gruppetto di amici provenienti dall'America Latina, dove egli li ha conosciuti. Supponiamo che tra loro ci sia il nostro caro Zago e compagni, e lui, che parla molto bene lo spagnolo, cominciasse a spiegare: «Dovete sapere che questa cattedrale è stata fondata trecento anni prima di Cristo, quando San Paolo, in un suo viaggio verso l'America Latina...», e via di questo passo. E continuasse: «L'autore di questa statua è Fidia... di quest'altra invece...», facendo un minestrone di epoche e di artisti. Sarebbe una figura meschina, veramente meschina! E quante volte noi facciamo queste magre figure! Quante volte parliamo, parliamo, parliamo! Amici miei, non possiamo portare agli altri Cristo se non lo abbiamo noi. Possiamo dire belle parole, belle frasi, tutto quel che volete, ma se non siamo pieni di Cristo, se non abbiamo capito l’essenza della vita spirituale, facciamo una figuraccia.VIZI
PECCATO passioni
GESÙ
VIZI superbia
APOSTOLO missione
ESEMPI apostolo
Don Ottorino cita, come era sua abitudine, il passaggio di Apoc 3,16 in latino: «... nec frigidus nec calidus, incipiam te evomere ex ore meo».
Cfr. Lc 8,2. Questa Maria di Magdala, citata da tutti gli evangelisti nei racconti della passione e risurrezione di Gesù, è stata spesso identificata nelle tradizioni cristiane con la peccatrice omonima di cui si parla in Lc 7,36-50, e anche con Maria, sorella di Marta e Lazzaro (cfr. Lc 10,38-42; Gv 11,1-44 e 12,1-11).
La battuta di don Ottorino è comprensibile tenendo presente che in dialetto veneto si chiamano gatti anche i grumi di polvere di tipo lanuginoso che si formano nelle stanze e nei corridoi quando per qualche tempo non si fa pulizia. Con questo inciso don Ottorino fa capire bonariamente e intelligentemente il suo desiderio che anche durante l'estate la casa deve essere pulita. Però l'accento del discorso è portato sull'immagine dei gatti animali e del loro comportamento sornione.
MI359,7 [estate 1971]
7 Quando, per esempio, uno mi dice: «Io vado dal padre spirituale una volta ogni tanto, io faccio così...», quando uno insomma non si prende sul serio cura della propria anima e con l'aiuto del padre spirituale non cerca di vincere veramente le proprie passioni, in nome di Cristo cambi mestiere perché non ha capito niente.Non si può vivere la vita religiosa alla buona dicendo: «Andiamo avanti così», cioè nella mediocrità, perché se «non sei né freddo né caldo sto per vomitarti dalla mia bocca». Guardate che il prete, il religioso, che non è «nec calidus nec frigidus», è peggiore di tutti. È preferibile uno che ne combina una di grossa e poi piange perché, chi fa così, capisce di avere sbagliato e poi diventa come la Maddalena pentita. Preferisco una Maddalena pentita anziché i gatti: non intendo quelli che qualche volta si vedono nei corridoi durante l'estate, ma quelli che vanno a mangiare di nascosto il pollo e poi scappano via. Avete visto come fanno: si mettono a leccare la mano alla padrona e, non appena essa gira l'occhio, le portano via i fegatini. No, no: questi no! Sono ruffiani, sono falsi, sono bugiardi. No, no! È preferibile un cane rabbioso che si vede quando sta mangiando perché gli si dà una bastonata e dopo cambia abitudine. Io preferisco i cani rabbiosi, i quali a un dato momento cambiano testa, anziché le persone che continuano avanti e indietro: costoro non piacciono al Signore.Lei, signor diacono, è del mio parere? Cristo parla chiaro nel suo Vangelo.Quelli che mi consolano, caro don Girolamo, sono «questo piccolo gregge che tutti i giorni si accresce di qualche pecorella che Io strappo ai lupi...Il resto è il dovere. Sono venuto per compiere questo dovere e lo devo compiere anche fino a sfracellarmi contro le pietre dei cuori tetragoni al bene».Se i superiori mi dicono: «Fa’ questo», bene, lo faccio: è un dovere da compiere. Mi ordinano di scavare un pozzo profondo cinquanta metri? Bene, lo scavo per cinquanta metri; se, dopo aver spiegato che occorre puntellare all'intorno con tavole, altrimenti frana tutto, chi sta sopra ordina: «No, scaverai lo stesso!», ebbene: morirò. O siamo così, e allora con questi uomini rovesciamo il mondo, oppure non so che cosa il Signore possa fare anche con la sua onnipotenza.«Anzi, solo quando sarò caduto, bagnando di sangue quei cuori, Io li ammollirò stampandovi il mio Segno che annulla quello del Nemico».FORMAZIONE direzione spirituale
CONSACRAZIONE vita religiosa
CONSACRAZIONE mediocrità
CONSACRAZIONE religioso
ESEMPI mediocrità
CONVERSIONE pentimento
GESÙ
L’espressione è del grande apologeta di Cartagine Quinto Settimo Florenzio Tertulliano (160-220).
«Dio regnò dal legno della croce»: verso del famoso antico inno »Vexilla regis», cantato nel tempo liturgico della passione del Signore.
MI359,8 [estate 1971]
8 «Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». Il momento, in cui uno di noi verrà cacciato da un posto e sembrerà arrivato il disastro, forse sarà quello in cui nascerà una comunità cristiana fiorente. Il giorno nel quale in qualche parte delle nostre missioni si suonerà a morto perché sembrerà sia capitato un disastro, quello sarà forse il giorno della vittoria del Cristo: vittoria - ricordatevi! - non nostra, ma del Cristo. E poiché siamo chiamati a combattere la battaglia per il Cristo, la bandiera vittoriosa non deve recare la scritta: «Casa dell'Immacolata», ma il nome di Cristo; in caso di sconfitta, invece, purtroppo dovrà portare il mio nome. E la sconfitta può esserci solo quando lavoro per me stesso; quando, invece, lavoro per Dio e non per me, anche se muoio crocefisso, non c'è sconfitta: «Regnavit e ligno Deus».CROCE martirio
GESÙ
mistero pasquale
CROCE