Don Mario Baron Toaldo era già sacerdote e all’epoca studiava filosofia all’Università di Padova.
Don Ottorino si riferisce all’opuscoletto di presentazione della Congregazione che preparò durante quelle vacanze natalizie con la collaborazione dei Religiosi più anziani. Ricevuto l’imprimatur il 25.1.1966, venne stampato con una copertina bianca per cui era comunemente chiamato “Il libretto bianco” e presenta la Congregazione nei suoi aspetti: spirituale, comunitario e apostolico. Il discorso è articolato in quattro capitoletti:
Don Erasmo De Poli frequentava, all’epoca, l’ultimo anno del corso teologico.
DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, Inferno 3, 27. La terzina completa è: “Diverse lingue, orribili favelle, /parole di dolore, accenti d’ira, /voci alte e fioche e suon di man con elle”.
MI50,1 [30-12-1965]
1.Siamo andati avanti con il lavoro di questa mattina da quando siete partiti fino alle una e dieci. Siamo rimasti fino ad ora, e abbiamo parlato perché lo Spirito Santo girava, e ogni tanto veniva dentro don Mario , che è carismatico, ad aiutarci perché aveva lo Spirito Santo, e siamo arrivati quasi alla fine. Ci sono due o tre parti che abbiamo ancora da leggere insieme, e le leggeremo insieme dopo, quando ci ritroveremo. Come? Le sentireste volentieri? Bravo. Abbiamo ancora da vedere insieme "il consacrato", "la comunità" e "l’apostolo in azione". Vi ricordate che eravamo arrivati a "il religioso". Abbiamo detto che il religioso è: uomo, uomo di Dio, vergine, povero; il vergine e il povero sono i presupposti per essere "il consacrato", cioè colui che è a disposizione di Dio. Intanto vi dico una cosa: è bello lavorare insieme! Don Mario, dico male? È bello lavorare insieme, anche se lavorando insieme in principio ci si trova un po’ in contrasto, come al Concilio ecumenico: in principio pareva che si prendessero a pugni, ma dopo si è visto entrare lo Spirito Santo ed è nata un’armonia meravigliosa. All’inizio hai visto don Mario da una parte e don Erasmo dall’altra; mi pareva di ascoltare il verso: "suon di man con elle" , ma poi, pian pianino, si è trovata l’armonia. Ognuno diceva: "Io volevo che fosse così", e alla fine tutti volevano la stessa cosa, e quello che è venuto fuori ha soddisfatto tutti. È bello tutto questo, e questo mi fa piacere anche a Vicenza quando i preti si radunano tra loro per preparare le prediche. Che bello sarebbe un domani nelle nostre comunità parrocchiali vedere questo gruppetto che si mette insieme, che tratta insieme i problemi, le difficoltà, il programma di azione! Il parroco propone: "Io avrei pensato... Che cosa ne dite?". Importante è che non si tratti di segreti del confessionale, di cose intime, ma di problemi organizzativi. Quando si manifestano le proprie opinioni possono nascere delle contrarietà, ma intanto si parla: “Si, è meglio così!”. È meglio discutere un pochino; in principio sarà una mezza baruffa, ma poi spunterà una bottiglia, spunterà un panettone, ci si rimette in armonia e si fa presente lo Spirito Santo.DIO Spirito Santo
CONSACRAZIONE religioso
CONSACRAZIONE povertà
CONSACRAZIONE verginità
CONSACRAZIONE disponibilità
CHIESA Concilio
COMUNITÀ
uniti nella diversità
SACERDOZIO prete
PASTORALE
PASTORALE parrocchia
PASTORALE parroco
COMUNITÀ
fraternità
Don Ottorino legge quanto era stato preparato in quei giorni e che poi venne stampato in “Il libretto bianco”. La citazione si trova a pag. 12 dell’opuscoletto, ed è posta in corsivo come tutte le seguenti che don Ottorino continuerà a proporre. Si nota qualche differenza fra il testo letto da don Ottorino e quello stampato perché, evidentemente, in seguito vennero apportate ulteriori modifiche.
Nel testo registrato don Ottorino aggiunge: “Questo è tutto il Concilio”, e infatti la citazione è tratta dal “Decreto sul rinnovamento della vita religiosa”, n. 14.
A questo punto, nel testo registrato don Ottorino aggiunge: “Ecco l’obbedienza”.
Cfr. Isaia 55,8.
MI50,2 [30-12-1965]
2.Le parole che ho scritto sull’obbedienza sono riuscite bene; ve le leggo perché non crediate di aver capito tutto. "Il Religioso deve considerarsi uscito da un atto eterno di amore di Dio e apparso nel tempo per realizzare il piano di salvezza che Dio ha su di lui, in strettissima solidarietà con tutti gli altri uomini". Non fate caso se qualche parola vi piace o non vi piace, perché dopo faremo un ciclostilato, ne daremo una copia a tutti, e ognuno è pregato di fare le sue osservazioni; prima di stampare faremo questo lavoro. In questa maniera c’è un po’ di tempo disponibile perché possiate vedere il testo con calma, studiarlo un pochino, magari facendo la lettura spirituale, e così, dopo, siamo sicuri che viene fuori il meglio. "Ma in ogni uomo il peccato originale lascia segni di ribellione alla volontà di Dio, che ostacolano la realizzazione di questo piano. Gesù, per redimere gli uomini dal peccato, ha fatto della Sua vita un atto continuo di obbedienza al Padre fino alla morte di croce. Ogni cristiano, sull’esempio di Gesù, è chiamato all’obbedienza per salvarsi e unirsi a Dio. Ma ci sono dei cristiani che, invitati da Gesù a seguirlo più da vicino, "offrono a Dio la completa rinuncia della propria volontà come sacrificio di se stessi, e per mezzo di esso in maniera più salda e sicura si uniscono alla volontà salvifica di Dio... mossi dallo Spirito Santo, si sottomettono in spirito di fede ai Superiori che sono i rappresentanti di Dio, e sotto la loro guida si pongono al servizio di tutti i fratelli in Cristo. Perciò i religiosi in spirito di fede e di amore verso la volontà di Dio , secondo quanto prescrivono la regola e le costituzioni, prestino umile ossequio ai loro Superiori col mettere a disposizione tanto le energie della mente e della volontà, quanto i doni di grazia e di natura, nell’esecuzione degli ordini e nel compimento degli uffici loro assegnati, sapendo di dare la loro collaborazione all’edificazione del Corpo di Cristo secondo il piano di Dio. Così l’obbedienza religiosa, lungi dal diminuire la dignità della persona umana, la fa pervenire al suo pieno sviluppo, avendo ampliata la libertà dei figli di Dio” (Perfectae caritatis n. 14). Il Superiore, preoccupato di fare la volontà di Dio e di esercitare l’autorità in spirito di servizio verso i fratelli, quando comanda, si propone come unico scopo di condurre i suoi Religiosi verso una unione più intima alla volontà di Dio, verso un’unione più intima alla volontà di Cristo, sforzandosi di scoprire ciò che l’amore di Dio esige in ogni momento da ognuno e da tutti”. Allora la Comunità è un paradiso, è un paradiso! Che cosa deve fare il superiore nella Comunità? Deve scoprire che cosa il Signore vuole, in ogni momento e in ogni azione, da ognuno e dalla Comunità. Avete capito? Se il singolo individuo deve rinunciare a qualcosa è perché il Signore vuole dalla Comunità qualcos’altro. Si gioca un po’ su un altro piano ! Bisogna diventare tutti piccoli piccoli; siamo tutti chiamati a servire la volontà di Dio, in atto di amore alla volontà di Dio. "A tale scopo il Religioso, a sua volta, deve collaborare con il Superiore in un clima di fiducia fraterna, non isolandolo, ma tenendo con lui un efficace e franco contatto di informazione e di apertura; non comportandosi passivamente, ma andando incontro attivamente all’obbedienza, perché è l’obbedienza liberamente compiuta con amore che ravvicina al Cristo". Che cosa ve ne pare? Mi sembra che questo articolo sia riuscito bene. Andiamo avanti!CONSACRAZIONE religioso
CONSACRAZIONE obbedienza
GESÙ
servo
DIO Spirito Santo
CONGREGAZIONE Costituzioni
GRAZIA Corpo Mistico
COMUNITÀ
superiore
VOLONTÀ
di DIO
COMUNITÀ
conduzione comunitaria
Nella stesura definitiva l’articolo della Comunità venne esposto in due capitoli:- la Comunità religiosa, che tratta il problema ‘ad intra’;- la Comunità in azione apostolica, che tratta il problema ‘ad extra’.
Don Lino Dal Moro era già sacerdote e svolgeva ministero pastorale in alcune parrocchie della diocesi di Vicenza.
Il riferimento è, forse, all’assistente Giuseppe Filippi.
MI50,3 [30-12-1965]
3.Ho già letto qualcosa: prima erano venuti fuori due titoli, ma dopo abbiamo cambiato e ne è uscito un capitolo lungo. Ricordo che avevamo detto che la Comunità è un cenacolo, la Comunità è un carmelo. Dopo era venuto fuori il titolo: "La Comunità dal di dentro e la Comunità dal di fuori", cioè la Comunità vista "dal di dentro" e vista "da fuori"; era sembrato necessario dividere i due punti. "I Religiosi hanno lasciato una famiglia naturale per formare insieme una nuova famiglia, nella quale, uniti da un medesimo ideale, sorretti dallo stesso fratello Gesù, impegnati nello stesso lavoro, si sforzano di vivere in spirito di fraterna comprensione quella carità che distingue i portatori del messaggio divino. Ogni membro della comunità sa vedere nel proprio confratello l’immagine di Gesù, e il Superiore cercherà di esercitare "l’autorità in spirito di servizio verso i fratelli, in modo da esprimere la carità con cui Dio li ama (Perfectae caritatis, 14)”. Questa è veramente bella! Ho voluto citare questa frase del Concilio perché è meravigliosa. Il superiore, dunque, deve mostrare spirito di servizio verso coloro che gli sono soggetti perché essi non sono sudditi ma fratelli, sono dei fratelli. Nella Comunità il superiore è incaricato di esprimere la carità con cui Dio li ama. Ecco che cosa deve essere, cioè è incaricato di mostrare a don Lino che Dio gli vuole bene, e poiché Dio non è presente ha incaricato un altro. Si può dire che la Madonna ha avuto l’incarico di dare a Gesù Bambino i baci dell’Eterno Padre, cioè la Madonna è stata delegata a dare i baci a Gesù Bambino. E così si può dire dell’affetto che Dio ha per te, Giuseppe : Dio ha delegato don Ottorino a mostrartelo, e se non sono riuscito a dimostrartelo meglio, porta pazienza, ma sappi che questo è l’affetto che io cerco di avere per te, che può essere anche un affetto con la croce. Non vi pare che sia una cosa bella? Dite qualcosa. "Servizio dei fratelli": sta’ attento un momento. Tu hai già capito che cosa significa e vuoi che lo spieghi perché hai paura che gli altri non l’abbiano capito. Questa mattina sei andato in gita, mentre alcuni di voi sono rimasti a casa. Tu eri il capo, non è vero? Hai guadagnato qualcosa, umanamente parlando, a comandare, restando a fare da mangiare? Comandavi sì, ma perché? La tua preoccupazione qual’ era? Dio ha permesso che un gruppo andasse a Val Giardini per passare una giornata serena, insieme, da fratelli. Tutte le volte che tu, per esempio, hai detto: "Fa’ a meno di fare questo, o fa’ quello..." era per la Comunità, era perché la giornata riuscisse bene, e la tua giornata è stata completamente assorbita dal servizio ai fratelli. Potevi muoverti anche tu se volevi, però sei rimasto a servizio della Comunità perché tutto riuscisse bene, secondo un piano stabilito da Dio. Non è stato così? Ora tu che eri superiore lassù, eri superiore a servizio perché, praticamente, eri stato incaricato da Dio affinché venisse realizzato bene il piano di Dio in quel momento, e questo piano può essere una giornata di divertimento, può essere una riunione, può essere la ricerca fatta insieme della verità, può essere un altro lavoro apostolico.COMUNITÀ
CHIESA Concilio
COMUNITÀ
superiore
COMUNITÀ
servizio reciproco
COMUNITÀ
fraternità
CARITÀ
MARIA
Don Ottorino si lascia ingannare dal suo entusiasmo, perché non è nelle lettere paoline ma in 1 Pietro 2,18 che troviamo la frase: “Servi, subditi estote in omni timore dominis, non tantum bonis et modestis, sed etiam discolis”.
A questo punto, nel testo registrato c’è un intervento abbastanza lungo di don Mario Baron Toaldo per sottolineare quanto espresso da don Ottorino, ma con una punta di critica all’atteggiamento poco servizievole dei parroci.
Don Ottorino vuole affermare che la dinamica per la scelta dei superiori avviene secondo una votazione di tipo democratico fatta dai membri della Famiglia religiosa stessa, e non in forma ‘carismatica’, cioè direttamente da Dio.
Don Ottorino allude all’aneddoto riferito nei riguardi della posa del grande obelisco egiziano che il Bernini aveva voluto al centro della Piazza di San Pietro circondata dal suo grandioso colonnato. Per l’attrito, le funi che sollevavano l’obelisco per introdurlo nella sede in muratura costruito per accoglierlo, cominciarono a fumare. Allora una voce si levò dal gruppo degli operai: “Acqua alle corde, acqua alle corde!”. In questa maniera si riuscì a raffreddarle e a condurre a buon termine l’innalzamento dell’obelisco.
MI50,4 [30-12-1965]
4.Ora il superiore non deve essere considerato un dittatore nella Comunità. Se da una parte si deve dire: "Va bene!" vedendo nel superiore la volontà di Dio, nello stesso tempo, tu, individuo, cerca di impegnare tutta la tua personalità, tutto te stesso, perché l’obbedienza non sia passiva. Voi superiori dovete essere i fratelli maggiori, ma non per fare la vostra volontà, come dittatori, esercitando l’autorità soltanto per un piacere personale. Avere un uomo, un superiore così, è una cosa che fa compassione. Allora è proprio il caso dei ‘discolis’ di cui parla San Paolo . Anime di Dio, il superiore deve essere un fratello, fratello insieme ai fratelli, perché insieme dobbiamo camminare. È sbagliato? Non so se ho reso abbastanza l’idea. Si tratta dunque di essere a servizio, di giorno e di notte, come è richiesto ad un parroco. Ma si può, o meglio si deve stare attenti al modo di fare, per cui si sente quasi che siamo effettivamente fratelli, come ha detto con quelle sue parole don Mario l’altra sera. Bisogna che partiamo dall’idea che la nostra grandezza è che siamo fratelli, che abbiamo la grazia di Dio e che siamo fratelli di Gesù Cristo. Mettiamoci tutti su questo piano. E adesso, attenti a me! Mettiamoci in quattro o cinque: "Bene, sentite un momentino. Abbiamo da tirare un carretto: chi si prende l’incarico di comandare e di dire: oop, oop. Uno deve farlo, perché, altrimenti, uno tira e l’altro molla. Bene, lo fai tu?". Tutti obbediamo, e allora il carretto si muove. Ecco, siamo fratelli, siamo tutti uguali: io, tu, novizio o non novizio, siamo uguali: fratelli di Gesù, fratelli di Gesù! Che cosa vi pare? Poi il Signore prende uno, o meglio il Signore dà la sua approvazione alla scelta fatta dal popolo, perché l’autorità viene dal popolo, non dal Signore, perché anche nelle Famiglie religiose l’autorità viene scelta da voi, non viene dal cielo, viene proprio in maniera democratica: l’avete messa voi! Praticamente succede la stessa cosa di quei cinque che vogliono tirare il carretto e dicono: “Bene, sentite, mettiamoci d’accordo. Prendi tu in mano il comando e andiamo avanti!”. L’altro, qualche volta dice: “Va bene; io mi prendo la responsabilità del comando, ma che poi non ci siano pasticci!”. Non fate così quando andate in montagna? Perché non succedano disastri uno dice: “Io, se volete, comando; però mettetevi d’accordo affinché più tardi non diciate: io voglio andare di qua, io voglio andare di là”. Perché non venga fuori uno stiracchiamento tu ti sei messo nelle mani di un superiore che comanda, ordina e si va. Nel nostro caso perché ti sei messo nelle mani del superiore? Perché è volontà di Dio! Ma il superiore ci vuole anche per un senso organizzativo, se no, che cosa succederebbe? Ma se tutto questo è vero, è altrettanto vero che domani quell’altro che non ha ufficialmente nessun comando può dire: "Acqua alle corde". Non devi impiccare quel tale che ha detto: "Acqua alle corde!". È sbagliato? Perché può essere uno, l’ultimo, che trova il modo di salvare l’obelisco. È sbagliato? Avete capito?COMUNITÀ
superiore
VOLONTÀ
di DIO
DOTI UMANE personalità
CONSACRAZIONE obbedienza
COMUNITÀ
fraternità
COMUNITÀ
servizio reciproco
PASTORALE parroco
GRAZIA
GESÙ
COMUNITÀ
Don Ottorino, forse, pensava di ristrutturare la casa di Val Giardini, nella quale non c’era il riscaldamento e c’era il problema idrico da risolvere perché l’inverno era per l’altopiano di Asiago il periodo più critico per l’approvvigionamento dell’acqua, prima che fossero fatti i lavori dell’acquedotto che dalle grotte di Oliero porta l’acqua in abbondanza sull’altopiano.
Frase attribuita a molti personaggi, da Filippo il Macedone a Luigi XI, re di Francia.
Don Ottorino si riferisce al problema della neve, abitualmente abbondante durante il periodo natalizio ad Asiago, che avrebbe reso difficile le comunicazioni fra la casa di Tiro a segno e quella di Val Giardini.
In verità per la Congregazione erano anni di particolare abbondanza vocazionale: nell’anno 1965-66 i novizi furono 15, e nell’anno 1966-67 furono 18.
MI50,5 [30-12-1965]
5.“Essendo campo di apostolato della Pia Società in modo particolare la cura d’anime nelle parrocchie, i Religiosi non vivranno mai in grandi comunità; sarà perciò più facile realizzare questo clima di famiglia che fa delle comunità una testimonianza viva, voluta da Gesù, perché sia riconosciuta l’autenticità dei suoi inviati a predicare la lieta novella”. Attenti che rileggo questo pensiero per coloro che non hanno capito: “... le nostre comunità non saranno mai grandi comunità...”. Capite che se le nostre Comunità fossero grandi si farebbe fatica a stabilire un clima familiare. I Salesiani, che hanno cinquanta o ottanta Religiosi in una Comunità, fanno più fatica; se invece la Comunità è più piccola, è più facile vivere la comunione. Una delle cose che ho pensato per il prossimo Natale è quella di dividerci in due gruppi. Mettiamo a posto un pochino la casa lassù , attaccando sopra ai vetri il polistirolo o il nailon o qualcosa del genere, il cellofan o nailon, in modo che venga come un doppio vetro; si fa presto ad attaccarlo sopra i vetri, e collochiamo un paio di stufe a kerosene, magari quella grande dell’officina. I novizi del primo e del secondo anno li imbarchiamo lassù in modo che facciano una bella Comunità, e il secondo gruppo rimane qui e allora si può discutere meglio. “Divide et impera”. E così alla mattina fino a mezzogiorno io rimango con i novizi, e il pomeriggio vengo con voi; voi vi arrangiate per la meditazione. Mi divido: alla mattina, per esempio, con loro facciamo l’istruzione, l’incontro della mattina, e rimango con loro tutta la mattina; al pomeriggio invece sono qui con voi. Troveremo il modo di aprire la strada o di farcela aprire da altri, in modo di poter andare con la macchina avanti e indietro. Quest’anno ci sarà una grande comunità perché sapete che sono numerosi i novizi che entreranno il prossimo anno. In questo modo sarà più facile fare comunità, se il numero non è eccessivamente grande. Questo non è per non essere tutti fratelli, ma anche voi, infatti, sentivate il bisogno di andare, un gruppetto di qua e un gruppetto di là, e non certamente per eliminare i fratelli perché a voi non interessa se c’è l’uno o l’altro nel vostro gruppetto. Ma è una realtà di fatto: se si è in cinquanta o in sessanta, si fa più fatica a passare un’oretta di distensione insieme. Ora, le nostre Comunità, essendo piccole, si presteranno molto di più a questa fraternità avendo già il religioso, il consacrato, uno spirito comune e sarà anche facile stabilire un contatto, una discussione tra i membri della Comunità. State attenti! Questo vi renderà testimoni. Ecco come abbiamo colto il pensiero: questa fraternità che voi formerete andando in una parrocchia, quel piccolo gruppetto in cui vi troverete, vi metterà anche nella condizione favorevole di stabilire questa famiglia nella carità, e in questo modo diventerete testimoni, in mezzo ai fedeli, del Cristo.COMUNITÀ
CONGREGAZIONE storia
FORMAZIONE noviziato
COMUNITÀ
conduzione comunitaria
COMUNITÀ
fraternità
CONSACRAZIONE religioso
COMUNITÀ
dialogo
PASTORALE parrocchia
Vittorio Venturin frequentava, all’epoca, il 3° anno del corso teologico.
Nel testo registrato don Ottorino aggiunge: “Come ho già detto prima”.
MI50,6 [30-12-1965]
6.Porto un altro esempio. Vittorio si presenta in una zona X a predicare il Vangelo. Tu devi portare una testimonianza che sei inviato da Cristo: la testimonianza che porti è che andate in cinque o sei e che vi volete tanto bene per cui si sente il profumo della carità di Cristo. Questa è la testimonianza che dirà, dinanzi al mondo, che siete veramente gli autentici inviati dal Cristo. È sbagliato? In questo senso ho cercato di spingere con le mie parole. Dunque rileggo: "Ogni membro della comunità sa vedere nel proprio confratello l’immagine di Gesù, e il Superiore cercherà... Essendo campo di apostolato della Pia Società in modo particolare la cura d’anime nelle parrocchie, i Religiosi non vivranno mai in grandi comunità. Sarà perciò più facile realizzare questo clima di famiglia che fa della comunità una testimonianza viva, voluta da Gesù perché sia riconosciuta l’autenticità dei suoi inviati a predicare la lieta novella: “Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri” (Gv 13,35). Inoltre devono sentire di essere stati radunati dall’amore di Cristo...".APOSTOLO predicazione
GESÙ
profumo di...
APOSTOLO testimonianza
Nel testo registrato don Ottorino usa il termine dialettale “supiarolo” che indica un oggetto usato nelle cucine per ravvivare il fuoco acceso nei camini o nelle stufe di terracotta: consisteva di un tubo di latta cavo, oppure di un piccolo mantice con un beccuccio di latta, nel quale si soffiava appoggiandolo alla base delle braci. Don Ottorino non solo pronuncia la parola, ma anche mima il gesto di soffiare.
MI50,7 [30-12-1965]
7.La prima cosa necessaria è essere testimoni, gli autentici testimoni di Cristo! E adesso c’è l’aspetto apostolico. "Inoltre devono sentire di essere stati radunati dall’amore di Cristo per essere un piccolo carmelo nella parrocchia, in perenne adorazione, che ripara e intercede per il popolo, e nello stesso tempo, per essere a disposizione delle anime al fine di istruirle, consolarle e distribuire loro i doni di Dio. Come un figlio ricorre sempre con confidenza alla casa del padre, così i fedeli devono sentire naturalmente il bisogno di ricorrere nelle loro necessità alla casa di quegli uomini che Dio ha posto nella parrocchia per tenere accese la fede, la speranza e la carità. Gli affaticati e stanchi devono trovare nella casa dei Religiosi forza e consolazione; gli addolorati comprensione e rassegnazione; lontani e vicini serenità e fiducia". Che cosa vi pare? Se c’è questo spirito hanno la vittoria assicurata, sia con una parrocchia di cinquecento anime sia con una di diecimila, perché è come un incendio in mezzo a un bosco: si accende un fuoco e dopo il calore si espande. Se il bosco è di un chilometro quadrato brucia, e se fosse anche di centomila chilometri quadrati brucia: dipende da quanto forte è il fuoco iniziale; anzi, più il fuoco si allarga, e più ci sono calorie e in più c’è il fumo che insieme al calore prima secca le piante e dopo, man mano che arriva il fuoco, le brucia. Si tratta soltanto che il fuoco iniziale sia fuoco. Perché se il fuoco iniziale è come quello che si tiene acceso con il soffietto allora capite che non si sviluppa certamente. Che cosa ve ne pare?COMUNITÀ
unità
nella carità
PASTORALE parrocchia
ESEMPI testimonianza
Don Ottorino vuole dire che la stesura dell’ultima parte di “Il libretto bianco” era ancora in cantiere.
Don Ottorino si sentiva poco adatto a redigere documenti di ampio respiro dottrinale e che, magari, dovevano poi passare al vaglio dell’Imprimatur, e allora chiedeva aiuto ai suoi Religiosi più dotati e prepararti nelle varie discipline teologiche.
MI50,8 [30-12-1965]
8.L’apostolato... La Comunità in azione apostolica... Questo lo avete già sentito. Vi ricordate? Lo rileggiamo lo stesso. Subito dopo il tema del consacrato, viene quello della Comunità, e adesso parliamo dell’apostolo che esce con lo schioppo e incomincia a combattere. a)CONGREGAZIONE missione
CONGREGAZIONE assistente
SACERDOZIO prete
PASTORALE parrocchia
CONGREGAZIONE collaboratori
CONGREGAZIONE fondatore
Don Ottorino nomina alcuni degli insegnati laici che davano lezione agli studenti della Casa dell’Immacolata, e in particolare il prof. Renato Carraro, il prof. Riccardo Vicari, il prof. Giacomo Salin.
Il testo registrato si interrompe improvvisamente per cui la conversazione rimane sospesa, anche se dal contenuto si intuisce che stava per finire.
MI50,9 [30-12-1965]
9."Non è sufficiente che i Religiosi che sono in una parrocchia conoscano i fedeli ad uno ad uno e li aiutino singolarmente, ma devono formare della parrocchia una vera e propria famiglia che si senta inserita nella grande Famiglia di Dio. È necessario che i laici si sentano Chiesa e siano coscienti del loro sacerdozio e della loro missione di santificare il mondo. Nell’operaio comunista c’è una tensione verso qualche cosa che spera, che vuole ottenere, per cui se gli si chiede sacrificio egli si sacrifica. Purtroppo i nostri cristiani non vibrano molto nei concetti di fede e di speranza: la nostra patria è il Cielo! Ma quanti sono tra i fedeli che vedono gli avvenimenti e compiono le loro azioni alla luce dell’eternità? Se il pensiero dell’eternità rivestisse la vita dei nostri fedeli, certo molti di essi diverrebbero dei veri apostoli nell’ufficio, nella fabbrica e nell’osteria. Occorre risvegliare nei laici il dinamismo apostolico e renderli testimoni viventi del Vangelo, fermento di Cristo nei vari settori della parrocchia. I Religiosi cercheranno di sentirsi fratelli dei laici, e li renderanno con prudenza ed equilibrio collaboratori nelle varie opere di bene, in modo particolare nelle cose temporali alle quali sono strettamente legati, in modo che siano fatte secondo Cristo e crescano e siano di lode al Creatore e Redentore!". C’è molto materiale da mettere dentro, ma, in linea di massima, che cosa ve ne pare? Adesso questo materiale bisognerà lavorarlo; io l’ho appena abbozzato, tanto per dire di avere fatto qualcosa, di avere cominciato a buttare giù qualcosa. Fate pure le vostre osservazioni e apportate le vostre critiche; dopo prenderemo le commissioni per criticare e modificare, e alla fine verrà fuori un lavoretto ben fatto; si tratta di ricercare le parole più adatte e di collocarle in una forma migliore. "Occorre risvegliare nei laici il dinamismo apostolico e renderli testimoni viventi del Vangelo, fermento di Cristo nei vari settori della parrocchia. I Religiosi cercheranno di sentirsi fratelli dei laici, e non sentirli dei servi e li renderanno con prudenza ed equilibrio collaboratori nelle varie opere di bene". Ho scritto collaboratori per indicare la fiducia che bisogna dare ai laici. Anche l’Azione Cattolica è definita collaborazione, ma noi cercheremo di tradurre in parole italiane adeguate tutto questo. Partiamo da questa idea, come se cominciassimo adesso; non facciamo la critica a quello che è stato fatto in passato, ma cercheremo di sviluppare quello che scriviamo adesso. D’altra parte io posso portare un esempio che già viviamo: non potete dire, per esempio, che i laici che vengono a fare scuola da noi non li abbia resi collaboratori. Guardate il prof. Carraro, il prof. Vicari, il prof. Salin, i maestri di lavoro... È vero o no che abbiamo dato piena fiducia a tutti quanti? Ora a me sembra che dobbiamo fare un capitolo specifico: se vogliamo possiamo mettere dentro tante cose bellissime, ma qui si tratta di mettere l’essenziale. Se mettiamo dentro troppe cose minacciamo di essere troppo prolissi e di scendere ai particolari. Si tratterà, quindi, di aggiungere qualche parola, cioè di aggiungere qualcosa per completezza.CONGREGAZIONE missione
PASTORALE
CONGREGAZIONE collaboratori
MONDO comunismo
NOVISSIMI eternità
PASTORALE parrocchia
DIO lode a...
CONGREGAZIONE fondatore