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IL SUPERIORE È ESPRESSIONE DELL’AUTORITÀ DI DIO

MI57 [26-01-1966]

Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, prendendo spunto da una meditazione del libro di padre Riccardo Lombardi "Per un postconcilio efficace", parla della necessità, per la comunità cristiana e religiosa, della presenza di un capo come espressione dell' autorità divina. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 30’. 1. Introduzione

Agenzia di viaggi di Vicenza.

Il riferimento è al 1° viaggio che don Ottorino stava per fare negli Stati Uniti e in America Latina, insieme con don Aldo, e che in realtà si è realizzato dall’11 febbraio al 10 marzo del 1966.

S.E. monsignor Italo Di Stefano era il vescovo di Presidencia Roque Sáenz Peña nel Chaco (Argentina), e ripetutamente aveva invitato don Ottorino perché visitasse la sua immensa diocesi.

Il riferimento è a S.E. mons. Carlo Zinato, vescovo di Vicenza.

Evidentemente l’ultima parte della frase non è stata detta senz’altro dal vescovo S.E. mons. Zinato, ma è tipicamente di don Ottorino.

Don Ottorino comincia a leggere dal testo di padre Lombardi, al capitolo IV intitolato “Come rinnovare la comunità cristiana”, a pag. 47. Tutte le citazioni del libro vengono riportate in corsivo, senza ulteriori richiami, annotando che quando durante la lettura a volte don Ottorino ripete una parola o fa un brevissimo commento senza importanza, si omette nel testo corretto, mentre viene fedelmente riportato nella trascrizione del testo registrato.

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1.Vi avverto anzitutto che ieri ho avuto una telefonata dall'Avit , che ha confermato in forma definitiva il viaggio per il dodici e per l'ora giusta, e inoltre ha confermato anche la seconda parte dell'itinerario. Allora ho telefonato a Roma al vescovo monsignor Di Stefano , il quale mi incarica di salutare tutti, chierici e sacerdoti.
Sono stato anche da monsignor vescovo , ieri, e monsignor vescovo ha detto che lui desidera ardentemente che la nostra Congregazione apra anche due o tre Case all'estero, in modo che prenda la caratteristica missionaria; allora è più facile parlare di vocazioni, è più facile avere vocazioni e, magari, portarle via dal seminario. In secondo luogo poi ha detto che ha tanto piacere che si vada a vedere. 2. Come rinnovare la comunità cristiana “Eminenze, Eccellenze, Venerabili Padri del Concilio. Potete immaginare con quanta emozione stia svolgendo queste meditazioni, perché so benissimo che con la delicatezza della vostra coscienza, col senso di responsabilità che avete come uomini e ancor più come Vescovi, ognuna di queste frasi penetra in fondo al cuore e desta un senso di timore. Che fare, per dare al popolo di Dio i caratteri che voi stessi avete insegnato, come essenziali della comunità cristiana? Essenziali, senza cui non c’è genuino popolo di Dio. Come creare nelle vostre diocesi, fra poche settimane, con un lavoro nuovo, la attuazione del Concilio? Vorrei, con questa meditazione, fare una specie di introduzione a quelle che seguiranno, concrete, su ciò che bisogna fare. I responsabili, i grandi responsabili dell'attuazione del Concilio, sarete voi. La comunità cristiana articolata in tanti gradi di unità, dalla piccola unità domestica fino a quella universale della Chiesa, in ciascuno dei suoi gradi ha tre tipi di persone che devono essere armonizzati, per la costruzione della genuina famiglia dei figli di Dio”. Infatti ci sono vari gradi per costruire la comunità cristiana: c'è la famiglia, c'è la parrocchia, c'è la diocesi. “Tre tipi di persone e tocca a voi, come capi, la responsabilità di far funzionare armonicamente, questi tre tipi insieme. In qualche modo già nel minuscolo della famiglia, poi nel piccolo della parrocchia, nel grande della diocesi, nel grandissimo di una nazione, nell'immenso dell'umanità. Tre tipi di persone e là è la vostra cura: perché la comunità cristiana funzioni bene, armonizzare il funzionamento di queste tre categorie”. 3. L’autorità nella chiesa “1. Il Capo

AUTOBIOGRAFIA viaggi

CONGREGAZIONE storia

MISSIONI

Daniele Zeno era, all’epoca, ancora novizio, ma già collaborava molto da vicino con don Ottorino.

Il riferimento è a Mario Sgarbossa, che pure era novizio come Zeno: si comprende allora che l’esempio portato da don Ottorino è tutta una costruzione fittizia ed esagerata sulla disputa fra i due novizi.

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2.“Ogni comunità cristiana, quella che dirigete voi, quelle che sono sotto alla vostra o sopra, ogni comunità cristiana deve avere un Capo, perché la Chiesa non è stata istituita da Gesù come democrazia”.
Il Signore ha costituito un capo nella Chiesa. Avete visto anche voi come il Santo Padre ha influito nel Concilio; al sentire voci di corridoio, si capisce come il Santo Padre, ultimamente, contasse molto nel Concilio e, in un certo modo, anche lo guidasse. D'altra parte il Signore ha eletto un capo, e non ha detto: “Dovete fare così e basta!”; per questo si sentiva la voce del capo. E, allora, a un dato momento, bisogna riconoscere l’autorità del capo. Per esempio, giorni fa ho avuto occasione di trovarmi fuori città, a Quinto, e c'era una masnada di gente, a destra e a sinistra: chi gridava a destra, chi gridava a sinistra; a sinistra c'era la gente più sediziosa che gridava contro la destra. È vero, Zeno? La gente sediziosa di sinistra gridava e i poveri di destra sono stati soffocati; a un dato momento si sono rimessi calmi perché è intervenuto il capo, e allora la destra ha dato la mano alla sinistra e la sinistra alla destra, e si è terminato in gloria. Se non ci fosse stato un capo, forse restavano solo le code dei capi, perché c'è stata una disputa forte. È vero, Mario e Zeno? Allora Mario si mise contro Zeno, e se io non fossi stato presente forse restavano appena le code, e mi toccava mangiare le frittelle da solo! “Non voi mi avete scelto”, disse Gesù ai primi Vescovi, “ma io ho scelto voi”. Andate, ed "io sarò con voi fino alla fine dei tempi"; e "ciò che legate sarà legato, ciò che scioglierete sarà sciolto". Per esempio, adesso io vado in America Latina, e vi ho detto che il vescovo è contento di questo. Per me è importante perché noi siamo ancora una Congregazione di diritto diocesano, ed essendo di diritto diocesano dipendiamo dal vescovo, specialmente per quanto concerne l'apertura di nuove Case. Vi dico la verità che se fossi andato in America Latina e non avessi detto tutto al vescovo, anche se fossi andato in Argentina, sarei stato male. Avrei potuto andare dal vescovo sette o otto giorni prima di partire, e invece sono andato molto tempo prima di proposito perché volevo prepararlo. Perciò anche se dovessi morire per strada, se ci fosse un incidente, capitasse qualche cosa, mi sento di essere a posto perché sto facendo la volontà di Dio.

CHIESA Papa

CHIESA Concilio

ESEMPI autorità

CONGREGAZIONE storia

AUTOBIOGRAFIA viaggi

VOLONTÀ

La benedizione del vescovo di Vicenza, S.E. monsignor Ferdinando Rodolfi, a cui allude don Ottorino, avvenne il 23.2.1941.

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3.Lo stesso avrei fatta la volontà di Dio, perché mi sembrava che dovevo farlo ad ogni modo il viaggio in America Latina. Infatti il vescovo è occupato nei suoi problemi e noi siamo qui, e può darsi che lui non segua la nostra realtà: fa fatica anche seguire il mondo, e di conseguenza anche entrare nel nostro ingranaggio. Allora gli ho voluto dire che vado in Guatemala e fargli capire in una forma un po' velata, in modo che tutto è a posto. Però, sono stato così contento che sia entrato nella nostra forma di pensare e che desideri anche lui come noi, perché così non c'è neanche l'ombra del sotterfugio. Lui è contento, anzi mi ha detto: "Desidero! Ho piacere!". Mi sembra un po' di sentire quando monsignor Rodolfi mi ha detto: “Ti do la mia benedizione. Va’ avanti, caro; va’ tranquillo!". È l'anello che ci congiunge a Pietro! Prima c'è il vescovo, poi ci sarà la Santa Sede per qualche altra circostanza; ma è importante sentire che c'è questo canale, che c'è una giuntura, e che quando siamo congiunti le guarnizioni non perdono e la pressione passa: passa la grazia di Dio!
Questo non significa che si può scaricare tutto sul capo: bisogna anche illuminarlo. Anche con il vescovo: ho cercato di illuminarlo. Si usa anche l'arte umana per poterlo lumeggiare bene, senza andare d’improvviso a dirgli: “Eccellenza, vado in America Latina”. Bisogna illuminarlo bene, altrimenti non puoi dopo dire: "Ah, il vescovo non capisce niente!". No, sei stato tu che non sei stato capace di mostrargli com'era la cosa. Noi abbiamo digerito delle idee in un mese, due mesi, tre mesi, e pretendiamo che un vescovo le digerisca in tre minuti; è impossibile! Se, ad esempio, voi vi mettete insieme in quattro o cinque, e studiate una cosa, alla fine a voi sembra logicissima. Andate da don Ottorino e gli dite: "Avremmo pensato di fare una festa da ballo stasera”. Lui naturalmente vi risponde: “Siete matti?”. E voi tornate indietro lamentandovi: "Don Ottorino non capisce niente!". Quanto tempo avete impiegato voi per maturare quella scelta? E pretendete di spiegarla al superiore in due minuti nel corridoio, e che il superiore la capisca immediatamente? Quello che voi avete digerito fatelo digerire anche a noi: mettetevi un po' insieme, non pretendete che si sintetizzi immediatamente. Troppe volte ho visto condannare il vescovo e condannare le autorità: “Quello non capisce niente! Non capisce niente!". Mi pare che sia doveroso, attorno al quadro, mettere la sua cornice, in modo che il superiore possa capire.

VOLONTÀ

di DIO

CONGREGAZIONE fondatore

AUTOBIOGRAFIA

DOTI UMANE

ESEMPI autorità

L’assistente Vinicio Picco era il responsabile dei laboratori della Casa dell’Immacolata.

Nel testo registrato don Ottorino aggiunge: “Daniele, fai a meno di ridere”, rivolgendosi evidentemente a Daniele Galvan che all’epoca frequentava l’ultimo anno del corso liceale.

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4.Ad esempio, mi incontrate mentre sto scendendo perché mi chiamano al telefono. Sto correndo giù e mi ferma l'assistente Vinicio : "Senta, don Ottorino, avremmo pensato, oggi, in laboratorio, di fare a meno di lavorare!”. È naturale che gli risponda: “Va’ a farti benedire! Muoviti: ho il telefono che mi chiama da Roma!”. È chiaro, signor Vinicio; dico male? Faccio questo esempio per svegliare chi ha sonno.
“La Chiesa è costituita da Gesù per sempre con una autorità, che in qualche modo deve risalire alla vostra e a qualcuno che sta ancora più in alto di voi. Se vogliamo che la comunità cristiana funzioni, bisogna prima di tutto affermare in modo categorico che la Chiesa non può essere in se stessa una democrazia. Potrà forse appoggiare la democrazia in terreno politico, è un'altra questione, ma la Chiesa non è costituita democraticamente. E non si troverà mai bene la comunità cristiana, se non si rispetta il capo”. Perciò anche le nostre piccole comunità parrocchiali devono avere un parroco, un superiore della comunità religiosa, e anche se è vero che dobbiamo essere fratelli noi dobbiamo sentirci tranquilli solo quando il superiore dice di sì, anche se il superiore è più giovane, perché è il rappresentante della volontà di Dio. Noi illumineremo, cercheremo di farci capire, ragioneremo. Il superiore, a sua volta, che cosa deve fare? Deve anche lui cercare di lasciarsi illuminare, ma se c'è da prendere una decisione, uno deve mettere la firma nell'assegno. Facciamo un passo avanti! Zeno dice: "Io avrei intenzione di andare fino a casa; allora porterei tutti a mangiare le frittelle, a fare questo, a fare quello, eccetera. Che ne dice?”. Si finisce di fare pulizia, da buoni fratelli, e poi si discute: “Che cosa vi sembra?”. “Secondo me, dice Zeno, mi sembra che sia giusto". "Sì, sì, bene; va’, va’!". Quando ha sentito quel permesso, anche se è sbagliato, basta: lui è a posto dinanzi al Signore. Se dopo lui si accorge che è sbagliato può anche fermarsi e, forse, qualche volta ha il dovere di fermarsi, però è importante ricercare la volontà del Signore. Bisogna proprio che cerchiamo, che sentiamo che quando si cammina sulla volontà del Signore è come camminare sotto una galleria: non si ha più paura delle bombe che vengono dagli aerei nemici. 4. Esempi di obbedienza eroica

ESEMPI autorità

COMUNITÀ

superiore

COMUNITÀ

confratelli

VOLONTÀ

di DIO

ESEMPI volontà

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5. “Padri miei, so di toccare un tasto dolente in molti vostri cuori: il concetto dell'autorità è oggi in profonda crisi in tutta l'umanità e anche dentro la Chiesa”.
Chi avrebbe avuto il coraggio, per esempio, di disobbedire quarant’anni fa? Voi direte che eravamo tutti minorenni. Non lo credo. Per esempio, c'erano degli uomini che non erano dei minorenni, come monsignor Barbieri, monsignor Stocchiero, monsignor Roveran, monsignor Caldana, monsignor Arena: quegli uomini non erano certamente minorenni! Adesso, ancora adesso, c'è un po’ di ombra lassù da loro. Abbiamo avuto degli uomini di una statura che ora non si incontra più, come monsignor Tagliaferro, per esempio. Abbiamo avuto degli uomini che forse adesso, specialmente nella Chiesa vicentina, non li troviamo, senza offendere nessuno; c'erano sei o sette figure di uomini che erano come Rodolfi, con le qualità per essere vescovi come Rodolfi. Eppure avevano un grande spirito di obbedienza all'autorità. Esemplare fu l'obbedienza di monsignor Arena quando monsignor Rodolfi lo ha chiamato per essere rettore del seminario. Lui ha detto: “Non sono fatto per fare il rettore!". A una certa età è difficile abbandonare la parrocchia per fare il rettore del seminario. Quando durante la guerra il vescovo monsignor Rodolfi lo ha nominato tutti hanno detto: “Che cosa fa monsignor Rodolfi, che cosa fa? È là con un tumore, è là che sta morendo, e cambia il rettore! Lasci stare, aspetti, lasci che faccia quello che verrà dopo. Che si renda conto...". Invece il vescovo manda a chiamare monsignor Arena e gli dice: "Senta, monsignore. Io avrei bisogno di un piacere grande da lei: rinunci alla parrocchia di Sandrigo". La parrocchia era la sua sposa; in essa si era impegnato con tutto il cuore, e i parrocchiani gli volevano bene perché era il papà di tutti. Inoltre rinunciare ad una certa età è molto doloroso. Ma il vescovo gli disse: “Rinunci alla parrocchia di Sandrigo e accetti di essere rettore del seminario!". Per monsignor Arena voleva dire uno strappo: capite che cosa vuol dire per uno di una certa età, con una sorella in canonica e non sapere più dove metterla; era stato in canonica con la sorella per una vita, avere passato trent'anni di vita di famiglia. Non era certamente una cosa indifferente dopo trent'anni. Noi critichiamo, ma voi fate vita di famiglia, e quando sarete vecchi non vi porteremo in collegio, ma troveremo il modo, faremo in modo che continuiate a fare vita di famiglia mettendovi in piccole case, o restando in Casa, ma non faremo il ricovero.

CONSACRAZIONE obbedienza

CHIESA Vescovo

Monsignor Marco Scalco era il rettore del seminario al momento dei fatti che don Ottorino sta narrando: la sua salute era buona e nulla sembrava giustificare la sua rimozione dall'incarico.

Monsignor Luigi Volpato era il padre spirituale del seminario, e anche di don Ottorino.

Il fratello di monsignor Volpato era professore di letterepresso una scuola statale della città.

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6.Monsignor Arena viene trasferito da Sandrigo al seminario e portato in mezzo a un nugolo di professori: tutta un'altra vita! Eppure! E inoltre lui sapeva che c'era monsignor Scalco , il quale stava bene perché godeva di ottima salute, e doveva prendere il suo posto. E monsignor Scalco? Sarà padre spirituale. Monsignor Volpato non era morto, si trovava a casa ammalato, a Marostica, e monsignor Guido Franchetto era in seminario per sostituirlo per un anno. Monsignor Volpato aveva sempre mal di testa: aveva un tumore e lui non sapeva neppure di averlo. Il vescovo gli toglie il posto di padre spirituale, e monsignor Volpato pensava di stare meglio. Il fratello di monsignor Volpato che era professore e con il quale io ho parlato ha detto: "Il vescovo monsignor Rodolfi è cretino e non capisce niente: ha ammazzato mio fratello. Se sapeva che aveva un tumore doveva aspettare quattro o cinque mesi".
Avete compreso la situazione? Capito? Tutti i preti intorno mormoravano: "Che cosa ha fatto Rodolfi, che cosa ha fatto Rodolfi?". Invece monsignor Arena: "Eccellenza, se lei dice così, non si discute; io non voglio sapere i motivi”. Monsignor Scalco: "Eccellenza...". Tre atti di obbedienza che sono stati tre monumenti, tre monumenti! Qualcuno attorno commentava: "L'obbedienza di Arena: ah, uno spettacolo!". L'obbedienza di Scalco: da rettore a padre spirituale! Cercate di capire lo stato di uno che è stato rettore occupando il primo posto del seminario; in refettorio, ad esempio, d'ora innanzi si siede da un'altra parte, perché quando giunge Arena lui resta là. Se monsignor Scalco fosse andato da un'altra parte, sarebbe stato un conto, ma è rimasto in seminario. Prima era lui al posto di rettore e va a finire al posto del padre spirituale; dopo aver comandato per anni nel seminario, ora deve chiedere il permesso: “Scusi, monsignore; posso, per piacere, perché mi attendono delle visite!". Un esempio meraviglioso! Poco dopo muore Rodolfi. Sapete perché ha fatto questi cambiamenti? Nessuno ha saputo niente; io l'ho saputo più tardi. Che cosa era successo? Era venuto il visitatore apostolico e aveva imposto di cambiare immediatamente il rettore. Monsignor Rodolfi non poteva dire a tutti: "Il visitatore apostolico ha imposto di cambiare il rettore". Però ha chiesto tre atti eroici, tre atti eroici.

CHIESA Vescovo

CONSACRAZIONE obbedienza

PECCATO mormorazione

"Roma ha parlato, la questione è chiusa": parole con cui Sant'Agostino (Sermoni 131,10) riferisce la condanna del Pelagianesimo da parte di Roma.

Don Mario Bolfe era insegnante di filosofia in seminario e godeva di una stima eccezionale per la sua cultura e per il suo spirito sacerdotale.

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7.Lui ha sofferto di far soffrire, ha sofferto, perché era un uomo intelligente, nel pensare quello che gli altri avrebbero pensato di lui, ma, nello stesso tempo la volontà del Signore era quella e non si discute: “Roma locuta est, causa finita est" . M'impongono di cambiare il rettore perché monsignor Scalco, poverino, forse non era più sufficiente? E, allora, si cambia, si cerca di cambiare. Un altro avrebbe detto: “Si deve cambiare tutto? Però, vedi le conseguenze... È sbagliato!”.
Ora, bisogna che ci abituiamo a questo spirito. Vi dicevo che trent'anni fa non si era critici come si sente adesso, fra riunioni, prediche... Ci sarà stato qualche prete di basso calibro, ma quelli che erano preti sul serio non avrebbero mai pensato di disubbidire. Il professor Bolfe e gli altri come lui: ma scherziamo? Se il vescovo avesse detto: “Andate cappellani!", sarebbero stati pronti ad andare a fare i cappellani senza la minima difficoltà. Avrebbero detto: ”Siamo nelle mani di Dio; il Signore può disporre come vuole”. Consideravano le cose sotto l'aspetto soprannaturale: “C'è un tabernacolo! Se mi mettono a lavorare in un posto, vuol dire che c'è una chiesa: là ci sarà uno da convertire, e il Signore mi manda per questo!”. Si sentivano soldati nelle mani di Dio. Oggi, con quell'apertura che c'è, se noi uniamo una cosa con l'altra, abbiamo dei risultati meravigliosi. Bisogna saper unire l’apertura di oggi con il senso del dovere che c’era allora. Anche allora alcuni avevano il coraggio di andare dal vescovo a dirgli le cose, altri no: quelli erano dei pecoroni, scusatemi tanto, e adesso non si giustifica più. Ieri dicevo al vescovo: “Eccellenza, mi sembra, forse sbagliando, che oggi l'obbedienza deve essere così: se c'è una cosa che non va, lei, Eccellenza, dia un ordine che il prete venga qui e dica. Mi sembrerebbe che la formazione dei preti in seminario dovrebbe essere fatta in questa forma. Se Lei dà una disposizione e sembra che ci sia qualcosa che non va, perché neppure il vescovo è infallibile e può sbagliare anche lui, se lei, Eccellenza, dà una disposizione, il sacerdote deve avere il coraggio di far presenti queste e queste difficoltà. Le dispiace se gliele dico?". "Ho piacere che me le dica!". "Vorrà dire - ho detto - che dopo, Eccellenza, mi scuserà: o ha ragione uno o ha ragione l'altro, o capisce uno o capisce l'altro. Il Signore permetterà che qualche volta sbagli quello che è sotto e qualche volta sbaglierà quello che è sopra, ma, almeno si è illuminato un pochino quello che sta sopra.

CHIESA Vescovo

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SACERDOZIO prete

VOLONTÀ

di DIO

CONSACRAZIONE

Nel testo registrato don Ottorino pronuncia l’ultima frase in un latino piuttosto lacunoso.

Girolamo Venco frequentava il 2° anno del corso teologico, ma aveva la fortuna di godere privilegiati momenti di familiarità con don Ottorino.

Don Ottorino scherza con la lingua spagnola che conosceva poco.

Don Ottorino descrive in maniera colorita quello che proverà trovandosi in America Latina con tutta la difficoltà di capire chi parla in una lingua diversa.

Don Ottorino celia sul fatto che certamente in Guatemala non c'era il problema del clima freddo.

Monsignor John Rettagliata, sacerdote americano di origine italiana, era stato cappellano militare nella Base NATO americana di Vicenza dove don Ottorino lo aveva conosciuto. Dopo il periodo del servizio militare gli era stata affidata una parrocchia nella città di New York, dove avrebbe ospitato don Ottorino e don Aldo nel loro 1° viaggio in America per tutto il tempo di permanenza a New York. Don Ottorino scherzando paragona New York al piccolo paese di Durlo nel vicentino.

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8.Dobbiamo creare questa atmosfera, perché - ho detto - guardi che insegno ai giovani, che vanno nelle diocesi, che obbediscano fino in fondo al vescovo. Però se a loro sembra che una cosa non va bene, che c’è qualche problema, che vadano dal vescovo piuttosto che andare in giro a brontolare, e gli dicano: 'Eccellenza, mi scusi, Lei ha dato quella disposizione così e così e così; va bene, neppure una parola, però sento il dovere di dirle che mi sembrerebbe ci siano queste e queste difficoltà nel fare questa cosa'. Io lo dico, in giro, qualche volta. Capiterà, - ho detto - che se i vescovi entrano un pochino in questa atmosfera diranno: “Sì, hai ragione; non avevo presente!". Credo che sia un regalo per i vescovi dire loro queste cose”. Non so se sbaglio: penso di avere fatto un regalo anche al vescovo. Il Signore mi ha inviato ad evangelizzare il vescovo.
“Padri, il concetto dell'autorità è oggi in profonda crisi in tutta l'umanità e anche dentro la Chiesa”. Piano piano questa crisi arriverà anche alla Casa dell'Immacolata. 5. Intermezzo: il 1° viaggio in America Latina “Sono lontanissimo, milioni di miglia lontano, dall'idea che il Concilio abbia voluto fornire anche un solo motivo per questo...”. Non si sarà trovato a Buenos Aires padre Lombardi? Avrebbe scelto il momento giusto! Voi direte che io commento con il sottofondo del mio prossimo viaggio. Venco , pensati che resterò un mese senza mai parlare con l’uno o con l’altro. Pensati che vuoto ci sarà nel mio cuore alla sera quando penserò: dov'è Vinicio? Dov'è Zeno? Dov'è quell’altro? E dovunque il guardo io giro, spagnoli io vedo, spagnoletti io vedo! E sentirò dire: "Buonas noces, buonas noces" , e guarderò qua e là e sentirò bestemmie a destra e bestemmie a sinistra , ad eccezione di quando sarò con monsignor Luna che parlerà ancora la sua amata lingua! Dirà: "Ehi, benedetto della Madonna, ha bisogna di qualcosa, caro?". - "No, no, no!", risponderò. - "Ha freddo?", insisterà lui. - "Non c'è pericolo!". Tolto via questo, non so che cosa succederà il primo giorno quando arriveremo da monsignor Rettagliata, nella sua cittadina di Durlo, dove andremo. E là, dove andremo? Boh! Dove mi metteranno a dormire? E dopo, trascorsa la giornata del lunedì, di nuovo un viaggio in aereo. Venco dirà: “Chissà che don Ottorino filmi qualcosa!". Importante è che non usi la macchina alla rovescia dalla confusione! E dopo ci sarà il viaggio attraverso tutta l’America Latina. Vinicio, per consolarmi, ha detto che chi è già stato ha raccontato che la Pan America ha dieci o undici programmi di televisione; uno ha detto che in aereo ci sono dieci programmi di televisione e io gli ho chiesto: “Che lingua parlano?”. Mai paura; vedrete che qualcosa viene a casa! 6. Obbedire al superiore è obbedire a Gesù

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Il riferimento è, forse, a Giorgio Pieropan, che all’epoca frequentava l’ultimo anno del magistero e si interessava dell’economia spicciola della Casa dell’Immacolata e in particolare delle spese per la cucina.

Era una delle cuoche della Casa dell'Immacolata.

Nell’esempio don Ottorino nomina Luciano Bertelli, che pur frequentando ancora il corso teologico era addetto al gruppo dei novizi, Zeno Daniele che era entrato nella Casa dell’Immacolata come vocazione adulta ed era quindi il più anziano dei novizi di quell’anno, e Fernando Murari che era novizio.

A questo punto il testo registrato si interrompe, per cui la conclusione della meditazione resta lacunosa.

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9. “Col racconto pettegolo, qualche volta falso, che la stampa ha dato di singoli episodi, si è sparsa nel clero del mondo - come fatto non lo posso negare - l'impressione che il vostro grado abbia dato l'esempio di conquistarsi (in senso deteriore) una maggiore autonomia di fronte ad organi superiori. E questa opinione che si è formata - perché si è realmente formata - scende adesso per i rami e appoggiata dal vento che tira sul mondo, con questa ubriacatura di democrazia politica, l'atteggiamento penetra nel clero sempre di più.
Ora, Eccellentissimi Padri, Venerabili Padri del Concilio, credo davanti a Dio che - se vogliamo che la comunità cristiana funzioni - bisogna stabilire fermissimo il principio dell'autorità, il principio che non c'è comunità cristiana seria senza un capo, che funziona come capo e a cui si deve obbedire". È inutile che noi citiamo i bei libretti, con tante belle parolette, perché è uscito un capolavoro, con una bella stampa, con carta speciale. Sono tutte belle cose, ma vale di più scrivere due o tre parole solamente, su un pezzo di carta da formaggio e viverle. Per esempio, la questione dell'obbedienza: è una cosa meravigliosa, una cosa bellissima, una cosa erudita... ma bisogna viverla! Se, per esempio, dico a Giorgio : "Senti, Giorgio, fa’ un piacere: va’ in cucina, prendi la Teresina e gettala nella pentola e fa’ un brodo”, bisogna che Giorgio senta che sta facendo la volontà di Dio. Questo, evidentemente, non vale quando si comanda una cosa cattiva, ma supponiamo che questa sia una cosa buona. Perdonate l’esempio, ma ho promesso di tenerlo sveglio, e c'era uno addormentato. Figlioli, dovete mettervi in testa questi principi. Adesso non ve lo dico per capriccio: a me non interessa perché non obbedite a me. Molte volte invece io chiedo un piacere attraverso Vinicio o un superiore o uno che è costituito in autorità. In noviziato ci sono i due assistenti: l'assistente Bertelli e il decano Zeno, e Zeno dice a Fernando: "Ehi, Fernando, fa’ un piacere, va’ a prendere la scopa, porta qui un paio di scope e un po' di segature”. Bisogna che ci si renda conto di questo: se fosse Fernando che manda Zeno, in quel momento tu obbedisci a Gesù e fai come fosse fatto a Lui, sia perché è un fratello sia perché è Lui che lo ha comandato. Si potrebbe obiettare: “Quel poco di buono di Zeno non è Gesù! ". Non è Gesù, ma è Gesù; non è Gesù, ma è Gesù! Qui sta la grandezza della vita religiosa! Ma bisogna prima insegnarlo ai novizi, e un domani a tutti. Il bambino che obbedisce alla mamma ha obbedito a Gesù, ha obbedito a Dio! L'obbedienza, è un comandamento: obbedire a Dio, obbedire ai genitori, e obbedire anche ai superiori. Obbedire è il primo comandamento! 7. Conclusione Bisogna che sentiamo così l’obbedienza; bisogna che noi la portiamo nel campo soprannaturale per cui l'obbedire diventa gioia. La giornata di ieri è stata per me una giornata di gioia nel sentire che il vescovo è contento e ha piacere e desidera che la Congregazione si apra all’America Latina. Io allora, sentendo che lui lo desidera, andrei adesso anche in Brasile per cercare il posto dove dobbiamo andare. Avete capito? 27 gennaio 1966

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ESEMPI obbedienza

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