MI72[03-06-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, prendendo spunto da alcuni brani del libro di Leo Trese “Il sacerdote oggi”, sottolinea l’importanza della carità nell’uomo di Dio per poter rivelare in forma concreta la figura di Cristo. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 29’. 1. Introduzione: la figura del prete-preteA questa domanda retorica interviene Vittorio Venturin, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico, il quale fa una breve obiezione, e don Ottorino risponde immediatamente con la frase successiva.
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1.Essere prete è abbastanza facile; è abbastanza facile esercitare la missione del prete, colpire nelle anime e portarle a Cristo. Questo è vero per uno che è prete-prete, mentre per un prete che è poco prete è impossibile essere prete. Capite abbastanza? Non ho detto che non è impegnativo, ma che è facile essere prete. E allora mi spiego. Un prete-prete, cioè colui che è veramente prete e vive da prete, ce la mette tutta da parte sua, perché altrimenti non è prete-prete. Un prete, che vive veramente da prete, se ha tre talenti, li traffica tutti: prima nella preghiera, poi nello studio e nelle iniziative private, ma tutti quanti, altrimenti non è prete-prete. Non pensate che prete-prete sia colui che tiene la testa storta, ma colui che dà tutto al Signore: si è dato al Signore e dà tutto al Signore. Il prete poco prete è colui che si è consacrato al Signore, ma non dà tutto al Signore. Ora, per il prete-prete, colui che si è dato interamente al Signore e al Signore dà tutto ed è preoccupato di dargli tutto, è abbastanza facile essere prete; dico facile, nel senso che si rimette al Signore: “Signore, io ho fatto tutto quello che potevo da parte mia”, e ce la mette tutta, perché altrimenti non è prete-prete; si sacrifica e ci pensa giorno e notte, se no, non è prete-prete. Se una mamma ha il bambino che è tra la vita e la morte, non va a letto a dormire o al cinema, perché altrimenti non è una mamma-mamma. Se una mamma ha un bambino con la febbre a quaranta o quarantun gradi, in preda allo spasimo, e si assenta per una giornata, non è mamma-mamma. Se un prete ha in parrocchia delle persone in peccato mortale o nell'ignoranza o contro Dio, egli non è prete-prete se non si mette davanti al Signore e gli chiede: “Che cosa devo fare... che cosa devo fare, Signore?”, o non va dal confratello a chiedergli: “Come hai fatto, tu?”. Non è prete-prete colui che non ha il tormento delle anime. Il prete-prete ce la mette tutta! Anche la sua parte umana viene potenziata. Se ha tre talenti, il prete-prete ne rende sei e mezzo, perché ha la coscienza della sua missione. Una mamma, quando ha la coscienza della sua missione, fa le cose che sembrerebbero impossibili: certe mamme divengono delle eroine. Perché? Perché la coscienza del dovere e la responsabilità spingono ad agire per una missione. Il prete-prete è così. Invece quello che non è prete-prete si sforza di essere prete, ma la sua è una commedia. E siccome è impossibile fare una commedia di questo genere, allora è impossibile per lui essere prete: per quanto cerchi di sostenere il palco per un po' di tempo, a un dato momento il palco casca. Quello che dico del prete-prete, lo dico anche del Religioso. Noi siamo Religiosi, veramente Religiosi, se la nostra passione è incarnare Cristo, è donarci a Cristo ed essere di Cristo e, quando sentiamo aridità, andare a cercare Cristo e, quando non siamo capaci di pregare, perché per tutti arriva il momento nero, allora si va a cercare Cristo. In che cosa? In qualche biografia di santo, presso il padre spirituale, presso qualcuno. Ci si attacca anche a una radice, ma bisogna arrangiarsi.SACERDOZIO prete
PREGHIERA
PASTORALE
CONSACRAZIONE offerta totale
ESEMPI sacerdozio
PECCATO
PASTORALE parroco
VOLONTÀ
di DIO ricerca della...
FAMIGLIA mamma
CONSACRAZIONE religioso
GESÙ
amico
Zeno Daniele era, all’epoca, ancora novizio.
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2.Allora il Religioso fa facilmente il Religioso, cioè impregna tutte le sue azioni di vita religiosa. Quando, invece, un Religioso è poco Religioso, è impossibile che viva da Religioso. Non siete d'accordo? L'essenziale è questo: vivere la vita di Cristo come viviamo la nostra vita, cioè essere totalitari: o siamo tutti del Signore o facciamo la commedia. La carità è possibile soltanto se uno ha la carità verso Cristo, se uno si è gettato davanti al Signore. I primi cristiani avevano capito: Cristo per loro era tutto. Allora vendevano tutto, davano tutto ed erano totalitari nel donare. Il cristianesimo è totalitario, esige tutto, anche se poi il cristiano resta con la moglie, resta con i figli, resta con la famiglia; però, ricordatevi, è tutto. Il Signore vuole tutto. O tutto o niente, altrimenti facciamo una commedia. Purtroppo ci sono tanti cristiani che fanno la commedia, che alla fine può divenire una tragedia. E a questi cristiani noi dobbiamo ricordare che è passato il tempo delle commedie, è terminato il tempo delle commedie. Questo lo possiamo dire soltanto se noi non stiamo facendo una commedia; ma se noi stessi stiamo facendo una commedia, figlioli, allora è una commedia che dura poco. Se la commedia la facciamo noi, non possiamo alzare la voce contro gli altri dicendo: “Guardate che fate una commedia”. È questo che pesa sullo stomaco e si sente il disagio. Figlioli, è inutile richiamare quelli che fanno la commedia quando la stiamo facendo anche noi. E allora: via la maschera, via la maschera! Non facciamo più la commedia, e allora con l'esempio diciamo agli altri, umilmente, che è finito il tempo di fare commedie. Parlo troppo difficile, Zeno ? Ci capiamo abbastanza? 2. La carità è una caratteristica del Religioso del 2000 e di 2000 anni faCONSACRAZIONE religioso
GESÙ
sequela
CARITÀ
amore al prossimo
DIO amore a Dio
CHIESA cristianesimo
CONVERSIONE
A questo punto don Ottorino inizia a leggere qualche brano del libro di LEO TRESE, Il sacerdote oggi, Pensieri di un parroco americano, Morcelliana Brescia 1958, alle pagg. 90-92 del capitolo XI intitolato “La carità”. Le citazioni del libro vengono riportate sempre in corsivo, senza ulteriori indicazioni.
Non sempre è possibile individuare con certezza la persona nominata da don Ottorino perché qualche nome era proprio di più Religiosi o novizi. Ad esempio, portavano il nome di Antonio sia Bottegal che Donà come Pernigotto, i primi due già Religiosi professi mentre l’ultimo era ancora postulante; portavano il nome di Giorgio sia Pieropan, già Religioso, come De Antoni, ancora novizio.
L’esempio, nel quale don Ottorino nomina don Matteo Pinton che si trovava a Roma dove frequentava la Pontificia Università Gregoriana e il cavaliere Danilo Barban amico e benefattore della Congregazione, rimane sospeso e incompleto, e di conseguenza senza senso nel contesto precedente, a causa del testo registrato lacunoso ed incomprensibile.
Anche a questo punto il testo registrato è lacunoso e incomprensibile.
Cfr. Giovanni 15, 19.
Il periodo estivo per don Ottorino era sempre un tempo speciale di crescita, di esperienze di lavoro, di momenti di fraternità, forse più intenso e fecondo dei mesi dell’anno scolastico. Da questo si può arguire il peso della tentazione che don Ottorino manifesta a questo punto.
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3.Ascoltate allora questa riga: “La carità, o coscienza di Cristo in noi...”. La carità non è una commedia, non può essere una commedia, ma deve essere una emanazione del cristianesimo. La carità non può essere una cosa studiata, caro Antonio, come se dicessi: “Dunque, se io voglio avere carità, bisogna che...". Se vuoi avere la carità bisogna che tu abbia il Cristo dentro di te, e se non ce l'hai bisogna che tu vada a cercarlo, altrimenti la tua è una commedia. Sai, Giorgio, non l'ho inventato io il cristianesimo. Per esempio: preghiamo noi? Meditiamo noi? Ci sforziamo di pregare per gli altri? Siamo preoccupati quando non siamo più capaci di pregare, di meditare? Faccio una domandina a bruciapelo. Ieri sera era il primo giovedì del mese: quanti nella diocesi di Vicenza hanno fatto l'ora santa? Se noi non abbiamo fatto l'ora santa, abbiamo almeno supplito con qualcosina? Abbiamo dedicato almeno cinque minuti alla meditazione della passione del Signore? Voi direte che sono devozioni particolari; però le devozioni aiutano ad avvicinarci a Lui. Ieri sera, in un certo qual posto fuori casa, mentre eravamo insieme e aspettavo una telefonata da Roma, una telefonata di don Matteo, che mi ha incaricato di salutarvi tutti, suona il telefono e corro a rispondere. Ero in casa del cav. Barban, e al telefono c’era un signore che telefonava alla signora Barban... “La carità, o coscienza di Cristo in noi, è anche necessaria in tutti i nostri rapporti con i laici. Gli uomini, alle volte, possono essere tremendamente esasperanti, dentro e fuori della parrocchia...”. Certo, in fondo sono uomini, e l'incontro con qualcuno può essere esasperante e l'incontro con qualche altro può essere più esasperante ancora. Uomini siamo! “... ma Cristo non è uno che cede all'esasperazione. Osserviamo nel Vangelo la sua pazienza e gentilezza; la sua pazienza e gentilezza con gli apostoli ambiziosi, con i discepoli lenti a credere, con i samaritani e i peccatori, con gli importuni cercatori di favori, con i semplici curiosi che tenacemente Lo seguivano nel suo cammino in cerca di miracoli e non gli davano tregua”. Sono tremendamente preoccupato, tremendamente preoccupato perché, mi pare, non siamo (non dico non siete, dico non siamo) coscienti di Cristo in noi e cioè non siamo innamorati del Cristo. Io sono preoccupato nella Congregazione di essere di 2000 anni fa e del 2000. Mi pare che stiamo andando verso il 2000, ma stiamo perdendo il 2000 anni fa. Siamo preoccupati del 2000, di essere del 2000, di presentarci del 2000 e tutto quello che volete, ma stiamo perdendo il 2000 anni fa. Potrei dimostravelo perché questa non è una cosa improvvisa. Stiamo perdendo il 2000 anni fa: cioè, senza accorgerci, stiamo per entrare nel 2000 umanizzando il 2000 anni fa. Umanizzando! Ci dovrebbe essere la preoccupazione di imitare il Signore, di essere del Signore, di patire nel Signore: “Vos de mundo non estis” , voi non siete del mondo, voi non siete del mondo! E sto pensando, sto pregando il Signore che mi dica che cosa devo fare. Mi era venuta in questi giorni persino la tentazione di mandarvi a casa per tre mesi durante l'estate, di sospendere tutto, di dare tre mesi di vacanza per mettervi alla prova. Perderemo qualcuno, ma quelli che restano, restano. Ho tante tentazioni, e devo lottare per vincerle. Sono preoccupato, sono preoccupato. Il motore non sì è ancora mosso; siamo troppo terra terra.CARITÀ
CHIESA cristianesimo
DIO presenza di...
GESÙ
unione con...
PREGHIERA meditazione
APOSTOLO uomo di Dio
APOSTOLO testimonianza
CONGREGAZIONE missione
APOSTOLO apostoli del Duemila
APOSTOLO apostoli di 2000 anni fa
GESÙ
imitazione
CONSACRAZIONE mediocrità
APOSTOLO chi è
l’
Don Ottorino probabilmente confonde: in Luca 9,54 sono Giacomo e il fratello Giovanni a proporre la cosa a Gesù e non Pietro.
Don Ottorino, nel testo registrato, ripete per due volte l’ultima parte della frase di Leo Trese.
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4.Voi direte: “Possibile?”. Basterebbe che io chiedessi a ognuno di voi che cosa state leggendo in questi tempi, qual'è la vostra lettura e qual'è il libro che preferite. Rispondete e mi direte subito con chi siete e quale è il vostro amore. “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei". Pensateci! Bisognerebbe essere innamorati di Cristo e del Vangelo, delle vite dei santi e delle cose di Dio. E invece io vedo girare stupidaggini, romanzetti, cose vuote... e con questi dovremmo fare i salvatori del mondo, i portatori della salute in mezzo al mondo? “Soltanto verso una classe di persone Cristo mostrò ciò che potremmo chiamare durezza, e fu con gli ipocriti: i governanti e i capi del popolo che caricavano il popolo e cercavano scuse per sé. Ma non vi sono simili ipocriti tra coloro con i quali dobbiamo trattare; non vi sono ipocriti, in senso classico, nelle nostre parrocchie”. Forse potremmo essere noi quegli ipocriti. “Vi è ignoranza in quantità, vi è leggerezza in ancor maggiore abbondanza, vi è mancanza di sicurezza che diventa eccesso di aggressività, vi sono sentimenti di inferiorità che si manifestano in impertinente supponenza. Vi sono queste e molte altre deficienze, inoltre, ma all'occhio penetrante, all'occhio illuminato di Cristo suscitano pietà e compassione, non mai impazienza o collera”. Per esempio, passando a uno di voi, a uno di noi insomma, basterebbe vedere quale sentimento prova davanti alle mancanze del prossimo, osservare il suo modo di criticare una persona, perché si vede subito se la critica che fa è compassione o se è solo critica. Da questo si capisce se è Cristo o se è Pietro che parla. Pietro: “Facciamo scendere il fuoco dal cielo”. “Va’ indietro, perché quello è satana", dice il Signore. Si vede subito; qualche volta basta una parola per giudicare un uomo. “Quando...”. Basta, non faccio più commenti perché altrimenti vi stanco; leggo soltanto, leggo soltanto, anche perché voglio finire, altrimenti andiamo a finire in ritardo. Domattina farete la meditazione per conto vostro. È il primo sabato del mese: prendete un mistero del rosario; scegliete quello che volete. È un contatto personale con Cristo. “Quando, ogni anno, faccio le mie visite pastorali cercando di redimere qua e là una pecorella smarrita, scopro con vera angoscia che numerosissime anime sviate hanno abbandonato Cristo, perché lo hanno trovato deficiente in uno dei suoi preti”. Il bello è che quel prete, deficiente di Cristo, non si accorge di esserlo: è quello il male. La gente se ne accorge immediatamente, ma egli non se ne accorge. Quello che ha Cristo in sé ha paura di essere deficiente di Cristo e trema continuamente per paura di essere seminatore di male invece che di bene. Quello invece che non ha Cristo, si sente talmente sicuro che non si accorge che sta rovinando. Ma ho detto che non faccio commenti. 3. La carità del prete fa trasparire la figura di CristoAPOSTOLO vita interiore
GESÙ
amico
APOSTOLO salvezza delle anime
COMUNITÀ
critica
CARITÀ
PREGHIERA rosario
GESÙ
Durante la lettura di questa frase, nel testo registrato don Ottorino si interrompe due volte: la prima per nominare don Luigi Furlato dopo il “padre X”, e la seconda per nominare Luciano Bertelli dopo “il padre Y”.
Bortolo Scortegagna era fratello di mamma Clorinda e padre di Suor Berica. Nell’esempio don Ottorino nomina anche un altro zio, Carlo Scortegagna, padre di Gaetano che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico.
Sant'Alfonso Maria de' Liguori, vescovo e dottore della Chiesa, fondatore dei Rogazionisti (1696-1787), fu un grande teologo moralista e si contrappose al rigorismo senza tuttavia cadere nel lassismo.
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5.“Essi non dicono così, naturalmente. Ma il Padre Tal dei Tali è stato scortese con loro quando è morta la loro madre, o il Padre X li ha rimproverati perché non vollero fare una fideiussione per la nuova chiesa, o il Padre Y ha pubblicamente segnalato come mal fatto il lavoro da essi compiuto per il tetto della canonica. Ma ricordo di uno che si scusava dicendo che un prete lo aveva colpito alla testa con un libro quando frequentava la quinta classe”. Voi ridete? Senza andare tanto lontani, io avevo uno zio che ora è morto, e questo zio si chiamava Bortolo, papà di mia cugina suora, al quale è capitato qualcosa di simile. È capitato che un giorno, in chiesa, il parroco ha dato uno scapaccione a un altro mio zio, a Carlo, papà di Gaetano. Forse è stato per ignoranza, tutto quel che volete, ma lui si è talmente vergognato per il fatto che suo fratello - lui era il maggiore - avesse preso uno scapaccione in chiesa, che non ha più voluto andare in chiesa. Si è sposato, ma non ha voluto farlo in chiesa; sono nati i figli, e ha fatto a meno di battezzarli, due o tre figli. Dopo, piano piano, piano piano, si è sposato il chiesa e ha fatto battezzare i figli. La figlia suora è stata battezzata in seguito; è nata illegittima e ha dovuto ottenere il permesso da Roma per andare suora. Perché? Per uno scappellotto in chiesa! Forse era ignorante, però... “Tutti sapete queste cose altrettanto bene, ed è perciò inutile che continui ad elencarle. Il fatto è che questa gente, tutta la nostra gente, ha una sola occasione di vedere il Cristo chiaramente, e cioè, in noi suoi preti. O essi lo vedono in noi o non lo vedono affatto. Mi ricordo di un prete che, irreprensibile in ogni campo, era il tormento di ogni parroco per il suo carattere di brontolone. Perpetuamente egli si spazientiva delle imperfezioni del suo gregge, sia individuali che collettive, e difficilmente predicava un'omelia che non avesse un sottofondo di sarcasmo e di acre rimprovero. Era forse una sorpresa che il suo confessionale restasse vuoto il sabato sera e che raramente qualcuno suonasse il campanello della canonica, a meno che si trattasse di un caso disperato? I matrimoni fuori parrocchia aumentavano, i figli di genitori negligenti rimanevano senza Battesimo, ma egli non poteva vedere l'errore da parte sua”. Eh, per forza! Chi è che lo vede da parte propria? “Questa gente non è buona per nessun verso - era la sua spiegazione - non c'è fede in questa parrocchia”". Eppure essi erano buona gente, ed i semi della fede erano in loro, ma essi avevano cercato Cristo nel parroco e non lo avevano trovato dove realmente avevano ragione di cercare. Nel nostro lavoro sacerdotale abbiamo molto bisogno di essere pazienti, e pazienti e ancora pazienti. Ciò che S. Alfonso disse riguardo alla confessione: che egli preferirebbe andare all'inferno per essere stato troppo tollerante, piuttosto che per essere stato troppo severo, è doppiamente vero per i nostri altri doveri e rapporti. Anche quando la nostra giusta ira sembrerà pienamente giustificata dalla malvagità e ostinazione di colui con cui trattiamo, saremo ancora dalla parte degli angeli se soffocheremo la nostra ira, per quanto giusta, e lasceremo che la cattiveria e l'ostinazione non trovino in noi più resistenza di quella che Cristo offrì al servo del sommo sacerdote. Non osiamo parlare di carità messi alla prova fino all'estremo limite.AUTOBIOGRAFIA famiglia
CARITÀ
In questo esempio don Ottorino nomina dapprima Vittorio Venturin, allievo del corso teologico, e poi Michele Sartore, che frequentava il corso liceale.
S. E. mons. Costantino Luna, vescovo di Zacapa in Guatemala, frequentava la Casa dell’Immacolata dagli anni precedenti il Concilio Vaticano II.
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6.La nostra carità non può avere limiti, perché deve essere la carità di Cristo”. La nostra carità non può avere limiti, perché deve arrivare fino all'estremo delle nostre forze. Caro Vittorio, ecco Michele che uccide tuo papà e tua mamma, che rovina tuo fratello, lo rovina completamente, lo manda proprio alla disperazione, per cui a un dato momento si uccide. Viene da te pentito per farsi Religioso, e allora tu devi farlo tuo segretario particolare e volergli bene, e tutto l’amore che avevi per tuo papà, per tua mamma e per tuo fratello lo devi riversare su di lui. Quando hai fatto questo non hai ancora fatto tutto perché non sei ancora morto per lui: se è necessario salvarlo tu devi saper morire per lui. Questo è cristianesimo e questo il Signore lo ha chiesto a tutti i cristiani. Non lo ha chiesto ad alcuni eroi, Cristo lo ha chiesto a tutti i cristiani: perdono delle offese, perdono... O comprendiamo il cristianesimo, o tiriamo il sipario e il teatro è finito. “San Pietro non immaginò mai, probabilmente, che la sua frase: “La carità copre una moltitudine di peccati", sarebbe stata tanto spesso citata con abuso e a sproposito, e anch'io cercherò di non usarne impropriamente. L'istinto dei nostri fedeli è però giusto, quando essi preferiscono condonare ad un parroco qualsiasi altra colpa purché sia amabile, compassionevole, dolce e tollerante”. Mi diceva qualche vescovo in America Latina che ai preti la gente perdona anche se compiono porcherie con le donne (lo diceva monsignor Luna ): “Che cosa vuoi, povero disgraziato, è un uomo anche lui, pazienza! Ma sì... è un uomo anche lui!", ma non gli perdona le mancanze di carità, assolutamente: quello assolutamente no. Sarebbe come a un medico: gli perdonano che non sappia di una cosa o di un'altra, ma pretendono che sia medico. Mentre noi siamo preoccupati della purezza, ed è necessario, non siamo ugualmente preoccupati di avere Cristo in noi e di emanare Cristo intorno a noi. 4. La carità è frutto dell’amore a CristoCARITÀ
perdono
CARITÀ
amore al prossimo
CHIESA cristianesimo
ESEMPI carità
PECCATO
GESÙ
Girolamo Venco frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico.
Don Ottorino nomina l’assistente Vinicio Picco, dotato di un grande amore per la lettura e di una buona cultura letteraria, e gli chiede il titolo del libro di F. WERFEL, Bernadette, dal quale è tratta la citazione che vuole riportare nella meditazione.
L’episodio è narrato dall’evangelista Luca al cap. 16,19-31.
L’episodio del colloquio di Gesù con Nicodemo è narrato dall’evangelista Giovanni al capitolo 3,1-21, dove però si legge: “Egli andò da Gesù, di notte...”. Don Ottorino, forse, allude all’opera della grazia che ha mosso il cuore di Nicodemo.
“Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo” (Gv 20,15).
“Sto alla porta e busso” (Apocalisse 3,20).
Don Ottorino cita a memoria i testi biblici fondendo insieme un passo dell’Apocalisse e un passo del Vangelo di Giovanni: “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Apoc 3,20) e “... e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
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7.Ora, bisogna stare attenti nel cercare Cristo. Non preoccupiamoci di compiere la commedia: “Dunque, per avere carità bisogna fare così, così, così!". Tu, Girolamo , cerca Dio, ama Dio. In fondo è quello che dice Sant'Agostino: “Ama Dio e fa’ quello che vuoi!". E allora la carità? Cerca di avere Cristo dentro di te e vedrai che, dopo, essa verrà senza che tu te ne accorga. Non fate della carità una virtù frutto di studio; vivete per amore di Cristo e vedrete che la carità viene spontanea, naturale e così voi la emanerete intorno a voi. Come viverla noi, come capirla? Siamo nel mese del Sacro Cuore: ci penserà Lui a farci capire queste cose; certo sono cose sublimi, ma sono cose difficili. Il nostro caro Vinicio ricordava la frase di un libro famoso: “Per coloro che credono nessuna spiegazione è necessaria, e per coloro che non credono nessuna spiegazione è possibile". A proposito delle verità che ho esposto per coloro che amano Gesù Cristo, che hanno capito Cristo, non c'è bisogno di spiegarle; per quelli invece che non hanno capito Cristo è impossibile spiegarle. Come si può capire Cristo? Nostro Signore diceva al povero disgraziato del ricco epulone : “Hanno Mosè e i profeti...". Ognuno di voi ha il padre spirituale, ognuno di voi ha la possibilità di avvicinare altre persone: cercatelo Cristo. Non dovete pretendere da Lui che venga; il Signore fa una parte della strada, e una parte dovete farla voi. Forse, come dicevo alcune mattine fa, chissà da quanto tempo il Signore sta aspettando vicino a Nicodemo! Il Signore l'ha aspettato: un pezzo di strada l'ha fatta Gesù e un pezzo l'ha fatta Nicodemo. Non potete pretendere di chiamare Cristo perché venga in casa vostra. Ricordatevi che una parte di strada il Signore vuole che la facciamo noi, e una parte la fa Lui: la maggior parte la fa Lui, ma vuole che una parte la facciamo noi. Ecco allora quello che dovete fare. Se non sapete quale è la parte di strada che spetta a voi, ossia se avete provato e non siete arrivati a trovare Cristo, vuol dire o che non siete arrivati fino al punto dove il Signore vi aspettava o che avete sbagliato strada. Siete andati a cercarlo indietro, e invece era avanti. In questo ci vuole tanta umiltà e l’aiuto di qualcuno che ha un po' di esperienza o che è aiutato dallo Spirito Santo; nell'economia della grazia il Signore vuole che ci aiutiamo tra fratelli. Bisogna andare a cercare uno che vi dica come trovare Cristo: “Per piacere, quale è la strada per trovare Gesù Cristo?". Anche la Maddalena ha domandato all'ortolano , e invece aveva proprio Gesù davanti a sé. Bisogna cercarlo il Cristo, bisogna cercarlo! “Sum ad ostium et pulso”. Se qualcuno mi aprisse, allora entreremmo, ceneremmo con lui e faremmo lì la nostra dimora”. Andiamo. 7 giugno 1966GESÙ
CARITÀ
GESÙ
amico
GESÙ
maestro
APOSTOLO vita interiore
PAROLA DI DIO Vangelo