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L’UOMO DI DIO RICONOSCE CHE TUTTO È DONO DEL SIGNORE

MI73[07-06-1966]

Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell' Immacolata. Don Ottorino, dopo un invito iniziale ad avere fiducia nella divina provvidenza, prende spunto da alcuni brani del libro di Leo Trese “Il sacerdote oggi” per mettere in risalto il fatto che l'umiltà è il riconoscimento che ogni qualità personale è dono della bontà di Dio. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 30’. 1. Introduzione: la provvidenza nella vita della Congregazione

"Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33): è la frase che Gesù pone alla fine del discorso sulla provvidenza, espressione molto frequente sia in San Gaetano come in don Ottorino.

Paese sulle rive orientali del lago di Garda, rinomato posto di villeggiatura a causa della bellezza del paesaggio e del clima mite che permette la coltivazione degli olivi. In quella località turistica si prevedeva di costruire per un cliente una casa prefabbricata nel cantiere della Casa dell'Immacolata.

Altra casa prefabbricata già costruita in quella città.

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1.Qualche informazione circa la provvidenza.
Mi avete chiesto tante cose ed io vi ho detto che, tra le cose urgenti, c'era una richiesta di quattro milioni: una persona chiedeva la restituzione di quattro milioni che aveva dato a prestito. Qualcuno potrebbe dire: “Questa benedetta provvidenza, questa benedetta madre, è ancora viva o è morta?". Sappiate che è viva. Vi ho detto tante e tante volte: “Quaerite ergo primum regnum Dei et iustitiam eius, et haec omnia adicientur vobis”. Il che non vuol dire: “Cercate il regno di Dio e la sua giustizia e disinteressatevi delle cose non essenziali, perché il Signore provvederà al resto”; ma vuol dire: “Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e poi fate quello che potete da parte vostra nelle cose materiali, perché è un dovere anche questo, e il Signore, non state a preoccuparvi, provvederà”. In certe circostanze, se uno ha da pagare quattro milioni deve darsi da fare un po', come dicevamo domenica scorsa. Dicevamo che c'era in previsione la vendita di una casa a Malcesine , c'è questo, c'è quello... se combiniamo quella casa per nove milioni, con i tre milioni di anticipo in principio e un milione raccolto da qualche altra parte, guardando le cose umanamente, riusciamo a far saltar fuori i quattro milioni che bisogna versare entro il quindici del mese alla banca. Una persona ce li ha prestati senza interesse ancora l'anno scorso, ma è giusto restituirli, anche se lui ce li richiede qualche mese prima del tempo. Forse si sarà dimenticato che ci aveva detto di restituirglieli per luglio o agosto: lo aveva messo nella lettera che in caso di bisogno si dovevano restituire, ma aveva messo a luglio o agosto. Pazienza se si sarà dimenticato, perché ci ha già fatto un atto di carità nel darceli. Noi avevamo programmato di fare la restituzione attraverso le vie normali. È certo che tirando via quei tre milioni della casa di Malcesine o della casa di Varese , poi ti trovi alla fine con tre milioni di meno, con la manodopera e tutto il resto da pagare, intendo cioè la manodopera e le materie prime da pagare, perché voi vedete arrivare un camion di ferro, un camion con il ferro in cima, ma non pensate che si tratta di un milione di ferro da pagare. Dico tutto questo perché sappiate che il materiale costa. Ora il Signore vuole che da parte nostra facciamo tutto quello che dipende da noi; poi Lui vuole mostrarci che è Lui che fa. Lui vuole che noi lavoriamo per mantenerci, ma lo sa già che tutto il nostro lavoro non è sufficiente per mantenerci. Lui vuole che ci sacrifichiamo a cercare, poi viene Lui, dove e come vuole Lui. Ed effettivamente io ho in tasca un assegno che è sufficiente per pagare i quattro milioni. È stato regalato da un benefattore senza che io andassi a ricercarlo, senza che io andassi a dire se per piacere mi aiutava con quattro o cinque milioni: ho ricevuto un assegno di cinque milioni, cosicché possiamo pagare i quattro milioni e... ne avanziamo anche per il caffè.

PROVVIDENZA

VOLONTÀ

di DIO

PROVVIDENZA episodi di...

DIO stile di...

PROVVIDENZA benefattori

Durante il primo viaggio in America Latina, insieme con don Aldo, don Ottorino era stato ospite dei Padri Paolini in San Paolo, ma di proposito non aveva voluto fermarsi in Brasile per non cadere nella tentazione di assumere altri impegni dopo quelli del Guatemala e dell’Argentina. In seguito, però, era giunta una proposta da parte di S. E. mons. Sebastiano Baggio, nunzio apostolico in Brasile, e per questo don Ottorino era sul punto di decidere un nuovo viaggio per rendersi conto di persona della situazione.

Il dottor Arnaldo Marzotto, vicentino, trasferitosi in Brasile nei primi decenni del secolo, si dedicò in un primo momento alla coltivazione del caffè e, in seguito, dopo il matrimonio con Mina Martinelli, figlia di un grande possidente terriero e impresario edile italiano, si mise nel ramo della edilizia assieme al suocero. Attraverso S. E. monsignor Sebastiano Baggio conobbe la Congregazione alla quale affidò la direzione di un Istituto per ragazzi bisognosi, che all'inizio era stato gestito da padre Zambusa coadiuvato da una religiosa, il "Lar dos meninos" da lui fondato e situato nei pressi della città di Resende.

L’ultima parte dell’espressione forse vuole indicare che i signori Marzotto si sentivano ormai vecchi e desiderosi di affidare in buone mani, prima di morire, l’opera da loro iniziata. Don Ottorino, però, continua scherzando sull’esempio del caffè e della caffettiera per indicare l’occasione di trasformarli in benefattori della Congregazione.

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2.Ecco, prendere il caffè o, se mi arriverà quest'oggi la lettera di monsignor Baggio, un viaggio per l'America Latina, cioè a Rio. Sono venuto a sapere ieri sera che la moglie del dottor Marzotto è addirittura la figlia del re del caffè del Brasile; prima ancora che morisse il padre ha avuto delle grandi eredità, e adesso, alla morte del padre, ha avuto eredità immense. Aveva un figlio e una figlia, che si è sposata a Vicenza e che non ha bisogno di denaro e neppure ha buoni rapporti con la madre, mentre il figlio è morto, e i genitori desiderano solo la morte. Ora, prima che muoiano, sarà bene andarli a trovare per aiutarli a dare un scopo alla vita e perpetuare la “caffettiera". Infatti sono stati loro a scrivere per primi, poi hanno scritto una seconda volta, e quindi varrebbe la pena di andarli a trovare.
Vorrei proprio, fratelli miei, che sottolineassimo bene che stiamo camminando su un piano spirituale, altamente spirituale. Stiamo lavorando con Dio: mettetevi a disposizione di Dio! Quest’Opera non è un’Opera che va avanti secondo principi umani; dovete impegnare tutti i mezzi umani, ma dobbiamo essere a disposizione della provvidenza di Dio, la quale ti può far cambiare il tuo atteggiamento. San Giuseppe e la Madonna sono andati avanti con principi umani, ma a un dato momento interveniva il Signore e ribaltava tutto, ribaltava in una forma che umanamente sembrava illogica. Ora, noi dobbiamo lavorare con principi umani in quest'Opera, ma essere a disposizione di Dio, solo di Dio e lasciarci condurre passo passo: voi vedrete cose meravigliose! Mi si diceva ieri sera, proprio dalla persona che dopo mi ha dato questi soldi: “Immagino che scriverete qualche cosa, perché questa è Opera della provvidenza". “No, ho risposto, perché le cose più belle non sono ancora arrivate. Aspettiamo le più belle che devono ancora arrivare!".

PROVVIDENZA

APOSTOLO uomo di Dio

CONGREGAZIONE missione

MARIA

Nel testo registrato don Ottorino aggiunge: “... e l’assistente”.

Don Ottorino comincia a leggere qualche frase del libro di LEO TRESE, Il sacerdote oggi. Pensieri di un parroco americano, Morcelliana Brescia 1958, riferendosi al capitolo XII intitolato “L’umiltà”, a pag. 95-97. Tutte le citazioni verranno riportate in corsivo, senza ulteriori richiami specifici.

MI73,3[07-06-1966]

3.Ricordatevi che le cose più belle le vedrete voi; sarete voi i testimoni delle cose più belle, delle cose più grandi. Però, ricordate, che pur restando voi uomini, se renderete umana questa Istituzione, se la porterete sul livello umano, non andrete avanti perché non c'è proporzione fra la vostra parte e quella di Dio. La forza dell'Opera consiste nell’essere opera di Dio. Quel giorno che, disgraziatamente, voi vi accorgete di essere qualcosa e vi dimenticate che questo qualcosa l'avete da Dio, ricordatevi che allora, anche se potrà andare avanti per un po' di tempo o anche apparire qualche cosa, è fumo, è fumo. E qui ci sarebbero tante cose da dire; ma facciamo la meditazione.
2. L’umiltà è riconoscere che tutto è dono di Dio Ricordate bene le parole che abbiamo letto ieri mattina? “Benedetto il prete che non ha talenti; benedetto l'uomo che è tanto evidentemente inetto da non poter esimersi dal riconoscere i propri difetti”. Quando si dice: “Benedetto l'uomo che non ha talenti", non si dice: “Benedetto lo stupido che non traffica i talenti", perché questo, allora, sarebbe benedire l'ignoranza. Infatti non c'è santo che non abbia trafficato i talenti. Benedetto colui che sa di averne pochi: perché averne tre o averne cinque, in confronto di quello che abbiamo da pagare al Signore, sarebbe come se io avessi da pagare quattro milioni e avessi soltanto cento lire, mentre un altro ha da pagare quattro milioni e ha cinquecento lire: che cosa volete che sia possedere cento o cinquecento lire se si deve pagare quattro milioni? La distanza è ben grande! Ora, anche se uno è detto il più bravo uomo sopra la terra, il più intelligente, il più gran matematico, quel che volete, e lo mettete dinanzi a un'anima, a un'anima di un fanciullo, a un'anima di un uomo, di un vecchio, è come possedere cento lire o cinquecento lire quando si tratta di un debito di milioni. Si tratta di un'opera divina! Bisogna che ci rendiamo conto che il resto lo mette il Signore: io devo mettere le cento lire, le cinquecento lire, tutto quello che ho, perché se ho cinquecento lire e ne metto quattrocentocinquanta, non scatta il resto, non vengono gli altri soldi.

DIO stile di...

CONGREGAZIONE missione

VIRTÙ

umiltà

CONSACRAZIONE santità

"Pissacàn" = piscialetto, tarassaco: pianta officinale che possiede anche proprietà diuretiche, dalle quali deriva il nome dialettale.

Nel testo registrato don Ottorino, nominando don Luigi Furlato, aggiunge argutamente: “Don Luigi, io non sono abile nel raccogliere ma nel ricevere. È diversa la storia!”.

Sempre nel testo registrato, a questo punto, don Ottorino nomina Adriano Conocarpo, che stava facendo l’anno di noviziato e che non si distingueva certo per la bella voce.

Ruggero Pinton, all’epoca novizio, era piuttosto paffuto e proveniva da una famiglia di agricoltori.

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4.“Ecco un piccolo esercizio che sarebbe utile praticare di quando in quando: in un momento tranquillo, proviamo a spogliarci mentalmente di tutto ciò che è dovuto a Dio, e poi vediamo ciò che rimane”.
Dobbiamo metterci dinanzi al Signore e provare a spogliarci di tutto quello che è del Signore, e vediamo un po' che cosa rimane. San Francesco, come avete visto al cinema, ha cominciato a spogliarsi e a dare a suo padre tutto quello che era suo: che cosa gli è restato? La veste del vescovo che lo ha coperto. L'avete visto il cinema? Ora se noi cominciamo a spogliarci di tutto quello che abbiamo, che non è nostro, che cosa ci resterebbe? “Ho disposizione e talento per parlare, scrivere, o amministrare?”. Se ho questo talento, proviamo a tirarlo via! “A me piace suonare il pianoforte nuovo". Tira via il talento di suonare il pianoforte nuovo. “Io ho talento di conoscere bene l’italiano e il latino...". Tira via quel talento perché te lo ha dato il Signore, tiralo via! Che cosa resta? Resta un piccolo rametto di pretino che non è neppure capace di stare in piedi. Tira via quelle energie che sono dono di Dio. Sei una manciata di "terra da pipe” da mettere attorno a un vaso di fiori, sperando che siano "pissacàn" ! “Sono ingegnoso nel contatto con i giovani... e mi è facile convincere i convertiti? Sono abile nel raccogliere denaro , ho una bella voce , ho un occhio attento alla palla nel gioco del golf? Se ripenso al tempo in cui non possedevo quel talento, non al tempo in cui cominciai ad esercitarlo per la prima volta, ma al tempo in cui, per la prima volta e consciamente, mi procurai da solo quel talento, devo constatare che non vi fu mai un tale tempo". Don Luigi Smiderle si sente abile, fa, fa... Pensa a quello che eri trent'anni fa: un bambinello; mi sembra di vederlo questo piccolo montanaro che faceva tre passi e quattro capitomboli. Consideriamo un altro, Ruggero, questa pallina che girava intorno intorno, in mezzo alla corte, e che si attaccava alla coda della mucca mora. Se pensassimo bene che cosa eravamo e che cosa saremo da qui a pochi anni o da qui a pochi giorni... Mario, è morto un tuo cugino? Prova a guardare il corpo di quella creatura. Quello che possediamo lo abbiamo ricevuto da Dio, figlioli!

VIRTÙ

umiltà

SACERDOZIO prete

DIO bontà

Don Luigi Furlato, maestro dei novizi, era stato per un certo periodo nello studentato dei Frati Minori a Lonigo e a Chiampo. Dopo aver completato l'anno di noviziato presso il convento di San Pancrazio a Barbarano, nell'ottobre del 1951 uscì da quella fraternità francescana senza emettere i voti non sentendosi portato alla vita conventuale.

Don Ottorino evidentemente scherza alludendo al fatto che il saio francescano, spesso indossato sulla pelle nuda, era di un tessuto di lana grezza e pesante e anche al fatto che spesso nei conventi, per motivi di penitenza, veniva indossato sotto il saio il "cilicio" che era una specie di camicia confezionata con tessuti di lana di capra rigidi e che irritavano la pelle.

Don Giuseppe Rodighiero, sacerdote della diocesi di Padova, aveva conosciuto Don Ottorino e la Congregazione mentre era vicerettore presso il seminario diocesano di Padova a Thiene, dove i giovani della Casa dell'Immacolata andavano a sostenere gli esami ginnasiali da privatisti. Poi divenne assistente nel collegio universitario Gregorianum di Padova. Al sabato e alla domenica aiutava il parroco di Villatora (PD): aveva così conosciuto Zeno Daniele e, saputo del suo desiderio di farsi prete, lo aveva indirizzato verso la Congregazione.

Nel paese di Grossa, frazione di Gazzo Padovano, c'era una fattoria con la facciata insolitamente rivolta verso nord per cui veniva detta Casa Roversa=Casa Rovescia.

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5.“Può darsi che con lo studio e con la pratica abbia acquistato prontezza nell'uso dei miei talenti, ma la vera occasione offertami per tale pratica quale fu? Fui io ad escogitare le circostanze che resero l'occasione possibile?”.
Sono stato io a cercare le circostanze? Per esempio, don Luigi , prendiamo ad esempio la storia di don Luigi: è stato don Luigi a cercare le circostanze che lo hanno fatto diventare maestro dei novizi, che lo hanno fatto diventare così scaltro, così aperto? È stato lui a cercare queste circostanze? O non è stato, forse, il caldo estivo, le pelli di pecora o di capra? Chi ha orecchi da intendere, intenda! Faceva troppo caldo, perciò non ritenne il misero, per la salute, di rimanere dov'era! I frati portano la camicia fatta di pelle di pecora o di capra, che pizzica e fa caldo, e allora essendo caldo ed essendo pizzicato si è ammalato, e ammalato è venuto a finire qui. Ecco le circostanze: se quell'estate avesse fatto fresco, lui sarebbe rimasto con i frati francescani e sarebbe fra Teodosio. È vero il detto: se il naso di Cleopatra fosse stato due centimetri più lungo, il mondo sarebbe stato tutt'altra cosa! L'avete mai sentita questa sentenza? Ecco, se la pelle di capra fosse stata più morbida, il mondo della Casa dell'Immacolata e il noviziato sarebbero tutta un'altra cosa: le circostanze, cari! Se don Giuseppe Rodighiero fosse venuto qui invece che andare a finire là, Zeno scrollerebbe la testa come la sta scrollando ora. “Fui io a scegliermi i buoni genitori che ebbi, saldi nella fede che ereditai così facilmente?”. Vi ho già detto che la cosa a cui pensavo, mentre passavo da una parte all'altra a Estanzuela, era questa: “Se fossi nato qui... o anche in Italia Meridionale, se fossi nato qui in una famiglia di queste...”. Mi guardi con la bocca aperta: non c'è neppure una famiglia che sia rovescia a Grossa? Per esempio, se invece di nascere dove sei nato nascevi nella Casa Roversa: non c'è Casa Roversa a Grossa?

PROVVIDENZA

AUTOBIOGRAFIA viaggi

Raffaele Testolin, all’epoca ancora novizio, proveniva da Breganze (VI).

L’allusione è, forse, a Giancarlo Farina che stava completando il corso ginnasiale e che sarebbe entrato in noviziato nel mese di settembre.

Luciano Bertelli frequentava il corso teologico ed era assistente del gruppo dei novizi.

MI73,6[07-06-1966]

6.“Fui io che scelsi, prima di tutto, di uscire dal nulla che mi precedeva?”.
Io, intanto, dice Raffaele , voglio uscire dal nulla e nascere e andare a finire a Breganze, dopo in seminario e dopo venire qui. “Ebbi la visione della gloria di Dio, che un giorno poteva essere mia, e dissi: "Penso che sarebbe meglio incominciassi ad esistere, così da poter conquistarmi questa felicità"?”. No, Giancarlo , con quella boccuccia aperta da sciocchino; no, no, no! Niente da fare! In principio erat Verbum, ma in principio non erat Giancarlo. Comprendi? “Oppure, per usare il metodo opposto, chiediamoci cosa saremmo oggi, se nella vita avessimo avuto l'origine che milioni di altre persone hanno avuto. Penso specialmente ai casi e al problema di molti bambini con cui ho trattato, ai bambini che con i genitori entrambi divorziati e risposati, talvolta due o tre volte, vivono ora con un genitore ora con l'altro. Il genitore e la matrigna (o il padrigno) entrambi lavorano e nessuno li sorveglia; essi marinano la scuola, sono bocciati agli esami e vanno per le strade di notte. Non hanno nessuna conoscenza di Dio, fuorché come oggetto di esclamazione, nessuna conoscenza di Gesù Cristo, fuorché come bestemmia. Passano le giornate sulla strada, imparano presto tutte le malizie, non sanno completamente che cosa siano modestia e responsabilità, non sanno cosa sia la religione. Onestamente, ora, cosa saremmo stati, se avessimo avuto una tale origine? Oseremmo affermare che fu la nostra abilità che ci salvò da essa?”. Bertelli , la tua abilità ti ha salvato? No, caro; no, caro zuzzerellone. Sapete che lo chiamavano zuzzerellone? Adesso siamo in alto... 3. La mancanza di umiltà rende insensibile lo spirito

DIO creatore

Nel testo registrato, a questo punto don Ottorino, nominando Alberto Baron Toaldo che all’epoca stava completando il corso liceale, aggiunge: “...là in fondo Alberto che sorridi”.

Girolamo Venco, che frequentava all’epoca il 2° anno del corso teologico, è di statura particolarmente alta.

Don Ottorino nomina Tarcisio Magrin, come subito dopo nomina di nuovo Giancarlo Farina, ambedue impegnati per gli esami ginnasiali e candidati all’anno di noviziato.

MI73,7[07-06-1966]

7.“No, vogliamo essere umili e cerchiamo di esserlo. Ma il vizio dell'orgoglio , la mancanza di umiltà è un nemico così invisibile che può penetrare nella nostra vita come i parassiti che affliggono molti popoli dei tropici. Come i parassiti che minano l'energia senza che un dolore localizzato indichi la presenza del male, così troppo orgoglio può penetrare nei nostri centri spirituali, funzionando da anestetico mentre vi penetra. Abbiamo spesso sentito di persone, e forse le abbiamo anche incontrate, la cui virtù esteriore è proprio costruita sull'orgoglio”.
Avete mai pensato che la nostra virtù, se ne abbiamo, potrebbe essere costruita sull'orgoglio? Per esempio, voi vedete un uomo grande, come Venco ; e se invece delle gambe avesse l'orgoglio lungo cosi? Tiri via l'orgoglio, diventerebbe piccolo come il più piccolo che è qui dentro... “Uomini che sono casti e sobri perché sarebbe offensivo al loro orgoglio cedere ad un desiderio volgare, uomini che sono sinceri per potersi vantare col dire che “la loro parola è buona come le loro obbligazioni "; uomini che sono generosi nell'offrire perché ciò aumenta la stima che hanno di se stessi. Non è necessario prolungare l'elenco. E poi non ci interessano gli altri, è a noi che dobbiamo pensare; e sappiamo bene di non essere impenetrabili ai tiri dell'orgoglio”. Chi di voi è ladro? Immagino che non tutti alzereste la mano. Chi di voi è orgoglioso? Bisogna alzarle tutte e due. Tu, Tarcisio , non le alzeresti? State attenti, fratelli miei! C'è Giancarlo che si consola perché ha fatto un sorriso. Possiamo forse dire che con l’aiuto di Dio, con la grazia di Dio sono puro; con l'aiuto di Dio, con la grazia di Dio sono paziente, eccetera; però, con l'aiuto di Dio e la grazia di Dio, sì, sono pieno d'orgoglio! Lo abbiamo tutti! Lo abbiamo tutti! Ricordate che vi ho detto tante volte quello che ci ripeteva mons. Volpato: “L'orgoglio muore tre giorni dopo la morte dell’uomo”. Quando nasce un bambino si dice: “Oh, che bel bambino! Oh, che bel bambino!”; alla morte poi: “Oh, che bel funerale! Oh, che funerale spettacolare! Oh, che funerale!"; marciscono i fiori, passa l'orgoglio, i vermi vanno dentro la bocca di Cattelan, che intanto si sveglia e che vedo nascosto là dietro.

VIRTÙ

umiltà

VIRTÙ

Don Ottorino continua a nominare i presenti per tenere desta l’attenzione, con particolare attenzione ai più giovani e ai novizi, fra i quali richiama ora Giorgio De Antoni e Ruggero Pinton.

San Giuseppe Cottolengo chiamava così i suoi assistiti, spesso portatori di gravi handicap fisici e psichici.

Il testo registrato si interrompe bruscamente, per cui la meditazione resta lacunosa nella parte conclusiva.

MI73,8[07-06-1966]

8.“Non è mai accaduto a voi, come accade a me, di essere divenuti per un attimo, in un momento di pietà, forse durante la meditazione o al momento della Messa, acutamente consci della vostra nullità e di aver sentito un accesso di sincera umiliazione davanti a Dio?”.
È mai capitato a voi? Una volta tanto, Giorgio, prima o durante la comunione o la Messa; proprio un momento, vero Ruggero, avete provato un tipo di umiltà, vera e propria umiltà? “E poi, mentre nel cuore nutrivate questo senso di indegnità, tanto raro in noi, aver sentito una voce debole bisbigliare: “Vedi come sei umile, che santo stai diventando!"?”. La tentazione potrebbe essere quella di pensare: “Oh, finalmente capisco chi sono!", e subito dopo: “Come sei umile... hai un portamento di umiltà!". Il Signore ci perdoni, figlioli! “Sembra che non possiamo neppure essere umili, senza sentirci orgogliosi della nostra umiltà. Ebbene, faremo probabilmente più progressi nell'umiltà, se non continueremo a scavare in noi per vedere se siamo umili”. Perciò, non fermatevi a guardare se siete umili perché si finisce col peccare di superbia, perché vi accorgete di essere umili. 4. L’umiltà deve essere chiesta insistentemente a Dio con la preghiera “Quando, infatti, fossimo diventati veramente umili, saremmo le ultime persone del mondo a riconoscerlo. L'esame di se stessi, in questo caso, non è tanto utile quanto può esserlo un'azione più positiva. Anzitutto ci sarà la preghiera costante per domandare a Dio di aiutarci a vedere in noi stessi come Egli ci vede, poiché l'umiltà è un suo dono insieme a tutti gli altri, e non è qualcosa che ci creiamo da soli”. A volte qualche “buon figliolo” del Cottolengo mi ha chiesto: “Che cosa devo fare per essere umile?". Ho risposto: “Figliolo, alla sera, prima di andare a letto, buttati per terra, bacia la terra dicendo: 'Signore, ecco quello che sono; tu sai quello che sono; fidati poco di me perché ne combino di tutti i colori, tienimi la mano sulla testa". “E dopo sono umile?". “No, dopo incominci a capire che sei superbo: basta questo, non pensare se sei o non sei umile. Non fermarti a pensare a questo, perché il giorno che ti accorgessi di essere umile saresti più superbo ancora”. È sufficiente che sia il padre maestro ad accorgersi di essere umile! E allora: se io non mi accorgo di essere umile, mi pare di essere superbo, e allora vuol dire che sono umile... “Poi, come una base di preghiera, ci sarà lo sforzo di ricordarci sempre della nostra estrema povertà, della nostra fondamentale debolezza, della nostra credulità all'adulazione del mondo...”. Siamo così sciocchi: credulità all'adulazione del mondo! Siamo così contenti quando ci dicono che siamo bravi e stiamo così male quando ci dicono che siamo sciocchi! “... e della tortuosità dell'amore di sé, che cerca di ottenere il riconoscimento in cose nelle quali si ha solo una piccola parte. Un operaio che premendo un bottone fa scendere una pressa gigante su un pezzo d'acciaio e lo foggia magnificamente, non osserva il suo lavoro dicendo: “Guarda cosa ho fatto con le mie mani!””. L’operaio preme un bottone, scende la pressa: brooomm, esce un oggetto, e allora pensa: “Che grande cosa ho fatto io!", mentre hai solo premuto un bottone! Noi siamo così: nella vita premiamo un bottone, esce un oggetto... qualche volta anzi si sbaglia bottone e allora succede un grande pasticcio come, per esempio, quando si sbaglia con la calcolatrice, e alla fine ne risulta un errore. “E adesso che cosa devo fare?". Hai premuto un bottone... “Così anche noi ricordiamoci: “Sono di Dio, tutto di Dio; la mia libera volontà deve solo premere un piccolo bottone e la potenza di Dio opera il resto...”. 8 giugno 1966

VIRTÙ

umiltà

VIZI superbia

PREGHIERA

PREGHIERE di umiltà