MI74[08-06-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata. Don Ottorino, prendendo spunto da alcuni passi del libro di Leo Trese "Il sacerdote oggi", sottolinea che l’umiltà, oltre a riconoscere i doni del Signore, sa vedere e lodare le qualità dei fratelli, senza misurarli con il proprio metro personale e senza attaccarsi alle proprie idee. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 32’. 1. IntroduzioneNel testo registrato, alludendo a don Guido Massignan, che all’epoca era segretario generale della congregazione e vicedirettore della Casa dell’Immacolata, a questo punto don Ottorino aggiunge: “Caro don Guido”.
Don Ottorino riprende la lettura del capitolo XII, intitolato “L’umiltà”, del libro di LEO TRESE, Il sacerdote oggi. Pensieri di un parroco americano, Morcelliano Brescia 1958, a partire da pag. 98. Tutte le citazioni vengono poste in corsivo, anche in seguito e senza ulteriori richiami.
Frase attribuita a Napoleone Bonaparte durante la cerimonia di incoronazione come imperatore, anche se don Ottorino, nel testo registrato, aggiunge: “... la gobba”.
Pietro Simonetto frequentava all’epoca l’ultimo anno del magistero ed era entrato in Congregazione come vocazione adulta dopo aver già lavorato come falegname.
In questo esempio don Ottorino nomina Luigi Smiderle che stava terminando il 3° anno del corso teologico, e nel seguente don Antero Speggiorin che era già sacerdote da due mesi.
MI74,1[08-06-1966]
1.Dovete perdonare se questa mattina ho poco fiato, spiritualmente parlando, perché ho ancora da celebrare la S. Messa. Voi avete ricevuto il Signore, mentre io ho ricevuto l'aria, fuori, prima della meditazione. Come non ci si sente affatto bene quando non si è ancora celebrata la Messa! Non so se voi avete mai provato, quando tante volte si celebra la Messa alla sera, di passare una giornata aspettando fino a sera per ricevere la Comunione: si sente che manca qualche cosa. Vogliate tanto bene al Signore, sapete, perché da soli non si sta bene. 2. Umiltà è riconoscere i doni del Signore e le qualità degli altri Continuiamo con il tema dell’umiltà e, se fate i buoni, stamattina finiamo la nostra riflessione. “Dal momento che umiltà è sinonimo di verità , convinciamoci che non è umiltà fingere di non avere un certo talento, se lo possediamo”. Se io dicessi, per esempio, che peso soltanto 50 Kg., non sarebbe umiltà. “Se Dio è stato tanto benevolo da darci quel talento fisico o mentale, sarebbe vera scortesia fingere di non averlo”. Don Guido dice: "Io sono un povero tonto; io non...". Se dice che non è degno di rimanere come direttore dell'esternato, presto lo esonereremo accettando la sua indegnità, va bene, ma dire: "Ah, io sono un povero tonto, io..." non sta bene. Anima di Dio, di' anche tu: "Dio me l'ha data e guai a chi la tocca" , con santa semplicità. "Oh, io sono...". Lascia stare "io sono...", ma sappi giudicare, sappi dire con semplicità: "Ho!". Supponiamo che Pietro Simonetto dicesse: "Ah, io non sono capace di fare il falegname. Fino a costruire una cassa da morto ci arrivo, più in là non ci arrivo". Con santa semplicità si dice quello che sei: "Va bene, faccio quello che posso: io ce la metto tutta. Ecco qua: ne esce un mobile... questo, quello". Si deve riconoscere con semplicità il dono del Signore, che non è cosa nostra. Sarebbe una scortesia verso il Signore che ce l'ha dato dire: "Ah, non mi ha dato niente!". "Come, non ti ho dato niente? Non ti ho dato...?". A Smiderle do 10.000 lire. Lo vedo fuori casa e gli chiedo: "Hai soldi?". "No, non ho niente", mi risponde. Ehi, stupido: ti ho dato 10.000 lire!". "Beh, sì, veramente...". Devi dire che ti ho dato 10.000 lire; mi fai fare brutta figura. Sembra che faccia andare in giro un ragazzo senza un soldo in tasca: sii onesto con chi te li ha dati. Sarebbe come se Speggiorin dicesse: "Ah, io non me ne intendo affatto di canto". Dirai che il Signore ti ha dato dei talenti, e potrai aggiungere che qualche volta avrai sbagliato qualche nota, che ci sarà stata qualche dissonanza nella esecuzione, ma pazienza. Siamo sinceri: dite quella che è la verità.EUCARISTIA comunione
DIO amore a Dio
VIRTÙ
umiltà
VIRTÙ
semplicità
Ruggero Pinton era entrato nella Casa dell’Immacolata dopo aver conseguito la maturità magistrale, e don Ottorino scherza sul suo titolo di maestro.
"Macaco" = termine dialettale col significato di sciocco, stupido, ottuso.
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2."Allora, mi faccio stampare il mio biglietto da visita con tutte le doti che ho...: professore di santità, professore, dottore, eccetera". No, Ruggero, no! Adesso fa il sorrisetto perché vuol farsi chiamare maestro. "Ma...": attento che potrebbe uscirne: "Macaco" ! “Siamo pronti a riconoscere l'inganno o la finta umiltà dell’uomo...”. Non facciamo gli ipocriti! Sentite queste due paginette: che razza di cose! “... che, quando viene complimentato per qualche lavoro compiuto, dice: "Oh, fu proprio un caso", oppure: "Voi scherzate a dire così", o qualsiasi altra frase con cui alcune persone rispondono ai complimenti! Questa è soltanto finta umiltà, è soltanto un debole diniego nella speranza di lodi ulteriori”. Ricordate la falsa umiltà di quella donna che diceva: "Oh, preghi per me, padre, perché sono una povera peccatrice". "Sì, cara, lo so". "Che cosa può dire lei di me". Ecco un debole diniego nella speranza di lodi ulteriori. “È molto più onesto, molto più umile dire un semplice grazie e mentalmente rivolgere la lode a Dio, al quale essa è realmente dovuta”. Se io dicessi con accento di stima: "Oh, don Guido!", lui dovrebbe rispondermi: "Grazie della stima, caro don Ottorino, però parliamo di altre cose che sono più interessanti anche per il Signore". L’importante è scherzarci sopra. “Nel fare l'esame di noi stessi, osserveremo che un segno sicuro di mancanza di umiltà è la riluttanza a dare una lode onesta quando la lode è meritata”. Imparate a dare una lode onesta, a saper dire a uno che ti è vicino: "Bene, hai fatto bene; mi fa proprio piacere...!". Domani in cura d'anime: è possibile che quel benedetto presidente dell'Azione Cattolica o quella donna di Azione Cattolica abbiano soltanto cose cattive, meritevoli di rimprovero? San Francesco di Sales - ricordate che ve l'ho detto - dava questo consiglio: "Quando devi fare una correzione a uno, comincia con il lodarlo; e se non c’è niente di lodevole in lui, è il caso di inventarlo. In questo caso è permesso dire una bugia...". Devo dirti, per esempio, che hai il naso storto. Comincio con il dirti che hai le orecchie diritte, perché avrai almeno qualcosa che va bene, o è tutto storto in te? "Ringraziando il Signore hai una voce da usignolo, hai due gambe da struzzo, hai...; peccato che ci sia quel naso, però tenendolo fasciato un po' di tempo, il naso si raddrizzerà!".VIRTÙ
umiltà
ESEMPI umiltà
L'assistente Vinicio Picco aveva anche la mansione di infermiere nella Casa dell’Immacolata.
Angelo Brugnolo stava completando il 1° anno del corso teologico e prestava il servizio di assistente con i ragazzi più piccoli.
Luigi Smiderle stava completando, all’epoca, il 3° anno del corso teologico.
MI74,3[08-06-1966]
3.È importante sapere dire un grazie. Qualche volta ti portano una cosa da mangiare: "Che buona!"; bisogna far sentire un minimo di lode. Andate, per esempio, a farvi una iniezione in infermeria: "Oh, oh...", sembra che facciate un piacere all'infermiere, invece di dire: "Grazie, Vinicio ! Come me l'ha fatta bene! Non me ne sono quasi neanche accorto", e lui si sente tutto contento. Ci vuole tanto poco; eppure... Ecco, questo è un po' il termometro dell'umiltà. “Talvolta, per esempio, si incontrano parroci. (o assistenti; supponiamo che sia Brugnolo quello di cui si parla) che non si risolvono mai a dare una parola di lode al giovane prete che ha compiuto un buon lavoro”. Non costa nulla dire una parola di lode a Smiderle, il quale avrà anche lui i suoi difetti, per carità; è un figlio e porta le conseguenze paterne, ma possibile che non abbia qualcosa di buono? Dagli un po' di dolce da succhiare: è l'unico modo, qualche volta, per farlo dormire una notte; non è vero, Smiderle? 3. Umiltà è saper ringraziare “Ma ritorniamo all'esame dell'orgoglio. Peggiore dell'uomo che non loda mai è l'uomo che critica sempre...”. Adesso c'è una pagina intera su questi casi concreti. Dunque, prima cosa: bisogna saper dare una lode. È vero che non si vive di lodi, ma sappiate dire una parola di riconoscimento ai collaboratori che avete vicino. Possibile che troviate solo da rimproverare? Lasciate che questo lo faccia don Ottorino. Qualche volta dite: "Che bello! È riuscito bene!". Fermati un po'. Io so, per esempio, che qualche volta è successo che monsignor vescovo, senza con questo fargliene una colpa, è andato in qualche chiesa nella quale erano state fatte le entrate nuove e non ha badato alla cosa. Questi poveri parroci avevano lavorato, e oltre ad avere tanto lavorato hanno girato di qua e di là per preparare le entrate, e dopo per metterle a posto: erano frutto di tanto sacrificio. Ora il vescovo fa la visita, e dovrebbe sentire il bisogno di dire: "Guarda che bello!". È una necessità umana, è una finezza, ma è necessaria, figlioli! E, guardate, che una persona umile queste cose le fa.DOTI UMANE gratitudine
VIRTÙ
umiltà
CHIESA Vescovo
Zeno Daniele era entrato nella Casa dell’Immacolata come vocazione adulta e all’epoca stava facendo ancora l’anno di noviziato, ma allo stesso tempo collaborava con don Ottorino nell’aspetto amministrativo.
Nel testo registrato don Guido a questo punto racconta: “Quando sono andato alla festa per l’ordinazione presbiterale di don Giovanni Galvan, alla fine del pranzo sono andato a fare le congratulazioni al cuoco e gli altri inservienti: sono rimasti tutti commossi”.
Daniele Galvan, fratello del festeggiato, a questo punto del testo registrato aggiunge: “Dalle idee che aveva, si”. E do Guido: “Uno dei pochi comunisti del comune; lo ha detto il sindaco”.
L’episodio raccontato brevemente da don Guido Massignan era avvenuto durante la festa per la Santa Messa solenne di don Giovanni Galvan, consacrato sacerdote l’11 aprile precedente, nella sua parrocchia di provenienza. Logicamente alla festa era presente anche Daniele, fratello di don Giovanni, e - per quanto aggiunge subito dopo don Guido “Non sono stato il solo; è venuto anche Gaetano” - anche Gaetano Scortegagna.
Mons. Carlo Fanton, all’epoca vicario generale della diocesi di Vicenza, era molto legato a don Ottorino e all’Opera, fin dai primi tempi quando passava ogni giorno per una breve visita.
Il riferimento è ad Antonio Beltramello, un uomo molto semplice ed anziano che si dedicava alla cura dell’orto della Casa dell’Immacolata.
L’assistente Pietro Grendele per molti anni aveva prodotto il pane nel forno dell’Istituto San Gaetano per i ragazzi dell’Istituto stesso e per quelli della Casa dell’Immacolata.
Luciano Bertelli svolgeva il servizio di assistenza ai giovani novizi, e Giuseppe potrebbe essere Biasio o Azzolin o Santolin, tutti e tre compagni di noviziato.
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4.È carità! A questo proposito manchiamo tutti, iniziando da me, figlioli. Ora, non si tratta di andare in ufficio da don Zeno e dirgli: "Oh, Zeno, come hai messo bene l'ufficio! Che spettacolo! Ah, ma qua, ma là..."; non si deve giungere a questo, ma basterebbe: "Ehi, bene! Che bello è riuscito". Non è adulare nessuno, ma mi sembra che sia una cosa buona. Dunque non occorre una cosa studiata: dovete farla diventare una abitudine buona. Andate a un pranzo ed è conveniente dire: "Buona questa minestra, signora!". Ti ricordi, Zeno, quella sera che siamo andati a Monte Berico? Abbiamo detto: "Buona la minestra!", e la signora: "Eh...". La signora è stata contenta, poveretta. Che ci vuole a dire che una cosa è buona? Ed era veramente buona, per cui non abbiamo detto una bugia. Come si può andare a un pranzo senza manifestare qualche volta una parola di compiacimento? Una volta don Guido è andato a pranzo a... Don Guido, suvvia, racconta che cosa è accaduto . E il cuoco era comunista, non è vero, Daniele? Però hanno saputo dire subito: "Ehi, guarda, è venuto a ringraziarci!". Poveretti, hanno lavorato tanto! Monsignor Fanton, quando veniva qui - e nei primi tempi veniva spesso - non se ne andava mai senza prima andare a ringraziare in cucina. Bisogna saper ringraziare le persone umili; bisogna saper ringraziare le povere creature, sacrificate, le povere cenerentole, qualche volta; bisogna saper dire una parola, con semplicità. Dire, per esempio, una semplice parola: "Grazie, Antonio; è molto buona l'insalata"; non è una parola per prendere in giro. Pensate quanto bene fa nel cuore di una povera creatura una buona parola. Ricordate quella volta che vi ho raccomandato: "Ringraziate, ringraziate!", e l'assistente Pietro ha mandato il pane con i fichi? Mi sembra sia stato l'anno scorso. Ora non si deve adulare, ma manifestare un po' di riconoscimento. Tu, Bertelli, mentre sei in noviziato ricevi uno che ti porta un lavoretto: "Bene, bene, grazie! Bene, è riuscito bene, mi pare...". E allora Giuseppe va via tutto contento e si ingrassa dalla gioia. Questa è carità, è carità! Ma ritorniamo a noi. 4. Umiltà è non misurare tutti con il proprio metroCARITÀ
"Tra noi ci sono molti ammalati e addormentati" (1 Cor 11,30).
Cfr. Matteo 26, 22-25.
Antonio Bottegal, che all’epoca stava terminando il corso liceale, aveva evidentemente la erre moscia. Nello stesso esempio don Ottorino nomina pure Fernando Murari che era novizio.
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5.“Peggiore dell'uomo che non loda mai è l'uomo che critica sempre...”. Anche la critica nasce dalla superbia, e per estirparla c’è tanta strada da fare! “... quello che scopre i difetti in ogni successo favorevole di un altro e che è perpetuamente sospettoso...”. A questo proposito dobbiamo dire: "Inter nos sunt multi imbecilles et dormiunt multi" , che tradotto vuol dire che in mezzo a noi ce n'è uno e più di uno di questi tali. "Sono forse io, Signore?", potrebbe chiedere qualcuno; "Tu l'hai detto!". State attenti, perché ce n'è più di uno in mezzo a voi, o meglio in mezzo a noi, che ha questa malattia che è la superbia. Superbia perché non si sa lodare convenientemente, oppure si loda quell'amico perché dopo, sicuramente, questi contraccambia; si loda se è uno che fa la stessa cosa. Allora questo loda quello perché quello, siccome agisce allo stesso modo, poi loderà lui: si incensano a vicenda. Hanno il turibolo: un colpo lo dà uno e dopo passa il turibolo all'altro che loda quello, ma non lo loda con carità, con giustizia. Qui dentro c'è qualcuno che fa così. Potrei dire nomi e cognomi, ma dopo... Andiamo più avanti. C'è una forma di superbia peggiore. Non meravigliatevi: la superbia l'abbiamo tutti. Tale superbia si manifesta proprio in questa forma. “... è l'uomo che critica sempre, quello che scopre i difetti in ogni successo favorevole e che è perpetuamente sospettoso, quello che invariabilmente imputa le finalità peggiori a chiunque compie un atto generoso o di sacrificio, e che non dice mai: "Che lavoro magnifico", ma sempre: “Sarebbe stato meglio si fosse fatto così e così". È un orgoglioso quest'uomo, segretamente timoroso che nella lode di un altro sia implicita la sua condanna. Nessuna idea, naturalmente, ha valore ai suoi occhi, se, prima, egli stesso non vi ha pensato”. Questa realtà è tremenda, ma è crudelmente vera. L'uomo orgoglioso vede sempre il lato peggiore, ha sempre paura di perdere, e l'idea o l'ha pensata lui e allora è buona, o altrimenti no, e la maggioranza delle volte è valida se corrisponde alle sue idee, cioè uno è santo tanto quanto si avvicina alla sua santità. Portiamo un esempio. Immaginiamo che ci sia un maestro dei novizi e che abbia il difetto della "erre moscia". Bottegal , adesso non arrabbiarti, sai! C'è fra i novizi Fernando che non ha la "erre moscia", e allora quello per lui non è santo. Quando Fernando comincia a fare "erre, erre", mano a mano che si avvicina alla stessa tonalità della "erre" del maestro, allora diventa santo nella sua stima. Se c'è un maestro dei novizi che ha qualche difetto, la santità tanto vale in quanto è forgiata in tutto su di lui, anche nel modo di tenere la testa storta, nel modo di tenere le mani, nel modo di pronunciare le parole. Ecco un'altra forma: per l'orgoglioso uno vale tanto quanto assomiglia a lui; poi non importa se lui assomiglia al diavolo, e allora fa compassione.VIZI superbia
COMUNITÀ
critica
CARITÀ
Don Ottorino si riferisce, evidentemente, al suo recente viaggio in America Latina con partenza da Milano, dove era stato accompagnato da alcuni confratelli, fra i quali c’era anche Girolamo Venco.
San Felice era il nome del manicomio di Vicenza.
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6.Non in una forma spinta eccessivamente, ma in mezzo a noi ci sono delle anime orgogliose che giudicano tutti gli uomini mettendo come punto di partenza se stessi. Ora se il punto di partenza è zero, vale; ma se questo punto di partenza è venti, è sbagliato tutto. Perché se in partenza non siamo tarati giusti tu credi che l'altimetro segni mille metri di altezza, e invece sei in un campo che è a trecento metri di altezza. Il difetto enorme è di non avere tarato l'altimetro in partenza, cioè partire con la testardaggine che il proprio altimetro è giusto: "Il mio è giusto!". Se l'altimetro non è tarato con Cristo bisogna che stiate attenti. Il nostro difetto è tutto quanto qui, solo qui. Sapete cos'è l'altimetro? Prima di partire bisogna tararlo, perché altrimenti tutto risulta falsato. Perciò se io parto di qui e salgo ad Asiago, se voglio vedere a che altezza si trova veramente Asiago, prima dico: "Bene, qui a Vicenza sono a 50 metri di altezza: lo taro giusto, lo metto a 50 metri e adesso vado ad Asiago", e allora mi segna esattamente. Il nostro difetto è di non essere tarati in modo giusto e la taratura si fa soltanto partendo da Cristo. Se io rassomiglio a Cristo sono tarato in modo giusto e se non rassomiglio a Cristo sono fuori taratura, e perciò è impossibile che possa giudicare in modo giusto. Se non riusciamo a stabilire tra noi e il Cristo questa amicizia non riusciamo a prendere quota. Questo è faticoso, intendiamoci bene, perché, in fondo, si tratta di un apparecchio che deve staccarsi dalla terra; dobbiamo prendere quota, e l'apparecchio diventa nervoso quando è ora di partire. Domandate a Venco il rumore che ha fatto il reattore quando siamo partiti da Milano: diventa nervoso e sembra che scoppi tutto. Ora noi dobbiamo staccarci dalla terra per unirci a Cristo, e per staccarci dalla terra, cari ragazzi, è uno strazio. Dopo, quando sei con Cristo, la realtà è diversa, ma intanto ci vuole quel momento, ci vuole il colpo di coraggio e dire: "Taglio e mi butto!". Da soli non potete farlo: avete bisogno del padre spirituale, avete bisogno del consiglio di qualcuno, avete bisogno che qualcuno vi dia una mano, perché da soli è impossibile. Ma se non vi buttate in Cristo e andate avanti alla giornata: "Oh, intanto, andiamo avanti, andiamo avanti così: studiando, giocando, lavorando... Si va avanti, si va avanti...", vi illudete. Sarebbe come un apparecchio che continuasse a girare sulla pista: gira, gira e gira. "Ma chi è quello stupido di pilota?". "Eh, sto preparandomi per partire", e supponiamo che continui a girare a 50 km all'ora, e gira, gira, gira per la pista. "Ma stupido che sei! Mettiti in fondo alla pista, manda su di giri il motore e buttati, alzati e in pochi minuti vai via!". Invece se ne sta lì una mezza giornata: gira, gira e gira... Alla fine si va e si accompagna quell'uomo a San Felice. In quel modo consuma la benzina per niente perché l'aereo non è una bicicletta. In bicicletta si possono fare i giri per il cortile, ma con l'aereo no: l'aereo è fatto per volare. Anche noi siamo fatti per volare, e allora dobbiamo partire, e partire vuol dire tuffarci in Cristo, conoscere Lui, fare un'amicizia personale con Lui; perché se non si ha un'amicizia personale con Cristo si è un povero uomo; è preferibile cambiare mestiere, cambiare mestiere, anche quello di cristiano, perché non si è neppure cristiani.VIZI superbia
COMUNITÀ
critica
ESEMPI orgoglio
GESÙ
imitazione
GESÙ
amico
APOSTOLO distacco
FORMAZIONE direzione spirituale
ESEMPI superficialità
APOSTOLO chi è
l’
Il riferimento è al testo di Gv 12,21 dove l’evangelista parla di alcuni Greci che "si avvicinarono a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli chiesero: Signore vogliamo vedere Gesù".
Nell’esempio don Ottorino nomina Mariano Apostoli, che frequentava il corso liceale, e Luigi Smiderle.
Nel testo registrato interviene a questo punto don Guido Massignan per fare una sua puntualizzazione in proposito.
Don Ottorino, nel testo registrato, cita il Salmo 7,16 nella dizione latina: “Incidit in foveam quam fecit”.
MI74,7[08-06-1966]
7.Figlioli miei, chi manderemo a predicare, un domani? Quando all'assistente negli oratori e nelle scuole o al sacerdote nel confessionale verranno a domandare: "Tu che sei in contatto con il Signore...". Mi pare ancora di vedere quella vecchietta che si presenta a monsignor Snichelotto: "Scusi, lei che prende in mano il Signore ogni mattina, mi faccia un piacere, dica una parola per me al Signore". Figlioli miei, siamo gli uomini che trattano con Cristo e la gente viene da noi, come hanno fatto con Filippo. Ecco la nostra missione; altrimenti partono e vanno in un'altra parte per trovare il Signore. Mi guardi, caro? Ora non è possibile una vera umiltà se non siamo così uniti con il Signore, con Gesù, perché siamo fuori taratura, e allora giudichiamo in questo modo. Allora, ci siamo capiti? Questo è il primo modo di essere orgogliosi. 5. Umiltà non è essere attaccati alle proprie idee Il secondo modo di essere orgogliosi è quello dell'uomo che critica sempre, che è pessimista, che butta là una frase: "Boh... boh...". Se, per esempio, fai la lode di uno: "Mariano è un bravo figliolo...", salta fuori Smiderle che dice: "Boh, sarà...!". Quel "sarà" è tutto un capolavoro di superbia: basta una parola così per giudicare uno. Anche sul piano umano quell'uomo che dice: "Boh, sarà...", parola che è un capolavoro di perfidia, tradisce lo sforzo di dire tutto per far diventare antipatica una persona. Su questo punto mi permetto di battere forte perché si sentono spesso cose di questo genere, e fanno compassione, fanno proprio compassione. Quel tale che dice questa frase, questa battuta, lo fa perché vuole salvare se stesso e allora "cade nella fossa che ha fatto" , veramente vi cade dentro e diventa ridicolo: vuole essere superbo e viene umiliato. Dio umilia i superbi! “Altra forma di orgoglio si trova nell'ostinato attaccamento alle proprie idee, - ed è sorprendente vedere quante persone soffrano di questa forma, in grado maggiore o minore - fino all'estremo, raggiunto dalla persona con cui non si può discutere”. Notate che l’autore dice "fino all'estremo": c'è qualche persona con cui non si può discutere.DIO contatto con
APOSTOLO missione
VIRTÙ
umiltà
GESÙ
unione con...
VIZI invidia
MI74,8[08-06-1966]
8.“Se costui dice una cosa, deve essere così e non si discute; il suo modo d'agire è sempre il migliore e lo stolto che dice altrimenti è quasi un bambino in fasce. A costui potete citare la legge canonica, ma egli la svia: "Che sanno mai i Romani dei nostri problemi?". Potete citargli i teologi, ma egli li butta prontamente da parte: "C'è un'infinità di cose che non sono scritte nei libri!". E se a costui il curato imprudente si permette di dire: "Non si può dire Messa da morto, oggi", egli risponde: "Ragazzo, guardami e mi vedrai fare l'impossibile!". Se si trova in difficoltà, egli salverà sempre le apparenze, come l'uomo che giura che qualsiasi tipo di vino va bene per la Messa e che poi, dimostratogli che ha torto, si salva dicendo: "Oh, voi parlavate di materia lecita, io parlavo di materia valida". Sì, siamo davvero lontani, molto lontani dalla direzione dell'umiltà se non possiamo onestamente dire che accettiamo la sconfitta con amabilità, che non ci attacchiamo mai ad un'opinione con ostinazione, se non ammettiamo l'errore prontamente e allegramente quando ci viene dimostrato, senza sforzarci di ravvolgere intorno a noi i brandelli della dignità”. L’autore parla di raccogliere i pezzettini: "Un momento, attendi, per carità, che non..."; raccolgono i pezzi. “Nel trattare della carità, ho parlato dell'orgoglio che si manifesta in discorsi non caritatevoli verso gli altri, in particolare verso i nostri colleghi preti. È questo infatti un aspetto dell'orgoglio da cui anche i migliori di noi debbono tenersi in guardia. È un grande sollievo al nostro io mostrare indirettamente le proprie virtù attraverso il semplice espediente di richiamare l'attenzione sulla mancanza di queste virtù negli altri...”.VIZI superbia
COMUNITÀ
critica
Piccola stalla per suini.
Il testo registrato a questo punto si interrompe, e la meditazione resta lacunosa nella parte conclusiva.
MI74,9[08-06-1966]
9."Eh, Adriano è un buon figliolo, sì, però...". "E Luigi? Anche Luigi è buono, però...". E intanto metti in ombra le loro buone qualità. Al contrario di te dici: "Eh, con la grazia di Dio, non sono come lui...". È brutto trovarsi dinanzi a gente che non ha altro da fare che dire male degli altri, che è pessimista, che non sa che dire male degli altri, dir male qua, dir male là. Benedetti dal Signore, vedete solo letamai per il mondo? Vedete solo quello? Non vedete le montagne, i fiori, le fragole? Sì, vicino alle case c'è anche il piccolo letamaio, ma c'è anche il salotto - non lo "staloto" , il salotto -, c'è anche la cucina, c'è anche la cantina, c'è anche qualcosa d'altro in casa. Allora, guardate la parte migliore dell'uomo; perché sottolineare solo la parte negativa? “L'obbligo di essere umili suona come un difficile compito... è un problema che sconfisse Adamo, nonostante il suo intelletto puro e la sua volontà incontaminata dal peccato. Non è un problema, però, troppo pesante per noi, con la grazia che Dio ci darà, con l'esempio che Cristo ci ha dato. Non possiamo meditare ogni mattina, modellandoci giorno per giorno secondo l'immagine che Cristo ha stabilito, senza renderci conto che siamo strumenti poveri, deboli, non temprati, curvi e spezzati nelle mani di Dio, senza meravigliarci che Dio si degni ancora di servirsi di noi, quando avrebbe potuto operare molto meglio buttandoci da parte come rottami ed esercitando direttamente la Sua infinita potenza. Non possiamo ascoltarlo con attenzione, senza assorbire un po' dell'infinita umiltà della Sua santa umanità”. Figlioli, qualcuno potrebbe dire: "È difficile! Bisogna stare attenti a questo, stare attenti a quello; questo è un compito di matematica...". Io vi dico subito: penso continuamente a queste cose. Farmi santo attraverso i libri di ascetica non sono capace; il maestro dei novizi dica quello che vuole, ma io non sono capace... 10 giugno 1966COMUNITÀ
critica
CARITÀ