MI82[01-08-1966]
Meditazione ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell'Immacolata durante il campeggio estivo al Monte Verena sull'altopiano di Asiago (VI). Don Ottorino, prendendo spunto da alcuni brani del libro di René Voillaume "Sulla traccia di Gesù”, insiste sulla necessità di impostare la nostra vita sull'amicizia con Gesù e di avere una grande fede in Lui, alimentata dalla meditazione del Vangelo. Il testo originale è registrato e la sua durata è di 14’. 1. IntroduzioneRené Voillaume era priore dei Piccoli Fratelli di Gesù, Congregazione nata dal grande cuore contemplativo di Charles de Foucauld (+ 1916 assassinato dai Tuareg a Tamanresset in Algeria), che poté essere fondata solo dopo la sua morte. Nel 1933 cinque sacerdoti francesi, guidati da p. René Voillaume, desiderosi di vivere il messaggio di Charles de Foucauld, fatto conoscere in Francia dalla biografia scritta da René Bazin e pubblicata nel 1921, si recarono a El Abiod in Algeria e fondarono i Piccoli Fratelli di Gesù. Nel 1936 suor Magdaleine a Boghari, sempre in Algeria, fondò le Piccole Sorelle di Gesù.
Don Ottorino riporta di seguito riepilogando, alcuni punti delle meditazioni dettate nei giorni precedenti, e delle quali non possediamo le registrazioni, tratte del libro di RENÉ VOILLAUME, Sulla traccia di Gesù. Editrice Ancora, Milano 1966.
A questo punto don Ottorino legge alcune frasi nel libro di p. Voillaume, a pag. 12, anche se le modifica mettendole in prima persona. Le citazioni, prese per questa meditazione dalle pagine 12-16, vengono sempre riportate in corsivo senza ulteriori richiami.
MI82,1[01-08-1966]
1.Riassumo quanto detto precedentemente per ambientare gli amici che sono appena arrivati. Abbiamo cominciato a parlare, o meglio a leggere, con distrazioni, un libro di René Voillaume : "Sulla traccia di Gesù". Abbiamo considerato la necessità di stringere amicizia con Gesù e di fare in modo che Gesù sia continuamente presente a noi: che non soltanto occupi un posto, ma tutto il posto dentro di noi, in modo da poter vivere una vita a due; una vita, però, concreta e reale nella fede, quanto la vita che conduciamo in mezzo agli uomini. Primo: dobbiamo tenere presente che "Gesù è risuscitato nella pienezza della vita e della gioia, e che io posso immediatamente avere rapporti intimi e costanti con Lui”. Secondo: "Gesù ci conosce in ogni momento, nella nostra vita interiore come in quella esteriore, e ci vuole suoi". Terzo: "Gesù ha un disegno preciso su ciascuno di noi, ed attende che lo raggiungiamo con i nostri sforzi". Quarto: "Gesù è costantemente attento e percepisce sempre le nostre parole quando gli parliamo". 2. La fede sta alla base dell’incontro personale con Gesù "Tutto è possibile a chi crede.GESÙ
amico
GESÙ
unione con...
VIRTÙ
fede
PREGHIERA vita interiore
MI82,2[01-08-1966]
2.La nostra fede è troppo spesso solo uno sforzo di adesione della mente a verità più o meno astratte, mentre noi dimentichiamo che essa si rivolge a un Uomo-Dio più vivente e più presente che il più vicino dei nostri fratelli”. Molto spesso noi parliamo di un Dio studiato nei libri, di un Dio che è lontano da noi. Questo pensiero lo abbiamo svolto ripetutamente nelle meditazioni e nelle letture spirituali, ma credo che forse non ci ha mai colpito profondamente perché se ci avesse colpito profondamente, forse saremmo già santi. Non possiamo pensare di studiare Dio per avere un Dio in cielo e non sentirlo come un Dio presente, altrimenti studiamo un Dio troppo lontano da noi. Prima di parlare di lui bisogna che ci sforziamo di metterci alla sua presenza. Quando, per esempio, prendiamo in mano la Sacra Scrittura, la Bibbia, e ci mettiamo a leggere l'Antico o il Nuovo Testamento, non possiamo leggere senza prima aver fatto un atto di presenza del Signore, senza prima dire: "Parla, Signore, io ti ascolto! Dimmi che cosa vuoi. Che cosa intendevi dirmi quando hai scritto queste cose, quando le hai suggerite, le hai ispirate agli scrittori santi, agli Apostoli?". E allora ti accorgerai che Dio ti dirà qualcosa, veramente qualcosa che va bene per te. Forse troppo spesso noi ci avviciniamo ai misteri di Dio senza la presenza di Dio, senza prima lo sforzo di metterci alla presenza del Signore. Questo è necessario anche prima della preghiera, prima della recita del Divino Ufficio per coloro che recitano il Divino Ufficio, prima della celebrazione della Santa Messa. Ma questo lo dovremmo fare specialmente nello studio di Dio, perché per conoscere Dio bisogna studiarlo. Ieri sera dicevamo che noi dobbiamo sforzarci di conoscere Dio, di amarlo e di fare la sua volontà: questa è la sostanza. Ma, per conoscerlo, bisogna studiarlo. E dove lo studieremo? Nei libri santi. Lo studiamo nei libri santi, in qualche buon libro, nell'Imitazione di Cristo, in qualche vita di santi. Ma non si può pensare di studiare Dio senza mettersi alla presenza di Dio, altrimenti avremo una cultura sul Signore, ma non una vita in unione con il Signore.VIRTÙ
fede
GESÙ
uomo
CONSACRAZIONE santo
DIO presenza di...
PAROLA DI DIO Sacra Scrittura
PREGHIERE prima di leggere la Parola di Dio
PREGHIERA
EUCARISTIA S.Messa
DOTI UMANE cultura
Cfr. Matteo 17,20.
MI82,3[01-08-1966]
3.“Se sappiamo leggere tra le righe del Vangelo ci dobbiamo davvero convincere che la mancanza di fede è proprio il difetto che più di tutti Gesù temeva nei suoi discepoli”. Fa un po' impressione sentire come Gesù raccomandasse insistentemente ai suoi discepoli di avere fede e di metterla alla base di tutto, tanto è vero che ad un dato momento dice: "Se aveste la fede grande come un granello di senape..." , se ne aveste soltanto un pizzichino così, voi fareste cose meravigliose, cose grandiose. Tante volte ho gridato: "Ci manca la fede!". La fede non è sentimentalismo. No! Io non ho la fede perché piango in chiesa, perché quando vado dinanzi al Signore sento qualche emozione particolare. No, non è questa la fede. Ma non illudiamoci di avere fede soltanto perché studiamo e diciamo: "Sì, questo è vero!". Tra il sentimentalismo e la conoscenza intellettuale di Dio c'è la vera fede: l’adesione a un Dio presente, non a un Dio trascendente; l’adesione a un Dio che è presente nella mia vita, continuamente presente, che mi ama, che mi conosce, che mi segue, che ha un piano su di me e che io devo seguire istante per istante. Scusate se insisto su queste verità che devono diventare vita della nostra vita, altrimenti è meglio che chiudiamo baracca e burattini nel vero senso della parola. Che cosa andremo a portare nel mondo se non avremo fede? 3. La fede è sempre legata all’amoreVIRTÙ
fede
PAROLA DI DIO Vangelo
PREGHIERA sentimentalismo
DOTI UMANE studio
DIO presenza di...
DIO amore di...
MONDO
APOSTOLO
L’inno alla carità occupa tutto il capitolo 13° della 1ª lettera ai Corinzi.
Il riferimento è al cieco nato guarito da Gesù, il cui episodio è narrato da Gv 9,1-41.
MI82,4[01-08-1966]
4.“Perciò è impossibile per noi concepire una fede senza amore, perché una fede senza amore non terminerebbe alla persona di Gesù. In un atto di fede vera è tutta la nostra vita che noi doniamo a Gesù”. San Paolo insiste dicendo: "Se io avessi anche... e non avessi la carità...". Non possiamo disgiungere l'atto di fede dall'atto di amore. Noi preghiamo dicendo: "Mio Dio, io credo, credo", ma immediatamente aggiungiamo: "...adoro, spero e amo". Non ci si può fermare alla parola: "Mio Dio, io credo". La vera fede ti fa prostrare: "Dimmi chi è...", ed ecco il guarito che si prostra ai piedi del Signore. Se io veramente credo che nel tabernacolo c'è Lui, dal mio cuore deve immediatamente uscire un atto di amore verso di Lui e immediatamente devo sentire il bisogno di donarmi a Lui. Fede, carità, donazione devono susseguirsi, ma devono essere pregni l'una dell'altra, quasi fondersi. 4. La fede si alimenta nella meditazione del VangeloDIO amore a Dio
VIRTÙ
fede
EUCARISTIA tabernacolo
CARITÀ
MI82,5[01-08-1966]
5.“Uomini di Galilea! Perché state qui a guardare verso il cielo? Quello stesso Gesù che vi è stato tolto ed è salito al cielo ritornerà nello stesso modo che voi l'avete visto salire al cielo” (Atti 1,21). “La nostra fede è un camminare avanti incontro al nostro Salvatore. Non possiamo considerare i luoghi dove visse Gesù come testimoni di cose passate, come un archeologo che si sforza di rendere vivo ciò che in realtà è già morto. Non vi sono più barche sul lago, non più pescatori che escono la notte a gettare le loro reti. Un peschereccio tutto di ferro fa la pesca industriale. Delle jeeps solcano le piste nelle vicinanze di Cafarnao, nella "Patria di Gesù", perché c'è una frontiera fra uomini che si battono. Rottami di cemento armato, fili di ferro spinati insudiciano i pendii erbosi. Tutta una vita ardente protesa verso l'avvenire fa sparire le tracce del passato: villaggi d'immigrazione allineano i loro tetti di lamiera luccicanti nel sole. Pompe di drenaggio succhiano, attraverso grossi tubi, l'acqua del lago per irrigare le colture scientifiche. L'avvenire degli uomini è qui, la loro attività cancellerà sempre più le tracce visibili del passaggio. Ed è bene che sia così! Le beatitudini non devono essere meditate soltanto sui pendii del deserto della collina dove risuonano per la prima volta, ma devono essere ardentemente ripensate e rivissute in mezzo a uomini, prigionieri e schiavi essi pure, a modo loro, di un lavoro tirannico; devono essere rivissute con lo sguardo volto in avanti, in mezzo ai piloni di ferro, fra le case coi tetti di lamiera ondulata, tra i pesanti camion sulle strade asfaltate, nei kibboutz a lavoro razionalizzato, il fragore delle macchine: poiché in mezzo a tutto ciò si nasconde, molto più che ai tempi del Signore, una immensa angoscia umana, la paura del domani di guerra e l'assillo di un nutrimento da trovare. Non dobbiamo condannare questo nuovo volto della Terra Santa. Dobbiamo accettare questo nuovo stato di cose, questa lezione senza la quale sarebbe ben vano rimpiangere gli orizzonti contemplati da Gesù. Egli è venuto sulla terra ed è morto per gli uomini: i Luoghi Santi devono ricondurci senza posa a questa realtà. Le Beatitudini e il Vangelo sono eterni e devono essere letti e intesi e vissuti come uscenti attualmente dalla bocca di un Cristo vivente, di un Cristo che predica oggi sulle nostre pubbliche piazze, perché Egli è l'eterno vivente, per gli uomini d'oggi, per quelli di domani, come per i Galilei del primo secolo: perché Egli non è "il Dio dei morti, ma dei viventi" (Mt 22,32).VIRTÙ
fede
Don Pietro Martinello era già sacerdote e si stava preparando per partire con la prima Comunità destinata al Chaco (Argentina).
Il testo registrato si interrompe improvvisamente per cui la meditazione resta sospesa ed incompiuta.
MI82,6[01-08-1966]
6.Dalla nostra fede deve perciò germogliare una grande speranza protesa verso il Signore che viene. "Uomini di Galilea! Che state qui a guardare verso il cielo? Quello stesso Gesù che vi è stato tolto ed è salito al cielo ritornerà nello stesso modo che voi l'avete visto salire al cielo"”. Andando nei vari posti dove il Signore domani ci invierà, voi dovete preparare gli uomini all'arrivo di Lui. Se, per esempio, il nostro caro don Pietro sapesse che dopo due anni che si trova nel Chaco il Santo Padre andrà a fargli visita, occuperebbe con i suoi carissimi confratelli due anni a preparare la gente per l'arrivo del Santo Padre: cercherebbe in tutti i modi e in tutte le forme di preparare i bambini, i vecchi, le mamme, l'ambiente... Perché? Deve arrivare il Papa! Ebbene, guardate che Egli verrà, Egli tornerà. Il nostro lavoro dev'essere questo: una preparazione di noi e degli altri all'arrivo di Lui che tornerà per giudicare gli individui e il suo popolo. 2 agosto 1966VIRTÙ
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APOSTOLO missione
PASTORALE
ESEMPI apostolo