Il riferimento potrebbe essere ad Adriano Vigolo, studente allora del corso teologico, o ad Adriano Conocarpo, studente del corso per ragionieri.
MI348,1 [30-04-1971]
1 LA MIA VITA È FINE O MEZZO?È mezzo: serve per il fine che è l’eternità.Se credo che il fine è l’eternità, devo vivere per lo spirito, posporre la carne, per dare tutte le mie cure allo spirito.Alla vita devo dare quel tanto che le serve per durare e servire lo spirito nella sua conquista.Quando prendo cibo, se so che una pietanza mi è nociva, non la devo prendere anche se è appetitosa al gusto.Così nella vita: dovendo servire la vita allo spirito, saranno necessari:Continenza della carne in tutti i suoi appetiti, in tutti.Continenza della mente in tutti i suoi desideri, in tutti.Continenza del cuore in tutte le passioni che sanno di umano.Illimitato invece sia lo slancio verso le passioni che sono del Cielo:¤ amore di Dio e del prossimo.¤ volontà di servire Dio e prossimo.¤ ubbidienza alla parola divina ed eroismo nel bene e nelle virtù.Ci riallacciamo un po' all'ultima meditazione.Nel salire le scale uno dei confratelli mi ha domandato: «Di quale argomento parlerà questa mattina?». Gli ho risposto: «Continueremo l'ultima meditazione». Immediatamente è balzato fuori Adriano esclamando: «Allora siamo ancora in estate». Appunto!NOVISSIMI eternità
Don Ottorino precisa, richiamando l’immagine delle stagioni della vita spirituale sviluppata nella meditazione precedente, che non si tratta dell’infanzia spirituale di cui parla Santa Teresa del Bambin Gesù, segno di una vita spirituale profonda e frutto di tante fatiche
Don Girolamo Venco era all’epoca responsabile generale della legatoria della Casa dell’Immacolata
Don Ottorino descrive il processo di rilegatura dei libri, il cui lavoro era iniziato nella Casa dell’Immacolata da circa due anni, passando attraverso macchine successive: i pacchi di fogli stampati venivano messi in squadra dalla pareggiatrice, chiamata in gergo “ballerina” per le sue vibrazioni, poi tagliati con il tagliacarte e passati nella piegatrice, dalla quale uscivano i fascicoli messi insieme dalla raccoglitrice e legati tra loro dalla cucitrice fino a formare il libro che, fornito di copertina dalla brossuratrice e infine rifilato dalla trilaterale, usciva completo.
I Padri Paolini a Vicenza non avevano ancora una raccoglitrice moderna, per cui i fascicoli dei libri venivano raccolti a mano dai ragazzi.
MI348,2 [30-04-1971]
2 L'ultima volta abbiamo parlato delle stagioni: primavera, estate, autunno, e abbiamo visto che non si passa dalla primavera all'autunno, cioè dai fiori ai frutti, scavalcando l'estate, la stagione che porta con sé venti, temporali e... lavoro, lavoro, lavoro... fatica, fatica, fatica e momenti di trepidazione, certamente tanta fatica e tanto lavoro.Non possiamo passare dall'infanzia spirituale non quella che si raggiunge con tanta fatica, cioè dagli inizi di una vita spirituale, ad una sua maturazione senza fatica, senza trepidazione, senza temporali e tempeste: è impossibile.Per avere la forza - ecco il punto al quale mi riallaccio - di vincere la fatica dell'estate, cioè di sostenere il suo peso, bisogna prima mettere in chiaro una verità che ritengo la chiave di tutto, e cioè: «FORMAZIONE
ESEMPI vari
PROVVIDENZA
Nell’esempio don Ottorino nomina Franco Faggian, che all’epoca stava frequentando l’istituto magistrale, responsabile della piegatrice in legatoria, mentre subito dopo nomina Gabriele Stella, che stava completando il corso liceale, responsabile della taglierina.
Don Venanzio Gasparoni era all’epoca l’incaricato vocazionale, e per questo doveva usare frequentemente la sua auto.
Don Ottorino ricorda un detto molto diffuso fra il popolo per significare l’invito a qualcosa di migliore dell’abituale.
MI348,3 [30-04-1971]
3 Qualcosa di simile c'è anche nella mia vita. Essa è un dono di Dio, meraviglioso, e su questa terra ci sono cose belle, bellissime, che il Signore mi ha dato e di cui devo godere con gioia, però in vista del dove voglio arrivare. In altre parole la mia vita è mezzo, non fine; serve per il fine, che è l'eternità.È forse male, per esempio, che tu, Faggian, trovandoti a lavorare alla piegatrice, supposto che essa funzioni bene per una giornata e che la carta sia stata tagliata esattamente, ti diverta, anche, a piegare la carta, che goda nel vedere che la macchina funziona a meraviglia? È male, per esempio, per Gabriele, addetto all'uso de! tagliacarte, godere che funzioni bene, anche perché la carta da tagliare è abbastanza buona? Chi dice che è male? Anzi! O forse dovrebbe rimpiangere il tagliacarte vecchio e preferirlo al nuovo? No, eh! È male, per esempio, che la cucitrice, una volta tanto, funzioni bene per cui chi è lì a cucire e si sacrifica, veda che è una macchina buona e che funziona bene? Se un domani arrivasse un tagliacarte nuovo, un trilaterale nuovo, e gli addetti ne godessero e dicessero in cuor loro: «Non vedo l'ora di andare in laboratorio, pensando che c'è il tagliacarte nuovo, per poterlo provare»? Sono convinto che, se per ipotesi ne arrivasse uno di nuovo di sera, coloro che sono addetti al suo uso, per quanto è possibile, vorrebbero provarlo e poi esclamerebbero in cuor loro: «Mentre prima andare a lavorare mi faceva sentire addosso tutti i malanni, adesso mi sento contento perché è un'altra cosa».Sarebbe male se domani a don Venanzio, in sostituzione della sua fuoriserie, donassero un'automobile nuova? Sì, adesso porta la sua alle stelle perché non ne ha di meglio, ma sono convinto che se domani avesse una buona macchina nuova si sacrificherebbe come quel frate che diceva: «Facciamo il sacrificio di non mangiar cipolla e di mangiar cappone». Facciamo il sacrificio quest'oggi, vero, facciamo così!Amici miei, l'uso di queste cose, fatto con gioia, anzi con godimento, - se qualche volta mancano, pazienza: se ne offre il sacrificio al Signore - è nell'ordine della provvidenza di Dio. Però, un momento: qual è il fine? Se il fine è il libro, io non mi metto ad adorare la raccoglitrice o il tagliacarte; il mio discorso non deve vertere solo sul tagliacarte, pur parlando anche di esso, ma sulla catena, sul lavoro che stiamo compiendo.NOVISSIMI eternità
PENITENZA sacrificio
Don Ottorino ironizza sulla cura esagerata della macchina, considerata in se stessa e non in vista del lavoro che deve svolgere per il fine da raggiungere, e prevede sonore bastonate per il povero Franco Faggian che si perde attorno ad essa.
Come non è sufficiente che la macchina sia lucida, ma deve produrre qualche cosa, così la vita del consacrato deve avere uno scopo, che bisogna raggiungere e trasmettere anche agli altri.
MI348,4 [30-04-1971]
4 Il mio fine di uomo e di cristiano è l'eternità.Tante volte noi condanniamo nel mondo gli uomini che si perdono dietro al tagliacarte, che accendono candele al tagliacarte e rompono la catena di lavoro. Se tu, Franco, ti mettessi lì attorno alla tua piegatrice, la ammirassi dicendo: «Ma guarda che bella!», la lustrassi e la rilustrassi e continuassi per uno, due, tre giorni a lustrarla, a un dato momento lustrerebbero te. Ti direbbero: «Sì, bellissima la piegatrice: ti rimproveriamo se non le dai olio, se non la tieni pulita, ma altrettanto ti rimproveriamo se tutto il giorno non fai che lustrarla e non ci prepari carta piegata». Io, da papà, ti rimprovero se vai vestito male, spettinato, malmesso, con i piedi che puzzano, se non sei educato, ma altrettanto ti rimprovero se tutto il giorno rimani a lucidarti. Chiaro? Devi anche produrre qualcosa, devi piegare qualcosa: prima te stesso e poi gli altri. Abbiamo messo in chiaro questo punto, che è un po' la chiave di tutto il nostro comportamento. Se lo abbiamo capito e poniamo la nostra vita su questa linea, allora non c'è niente da cambiare di essa. Devi suonare? Suona! Devi cantare? Canta! Devi fare una gita? Falla! Però devi essere come uno che fa pulizia al suo laboratorio ed ha la gioia di renderlo bello, o come chi fa bella la sua macchina, ma importante è il fine e verso quello io sono diretto.CHIESA cristianesimo
Il diac. Vinicio Picco era addetto alla manutenzione generale della legatoria e quindi interessato che ogni macchina fosse usata con criterio e trattata con cura.
MI348,5 [30-04-1971]
5 E allora facciamo un passo avanti nel nostro argomento.«Se credo che il fine è l'eternità, devo vivere per lo spirito, posporre la carne per dare tutte le mie cure allo spirito».Se credo che devo vivere per l'eternità, allora devo avere un fine solo: l'eternità, e devo dedicare - e qui ho sottolineato le due parole «cure» e «tutte» - tutte le mie cure allo spirito, all'eternità. Il dedicare tutte le mie cure all'eternità non esclude che io debba curarmi anche del corpo, cioè della vita presente, perché, a un dato momento, sembrerebbe che io dicessi: «Beh, metto tutte le mie cure per l'eternità e trascuro la vita presente». No! Infatti, quando cerco con tutto il mio impegno che il libro risulti rilegato bene, ciò include che io devo anche adoperarmi perché le macchine funzionino bene, siano ben curate e trattate, non è vero, Vinicio , che la cucitrice sia usata bene, altrimenti c'è il pericolo che si fermi tutto il lavoro. Perciò quando dico: «Devo mettere tutte le mie cure perché la rilegatura dei libri riesca bene e se ne producano tanti», ciò include già un po' di tempo da perdere - che però non è perduto! - per dar olio alla macchina e per pulirla. Avete capito?Quando dico: «Devo mettere tutte le mie cure per l'eternità», intendo che devo fare anche ricreazione, perché quello è tempo dedicato ad oliare la macchina; allora cerco di cantare, di stare allegro, perché anche quello fa parte della lubrificazione della macchina; ma non è la stessa cosa che io impieghi un quarto d'ora o dieci ore per oliare e dieci minuti per lavorare. Non so se ho reso il pensiero. Perciò ripeto le parole dette prima, che ho pesato e ripesato qui in chiesa giorni fa: «NOVISSIMI eternità
Don Ottorino porta l’esempio ad una esagerazione quasi ridicola per sottolineare l’importanza del fine che deve illuminare ogni scelta e ogni azione.
Don Matteo Pinton era all’epoca insegnante di filosofia nella Casa dell’Immacolata e nel seminario diocesano.
Il riferimento è a Giovanni Sarzo, che don Ottorino chiama scherzosamente dottore perché era entrato nella Casa dell’Immacolata abbandonando la professione di infermiere.
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6 Dunque devo, non posso, dare alla mia vita il riposo necessario, devo dare la ricreazione necessaria, devo dare il cibo necessario, devo dare l'istruzione necessaria, devo dare anche un'apertura, devo... devo... ma quel tanto che è necessario allo spirito. Ci vuole una proporzione. Continuando l'esempio della macchina: io devo curarla quel tanto che è necessario, perché è inutile che io mi metta a... indorarla. Se, adesso, Vinicio tenesse ferma la legatoria per un mese perché vuole dorare tutti i pezzi della cucitrice sostenendo che così è più bella, verrebbe da dire: «Poverino, si vede che a una certa età l'arteriosclerosi comincia a colpire!». E lui insiste: «Bisogna dorare tutti i pezzi della cucitrice... Mi pare che così sarebbe molto più bella». Certo che sarebbe più bella; meglio ancora se tu mettessi delle perle preziose da un milione l'una a tutte le manovelle! Ma chi entra direbbe: «Quello è matto! Le perle preziose sulle manovelle! Piuttosto prenditi una fidanzata e metti le perle attorno al suo anello!».Passiamo ancora un po' più avanti, portando un esempio materiale. Quando io scelgo un cibo, non devo prendere soltanto quello che mi piace, che io appetisco, che il gusto richiede, ma anche quello che posso digerire. Non è sufficiente poter dire: «È buono!», o seguire il giudizio comune: «Prenda: è buono, fa bene!», ma essere prudenti perché, se hai un certo disturbo, può essere veleno per te, anche se è un cibo che comunemente fa bene.Ci sono cibi, che sono un veleno per tutti. Per esempio, se regolarmente tutti quelli della Casa dell'Immacolata prendessero ogni sera una scodella di grappa, io penso che anche don Matteo si metterebbe a cantare di notte. Prenderne un bicchierino non fa male, però se uno si mettesse a bere scodelle di grappa ogni sera, capite che di qui a qualche mese, - non è vero dottor Gianni? - dopo qualche mese sarebbe un disastro, un vero e proprio disastro. La grappa in sé è un dono di Dio, un bicchiere di vino è un dono di Dio, ma un loro abuso farebbe male a tutti. Perciò ci sono cibi che fanno male a tutti.DOTI UMANE
CREATO corpo
ESEMPI criterio
DOTI UMANE criterio
VIRTÙ
prudenza
L’edificio più antico del seminario vescovile di Vicenza è strutturato in modo da racchiudere quattro spazi quadrati a forma di chiostro, attorno ai quali girano dei corridoi. Uno di questi era il corridoio della Madonna perché in mezzo a quel chiostro si erge una statua della Vergine.
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7 Ci sono poi cibi che sono nocivi soltanto a qualcuno. Se io bevessi qualche bicchierino di grappa, vi assicuro che si creerebbe in me tale reazione che ci rimetterei la digestione per qualche giorno. Perché? Perché non riesco assolutamente a tollerare il liquore e i più anziani lo sanno: mi crea una reazione e per me è veleno. Il suo sapore? Può anche essermi piacevole, ma non posso prendere liquori perché per me sono veleno. Per qualcun altro potrebbe essere veleno mangiare fagioli o carne o che so io: ognuno ha il suo punto debole, per cui mentre ci sono dei cibi nocivi per tutti, alcuni possono essere buoni, ma l’abuso li trasforma in veleno.Ci sono infine cibi che nuocciono a tutti, come, per esempio, quelli guasti. È capitato un anno, in seminario, che abbiamo mangiato delle sardine un po' avariate. Mentre eravamo in chiesa un seminarista si è sentito male, poi un altro e un altro ancora, e alla fine erano centocinquantatré i ragazzi svenuti da una parte o dall’altra. Era una situazione pazzesca: erano più di centocinquanta i giovani che, presi dall'affanno, vomitavano. Aveste visto che spettacolo! Uno cadde in chiesa, subito dopo pranzo, durante la preghiera. «Che cosa è successo?», ci si chiedeva. Poi cadde un altro, e un altro ancora, e tutti venivano portati fuori. Dopo iniziò anche il contagio psicologico, per cui portandone fuori una decina continuavano a cadere uno dopo l’altro. Tutto il corridoio della Madonna era pieno di ragazzi che rigettavano. Si chiamò d'urgenza il medico. La causa era stato un cibo guasto che fece male a tutti.Dunque, i cibi guasti fanno male a tutti, come pure l'abuso di qualsiasi cibo; altri, pur non essendo guasti, anche se usati senza esagerazione, fanno male a qualcuno in particolare. Questo riguardo al corpo.Lo stesso vale anche per lo spirito. Se io sono diretto all'eternità e la mia cura dev'essere in funzione dell'eternità, io devo per forza mangiare: devo nutrire la mia vita, come ho detto prima, darle una sana ricreazione, favorire un sano sviluppo. Però ci sono dei cibi, anche spirituali, che fanno male a tutti, e io li devo evitare, perché certe cose non me le posso permettere. «Ma... adesso prendono tutti quel cibo!». Che importa a me che lo prendano tutti? Se tutti si avvelenano, devo avvelenarmi anch'io? Sarebbe come dire: «Adesso, nel mondo, tutti bevono una scodella di grappa ogni mattina; allora me la bevo anch'io». Scusami: se tutti vogliono rovinarsi la salute, vuoi rovinartela anche tu?A un dato momento comincia la passione per la televisione, e... allarga, allarga, allarga la manica, finché diviene un po' troppo larga: «Eh, tutti vedono... Non posso vedere anch'io?».ESEMPI criterio
AUTOBIOGRAFIA seminario
Don Ottorino si riferisce a cibi forti e pesanti, buoni per persone dedite a lavori duri, non adatti però per stomaci delicati, come quello di don Matteo Pinton nominato subito dopo.
MI348,8 [30-04-1971]
8 A un dato momento bisogna saper dire: «No, questo non è bene; non c'è motivo che lo guardi». «Tutti leggono certi libri e allora posso leggerli anch'io». «Piano! In sé non ti pare che siano nocivi?». «Sì, certo, in sé sono d'accordo che in sé sono nocivi, ma...». Allora, niente!Io posso incominciare con bicchierini e finire alcoolizzato. Quante volte si vedono uomini, poveretti, mezzo scemi, mezzo stupidi! «Cosa vuoi, si è rovinato con l'alcool... si è avvelenato con i liquori».Si può piano piano avvelenarsi con certe cose, con certe idee, con certi libri, con certe riviste, con certi spettacoli, con cose del mondo che sono per il mondo, ma non più per noi. Perché, vedete, amici, c'è un cibo che può esser adatto alla gente di campagna, gente che può mangiare alla mattina polenta e aringa affumicata e buttar giù una scodella di clinto, ma se don Matteo cominciasse a fare ogni mattina così, a un dato momento dovremmo suonare la marcia funebre. Per forza! Ci sono degli stomaci di ferro, ma in chi conduce una vita diversa!Perciò ci sono cose che sono fatte per la gente del mondo, ma non lo sono più per le persone consacrate: per queste c'è un altro genere di cibo. Noi abbiamo una vita diversa. A volte qualcuno dice: «Ma dobbiamo conoscere, perché altrimenti...». Questa è una stupidaggine, scusate! Sarebbe come se si dicesse: «Io devo conoscere quello che mangia la gente, perché così mangio anch'io». E dopo crepi! Tu fai un'altra vita, una vita sedentaria, e non puoi, non riesci a digerire come chi si alza presto la mattina e va in mezzo al campo e zappa e dopo vi torna un'altra volta: lui, dentro lo stomaco, ha una macina da mulino diversa dalla tua.Anche nel campo spirituale ci sono cibi, vale a dire cose, che non sono più per noi che ci siamo offerti al Signore.DOTI UMANE televisione
VIRTÙ
prudenza
ESEMPI criterio
MONDO
CONSACRAZIONE offerta totale
Mons. Luigi Volpato fu il padre spirituale per tutto il tempo che il giovane Ottorino rimase in seminario.
È evidente che nel linguaggio di don Ottorino la fidanzata per il consacrato è Gesù Cristo.
Don Ottorino si rivolge evidentemente a coloro che erano entrati nella Casa dell’Immacolata come vocazioni adulte, i quali conoscevano bene le abitudini dei giovani a questo proposito.
MI348,9 [30-04-1971]
9 Mons. Volpato , quando eravamo ancora seminaristi, ci raccomandava: «Ora tornerete a casa per le vacanze, ma ricordatevi bene: i vostri compagni non sono più vostri compagni; voi sarete loro amici e nessuno deve accorgersi della differenza, ma fissatelo bene nella vostra mente, non siete diretti sulla loro stessa strada. Un vostro compagno di sedici o diciassette anni può parlare di ragazze, può fare i suoi sogni e dire: “Domani, quando mi sposerò... io un domani...", ma voi non lo potete fare se volete proseguire per questa strada. In caso contrario state a casa e proseguite per un'altra strada».Perciò le letture dei vostri compagni, gli spettacoli dei vostri compagni, le compagnie che i vostri compagni frequentano, non sono più per voi se volete essere dei consacrati al Signore. Loro stanno cercandosi la fidanzata, voi no: voi l'avete già scelta la vostra fidanzata. Un ragazzo che avesse la fidanzata, se vogliamo parlarci chiaro, non va in giro con una compagnia mista senza la sua fidanzata, altrimenti lei si sentirebbe offesa. Perché? Perché lui l'ha già scelta come fidanzata e perciò deve dire «Vado, se vieni anche tu; altrimenti rinuncio». E lei: «Se mi permetti che venga anch'io con te bene, altrimenti no!», perché non gradisce che lui se ne vada in giro senza di lei. Non so se l'abitudine del mondo sia questa, ma penso sia così. Che ne dite voi che venite dal mondo? Quali conseguenze derivano da queste premesse? Amici, continuiamo la lettura.«Così nella vita dovendo servire la vita allo spirito, saranno necessari:AUTOBIOGRAFIA seminario
CONSACRAZIONE offerta totale
DOTI UMANE coerenza
D. ALIGHIERI, La divina commedia, Inferno, canto I, v. 99. Il poeta vede nella lupa il simbolo dell’avidità, in particolare dell’avarizia, mentre don Ottorino sottolinea la cupidigia in genere e l’incontinenza.
Termine per dire “mal di fegato”.
Il detto latino significa: “Attraverso le asprezze si giunge alle altezze”. Don Ottorino, però, corregge l’interpretazione rigida e dice che la vita non è tutta rinuncia, ma porta in sé delle gioie che devono essere accolte con semplicità e riconoscenza, perché siano secondo la volontà di Dio.
MI348,10 [30-04-1971]
10 a) «Continenza della carne in tutti i suoi appetiti, in tutti».Se io vivo per l'eternità, se la vita deve servire allo spirito e per l'eternità, bisogna che io abbia il controllo della carne in tutti i suoi appetiti, e ho sottolineato due volte «in tutti» . Dunque: «VIRTÙ
temperanza
FORMAZIONE
DOTI UMANE coerenza
ESEMPI continenza
FAMIGLIA
CREATO
CREATO corpo
NOVISSIMI paradiso
Nel testo registrato don Ottorino usa l’espressione latina: “Omnia mea mecum porto”, che significa: “Tutto ciò che ho, lo porto con me”.
Don Ottorino coinvolge nell’esempio Mariano Bregolato, collaboratore laico incaricato della manutenzione generale dell’Istituto San Gaetano e della Casa dell’Immacolata, e l’assistente Luciano Franceschi della Comunità dell’Istituto San Gaetano, oltre al diacono Vinicio Picco che è il responsabile principale di tanta baraonda.
Don Ottorino porta un esempio inverosimile ed esagera volutamente le proporzioni per sottolineare l’insensatezza di chi perde tutto il tempo per approntare cose accessorie, non necessarie, e dimentica lo scopo.
MI348,11 [30-04-1971]
11 Ecco allora la prima cura: “VIRTÙ
temperanza
CONVERSIONE esame di coscienza
FORMAZIONE
PREGHIERA deserto
NOVISSIMI paradiso
ESEMPI vari
DOTI UMANE criterio
Giorgio Girolimetto, che allora frequentava l’ultimo anno del corso teologico, aveva studiato filosofia all’Università Gregoriana di Roma insieme con don Matteo Pinton.
Battuta scherzosa in riferimento alla radicata e popolare devozione al Sacro Cuore di Gesù, praticata particolarmente nei primi venerdì di ogni mese.
MI348,12 [30-04-1971]
12 Eppure, se esaminiamo bene qualcuno che è diretto sulla via del sacerdozio, notiamo che è preoccupato di prepararsi un piano inclinato per salire sul tetto con camion e rimorchio e piantare, lassù, un'officina, mentre gli interesserebbero specialmente il saldatore, lo stagno e una buona corda per l’eventualità che potesse scivolare. Se gli interessa, potrebbe portarsi su anche un sigaro, un panino, un fiaschetto di Frascati, ma solamente il puro necessario; porti anche una lima per l’eventualità che fosse necessario fare una limatina, un saldatore di scorta, tutto quello che prevede possa essergli necessario, anche un ombrello se per caso piovesse, ma più di questo no, e tanto meno una casa prefabbricata. I nostri desideri devono essere selezionati in vista del lavoro che dobbiamo compiere. Tutto qui.Riepilogando: io ho una missione da compiere; la mia vita è mezzo, non fine, e se è mezzo che mi dirige all'eternità, devo selezionare tutti i miei pensieri, prepararli e indirizzarli a quel fine.Mi dispiace che, stamattina, il tempo a nostra disposizione sia volato. Pazienza! Tuttavia vorrei finire e chiedere altri due o tre minuti.c) «Continenza del cuore in tutte le passioni che sanno di umano».Qui si potrebbe ripetere il discorso di prima.«Continenza del cuore in tutte le passioni che sanno di umano».Voi capite che le passioni in sé sono come un fuoco, il quale in sé non è cattivo. Guai se in noi non ci fossero delle passioni! Non voglio spingermi oltre con il ragionamento, altrimenti Giorgio e compagni, professori di filosofia, potrebbero obiettarmi: «No, è sbagliato per questo e quest’altro motivo». Comunque le passioni sono in sé buone, ma quando sanno troppo di umano diventano pericolose.L'amore è un dovere; il Signore vuole che ci vogliamo bene, ma se facciamo un passo di più sarebbe pericoloso. Questo benedetto cuore! Guai se non lo avessimo! Non avremmo neanche il Sacro Cuore di Gesù! Sarebbe un disastro. Cosa faremmo il primo venerdì del mese? Se non avessimo il cuore saremmo privi dell'amore, dell'affetto, perché il cuore è simbolo dell'amore, simbolo della carità. Dio ha amato gli uomini: guardate che atto di amore! Osservate, poi, i santi, la nostra buona mamma la Madonna! Però, però, se questo nostro cuore non viene divinizzato, se non viene regolato, se si ingolfa, diventa pericoloso.SACERDOZIO prete
ESEMPI discernimento
FORMAZIONE
PECCATO passioni
DIO amore di...
DIO cuore di...
DIO bontà
di...
DIO amore a Dio
CARITÀ
Il riferimento è a Giovanni Battista Battilana, all’epoca nell’anno del noviziato.
Eugenio Grassetto, proprietario di una grossa impresa edile di Padova, aveva una grande passione per i cavalli, tanto da organizzare e mantenere una sua scuderia. Alle dipendenze della sua famiglia aveva lavorato don Zeno Daniele prima di entrare in Congregazione.
MI348,13 [30-04-1971]
13 Andiamo avanti con la meditazione. Finora abbiamo parlato delle tre continenze: della carne, dei pensieri, del cuore. Ora parliamo di un aspetto positivo. Per parlarne adeguatamente bisognerebbe fare un volo pindarico: occorrerebbe un santo per farlo. Eventualmente qualcuno di voi, per esempio, Battista o qualche altro potrebbe farlo in altre circostanze.d)VIRTÙ
ESEMPI vari
FORMAZIONE
VIRTÙ
dominio di sé
CARITÀ
amore al prossimo
DIO amore di...
DIO cuore di...
MI348,14 [30-04-1971]
14 «Volontà di servire Dio e il prossimo».Ecco l'amore positivo: il desiderio di servire Dio, di fare quello che vuole Dio, di fare la volontà di Dio.E di servire il prossimo, cioè, se fosse necessario andare a piedi fin sulla luna, se fosse possibile, pur di salvare un'anima, essere pronti.Ecco qui: desiderio ardente di servire Dio, ecco l'amore, Dio e il prossimo.VOLONTÀ
di DIO
CARITÀ
amore al prossimo
DIO amore a Dio
NOVISSIMI eternità