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PER UN POSTCONCILIO EFFICACE: UN MOVIMENTO COMUNITARIO NELLA CHIESA

MI49 [29-12-1965]

29 dicembre 1965

Don Ottorino si serve anche per questa meditazione, come per la precedente, del libro di P. RICCARDO LOMBARDI, Per un postconcilio efficace, Ritiro ai Padri Conciliari dall’8 all’11 novembre 1965. La citazione posta in corsivo, come tutte le seguenti, è tratta dal n. 3 della prima meditazione, che porta come titolo “Un movimento comunitario nella Chiesa”, pagg. 16-18.

Don Ottorino, secondo il suo stile, nomina nel suo esempio don Luigi Meceneto, che all’epoca era il direttore dell’Istituto San Gaetano di Asiago (VI), e l’assistente Giuseppe Beccaro che era uno degli incaricati per l’assistenza dei giovani ivi accolti, insieme con Livio Adessa, Lino Ceolato, Giuliano Grazian e Vittoriano Rossato.

Don Ottorino invita al dialogo dopo la lettura e il commento della prima frase, ma riprende subito la lettura del testo seguente.

MI49,1 [29-12-1965]

1.Continuiamo con la lettura del libro di padre Lombardi.
“Padri, il grande problema è cambiare l'ambiente comunitario di questa generazione. Lo immagino benissimo. Davanti a questa frase, in molti di voi è sorta subito la risposta: "Già, già, s'intende: facilissimo dirlo!". Questo è il punto che dobbiamo affrontare”. Ci siamo proposti anche noi questo piano di lavoro, cioè richiamare l’umanità a sentirsi una grande famiglia. Don Luigi Mecenero esclama: "Ah, già, bella roba, facile dirlo! Vorrei che fosse lei qui ad Asiago con i quattro manigoldi di assistenti che io ho". E Giuseppe risponde: "È facile dirlo! Con quel direttore che mi ha dato, che mi ha mandato quassù...". È aperto il dialogo. “Questo è il punto che dobbiamo affrontare. Questo è il punto su cui, provvidenzialmente guidati dallo Spirito Santo, vi siete concentrati nel Concilio. Creare nella realtà la coscienza che siamo il Popolo di Dio nel mondo. Creare una coscienza morale che sia sensibile al nostro influsso nel mondo, sensibile al modo con cui noi cristianizziamo l'ambiente. La figura del cattolico praticante come oggi l'abbiamo accettata è qualcosa di meschino: cinque comunisti in una fabbrica pesano e il dirigente ci pensa prima di toccarli; cinquanta operai cattolici praticanti nella stessa fabbrica non pesano quasi niente, perché sono nella realtà individui separati”. Questo è un punto sul quale anche padre Lombardi insiste, perché, effettivamente, corrisponde alla realtà concreta. Consideriamo, ad esempio, la questione del cinema, dei giornali, della televisione, degli spettacoli in Italia: quanti cattolici ci sono in questi ambiti e che cosa è successo? Se in essi entrassero i comunisti, vedreste che cosa farebbero! Questo è un problema che risale a trenta o quaranta anni fa quando il cinema era ai primi albori, quando noi cattolici avremmo potuto influire cristianamente. Allora nelle parrocchie c'era la sala parrocchiale, c'era una certa forza... Se i comunisti danno un ordine di non andare in un certo luogo, nessuno va; se lo dai ai cristiani, ci vanno apposta perché è proibito. “Venerabili Padri, se la diagnosi che abbiamo fatta è vera, e lo giudicherete voi, credo che diventa fatale la ricerca di un rimedio fondamentale: darci con tutte le forze a creare la realtà della comunità cristiana”.

CONGREGAZIONE missione

COMUNITÀ

fraternità

CHIESA cristianesimo

MONDO comunismo

Il riferimento è forse ad Antonio Pernigotto, che era entrato come vocazione adulta e che faceva parte del piccolo gruppo dei postulanti.

MI49,2 [29-12-1965]

2.A questo proposito non bisogna tanto scrivere articoli; qui si tratta di fare. Il nostro compito non è tanto di far girare articoli sui giornali perché già ce ne sono in abbondanza: si tratta di cominciare a fare la comunità cristiana. Bisogna dare testimonianza con i fatti più che con le parole, e possiamo farlo anzitutto tra noi: quando viene dentro un altro aspirante, inseriamolo subito nella comunità. Ieri sera sono andato da Antonio che mi ha detto: “Sono stato colpito perché i ragazzi si vogliono veramente bene”. Un domani, nella parrocchia, basta solo creare questo ambiente: questo è il nostro compito. Ci sarà chi ha il compito di andare in alto; noi invece partiamo dalla Chiesa, partiamo dal Papa, partiamo dal Concilio.
“Che il cattolico capisca, in verità, che non può essere cattolico se non vive la sua religione comunitariamente con tanti altri. È uno sforzo; voi avete tracciato le grandi linee, ma lo sforzo deve diventare adesso tutta una pastorale, tutta una teologia nei seminari, un'ascetica, una direzione spirituale; deve diventare la trasformazione delle coscienze, dei confessionali, dei predicatori, deve diventare quello che il Papa nell'Esortazione Apostolica del 4 novembre, ha detto a voi di procurare. Dobbiamo creare nel mondo la coscienza del Popolo di Dio. Dobbiamo introdurre nella coscienza di ciascuno questa dimensione come qualcosa di essenziale. E badate: l'esperienza mi dice - sono anni che vado predicando, più o meno, sempre questa stessa cosa - che è facilissimo capirlo, ma è anche facilissimo illudersi di praticarlo”.

APOSTOLO testimonianza

COMUNITÀ

COMUNITÀ

fraternità

PASTORALE parrocchia

Don Ottorino allude alla prassi di far annusare al gatto i propri escrementi per abituarlo a rispettare certi luoghi della casa.

Don Ottorino aggiunge a questo punto nel testo registrato: “Venerabili figli della Pia Società San Gaetano”.

Forse il riferimento è sempre ad Antonio Pernigotto, come precedentemente.

Don Ottorino si riferisce ai momenti di ricerca comunitaria dei pilastri della spiritualità della Congregazione, che si vivevano con intensa partecipazione specialmente nei ritiri natalizi e pasquali ad Asiago, lontani dagli ambienti legati agli impegni quotidiani dell’anno scolastico.

MI49,3 [29-12-1965]

3.È facile capire questa verità, ma praticarla è un'altra cosa. Ecco perché io ho detto: incominciamo a farla e farla fare. Infatti parlando a cento sacerdoti è facile essere d'accordo, ma dopo ognuno va a casa e continua a fare quello che faceva prima. Negli anni passati, ad esempio, si parlava a cento donne cattoliche che esclamavano: "Oh, che bella cosa!", ma dopo, andando a casa, continuavano a brontolare dell'una, dell'altra e di quest'altra. Dobbiamo cominciare concretamente, vorrei dire che dobbiamo fare come si fa con il gattino famoso : far loro toccare con il naso che questo non è cristianesimo. State facendo, ad esempio, la conferenza dell'Azione Cattolica raccomandando di evitare la critica. Dovete dire esplicitamente: "Che cos'è l'Azione Cattolica? Collaborazione del laicato con la gerarchia per salvare le anime. E la nostra è Azione Cattolica quando si bestemmia contro la carità, si fa cicaleccio di comari?".
“Avviene che dopo un ritiro fatto su tale argomento, avviciniate la coscienza del sacerdote e la trovate ancora a dibattersi prevalentemente in quelle piccole dimensioni, in cui l'aveva chiuso la sua formazione incompleta. Venerabili Padri, è un compito immenso che vi dà la Provvidenza. Voi siete gli eletti di Dio che dovranno trasformare questa generazione e, questa generazione si può salvare soltanto a questo prezzo: che creiamo una comunità mondiale dove si respiri Dio”. Antonio dice: “Ho trovato qualcosa: la carità”. Ditelo in altra forma: “Ho trovato che nella nostra casa si respira Dio? Tutte le cose sono viste sotto questo punto di vista. Tutte le discussioni che si fanno sono per cercare la volontà di Dio. Anche ieri, mentre si parlava, non si cercava di imporla, ma si cercava la verità insieme, si cercava la verità. Ad un dato momento, viste le difficoltà, ho invocato lo Spirito Santo e ho mandato uno in chiesa a pregare; agli altri ho detto di continuare finché non trovassero la verità, ed è uscita! “E allora? Allora io sono ottimista! In quest’atmosfera l'uomo di oggi è molto più pronto ad essere religioso che l'uomo del secolo passato, molto più disposto perché più umile, ed è più umile perché più fallito; siamo falliti con le nostre invenzioni, ci siamo uccisi con le nostre scoperte, siamo insoddisfatti con i nostri frigidaires. L'uomo umiliato...”.

SACERDOZIO prete

COMUNITÀ

Impegno di Vita

CHIESA cristianesimo

PECCATO mormorazione

CARITÀ

DIO presenza di...

VOLONTÀ

di DIO

COMUNITÀ

dialogo

CONGREGAZIONE spiritualità

Don Ottorino si rivolge a don Luigi Furlato, padre maestro dei novizi, e poi racconta un episodio della sua infanzia a Quinto Vicentino (VI).

Nella parlata veneta si aggiunge l’aggettivo “povero” al nome di una persona per indicare che è defunta.

Don Ottorino nomina l’assistente Giuseppe Beccaro, che faceva parte del gruppo addetto all’assistenza dei ragazzi dell’Istituto di Asiago (VI).

Il riferimento è ad Umberto Manzardo il quale, dopo un periodo alla Casa dell’Immacolata, aveva fatto il servizio militare nel corpo degli alpini con il grado di sergente; era quindi rientrato e, all’epoca, faceva parte del gruppo dei postulanti.

MI49,4 [29-12-1965]

4.Che differenza fra oggi e un tempo: adesso parlano di frigidaire! Impara, maestro!
Quando io ero piccolo, a Quinto c'era un frigidaire solo ed era fatto così: era una montagnola di mattoni chiamata la ghiacciaia. Quando l' hanno disfatta io frequentavo la prima o la seconda media in seminario. Era una montagnola con tanti mattoni, e l'hanno abbattuta per levare i mattoni e adoperarli per fare la diga. Eravamo signori una volta! C'era dunque questa montagnola di mattoni con sopra, al di fuori, uno strato di terra e c'erano delle piante tutto attorno in modo che i raggi del sole non la colpissero. Aveva un diametro esterno da là a qua, e forse anche di più; in mezzo aveva una porta verso la strada, e poi un'altra, cioè una doppia porta per isolare meglio. Durante l'inverno, quando nevicava, portavano dentro la neve, che poi diventava ghiaccio. Serviva allora per i malati, perché una volta si usava molto mettere una borsa refrigerante sulla testa quando c'era la febbre. E il macellaio andava a prendersi i pezzi di ghiaccio con il carrettino tirato dall'asino o dal cavallo e portava via il ghiaccio con la segatura - allora non c'era il polistirolo - e in mezzo alla segatura il ghiaccio si conservava. Quale sviluppo in questi trentacinque quarant’anni anni! È una cosa inconcepibile per uno che è vissuto fino ad ora e abbia più di cinquant'anni, per uno che guarda la situazione di quel tempo e quella d’oggi. Eppure l'uomo era più contento allora; nonostante tutto era più contento allora. Alla sera si andava in stalla e si raccontavano le storie, e una storia continuava per venti giorni. Non ci si accorgeva che nella stalla c'era puzza, e c'era un angolino riservato alle "bestie umane": nella stalla c'erano le bestie, ma le donne continuavano a lavorare, gli anziani raccontavano storie, e allora chi era più bravo a raccontare storie andava là. Le prediche della domenica erano oggetto di discussione nelle case, anche perché non c’erano altri argomenti. La domenica passava quello che vendeva 'Il Gazzettino' e allora dicevo al mio povero papà: "Papà, io vado a prenderti 'Il Gazzettino', tu prendimi il gelato!". Caro Giuseppe , si scherza... Ehi, Umberto , mio papà era sergente maggiore per meriti di guerra...; io e te siamo colleghi. “L'uomo umiliato dai suoi...”. Umiliato... Che situazione! Hanno scoperto la bomba atomica, e chi l'ha scoperta ha paura della bomba atomica. È tremendo, è una vera umiliazione fare una scoperta e dopo trepidare per la scoperta che tu hai fatto. “L'uomo umiliato dai suoi successi che non gli bastano, umiliato dalle sue bombe atomiche, umiliato dalla fame che non riesce a vincere, oggi è pronto ad essere di Dio. Oh, io non credo che la fine di questo secolo vedrà la Chiesa ridotta alle Catacombe, non lo credo per nulla. Ma la linea che stiamo seguendo ci porterebbe alla fine del secolo, quasi alla scomparsa dal mondo. Bisogna reagire con una nuova comunità di Dio.

AUTOBIOGRAFIA Quinto

MONDO progresso

Don Ottorino, nel testo, ripete quest’ultima frase.

Il riferimento è a Raffaele Testolin che stava facendo l’anno del noviziato dopo aver completato il corso ginnasiale.

Girolamo Venco era di alta statura, per cui don Ottorino lo immagina destinato ai Watussi, una tribù africana con una statura particolarmente alta.

MI49,5 [29-12-1965]

5.In questa direzione non può succedere cosa più grande di questo Concilio , e il Postconcilio di questo Concilio.
O Maria! Benedici questi Pastori. Ciascuno di loro rappresenta 200.000, 300.000 cattolici, forse milioni di anime”. Anche voi rappresentate milioni di anime, voi siete l'anello di una catena, come io sono con voi. Se un domani uno di voi va in America Latina e inizia un seminario, e forma altri Religiosi, e assumono una parrocchia e un’altra ancora, sapete quante anime voi rappresentate? Non c’è da scherzare! Ieri sera, mentre trattavamo quelle questioni, io ho detto: "Che cosa siete voi? Come singoli, cioè da soli, siete niente, ma in mano di Dio siete una potenza". Con questo volevo dire: "Siate consci della vostra miseria, ma siate consci anche della vostra grandezza e della responsabilità che ricade sulle vostre mani". Tu, Raffaele, sei ancora molto giovane, ma il Signore ti ha chiamato ad essere prete e ti aspetta già in un posto dove ci sono delle anime che ti attendono. Vi ho detto in altra circostanza, e scusate se lo ripeto, ma può far del bene quello che vi sto per dire: dalla seconda media, ogni mattina, nella comunione, io pregavo per le anime che il Signore mi avrebbe affidato, e mi era motivo di forza pensare a tutte le anime che io avrei potuto avvicinare; ho cominciato in seconda media a pregare per loro. Qualche volta si dice: "Non mi interessa quale sarà la destinazione". "È alto? Quello va per i Watussi - dice Venco -; quell'altro invece che è piccolo andrà per i pigmei". Non pensiamo a questo, non perdiamo la testa per niente. Il Signore mi ha fatto, mi ha chiamato per essere apostolo, certamente il Signore mi ha chiamato qui per andare a salvare le anime. E allora, Signore, quelle anime desidero: ecco, io cerco di prepararmi. Come la mamma, quando aspetta per essere mamma, prepara la culla, prepara i pannolini per la creatura, è tutta occupata nella preparazione, così voi dovete preparare voi stessi per quelle creature che verranno, che il Signore metterà nelle vostre mani. Saranno migliaia e migliaia, e saranno milioni se vogliamo proiettarci, perché qui dentro ci sono degli uomini che saranno chiamati, un domani, a impiantare e dirigere case di formazione, e allora, attraverso questi anelli, noi arriviamo a milioni di persone. Se accettassimo soltanto parrocchie non arriveremmo certo ai milioni, ma se lavoriamo facendo queste cose concrete arriviamo ai milioni. “Ciascuno di loro rappresenta... Dì a loro che le pagine, ispirate dallo Spirito Santo, che essi hanno scritto sul Popolo di Dio, sulla tua Chiesa, possano diventare vita. E voi beati se dopo questo Concilio, probabilmente il più grande dei Concili fino ad oggi, sarete quei Santi che il Papa, nell'Esortazione, si augura per questo Postconcilio: Santi che abbiano come modello - dice il Papa - San Carlo Borromeo, Santi che sappiano trasformare in vita i decreti di un Concilio che allora si chiamò Tridentino e oggi si chiama Vaticano II, Santi che ridiano Dio a un mondo che sta asfissiando perché l'atmosfera comunitaria è senza Dio”.

APOSTOLO salvezza delle anime

PASTORALE parrocchia

VIRTÙ

umiltà

APOSTOLO missione

SACERDOZIO prete

APOSTOLO chiamata

AUTOBIOGRAFIA seminario

SACERDOZIO paternità

spirituale

APOSTOLO

ESEMPI apostolo

Il riferimento è all’assistente Giuseppe Beccaro che aveva una relazione eccezionale con i suoi ragazzi. L’indicazione poi di Copenaghen era abbastanza abituale in don Ottorino, quasi per indicare qualcosa di indeterminato e di lontano.

Nel testo registrato don Ottorino aggiunge l’avverbio “forse”.

MI49,6 [29-12-1965]

6.“Venerabili Padri del Concilio.
La nostra meditazione ha potuto creare in qualcuno un senso di sorpresa. Siamo tanto abituati a considerare la nostra religione essenzialmente nelle profondità della coscienza, a misurare i Santi dagli abissi misteriosi della vita interiore, che non ci adattiamo facilmente a mettere fra gli elementi essenziali della religione il senso comunitario”. Ecco, ad esempio, Giuseppe e i ragazzi, Giuseppe e la Comunità, e allora abbiamo San Giuseppe da Copenaghen. “Abbiamo letto tante vite di Santi , studiato tanti trattati di ascetica e tutto riguardava il tempio interiore, che attraverso diverse camere ci faceva avvicinare al bacio di Dio. Cosa c'entra adesso, con questa intimità meravigliosa, il senso della comunità? Questo appare essenzialmente esteriore, distrattivo, quasi contrario a ciò che è il cristianesimo, vissuto nella maggiore intensità. Abbiamo letto durante la nostra formazione: “Quando sono stato con gli uomini, sono tornato meno uomo; chiuditi nella cella; nel silenzio si trova Dio". Può sorgere quindi, facilmente e onestamente, una certa resistenza all'accentuazione del valore comunitario nel cristianesimo. Venerabili Padri, voi lo sapete meglio di me: la nostra religione ha un equilibrio assolutamente unico fra ciò che è essenzialmente personale e ciò che è comunitario. Direi che proprio in questo equilibrio misterioso, unico, sta la singolarità della nostra religione. Non possiamo in nessun modo dimenticare ciò che la tradizione ha detto e non sarà più cancellato, sulla santificazione dell'individuo e sulla vita interiore di ciascuno; ma in questo nostro tempo dobbiamo accentuare anche l'altra dimensione, non meno importante di quella personale, la dimensione essenziale della comunità. E io vorrei in questa meditazione fermarmi proprio su questa essenzialità, nella religione cristiana, del concetto comunitario”.

COMUNITÀ

CHIESA cristianesimo

Nel testo registrato don Ottorino ripete quest’ultima frase.

MI49,7 [29-12-1965]

7.“Comincio dicendovi che, nella nostra religione, lo stesso Dio è una comunità. La nostra religione ha come Dio, adora come Dio, una comunità di tre persone distinte.
I cattolici conoscono questo mistero, il primo della nostra fede e che testimoniamo di continuo col segno della croce: in tre Persone un solo Dio. Però ho l'impressione che, data la difficoltà di tale mistero, assolutamente superiore alla nostra ragione, prevale nella coscienza che ne abbiamo il senso dell'Uno sul senso dei Tre. Mentre nessun cattolico esiterebbe nel dire che c'è un solo Dio, credo che messo alle strette qualcuno avrebbe un poco paura di spingersi nell'affermazione dei Tre. Eppure sono veramente tre. Tanto distinti che il Padre manda il Figlio a morire; tanto distinti che il Figlio disse un giorno: "È meglio per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado il Paraclito non verrà a voi". Sono veramente tre, eternamente tre. Il nostro Dio è una comunità. Ora questo Dio-comunità il quale ha voluto creare, e se voi sapete che il senso della creazione sta nella volontà di Dio di manifestarsi fuori di sé come ha insegnato il Vaticano I, questo Dio ha deciso precisamente di manifestarsi in una comunità. Quanto più si va a fondo nel mistero del piano universale di Dio, tanto più si sente che Dio-comunità vuole che la sua suprema ed eterna manifestazione sia appunto una grande comunità. Prendo da voi, dalla Costituzione "De Ecclesia” una frase splendida, che dovremo insegnare nel catechismo, riecheggiare dai pulpiti, ripetere nel silenzio dei confessionali: "Dio volle santificare, salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse nella verità”. Dio-comunità, avete insegnato voi, si è voluto manifestare in una comunità eterna, onde la religione cristiana, per eccellenza, al di sopra di tutte le altre religioni, è religione comunitaria. Resteremo eternamente persone, come i Tre restano eternamente distinti. Le ascese di Santa Teresa e le caligini mistiche di San Giovanni della Croce conserveranno sempre il loro valore nelle profondità di ciascuna anima. Ma come i Tre in Dio sono eternamente Uno, così noi, restando una moltitudine innumerevoli di persone, dovremo eternamente diventare uno. La nostra religione ha come termine della storia la formazione di una comunità, nella quale tutti rimangono individui distinti e intanto diventano uno fra loro, nella carità: immagine splendente di quel Dio che, essendo eternamente Uno, è anche eternamente una comunità di Tre, in cui circola misteriosamente, attraverso processioni eterne, l'indivisibile essenza divina. Il nostro dogma è il dogma della comunità. Unità e Trinità di Dio, incarnazione passione e morte del Figlio per fare gli uomini figli di Dio e quindi fratelli fra loro: sono questi i due misteri principali della fede. In essi si riassume tutto il dogma cattolico. Molte volte, ve lo confido, in città cattoliche e anche in città pagane dove i cattolici erano da poco usciti dal catecumenato, ho voluto chiedere con semplicità, in una riunione intima con gli elementi migliori: "Ditemi un po', qual'è l'essenza della nostra religione?". E vi confesso francamente che sono rimasto talvolta turbato dinanzi a risposte frammentarie che denunciano come si comprende poco l'essenza intima della nostra religione. Qualcuno parla di assistere alla Messa, del non andare a donne, dell'inferno. La nostra religione, con netta prevalenza, è la religione della comunità che deve diventare l'immagine meno imperfetta possibile della Trinità eterna”. È una comunità, cioè, che deve essere l'immagine meno imperfetta possibile della Comunità eterna. “Padre, disse Gesù al momento di terminare la sua opera sulla terra, Padre, che siano uno come siamo noi; Padre, che la Chiesa sia una come uno siamo noi, e allora il mondo crederà. Quando la Chiesa avrà creato l'unità profonda, il più possibile simile a quella della Trinità, nella moltitudine degli individui rispettati come individui, allora il mondo arriverà alla fede. Lo ha chiesto Gesù nella preghiera sublime e suprema che concludeva la sua missione prima del sacrificio cruento della Croce”.

DIO Trinità

Il riferimento è a Marco Pinton.

Anche Mario Sgarbossa stava facendo l’anno del noviziato.

MI49,8 [29-12-1965]

8.“Si comprende allora come, in una religione la quale riassume il suo dogma nella comunità, si debba affermare una morale che si riassume nella legge della comunità. Un altro punto - perdonatemi, voi siete i veri maestri del popolo cristiano - in cui i vostri discepoli, sacerdoti, suore, fedeli, sono molto indietro”.
Non dice "i maestri", ma "i vostri discepoli". “Quando si domanda di nuovo nel campo della morale una sintesi breve, che dica tutto in una parola, si ascoltano le più strane risposte: "Andare a Messa la domenica, comunicarsi a Pasqua..”.. La morale cattolica si riassume nel vivere bene i rapporti comunitari, con la legge nuova che ha portato Gesù. Lui è venuto a formare la comunità e ha dato il precetto nuovo che lega la nuova comunità: "Questo è il mio precetto". Tanti altri precetti sono stati detti prima di me, tanti altri precetti saranno suggeriti da altri dopo di me, ma il mio è questo: sono venuto dal seno del Padre per formare nella creazione l'immagine della Trinità Santa, e vi do il precetto mio, che diventiate uno attraverso l'amore. Perdonate il riferimento personale. Sono 27 anni che predico su questo punto fondamentale: la carità come essenza della nostra religione. Per molti sacerdoti - non vi dico dei milioni di laici - ciò rappresenta una specie di nuova rivelazione: non hanno affatto chiaro che il punto veramente centrale della legge, il quale basta da solo, perché con i suoi presupposti include l'intera vita morale, è la carità. Non lo sanno. Una carità che non distrugge la persona, che la suppone, che prende - come norma di quanto dobbiamo amare gli altri - l'amore che abbiamo per noi. Non è norma che distrugge l'amore per noi... E aggiunge: negli altri devi amare Dio, negli altri devi trovare Gesù, verso gli altri tu devi vivere la vita stessa di Gesù, devi vivere gli affetti di Gesù. Perdonatemi, ma la maggioranza delle anime cattoliche certamente, e vorrei dire anche molte anime consacrate, non hanno questa legge al centro delle loro preoccupazioni morali. Addirittura nel cosiddetto stato di perfezione...”. Stato di perfezione: qual'è? Tu, Marco , che sei novizio: che dici del cosiddetto stato di perfezione? Adesso vediamo se quelli che hanno tanto da criticare sono d'accordo su questa affermazione. Mario , sta’ attento! “Addirittura nel cosiddetto stato di perfezione vediamo, a volte, anime preoccupate di tanti particolari, e abbastanza indifferenti alle mancanze piuttosto gravi che commettono contro la carità. Questa è la situazione della nostra religione. Per cui, quando nella prima meditazione abbiamo detto che dobbiamo correggere un aspetto della mentalità cattolica e inserirvi assai più il senso comunitario, l'interesse per gli altri, l'interesse per la Chiesa... e che abbiamo un'educazione cattolica troppo individualista, non abbiamo espresso una frase legata soltanto ad un bisogno contingente o per corrispondere a una moda fuggevole. Abbiamo detto una frase che corrisponde all'essenza stessa della nostra religione.

CARITÀ

COMUNITÀ

unità

nella carità

Don Guido Massignan era sempre stato accanto a don Ottorino nella ricerca dei punti fondamentali della spiritualità della Congregazione.

Nel testo registrato don Ottorino aggiunge: “Da Roma a Zacapa”.

Don Ottorino interrompe a questo punto la lettura perché il tempo disponibile per la meditazione era terminato da molto.

MI49,9 [29-12-1965]

9.Quel Dio che guida la storia e la guida in vista del cielo, in vista della formazione della comunità eterna che rappresenterà la Trinità, quel Dio che ha disposto per la nostra generazione una specie di necessità: dare alla vita cattolica il senso comunitario”.
Quante volte vi ho detto che la Congregazione è un intervento di Dio nella storia! La nostra Congregazione è sorta con il fine di volersi bene. Adesso, in questi anni, il Signore ha preparato una comunità e ci sono voluti vent'anni per arrivare fino a questo punto. Il Signore prepara il Concilio, il Signore prepara: chissà quante altre persone avrà preparato nel mondo! È meraviglioso vedere la mano di Dio che opera! Certamente se noi consideriamo la spiritualità che ci ha dato troviamo elementi che ci aiutano ad andare avanti. Non mi sembra che a proposito della formazione bisogna che cambiamo per restare con il Concilio; mi pare di no. È stato meraviglioso! Il Signore ha preparato Lui, Lui solo, solo Lui ha preparato! Come ieri sera abbiamo cantato il "Veni Creator" per cercare la verità, così negli anni scorsi, quando voi non eravate ancora presenti, ma i più anziani come don Guido lo sanno, cercavamo anche una virgola per capire la volontà del Signore, e quando non eravamo capaci di uscirne fuori andavamo in chiesa a pregare. “Ormai non si salva più niente, se non riusciamo a dare ai cattolici il senso comunitario. La Provvidenza ha guidato le cose in modo da obbligarci a ciò che non facevamo. Si è servita per questo del telefono, del telegrafo, degli aerei, della radio, della televisione, dei satelliti e degli astronauti. Ormai siamo perduti se non mettiamo profondamente nel popolo di Dio il senso della comunità. E quando Dio avrà guadagnato questo, non avrà guadagnato soltanto un progresso transitorio per oggi, ma qualcosa nella linea essenziale per la salvezza dell'umanità. Appare evidente la situazione caratteristica del nostro tempo con i suoi fenomeni più nuovi: viaggi che portano in qualche ora da Roma a New York; radio che ci fa sentire in un istante le voci di tutto il mondo; televisione che ci fa assistere dalla camera agli episodi principali di tutta la terra; cinema che fa vivere le stesse emozioni a tutti i popoli, concentrandoli davanti ad uno schermo. Questa civiltà moderna, guidata da Dio, costringe la Chiesa a mettere al primo piano delle sue preoccupazioni l'educazione comunitaria. Questa d'altra parte non è contro l'educazione individuale, giacché non sarà mai possibile formare veramente, profondamente alla mutua carità, chi non sia stato formato profondamente al dominio di sé stesso e alle più tradizionali virtù individuali che abbiamo sempre insegnato. Concludendo, l'accentuare il senso comunitario della Chiesa è un immenso progresso del nostro tempo”. Amen; si tratta ora solo di tre o quattro righe per completare l’argomento. “Ed ecco, venerabili Padri, che il discorso passa direttamente a voi, congregati dallo Spirito Santo. Quattro anni fa, quando foste interrogati sui problemi che potevano interessare il mondo d'oggi, vi manifestaste tanto vari nelle proposte che l'antipreparatoria appare come un'enciclopedia di problemi cattolici. Poi, a poco a poco, guidati dallo Spirito di Dio, ecco che avete concentrato l'insegnamento del Concilio, precisamente sulla comunità cristiana. Alla vigilia della sua chiusura, tutto il mondo può ora vedere come in una pellicola meravigliosa il Concilio medesimo con un titolo solo: "Per una nuova comunità cristiana".

CONGREGAZIONE carisma

COMUNITÀ

CHIESA Concilio

CONGREGAZIONE spiritualità

FORMAZIONE

DIO Spirito Santo

VOLONTÀ