PRESENTAZIONE
Le MEDITAZIONI costituiscono la parte più consistente degli scritti di don
Ottorino, anche se non appartengono alla categoria degli scritti strettamente
intesi: consistente per l’eccezionale abbondanza del materiale che inizia nel
1961 e giunge fino a un mese prima della sua partenza per il Cielo nel 1972, ma
consistente soprattutto per la qualità del contenuto e la preziosità del
pensiero, della vita e della spiritualità che da esse promanano. Da esse appare
chiaramente la figura di un uomo concreto e semplice, con nel cuore un proposito
irresistibile di santità come risposta alla volontà di Dio, con una eccezionale
passione per il sacerdozio e per la Chiesa, completamente donato al Signore e al
suo servizio, specialmente attraverso l’animazione della Congregazione. A questo
proposito don Ottorino è in costante atteggiamento di ascolto e di docilità per
lasciarsi guidare dallo Spirito che in realtà diventa il suo maestro, per cui i
lineamenti della Congregazione non sono suoi, ma egli li fa derivare dallo
Spirito che considera il vero protagonista dell’Opera.
Sono la trascrizione fedele delle conversazioni spirituali che don Ottorino
teneva abitualmente ai Religiosi e ai Novizi della Casa dell’Immacolata, come
introduzione alla vita spirituale, religiosa e apostolica. Portano il nome di
meditazioni perché sono, per la maggior parte, le riflessioni che faceva al
mattino, nel tempo riservato alla meditazione, una volta alla settimana e in
certi periodi anche con maggiore frequenza, con tutta la sua arte di educatore
impareggiabile. Non mancano, però, omelie a tutta la Comunità della Casa
dell’Immacolata, conferenze che a volte teneva la domenica sera per trattare
temi della Congregazione o della vita ordinaria, riflessioni per ritiri
spirituali in particolari circostanze.
Don Ottorino non ha mai preteso di essere un teologo o un maestro di
spiritualità, ma ha sempre sentito la necessità di introdurre i suoi figli
nell’esperienza esaltante della donazione totale al Signore e di trasmettere
quella sinfonia divina che il Signore gli aveva fatto gustare come fondatore
della Congregazione perché il carisma venisse colto, vissuto e trasmesso con
integrità. Non è mai stato, quindi, preoccupato della completezza e
dell’organicità delle sue esposizioni, ma ha sempre cercato di comunicare con
convinzione, entusiasmo e semplicità la sua personale esperienza di Dio e le
linee spirituali che sentiva affidate da Dio alla Congregazione. Da questo
grande mosaico si può ricavare un panorama completo di vita spirituale in tutta
la varietà dei suoi molteplici aspetti, e il tesoro di spiritualità propria
della Congregazione sia nell’aspetto della vita consacrata come in quello della
sua proiezione apostolica e missionaria.
Don Ottorino è un modello di comunicatore e di trascinatore, con un modo di
parlare vivace, familiare e spontaneo, traboccante di immagini e di esempi
concreti. Come educatore e padre cerca sempre di coinvolgere coloro che lo
ascoltano, nominandoli spesso, chiedendo il parere, suscitando a volte il
dialogo, portando esempi di persone presenti o conosciute. A volte il tono è
scherzoso e bonario, senza nulla togliere alla serietà ed importanza dei temi
trattati, che spesso sottolinea con una forza eccezionale e la sicurezza
dell’uomo di Dio che ha già sperimentato nello Spirito la verità di quanto
propone.
I temi trattati rispondono perfettamente alla personalità di don Ottorino, uomo
eminentemente pratico e concreto, immediato, estroverso, pieno di entusiasmo e
di vitalità, ma allo stesso tempo di una autentica e profonda interiorità,
totale nella donazione al Signore, disposto alla croce e anche al martirio. Di
conseguenza le meditazioni non rispondono a un piano organicamente strutturato,
ma piuttosto alle necessità concrete del cammino formativo dei giovani
ascoltatori. È fondamentale tenere sempre presente questa caratteristica perché
don Ottorino non è un maestro che vuole trasmettere insegnamenti, ma un padre
che vuole educare, e quindi usa il linguaggio che sente più adatto ai suoi figli
cercando di adeguarsi alla realtà della loro vita e situazione per indicare le
alte vette della perfezione e per entusiasmare a intraprenderne decisamente il
cammino.
Non è stato facile mettere insieme questo straordinario patrimonio di sapienza
spirituale perché don Ottorino sentiva innato il bisogno di evitare tutto quello
che tendeva a porlo al centro dell’attenzione nel timore di togliere qualcosa
alla centralità di Dio in ogni opera buona. Di conseguenza fu sempre contrario
sia a mettere per iscritto le sue idee sui grandi temi della vita spirituale e
sulle linee fondamentali del carisma della Congregazione per timore di
fossilizzare e di impoverire i doni straordinari di Dio, sia a permettere che
venissero registrate le sue conversazioni per non sottolineare troppo la sua
persona e per un naturale bisogno di maggiore libertà nell’ispirazione e
nell’esposizione. Fu l’intervento di persone amiche, provocato dai Religiosi
interessati a salvare il prezioso insegnamento che settimanalmente don Ottorino
offriva con tanta abbondanza e con cuore veramente ispirato, che lo decise a
permettere la registrazione delle sue meditazioni, ma sempre e solamente per il
bene e per la crescita spirituale dei suoi figli.
Nella pubblicazione della meditazione del 23.10.1965 si trova questa nota
introduttiva: “La conversazione, per una decina di minuti, è confusa e poco
intelligibile. Don Ottorino dice di aver ricevuto da S.E. mons. Costantino Luna
l’incoraggiamento a voler stendere, prima per iscritto, e poi incidendo su
nastri, le linee fondamentali della spiritualità della Congregazione perché
possano essere trasmesse in tal modo, senza alterazioni, alle Comunità future e
ai posteri. Don Ottorino si dichiara titubante e fa delle ipotesi, incaricando
per una eventuale prima stesura don Luigi Furlato, maestro dei novizi”.
L’annotazione è senza dubbio molto significativa, e fa intravedere che già da
tempo si stava tentando, nei modi che l’immaginazione suggeriva, di eludere la
nota contrarietà di don Ottorino per registrare i suoi preziosi insegnamenti.
Peccato che l’inizio della meditazione ora segnalata risulti così lacunoso e
poco intelligibile!
Si coglie perfettamente, invece, quanto don Ottorino disse nella meditazione del
3.1.1968: “Non meravigliatevi di quel ‘coso’ che vedete. Il motivo è questo: i
nostri cari fratelli stanno mettendo giù qualcosa per il Capitolo generale,
stanno buttando giù alcuni pensieri sulla spiritualità della Congregazione,
cercano di dare una definizione della vita religiosa. Mi interessa molto che
venga sottolineato un aspetto dal quale dovrebbero poi derivare tutti gli altri
quasi come corollari... Questa la registrano, però con la promessa che poi verrà
buttata al macero, per poterla in seguito riascoltare e porre per iscritto il
pensiero...”.
Ricorrendo quindi ai mezzi del tempo e a tutti gli espedienti per eludere
l’attenta sorveglianza di don Ottorino dapprima, e alla fine con la sua
approvazione, anche se concessa a malincuore e con esplicite condizioni, si è
riusciti a registrare oltre 350 meditazioni, omelie e conferenze
sufficientemente intelligibili, mentre molte altre resteranno per sempre mute
nell’archivio per l’impossibilità di ricavare da esse frasi significative a
causa del pessimo stato della registrazione e dei nastri.
Dal punto di vista formale le meditazioni riflettono perfettamente il carattere
estroverso e pieno di vitalità di don Ottorino, con le caratteristiche del
linguaggio parlato, nel quale abbondano le ripetizioni, i periodi sospesi, le
esclamazioni, le immagini, le espressioni dialettali, i modi di dire personali.
Don Ottorino inoltre si sente maggiormente a suo agio quando può esprimersi in
dialetto perché allora fluiscono con maggiore spontaneità le parole e le
espressioni più adatte per rendere il suo pensiero e i suoi sentimenti, per cui
ricorre continuamente alla parlata veneta, sia per i termini come per alcuni
intercalari, e anche per la costruzione delle frasi stesse. Per questo non ci
sembra esagerato affermare che a volte ci si trova davanti a una lingua
bisognosa di traduzione.
La pubblicazione riporta sul lato sinistro il testo parlato come è possibile
ascoltarlo dalla registrazione; sul lato destro, invece, viene offerto un testo
corretto, pur sempre fedele al testo originale, ma reso in un linguaggio più
facilmente comprensibile anche a coloro che non conoscono il dialetto veneto.
Come in ogni lavoro di traduzione è stato necessario adottare alcuni criteri e
fare precise scelte, perché 1’ idea di una traduzione letterale, cioè parola per
parola, risulta un ideale utopico, scientificamente non sostenibile. In tale
impossibilità di rendere ogni parola dialettale con la corrispondente italiana,
come pure di salvare sempre la struttura formale delle frasi, si è preferito
armonizzare la fedeltà ai termini e alla struttura sintattica del testo
originale con un testo attento a presentare in maniera comprensibile il pensiero
di don Ottorino.
Di conseguenza sono state tolte, anche se in qualche caso si sono lasciate per
non perdere del tutto il suono della parlata veneta, alcune forme perché
chiaramente locali come “mica... noialtri... proprio... tutto quanto... un
pochino... vero... no... cosa...” e altre perché troppo paternalistiche come
“guardate... vedete... siete d’accordo?... non vi sembra?...”; a volte si è
pensato bene completare frasi lasciate in sospeso, specialmente quando in
seguito viene espresso con chiarezza quanto voleva dire precedentemente; altre
volte si è trasformato in forma impersonale un linguaggio usato in seconda
persona singolare. Tante altre modifiche, che potrebbero essere ritenute anche
opinabili, possono essere colte facilmente confrontando i due testi, come ad
esempio la fedeltà al testo sacro nelle citazioni bibliche e ai libri usati da
don Ottorino come spunto e letti spesso con molta libertà; ad ogni modo si è
preferito farle perché sempre vi è la possibilità di godere il testo originale
sia attraverso la trascrizione scrupolosa sia attraverso l’ascolto della
registrazione.
Infine annotiamo la scelta dell’uso dell’iniziale maiuscola nei seguenti casi:
ogni volta che don Ottorino parla del Vangelo non come libro in sé, ma del
messaggio in esso contenuto; nelle parole “Congregazione, Famiglia religiosa,
Casa, Comunità, Religioso, Costituzioni” quando don Ottorino vuole sottolineare
qualcosa di proprio e di caratteristico; nel termine “Chiesa” quando non si
riferisce all’edificio sacro, ma all’istituzione con tutta la sua santità e la
sua struttura... e in tanti altri casi che via via si potranno rilevare.
I titoli, le introduzioni e i sottotitoli non sono, evidentemente, di don
Ottorino, ma sono stati aggiunti per facilitare la comprensione e per aiutare la
ricerca tematica.
Moltissimi dovrebbero essere i ringraziamenti per questo tesoro che ora si offre
a disposizione di tutta la Congregazione in forma completa, ordinata e
sistematica. Ricordiamo anzitutto coloro che hanno eseguito l’opera di
registrazione, indispensabile per ogni passo successivo, sfidando la contrarietà
di don Ottorino stesso, almeno per i primi tempi, e facendo uso dei poveri mezzi
disponibili al tempo. Seguì poi un primo lavoro di trascrizione, di correzione e
di pubblicazione, nel quale si distinsero senza dubbio don Paolo Crivellaro, che
ora ci contempla dal Cielo, e il prof. Renato Carraro, con la paziente
collaborazione di Suore e di Confratelli. A motivo del processo di
canonizzazione il diac. Vinicio Picco ha dato prova di certosina pazienza, di
filiale affetto per don Ottorino e di amore per la Congregazione per riascoltare
tutte le registrazioni, ordinarle e trascriverle fedelmente, con il valido aiuto
della signorina Fedora Toffanin per una prima stesura materiale, e l’apporto
prezioso e saggio di don Francesco Ambrosi per la corretta forma italiana e il
ricco apparato di note. Molte altre persone hanno dedicato tempo e capacità in
questo servizio. A tutti la Congregazione è riconoscente per avere ora nelle
mani questa miniera unica ed impareggiabile di sapienza spirituale che il
Signore ha voluto donarci attraverso la parola di don Ottorino.
