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SAGGEZZA E MATURITÀ IN UN MOMENTO DI GRANDI MUTAMENTI

MI252 [17-12-1968]

17 dicembre 1968

Don Ottorino si riferisce al bombardamento realizzato dall’aviazione alleata inglese-americana sulla città di Vicenza per debellare le forze tedesche e fasciste che si stavano ritirando dall’Italia.

MI252,1 [17-12-1968]

1. Il bombardamento del 18 novembre 1944 è stato il più clamoroso tra quelli fatti su Vicenza per il numero delle vittime. Immediatamente dopo il bombardamento si ebbe l’impressione di una strage: qui, lungo la Stradella Mora, giù per i fossi di Vidale... In fondo, dove c’è il pino, c’era un ferito grave, qui dietro c’erano alcuni morti: insomma, un disastro! Mi pare che da queste zone ne abbiano portati via una trentina.
Ebbene, che direste voi se in quel momento, appena usciti dal rifugio, io avessi radunato in un’aula il piccolo gruppo di ragazzi che avevo e avessi detto loro: “Adesso discutiamo un po’, perché è proprio il caso di farlo, per vedere come dobbiamo portare via i feriti, se portare via prima i morti o i feriti, quali sono i mezzi da adoperare perché non ne abbiamo a nostra disposizione, dove dobbiamo portarli, se violentiamo la libertà dei feriti trasportandoli all’ospedale, eccetera, eccetera”, e avessimo intavolato una discussione? Allora il manicomio di Vicenza era chiuso essendo stato trasferito in altra zona, tuttavia penso che il primo ad esservi ospitato sarebbe stato proprio don Ottorino. In un momento di disastro, non importa se si trasporta un ferito anche con una scala! Noi, allora, abbiamo levato delle porte, vi abbiamo posto sopra un materasso, messo su un ferito e via! E i ragazzi li trasportavano su porte, con quello che capitava tra le mani, insomma. “Che cosa facciamo?”. “Leva una porta, carica sopra il ferito e via!”. “E adesso non ce ne sono più; come lo trasportiamo questo ferito!”. “C’è una scala?”. E con le scale ne abbiamo portato via parecchi. Eh, ci si arrangiava; bisognava portarli via, insomma, non c’era niente da fare! In un momento di grande emergenza bisogna muoversi, e anche se si commette qualche errore, bisogna fare, bisogna fare! I vigili del fuoco, quando non ci sono incendi, possono anche mettersi a discutere teoricamente, a giocare una partita a carte, ma quando scoppiano gli incendi o succedono disastri devono accorrere. Specialmente in quelle notti famose in cui arrivavano gli aerei americani e incendiavano le case, bisognava correre e spegnere gli incendi.

SOCIETÀ

avvenimenti

ESEMPI vari

AUTOBIOGRAFIA

ESEMPI decisionalità

Il riferimento è a don Pietro De Marchi, entrato in Congregazione dopo una esperienza ministeriale fra il clero vicentino, e all’epoca membro della Comunità della Casa dell’Immacolata.

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2.Mi pare che in questo momento nel mondo stia scatenandosi un bombardamento, un tremendo bombardamento. Se c’è un momento nel quale c’è poco tempo per discutere, ma è il caso di fare, è proprio questo. Mi pare che il demonio stia proprio portando nel mondo una peste, una tremenda peste, e avvelenando il popolo di Dio. In questo momento in cui bisognerebbe rimboccarsi le maniche e fare, perdiamo il tempo nel discutere. Se si trattasse almeno di discutere su cose di estrema necessità, ma tante volte, per non dire la maggior parte delle volte, si discute se sia il caso di interrogare il ferito prima di trasportarlo all’ospedale, oppure se valga la pena di seppellire prima i morti o portare i feriti all’ospedale. Sembra che il demonio sia proprio riuscito a introdurre nel nostro popolo questo spirito di protesta, di contestazione, a fare in modo che si esiga la perfezione dagli altri e non ci si interessi di essere perfetti noi, a indurci a dire: “Non si può fare perché il vescovo non è perfetto! Non si può fare perché il superiore non è perfetto! Non si può fare perché ci sono...”; cioè vediamo i difetti degli altri, e per di più anche ingranditi, mentre è il momento in cui bisogna, amici miei, lavorare e fare proprio sul serio.
Allora, prima di iniziare il pensiero che voglio dirvi, insisto su quanto vi ho detto tante volte. Ve lo ripeto anche questa mattina, dopo avere celebrato la Santa Messa per la “propagazione della fede”, dopo avere pregato tanto il Signore perché ci faccia ‘uno’ con il Papa, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi di tutto il mondo; ci faccia ‘uno’ come ci vuole il Padre. Il principio su cui insisterei è proprio questo: ognuno di voi è responsabile della Congregazione. Ve l’ho detto tante volte, ma questa mattina sento il dovere di ripetervelo. Nessuno di voi può dire: “Io mi attacco dietro agli altri, mi metto soltanto nella posizione di fare quello che mi si dice e di criticare il resto”. Il Signore ci ha chiamati qui e ha affidato a ciascuno di noi la sua missione. Il Signore ha collocato questo povero prete in questo posto, ma voi sapete che non ho alcun prurito di restarci. Se, tu, don Pietro , ancora questa mattina volessi prendere il mio posto, io canterei un “Te Deum” a quattro voci... da solo! Qui si tratta soltanto di una cosa: siamo tutti responsabili della Congregazione. Se questa mattina don Pietro occupasse il mio posto, io dovrei continuare a fare il superiore generale lo stesso, come lui dovrebbe continuare a farlo nel posto che occuperebbe. Qui non si tratta di una lotta per il potere, non si tratta di una lotta per essere i primi; vorrei dire che si tratta di una lotta per essere gli ultimi, si tratta dell’impegno di tutti per sentire la volontà di Dio e per fare quello che egli vuole.

CROCE Demonio

CONGREGAZIONE superiore generale

CHIESA Vescovo

PECCATO difetti

EUCARISTIA S.Messa

CHIESA Papa

DIO Padre

CONGREGAZIONE

COMUNITÀ

corresponsabilità

COMUNITÀ

critica

CONGREGAZIONE missione

CONGREGAZIONE fondatore

VIRTÙ

Jean Daniélou (1905-1974), gesuita francese, creato cardinale nel 1969. Studioso delle origini del cristianesimo, scrisse opere di grande valore storico e teologico.

Settimanale della diocesi di Belluno. Non si possiede un esemplare del giornale usato da don Ottorino, ma le frasi da lui lette vengono sempre riportate in corsivo, senza ulteriori richiami

Don Ottorino si riferisce evidentemente al clima generale di contestazione dell’epoca, che era penetrato anche nell’ambiente del seminario di Vicenza, frequentato dagli studenti del corso teologico della Casa dell’Immacolata. Don Ottorino nomina l’assistente Livio Adessa, che frequentava il 3° anno, e poi Zeno Daniele, allievo dello stesso anno, precisa: “Hanno telefonato stamattina dal seminario di non andare. La discussione verterà su problemi interni del seminario”.

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3 A questo proposito voglio leggervi un articoletto di un certo ‘autor di romanzucci’ che si chiama Daniélou , pubblicato su La vita del popolo .. Non viene messa neanche la data: pazienza. Il titolo è questo: “Qualche cosa cambia, qualche cosa resta”.
Oggi nel mondo qualche cosa sta cambiando e noi abbiamo il dovere di collaborare per cambiarla, ma c’è qualche cosa che resta e questa non possiamo cambiarla, deve restare. Ecco il dovere che abbiamo in questo momento, nel quale sentiamo contestazioni a destra e a sinistra. Tra l’altro, voi non dovete partecipare in alcun modo a certe discussioni che si fanno in altra sede, anche se vi sarete invitati. Ho sentito che gli studenti di terza teologia sono stati invitati. Non è vero, Livio? Voi starete assolutamente fuori! Comunque voi non dovete assolutamente esprimere il vostro giudizio. Noi abbiamo la nostra casa e dobbiamo lavare i nostri panni. Ognuno ha le proprie miserie: io ho le mie, voi le vostre; provvediamo alle nostre miserie e non meravigliamoci di nulla. Tuttavia questa mattina sento proprio il bisogno di dirvi che dobbiamo conservare quel qualcosa che deve restare. Questo mi pare necessario, a prescindere da tutto ciò che è estraneo alla nostra casa, in virtù di quella missione che il Signore ha affidato alla Congregazione e che noi, mi pare, abbiamo così bene sottolineato nel Capitolo generale, quella missione che lo Spirito Santo ha mostrato di approvare in modo palese e chiaro durante il Capitolo generale. Guardate che tutti siamo responsabili di questo. C’è un momento in cui bisogna lasciare da parte ogni precedenza o chiederci a chi tocca e a chi non tocca: tocca a tutti, e tutti insieme dobbiamo conservare questo spirito. È un dovere che ci viene da Dio e del quale, amici miei, dobbiamo rendergli conto.

CONGREGAZIONE storia

MONDO

AUTOBIOGRAFIA

DIO Spirito Santo

VOLONTÀ

di DIO

CONGREGAZIONE appartenenza

CONGREGAZIONE missione

PECCATO difetti

CONGREGAZIONE Capitolo

Don Ottorino si riferisce alla tempesta del Maoismo che stava distruggendo tutto il lavoro apostolico di generazioni di missionari. Dal 1965 era in corso la grande lotta ideologica in seno al partito comunista cinese che sfociò nella cosiddetta “rivoluzione culturale” che ebbe termine nel 1969 e che portò al potere la parte più intransigente, tirannica e ideologicizzata. Vi furono migliaia di morti, migliaia di cittadini cinesi furono avviati ai campi di rieducazione e la Chiesa fedele al Papa venne ulteriormente e pesantemente perseguitata.

Con l’emancipazione dagli Stati colonialisti europei l’Africa dagli anni sessanta è entrata in un clima di guerre locali fomentate da uomini senza scrupoli (i mercenari) e da capi corrotti.

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4. Ecco quello che dice Daniélou:
«Gli avvenimenti di questi ultimi mesi - portate pazienza se leggo solo una paginetta, ma vi faremo qualche riflessione perché non risulti pesante - ci hanno fatto intendere che qualche cosa di confuso si agita nella nostra società...». Quando ci si accorge che sta arrivando il temporale, di solito, in campagna, si dice: “Dài, spingi a casa le galline perché il temporale rumoreggia. Dài, raccogli, metti al riparo in fretta”. E si corre a chiudere le finestre, a mandare le galline nel pollaio, eccetera, eccetera, e ci si ritira in casa. Di solito i nostri vecchi si chiudevano in casa e cominciavano a recitare la corona, le litanie dei santi, a pregare perché il Signore avesse compassione e non permettesse la grandine. Perché, sa... aprire la porta quando torna il sereno e vedere sui campi una grandinata, non è una cosa bella! Anche se non ti ha rotto la testa, però ti ha portato via il raccolto, frutto del tuo sacrificio e del tuo lavoro. Osserviamo, per esempio, la grandinata che adesso si è abbattuta sulla Cina , e i nostri poveri sacerdoti che hanno lavorato e lavorato! E adesso la grandinata sta abbattendosi sull’Africa : anche lì i nostri missionari, i Comboniani ed altri, hanno lavorato, e ora guardate che grandinata sta venendo! “Eh, ma io non mi sono rotto la testa!”. Ma è la Chiesa che soffre, sono i nostri fratelli che soffrono, sono i cristiani che soffrono, è Cristo che soffre: noi dobbiamo sentire questa sofferenza, e quando non possiamo fare nulla, chiudiamo le porte e teniamo la corona in mano, almeno! È un momento in cui non possiamo uscire? Stiamo in casa, ma con la corona in mano allora, come facevano i nostri vecchi recitando le litanie dei santi, cioè pregando e soffrendo per la Chiesa.

SOCIETÀ

avvenimenti

PREGHIERA rosario

SOCIETÀ

lavoro

CONGREGAZIONE missione

CHIESA

CROCE prove

CROCE sofferenza

GRAZIA Corpo Mistico

CHIESA cristianesimo

Don Ottorino deve aver sofferto molto del fatto che, ai suoi tempi in seminario, alla sera i seminaristi venivano chiusi dentro le proprie stanze e sorvegliati da uno spioncino che era sulla porta perché ne parla spesso e in maniera negativa.

“Coda”, veniva cosa detto in gergo popolare il lungo strascico di seta che pendeva dalla cappa di pelliccia bianca di ermellino che i vescovi indossavano nelle grandi solennità o nelle solenni occasioni di rappresentanza sociale.

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5. Quando si potranno aprire le porte, usciremo.
«Non è constatazione che debba stupire un cristiano. Molto prima degli avvenimenti cui ci riferiamo, il Concilio nella costituzione “Gaudium et spes” aveva parlato di profondo mutamento della civiltà. Il mutamento ha la sua radice nel progresso scientifico e nelle applicazioni tecniche che hanno assunto un ritmo di accelerazione impensata. Il fenomeno ha incidenze sulle strutture sociologiche rilevabili dall’incremento demografico, dall’inurbamento, dall’automatismo, dalla mentalità che assume dimensioni planetarie. Ne risulta alla fine una volontà umana di autonomia e di partecipazione che s’intrinseca in modo speciale nei ceti operai e studenteschi. È una volontà che si tinge di colore rivoluzionario nei paesi in via di sviluppo». A questo punto introduco una distrazione perché, così, la minestra diventa più gustosa. Quando si pensa alla Chiesa, per esempio, di cinquant’anni fa, ci si chiede come furono possibili certe cose. Per esempio, a proposito dei noviziati, quando appendevano il turibolo al collo del giovane e davanti la scritta “curiosone”, viene da domandarsi come si riusciva a resistere; come pure quando in seminario ci chiudevano a chiave . nella nostra cameretta o ci sottoponevano a qualche cos’altro di simile. Amici miei, amici miei, è chiaro che certe cose bisogna cambiarle, ma bisogna anche ricordare che il mondo era allora un po’ tutto così. Adesso, per esempio, noi ci meravigliamo perché i vescovi hanno la ‘coda’. Per inciso vi dirò che il grande vescovo, monsignor Rodolfi, l’ha sempre portata e io non ho mai sentito alcuno che dicesse una parola al riguardo: “Ehi, guarda...!”. Il mondo era allora così, dai carabinieri ai militari. Non parliamo poi dei gerarchi del fascismo, dei fascisti, incominciando dalle “piccole italiane” fino alle donne fasciste. E avevano la propria divisa il “figlio della lupa”, il “piccolo balilla” e su, su, su, fino all’ultimo grado. Erano tutti così! Ora c’è stato un cambiamento, ed era giusto che avvenisse... doveva avvenire: è stato un cambiamento che io paragonerei un pochino a quello avvenuto nella vita di collegio.

CHIESA cristianesimo

CHIESA Concilio

SOCIETÀ

tecnica

CHIESA

FORMAZIONE noviziato

DOTI UMANE rinnovamento

DOTI UMANE equilibrio

MONDO

AUTOBIOGRAFIA seminario

CHIESA Vescovo

UNRRA si chiamava l’ente creato dalle Nazioni Unite per la ricostruzione e l’aiuto alle popolazioni più colpite dalla II guerra mondiale. Questa organizzazione, sostenuta da 44 paesi (naturalmente furono gli U.S.A. a dare il maggior contributo sia finanziario che organizzativo), sorse nel 1944 e cessò nel 1946: aveva assegnato alcuni capi di bestiame all’Istituto San Gaetano e Don Ottorino le aveva mandate a prendere con un camion a Napoli.

Anche all’Istituto San Gaetano di Vicenza fu tentato per un certo periodo di realizzare questa utopia educativa che nel ‘film’ suscitava tanta simpatia, ma che nella pratica si dimostrò fallimentare.

Modo di dire popolare per indicare una persona ancora immatura, che agisce più per istinto che per ragionamento.

Il riferimento è a don Zeno Saltini, il creatore della coraggiosa esperienza di Nomadelfia, che tante difficoltà dovette superare per affermarsi e trovare un suo equilibrio, ma che qui don Ottorino giudica in maniera frettolosa e approssimativa. Nell’esempio nomina anche Zeno Daniele, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso teologico.

Don Ottorino sentiva la necessità di creare nell’Istituto San Gaetano una struttura educativa consona alle nuove realtà sociali, culturali ed economiche che si stavano instaurando in Italia. Ecco allora il suo comprensibile darsi da fare per conoscere iniziative educative all’avanguardia e per consigliarsi con chi nell’educazione, come i Salesiani, aveva una esperienza secolare e a livello mondiale.

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6 Subito dopo la guerra hanno prodotto in America il famoso film: “La città dei ragazzi”. Monsignor Landi, che aveva in mano tutto il movimento degli aiuti americani in Italia - l’ho avvicinato a Roma quando sono andato a prendere le vitelline nell’Italia meridionale - aveva pensato di realizzare anche in Italia una “città dei ragazzi”, e l’ha fondata a Civitavecchia. Don Aldo e io siamo andati per cinque o sei anni a vedere quest’opera; ogni anno ci fermavano per una settimana. Allora i ragazzi venivano chiusi a chiave, mentre adesso si sostiene che devono essere i ragazzi a governarsi, perciò venne eletto come sindaco un ragazzo, eccetera, eccetera.
Nell’inganno ci siamo cascati anche noi, e abbiamo continuato un anno e forse più. È stata creata una “repubblica”: i ragazzi hanno scelto la loro bandiera, il sindaco... Però, dopo un pochino ci siamo accorti che la cosa non andava perché il sindaco, giovane di diciotto anni, era più cattivo di noi, mancava di esperienza, mancava di paternità. Prendeva un ragazzo di quattordici o quindici anni - che volete, a quell’età, in quei momenti, si ragiona tante volte con l’acqua che non arriva alla testa e non con la testa - e allora... crudeltà santa: “Hai rotto un vetro?”. “Una percossa!”. “Ne hai rotto due?”. “Due percosse!”, senza pensare alla volontarietà della mancanza e a tutto quello che deve considerare un papà, un educatore. Noi abbiamo visto che non si educano i ragazzi così, anzi si rovinano. Allora abbiamo incominciato a fare marcia indietro, ci siamo frenati subito. Siamo andati a Civitavecchia e abbiamo visto che anche là cominciavano ad avvertire le difficoltà, ma siccome avevano tanto sbandierato il loro metodo, non potevano fare marcia indietro. Noi abbiamo espresso il nostro giudizio, siamo ritornati e allora ci hanno confessato la loro situazione. Poi noi non siamo più ritornati perché avevamo visto che anche loro dovevano fare marcia indietro. Don Zeno , non il nostro don Zeno, ha fatto le sue esperienze a Nomadelfia. Diceva: “Collegio? Il collegio bisogna distruggerlo! L’orfano ha il diritto a una mamma”. E allora gli orfani hanno avuto una mamma. Che volete! Dopo un po’ di tempo la mamma diventava la sposa dei suoi orfani. Noi siamo andati anche lì e abbiamo visto anche lì. Ricordo che poi abbiamo trattato la questione insieme con don Ziggiotti, superiore generale dei Salesiani, e anche lui ha fatto gli stessi rilievi. “No, - ha detto - i giovani non possono autogovernarsi!”. Ora, osservate. Prima il rigore era eccessivo e si sentiva il bisogno di cambiare, ma tra il cambiare la situazione di prima e l’andare all’estremo opposto penso che ci sia una via di mezzo. Adesso sta succedendo la stessissima cosa, con la differenza che prima succedeva tra i poveri orfani e via dicendo, adesso succede nelle università, nei seminari, un po’ dappertutto. Adesso si vuole cambiare, e siamo d’accordo! Si dice che bisogna aprirsi, e allora andiamo a finire da quella parte! Ma come si fa, poi, a fare marcia indietro e arrivare al posto giusto? Infatti se siamo sul tetto della casa e dobbiamo scendere al piano di mezzo, dobbiamo tornare indietro: guardate che è difficile tornare indietro per poi salire. È più difficile fare marcia indietro e tornare sul posto giusto. Ora la nostra Famiglia religiosa ha questo dovere, senza sbandierare e senza crederci degli untorelli che trasformano il mondo: no, no, no, ma con semplicità. Infatti lo facciamo perché il Signore vuole così da noi: non cedere quello che dobbiamo tenere, ma nello stesso tempo aprire dove dobbiamo aprire. E qui bisogna stare in guardia perché è facile che le sirene del mondo ci incantino. È più facile aprire che tenere. Capite? È facile lasciarsi un pochino lusingare dal mondo. Osservate i comunisti. Io osservo come l’operaio viene lusingato dal comunismo, vorrei direi ipnotizzato quasi dall’idea comunista, che mette sotto accusa i padroni e ogni autorità. Per noi c’è un pochino lo stesso pericolo, perché c’è una parvenza di verità, qualche cosa di vero, che però non deve portarci alle conseguenze estreme, altrimenti ci trasciniamo fuori della vita del cristianesimo vero e proprio. Mi pare che se il Signore ci ha chiamati qui, ci ha chiamati per qualche ragione. Ieri sera avevo preparato un’altra meditazione, ma dopo aver letto questo articolo, mi sono detto: “Guarda, questo autore è d’accordo con noi!”. Fa piacere sentire che noi siamo d’accordo con il Papa e con qualche buon cristiano. Non vi pare?

SOCIETÀ

avvenimenti

DOTI UMANE rinnovamento

DOTI UMANE equilibrio

CONGREGAZIONE storia

FORMAZIONE educazione

MONDO

VOLONTÀ

di DIO

FORMAZIONE case di formazione

CONGREGAZIONE missione

MONDO comunismo

CHIESA cristianesimo

CHIESA Papa

Il riferimento è a don Matteo Pinton, che aveva studiato filosofia all’Università Gregoriana di Roma.

Il riferimento, forse, è a Franco Faggian, che all’epoca era ancora novizio.

"Calzolaio, non oltre la scarpa!". Il detto latino si trova in Plinio. È la famosa risposta di Apelle, noto pittore, al calzolaio che, dopo aver criticato una calzatura di un suo quadro, criticava altre parti delle quali non era affatto competente. Il detto si applica alle persone che danno giudizi su cose in cui mancano di competenza. Dante, in Paradiso, XIX, 79 direbbe: “Or tu chi se’ che vuoi seder a scranna / per giudicar da lungi mille miglia / con la veduta corta d’una spanna?”.

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7. Continuiamo la lettura.
«Per un cristiano questo mutamento è espressione della vocazione dell’uomo al quale Dio ha dato in mano l’universo materiale perché ne facesse oggetto d’indagine e ne prendesse possesso». È un lato buono, anzi ottimo. «Sarebbe pertanto assurdo che il cristiano trascurasse le trasformazioni a cui assistiamo. È essenziale invece che egli vi si impegni per cooperare e per orientare. La necessità della presenza dei cristiani nei posti chiave della civiltà attuale è evidente. Anche all’interno della Chiesa queste trasformazioni hanno un loro campo. L’oggetto stesso del Concilio è stato l’aggiornamento al livello della partecipazione del laicato alle responsabilità della vita delle circoscrizioni ecclesiastiche, dell’adattamento del linguaggio catechetico. Ma per il cristiano il mutamento ha i suoi limiti». Dunque è necessario entrare nel rinnovamento, ma ci sono dei limiti. «Se ci sono alcune cose che restano, ciò che progredisce sono gli strumenti attraverso i quali l’uomo avanza nella investigazione e modifica i condizionamenti. L’uomo, in quanto tale, in ciò che lo costituisce fondamentalmente, resta lo stesso. Noi non siamo più intelligenti oggi che ai tempi di Socrate e di San Tommaso; solamente disponiamo di più mezzi di loro. La libertà umana è sempre la stessa, ma essa va acquistando sempre nuovi diritti nella società. L’universo materiale non è diverso da quello che era ai tempi dell’autore della Genesi, ma la conoscenza che ora ne abbiamo è progredita. Succede lo stesso sul piano religioso ed anzi in una forma eminente. L’uomo può progredire nell’intelligenza della Rivelazione, ma si tratta di progressivo svelarsi di una realtà che era già data, non della scoperta da parte dell’uomo di sistemi definiti come riflesso di condizionamenti psicologici e sociologici. In modo tutto particolare, le azione divine compite da Cristo, la sua incarnazione, la risurrezione sono realtà obiettive acquisite per sempre». Ci sono verità, miei cari, che non si possono cambiare. Non si può dire che il Signore è morto in croce l’anno scorso o che è morto di freddo quest’anno o che l’anno prossimo morirà di caldo - non ti sembra, don Matteo? - o per una indigestione filosofica. No, figlioli, ci sono cose immutabili che non si possono cambiare: né ieri, né oggi, né domani. Sai, Franco ? La realtà è questa. «Ora, gli elementi permanenti della natura umana e della Rivelazione divina sono al giorno d’oggi contestati da alcune correnti ideologiche che estendono indebitamente il mutamento alla totalità del reale». Mi pare che sia come la storia di quel calzolaio che, guardando un quadro, ha fatto delle osservazioni perché aveva visto che le scarpe avevano la cinghietta storta, e ha detto: “Guarda, guarda... Le scarpe hanno la cinghietta storta!”. Il pittore, che stava dietro, ha sentito e ha corretto l’errore. Il giorno dopo il calzolaio ha cominciato a criticare anche altre parti del dipinto, e allora il pittore ha detto: “Sutor, ne ultra crepidam. Calzolaio, ti concedo di criticare fino alle scarpe, non più in là!”. Ho l’impressione che un pochino stia succedendo questo. Vediamo certe cosette, qualcosa che non va: piano, lasciamo stare almeno la testa! Tu, uomo d’oggi, che hai preso coscienza di tante cose, che con la tua intelligenza, che è di Dio, sei riuscito a capire certe cose, non crederti padrone di tutto. E va bene, installa l’impianto termico invece di usare la stufa, e ringraziamo il Signore. Certe cose vanno cambiate, va bene ! È giusto, ma vanno cambiate con prudenza e carità, ma non andiamo oltre il limite! A un dato momento, perché vedi che hai ragione in una parte, cioè nelle scarpe, vorresti cambiare tutto l’uomo. Eh, no!

CHIESA cristianesimo

CHIESA

GESÙ

mistero pasquale

DOTI UMANE intelligenza

DOTI UMANE rinnovamento

DOTI UMANE equilibrio

VIRTÙ

prudenza

Il riferimento è a don Giuseppe Rodighiero, che all'epoca stava facendo l'anno di noviziato.

Il riferimento è, forse, a Renzo Dabionelli, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso liceale.

MI252,8 [17-12-1968]

8. «Ci sono alcuni, poi, al giorno d’oggi che contestano l’eredità del passato e dell’esperienza attuale fanno il punto di partenza di un ricominciamento assoluto».
C’è da ridere, no? Si contesta un passato di duemila anni dicendo che quello non vale, che quella esperienza non vale, e si parte senza esperienza sostenendo che bisogna fare in un'altra maniera. Pio XII, quando ha modificato la legge sul digiuno eucaristico, lo ricordate, ha emesso una disposizione che dopo un po’ di tempo l’esperienza dimostrava che bisognava cambiarla; infatti per fare la comunione senza l’osservanza del digiuno occorreva un ragioniere che calcolasse la distanza e tante altre cose. E la disposizione è stata semplificata. Tutte le cose che sono un po’ fondate sull’umano hanno bisogno di una certa esperienza; redatte a tavolino, voi capite chiaramente che non possono assolutamente resistere. Non so se sbaglio, don Giuseppe. Resistono solo finché sono sul tavolino, ma credo che abbiano bisogno di un rodaggio. Va bene? Come può un giovane di vent’anni condannare tutto e dire: “Bisogna fare così!”, quando la stessa esperienza ci dimostra che a tavolino non si possono fare tutte le leggi e che bisogna sottoporle alla prova? Perché idealmente sono belle, ma poi, sottoposte alla prova, l’esperienza ci dice magari che bisogna cambiarle. Ho portato come esempio la disposizione di Pio XII, ma si potrebbero citare tanti altri casi. Amici miei, vedete allora che si cade proprio nel pericolo di cui parlavamo poco fa: manca l’esperienza della vita e, perciò, si minaccia di distruggere ciò che ha bisogno solo di essere corretto, per fare ciò che un domani non si potrà nemmeno correggere perché bisogna gettarlo via. Quello almeno bastava correggerlo, questo bisogna gettarlo via. «Ci sono dunque alcuni, al giorno d’oggi, che contestano l’eredità del passato. Cristiani fuori strada cercano di introdurre queste ideologie fin dentro la Chiesa. Essi vedono nella gerarchia il riflesso di una società scomparsa e non l’istituzione immutabile stabilita da Gesù. Essi vedono nei dogmi l’espressione di una mentalità prescientifica e non di una verità definitivamente acquisita». Si sente dire: “I preti? Devono mantenersi! Si deve lavorare. La Messa va celebrata così...”, eccetera, eccetera. E qualche prete è andato a Padova e in un gruppo, come tra amici, ha celebrato la Messa a tavola: prima si è mangiato e... “Adesso mettiamo da parte il Signore. Il Papa non capisce niente, la Chiesa non capisce niente. Cristo ha stabilito così, e noi dobbiamo obbedire a Cristo prima che agli uomini, perciò dobbiamo fare così!”. Sono fatti che stanno succedendo in questi giorni, eh! Renzo , non celebrare la Messa così!

CHIESA Papa

EUCARISTIA comunione

DOTI UMANE rinnovamento

DOTI UMANE equilibrio

CHIESA cristianesimo

PASTORALE parroco

CHIESA

Il riferimento è a Fernando Murari, che all’epoca frequentava il 3° anno del corso liceale., non di te.

MI252,9 [17-12-1968]

9. «È chiaro che in questo caso non si tratta più di trasformazioni a cui un cristiano ha il dovere di aprirsi; si tratta di un totale sovvertimento dei valori, d’una perversione dell’intelligenza, di una stupida recessione. Dal punto di vista scientifico è fin troppo chiaro che il mutamento consiste nell’avanzare partendo da ciò che è acquisito, non ripartire da zero».
Mutamento significa avanzare, non ripartire da zero. «Il progresso è precisamente la sintesi della tradizione e della ricerca, che prende spunto dalle certezze anteriori per tentare di andare più lontano. Nel campo politico le conquiste della democrazia sono state troppo difficilmente acquisite perché possiamo permetterci di ritornare alle forze istintive della violenza e della sovversione. Il dovere del cristiano di fronte al mondo in trasformazione è dunque duplice: da un lato, cioè, deve entrare risolutamente in questa civiltà che è in via di costituirsi, anche se talvolta essa sconvolge le sue abitudini di vita e di pensiero ed è a questa civiltà che noi dobbiamo mostrare il volto del Cristo». Dunque, in altre parole, bisogna entrare in questa civiltà! Qualcuno potrebbe sostenere: “No, no, io resto ancora con la pipa, come una volta!”. E invece no: dobbiamo entrare in questa civiltà, però per mostrare il volto di Cristo; dobbiamo entrare parlando la sua lingua. Se uno di noi si trova in mezzo ai Francesi, non può dire: “No, io parlo solo in italiano o nel mio dialetto; non parlo assolutamente in francese”. Anime di Dio, costui è un pover’uomo! Se vai in mezzo ai Francesi è necessario che tu parli la lingua francese, però per parlare di Cristo! L’errore, per conto mio, è questo: si va in mezzo ai Francesi per parlare delle cose francesi. E invece no! Dobbiamo andare in mezzo ai Francesi, parlando pure la loro lingua e delle loro cose, ma allo scopo di parlare del Cristo. Noi siamo chiamati ad andare in mezzo a loro per portare il Cristo: parlare la loro lingua, ma per portare il Cristo. Non parlare la loro lingua, rimanere con loro e condividere la loro vita, pur con l’idea della testimonianza, non basta. Sì, dobbiamo dare la testimonianza con la nostra vita, ma anche parlare del Cristo, portare il Cristo. Qualche volta verrebbe la voglia di scoraggiarsi e scappare via pensando quale genere di missione il Signore sta affidando a noi, povere creature. Ma il bello è che quanto più siamo inadeguati, tanto maggiore è il coraggio che dobbiamo avere, perché confidiamo che il Signore, vedendoci così, faccia lui quello che non sappiamo fare noi. Parlo di me, sai, Fernando

DOTI UMANE rinnovamento

DOTI UMANE equilibrio

MONDO progresso

DOTI UMANE aggiornamento

CHIESA cristianesimo

APOSTOLO testimonianza

APOSTOLO missione

Nel testo registrato don Ottorino a questo punto aggiunge: “Ed è qui che volevo arrivare”.

Il riferimento è a Giuseppe Biasio, che all’epoca frequentava il 2° anno del corso teologico e aveva l’incarico di accudire alla stanza di don Ottorino.

L’assistente Vinicio Picco, oltre che responsabile del laboratorio di meccanica, era anche insegnante di materie tecnologiche nei corsi della Casa dell’Immacolata.

MI252,10 [17-12-1968]

10. «È a questa civiltà, dunque, che noi dobbiamo mostrare il volto del Cristo, e questo messaggio non sarà inteso dagli uomini d’oggi se non partecipiamo alle loro legittime aspirazioni. Ma il dovere dei cristiani è anche di combattere le idee sovversive che mettono in contestazione non soltanto strutture sorpassate, ma anche i valori fondamentali».
Ho sentito ieri sera il nostro caro maestro di camera, Giuseppe , il quale è andato a confessarsi da un padre - posso dirlo, no? - dei Servi di Maria e questi gli ha domandato: “Quale posto occupa a tavola il vostro superiore? Da noi è arrivato l’ordine - dalla Spagna, dove stanno facendo il Capitolo generale - che non ci devono essere posti riservati per il superiore e che tutti devono sedersi qua e là... ognuno prende il posto che crede”. Che proprio in questo momento uno degli argomenti principali da trattare in Capitolo sia il posto che deve occupare a tavola il superiore, cioè se debba sedere qui o là, non mi sembra importante. Come se, risolto questo problema, questa parità del posto a tavola, fosse salvato il mondo! Vi pare che sia proprio questa la sostanza? Come se il superiore, quando l’hai messo a sedere là, se è una testa calda, diventasse una testa fredda; se è un duce, diventasse un fratello; se è un paternalista, cambiasse immediatamente, perché mangia due passi più in là! Non capisci che mangia con lo spirito invelenito, anche perché l’hai messo là e così, tra l’altro, diventa peggiore? Mettilo nel mezzo, dagli due o tre paste, così, almeno, fai quello che vuoi! «È un preciso dovere, perché è solamente fondendosi su quei valori che la civiltà di domani sarà al servizio della vocazione autentica e potente dell’uomo. Questo mondo in trasformazione apparterrà a coloro che sapranno conquistarlo». Figlioli, ecco qui la sostanza. «Questo mondo in trasformazione sarà di coloro che sapranno conquistarlo. Sarebbe tragico che i cristiani non sapessero raccogliere la sfida». Queste ultime parole sono quelle che mi hanno spinto a leggervi questo articolo. Questo mondo in trasformazione, in ebollizione, è nella giusta posizione per essere ‘catalizzato’. Per esempio, se in un forno dove sta fondendosi l’acciaio vogliamo gettare qualche ingrediente, bisogna attendere che l’acciaio sia liquefatto; se non è in ebollizione, non possiamo gettarlo. Sarebbe inutile; non è vero, Vinicio ? Bisogna che ci sia la fusione; allora possiamo gettarvi, che so io, del carbonio o altro, appunto perché viene tutto fuso. Oggi il mondo è in ebollizione. Se in questo c’è un lato negativo, per conto mio c’è anche un lato veramente positivo. Il mondo è in una tale posizione da essere conquistato dal Cristo; è in un momento in cui, se noi sappiamo agire, possiamo portare adesso il Cristo. Sarebbe come se si fosse in primavera, quando la terra è pronta a ricevere la semente. Pensate allora alla responsabilità di noi, uomini scelti da Dio per portare il Cristo, la semente del Cristo a questo mondo.

COMUNITÀ

superiore

MONDO

DOTI UMANE responsabilità

CHIESA cristianesimo

MONDO progresso

Frase attribuita a Voltaire, uno dei padri della rivoluzione francese.

MI252,11 [17-12-1968]

11.Perciò io direi: mettiamo da parte tante disquisizioni, prendiamo in mano il secchio delle sementi e andiamo a seminare il Cristo. Cerchiamo di non perderci in discussioni, in bagatelle. Facciamo un pochino come quel gondoliere di Venezia: “Ah, nemmeno io credo a quelle cabale là, alla transustanziazione! Io so solo che sta passando il padrone del mondo, e allora giù il cappello!”.
Penso che in questo momento sia proprio il caso di lasciare perdere certe disquisizioni, come la discussione se la Madonna sia stata vergine prima, durante e dopo il parto. Beh, in Paradiso andremo a vedere; intanto, per adesso, io so che Maria è la mediatrice di tutte le nostre grazie e che per salvarmi la vocazione, la purezza e conservare un po’ di fede, ho bisogno di lei. Poi, quanto al resto, ci penseremo al di là. Andiamo avanti! Bisogna che a un dato momento certe cose le lasciamo da parte. È giusto o sbagliato, figlioli? Questa è la sostanza: oggi il mondo ha bisogno di Dio e noi glielo possiamo portare, però non perdiamoci in stupidaggini che sono un inganno tremendo del demonio, il quale ci fa perdere in esse e trascurare la sostanza. Anzi vi dico: salvatevi da queste influenze esterne che certamente, più o meno, potrebbero colpire anche voi. Perché vi assicuro che, se leggessimo continuamente certe riviste, certi giornali, certa stampa, insisti oggi, insisti domani, qualche cosa di esse resterebbe in noi. Calunnia e calunnia... qualche cosa resta! Perciò cerchiamo di andare alle fonti vere: magistero della Chiesa, libri santi, decreti conciliari... in modo che, qualora leggiamo qualche cosa di avvelenato, non ci porti del male.

APOSTOLO ambasciatore di Dio

CONSACRAZIONE castità

MONDO

MARIA verginità

di ...

MARIA mediatrice

MARIA maestra, guida

APOSTOLO vocazione

VIRTÙ

fede