Meditazioni Originale > 1969 > TESTIMONIANZE SUGLI OPERATORI DELLA TELEVISIONE ALLA CASA DELL’IMMACOLATA

TESTIMONIANZE SUGLI OPERATORI DELLA TELEVISIONE ALLA CASA DELL’IMMACOLATA

MO260 [24-01-1969]

24 gennaio 1969

MO260,1 [24-01-1969]

1. Sia lodato Gesù Cristo!
Questa mattina avrei pensato di cambiare metodo di meditazione, e cioè, invece che far io la meditazione, chiamare qualcuno di voi a dire una parola. Abbiamo avuto in questi giorni tante cose, abbiamo avuto in pratica il passaggio del Signore e tra queste cose che ci hanno colpite, che portavano un po' il sigillo del passaggio del Signore, è stato anche l'incontro con un gruppo di operatori della TV. Vorrei pertanto questa mattina sentire qualcuno dei fratelli che sapesse cogliere un po' il segno del Signore anche negli incontri che abbiamo avuto con queste persone. E, ieri sera, ho incontrato qualcuno così nel corridoio e ho detto... ho già avvisato chi deve dire una parola, non una predica, un pochino un pensiero così. Il primo che è stato estratto dalla fortuna è stato il nostro caro Fabris, il secondo il diacono Orfano Giovanni, il terzo il schinca penne, pare, Giuseppe, e l'ultimo a concludere un po', a tirare i fili, sarà il nostro carissimo don Girolamo.

MO260,2 [24-01-1969]

2. GIAMPIETRO FABBRIS: Bisogna che stia attento a non fare la parte del leone perché se no dopo Giuseppe e gli altri non trovano più niente da dire e allora... Comunque io parto raccontando il fatto. Non tutti c'erano laggiù in refettorio quella sera, l'altra sera, e quindi chi c'era fa presente agli altri e sentono come sono andate le cose.
Eravamo lì, siamo andati giù all'inizio pochi, sono andati giù gli operatori della troupe della TV subito, poi siamo andati giù io, c'era Giovanni Orfano e qualche altro, e don Ottorino non c'era e neanche il regista. E lì si era cominciato a parlare a gruppetti ed io all'inizio, vero, con Vinicio, parlavamo con l'aiuto operatore con i baffetti là, quello con il giacchettone di pelle là; poi ero con Giuseppe che parlavamo con il tecnico del fono e poi alla fine, quando è arrivato don Ottorino, ero con Giovanni Orfano che parlavamo con Fantoni, quello con il soprabito alla 'Bonnie and Clyde'. Comunque, lì si è visto subito l'atmosfera che si era creata e il rapporto che c'era fra noi e loro. La prima sera che erano venuti io non li ho visti; comunque han detto che non guardavano, non salutavano nessuno, squadravano solo e basta; invece l'altra sera si parlava proprio amichevolmente, tanto che Vinicio con il 'baffo' si davano del tu, don Girolamo con quell'altro 'baffo' lo stesso; comunque si vedeva che i discorsi erano tutti sulle cose nostre: o direttamente la Congregazione o argomento religioso, comunque erano tutti sulle cose nostre, ma loro erano molto, molto ben disposti ad accettarli. Questa è stata la prima osservazione che si può fare, insomma. Poi, a un certo punto c'era Fantoni con Giovanni che, la discussione era abbastanza animata, si parlava dei santi che son tutti matti, ed era entrato don Ottorino da poco, era andato lontano all'inizio della tavola con il regista, e ha detto: "I santi sono tutti matti, ma non come questo, tanto son tutti matti perché per il passo che hanno fatto devono essere matti per forza". E in quel mentre il regista - e stava dicendo anche che don Ottorino ne ha un rametto anche lui, ha detto - e in quel mentre il regista s'è girato e l' ha chiamato: "Fantoni, venga qui". Aveva una sedia libera là vicino, e l'altro ha detto: "No, - ha detto - perché sente che sto parlando male dei preti - ha detto - vuole chiamarmi via subito", el ga dito. E allora ha detto: "Don Ottorino, stavo parlando male di lei. - ha detto - Dicevo che i santi sono tutti matti". E allora don Ottorino ha preso la palla al balzo e ha detto: "Son matto non poco ma tanto, - el ga dito - perché... devo dire, ho l'idea che il matto me lo ga fatto fare el Signore", el ga dito. E allora ha cominciato, ha detto: "Qui non parlo più con gli operatori della TV, adesso parlo con degli amici". Quindi ha cominciato a raccontare i fatti di Francesco Giuliari, alcuni fatti dell'inizio dell'Istituto, della provvidenza quando si arrivava con l'acqua fino alla bocca e sempre all'ultimo momento arrivava la soluzione. Loro sono rimasti molto impressionati, proprio, da questi fatti perché erano miracoli. E non è che si siano messi a fare i razionalisti davanti a questi fatti. No, li hanno accettati, non si sono messi a discutere: sarà vero, non sarà vero... Infatti uno lo ha detto: "Eh, noi vediamo subito negli occhi se uno dice il vero o se sta raccontando fandonie". Difatti loro sono stati molto, molto interessati, tanto che a un certo punto don Ottorino aveva detto: "Basta adesso, se no vi faccio la predica”. "No, no, - han detto - vada avanti ancora". Siamo stati laggiù un'ora e mezza. Don Ottorino non so quanto abbia parlato. Comunque il regista a un certo punto voleva addirittura che si ripetesse la scena, che uno andasse a prendere le luci e la cinepresa e ripetere la scena per mandare in televisione quella, ha detto: "È così bello, e perché non possiamo mandare queste che sono le cose proprio del vostro Istituto che più vi rappresentan?”. Don Ottorino non ha voluto e anche Fantoni ha detto che lì si era creato un momento magico e che la televisione non lo rende. Però dopo, quando don Ottorino, don Ottorino anche ha fatto degli appunti, ha detto: "Il Signore ci vuol bene", ha approfittato per far vedere che il Signore ci vuol bene, che anche se uno sbaglia il Signore lo perdona, è sempre disposto a riprenderlo, e non si sa quali frasi abbiano più impressionato loro. Certo che dopo don Girolamo vi dirà anche qualche risultato pratico che si è ottenuto.

MO260,3 [24-01-1969]

3. Comunque l'interesse della gente... Prima osservazione che mi viene da fare: che noi non dobbiamo aver paura. Questo ce l'ha detto anche Fantoni ieri mattina poco prima di partire: "Non dovete aver paura, dovete rischiare e sapere che la gente è molto, molto ben disposta verso di voi... verso la gente di Chiesa così. All'inizio sta sulle sue, però se uno riesce con l'amicizia e se ha veramente un messaggio da dare, la gente è molto ben disposta ad accettarlo".
Poi anche la disponibilità da parte nostra di comunicare il messaggio che abbiamo, perché proprio Fantoni l'aveva detto appena alzati, ha detto: "Guarda un po' se dovevo venire a Vicenza io a sentire queste cose! - ha detto - Credevo che la semenza della santità fosse finita e invece la trovo ancora". Questa è una frase che fa pensare: perché dovevano proprio venire a Vicenza loro per trovare questo? Noi, se non gli avessimo dato loro, l'ha notato anche don Ottorino, noi avremmo fatto un peccato di omissione; non abbiamo fatto niente di speciale a dare loro questo po' di gioia che abbiamo dato, perché l'hanno notato anche loro: “La gente ha bisogno di respirare ogni tanto una boccata di aria pura, - hanno detto - un po' di ossigeno”. Si vedeva che sono andati via con i polmoni pieni proprio perché tutti hanno ricevuto, e noi, dando, abbiamo ricevuto perché si è proprio costatato che meno pretese si ha e più si fa, perché più lasciamo fare al Signore. Noi ci abbiamo messa la nostra amicizia, ci abbiamo messo le nostre doti, don Ottorino con la sua personalità si è imposto e loro hanno... sono stati, anche da questo, sono stati più disposti ad accettare quel che diceva, senz'altro; don Girolamo con le sue doti ha conquistato l'altro, don Venanzio con il suo modo di fare l'altro; tutti hanno messo la loro parte, e in fondo il Signore ci ha messo la sua, e son venuti i risultati. Ecco, questa nostra disponibilità... e se noi siamo veramente come il Signore ci vuole, allora facciamo quello che il Signore vuol fare, sennò... Ci ha detto don Ottorino: "Questo è niente; chissà cosa può fare il Signore con noi se noi siamo nelle sue mani!”. Comunque, io dico che è stata bella la cerimonia ieri mattina in cattedrale, e lo Spirito Santo lo avran ricevuto i diaconi; ma ieri sera, l'altra sera in refettorio lo han visto tutti lo Spirito Santo, senza tante mani del vescovo... là si sentiva proprio che si poteva toccare con mano. Penso che l'han toccato anche gli altri. Comunque adesso io non voglio andare troppo avanti perché poi Giuseppe non avrebbe niente da dire. Ecco, io dico che, se questi sono i frutti, vuol dire che non siamo tanto cattivi, vuol dire che qualcosa di buono lo facciamo e il Signore ci benedice così... Si vede che siamo sulla strada giusta.

MO260,4 [24-01-1969]

4. GIOVANNI ORFANO: Intanto vorrei dire che è andato troppo avanti, ha portato via il pane a tutti, non solo a me.
Guardate, per riallacciarmi un po' quel che diceva. È proprio stato una storia prima di andar giù in refettorio, perché erano anche là in meccanica... fin che stavano guardando così insieme con il regista... Tante volte basta una stupidaggine, magari un'occasione inventata come è stata quella lì di andar giù a prendere una bottiglia, tanto è vero che don Ottorino ha detto al regista e, mi pare, agli altri: "Beh, adesso abbiamo finito, è meglio...”. Era là che discutevano come facciamo come non facciamo queste riprese... Allora l'operatore diceva: "Mah! C'è poca luce; bisogna star qua a far tutta la illuminazione; domani mattina, se viene un po' di luce, vien una visuale spettacolare dentro qua...". Insomma il regista si è lasciato convincere e allora don Ottorino dice: "Intanto, finché aspettiamo andiamo di là e vi offro una bottiglia; così prendete una bottiglia e andate via, no?". E loro hanno accettato molto volentieri, anche perché, a quanto pare, a mangiare e a bere ci teneva quella gente lì; e dopo fin che don Ottorino è uscito insieme con il regista si è fermato l'operatore, non so come si chiama... Aldo... Beh, quello là, insomma... baffo... el baffo primo e assieme agli altri han detto: "Beh! Adesso andiamo di là, andiamo a prendere una bottiglia", e han detto: "Chi è che offre?". Subito... “La offre el padre!”. "Beh, insomma, meno male!". E allora siam venuti di qua e siamo andati giù e allora è stato quando... Dopo sono arrivato un po' in ritardo, son venuto giù con don Ottorino proprio giù lì e mi son messo in fondo, vicino proprio al dott. Fantoni lì... lì si è incominciato a parlare. Il dott. Fantoni, un po' contestatario nel suo modo di fare, ha cominciato a dire insomma che la parrocchia che al giorno d'oggi non ha più la funzione... almeno impostata com'è tradizionalmente non svolge più forse il suo compito come una volta per lo meno... bisogna allargarsi, bisogna dare, mettercela tutta, stare con i tempi, insomma, più che un territorio bisogna prendere a categorie, saper fare anche vero parrocchia veramente così... Però noi allora abbiamo detto: ben....... più o meno il pensiero di come svolgerla noialtri; tanto è vero che lì c'era l'autista grande, quello... l'amico di don Venanzio, fin che don Ottorino parlava... a un dato momento è saltato fuori lui e ha detto: "Ma questo qua è quello che dovete fare voi diaconi...”. “Bene, dico, varda, mi piace perché è riuscito a cogliere proprio quello che è un po' come pensiamo noi il nostro diaconato”. Questo dott. Fantoni, come vi dicevo, s'è cominciato a discutere così, poi è venuta fuori la questione del film di Pasolini là, la vita di Cristo, dice che i cattolici non... si son messi per niente dentro il cinema e si è dovuto far venire un marxista per fare un cinema del genere; e allora abbiamo cominciato a discutere: “Beh, xe vero, l'ha fatto bene, l'ha prodotto abbastanza bene... Il cristianesimo è qualche cosa di più che una sociologia...”. E dice: “È vero, però...”. Lì abbiamo dovuto dare atto perché almeno, a mio avviso, è riuscito un marxista a scrivere meglio di tutti gli altri di quel che hanno fatto; però non bisogna fermarsi lì, bisogna andare più avanti in quel che è il cristianesimo. Intanto è venuto fuori il discorso: "Beh, ma bisogna essere dei santi, però...”. E lì si è riallacciato... e allora don Ottorino che, si vede, ha captato qualche cosa o chissà perché come mai, l'ha accalappiato anche perché c'era il regista che voleva che venisse vicino a lui... sarebbe stato più volentieri in fondo là a chiacchierare ancora un po'; comunque, quello è stato l'avvio che l'ha portato a quella discussione lì. Credo però che proprio qualche volta bisogna prendere le occasioni e anche crearsele proprio quelle lì, perché quello lì è stato il motivo che ha fatto partire dopo, come diceva giustamente Giampietro, e approfittare insomma delle occasioni e darci dentro.

MO260,5 [24-01-1969]

5. GUSEPPE BIASIO: Qui non bisognerebbe che sottoscrivere tutto quello che è stato detto, però alcune riflessioni, anche per non aggiungere, altrimenti dovrei fare il cronista di 'Gente’.
Dico soltanto questo: che io sono rimasto sconcertato dopo i fatti di sabato fino all'altro ieri perché si è visto come il Signore sia passato in modo veramente inaspettato. Abbiamo visto la faccenda di sabato, abbiamo visto la mattina del mercoledì e il pomeriggio: sono momenti che noi giovani non dovremmo certamente lasciare passare inosservati perché quando le grazie passano, passano e non ritornano. Io dico che bisognerebbe soprattutto essere aperti, aperti a scoprire quelli che sono i piccoli, diciamo segreti, no, i piccoli... che il Signore dà. Non so... Io fra due anni son prete e non vi nascondo che tante volte m'interessi, veda come si potrebbe arrivare per presentare sempre più e sempre meglio il messaggio che Nostro Signore ci affida, e osservando, non so, non so l'opinione così pubblica, è facile lasciarsi trasportare da quella che è la mentalità della contestazione, e cioè dare la massima esaltazione di quelle che sono le nostre scienze umane e tralasciare invece piuttosto quella che è il contenuto di un messaggio che il Signore ci porta. Ebbene, mi sono reso conto proprio mercoledì pomeriggio che quel che il Signore vuole da noi non è tanto il dato di cronaca, il dato di fatto oppure l'idea A, l'idea B che circolano e che vagano, ma piuttosto quello che si vive e soprattutto quello che si soffre; perché, a prescindere don Ottorino qui presente che parlava, ciò che ha colpito quella gente è stato soprattutto l'animo, no, che soffriva finché parlavano e nello stesso tempo gioiva perché dava. Ecco, io credo che dovremmo, soprattutto finché siamo giovani, approfittare perché non è mica vero che Dio sia morto come la teologia cerca di trattare, la teologia protestante tratta, oppure certe canzonette che sono così in voga; io credo che nostro Signore sia vivo e sia vivo soprattutto nella gente perché la gente lo desidera. È stata una prova veramente edificante quella proprio di gente la più disparata, diciamo, perché gente abituata a viaggiare, trovarsi in circostanze e ambienti diversissimi... eppure un sottofondo cristiano, umano, fa sì, insomma, che in qualsiasi circostanza questi desiderano e possono arrivare a nostro Signore. Poi un altro fatto, e soprattutto che mi ha colpito in quei giorni, è soprattutto il bisogno cioè... che è vero quella frase che “l'apostolo deve dare". Vedete, don Ottorino ha trovato il campo, umanamente parlando, pronto per portare il suo messaggio; noi abbiamo fatto di tutto, cioè con l'amicizia. Una cosa che dovremmo senz'altro noi approfondire è proprio questa, cioè: aprirci a quelle che sono le doti nostre e dare agli altri la... innanzi tutto, prima di tutto ai nostri qui in Casa e agli altri... quella che è la, come dire, l'aiuto, no, l'attenzione, la ricerca di fare qualche cosa per loro. Questo, e sarebbe soprattutto la chiave di volta per, non dico, convertire, ma per lo meno portare una scintilla, un qualche cosa a quelle persone. Ecco ciò che, concludendo, si potrebbe dire questo: che noi abbiamo una ricchezza veramente grande che forse fin che si è giovani non si dà sufficienza... un sufficiente peso; dovremmo senz'altro approfondire e essere sicuri insomma che se noi corrispondiamo sempre e in modo, diciamo, generoso, vediamo che la parola di nostro Signore non è certamente, non va a vuoto, anzi colpisce e colpisce dei buoni pesci, vero?

MO260,6 [24-01-1969]

6 DON GIROLAMO VENCO: Ci sarebbero tanti altri che avrebbero qualche cosa da dire. Comunque una riflessione che io facevo ieri sera con Vinicio e don Ottorino, dicevo che se sabato, domenica, si faceva fatica a dormire per il dispiacere, io ieri ho fatto fatica a dormire dalla gioia, e sì che sapete che non sono uno che dorma poco. Senz'altro sono stato... è stata una cosa per me indescrivibile; però credo, guardate, che sia stato per questa conclusione, sia stato il frutto un po' del lavoro di tutti quanti perché quando sono arrivati qua quei... "l'intelligentia", cioè i primi tre si aspettavano di trovare diaconi sposati, di trovare novità; invece hanno trovato... Sono andati anche quando lì assieme agli altri... ho parlato con don Ottorino, con l'uno con l'altro, ma si è parlato così con semplicità, con bontà e anche nel giorno dopo anche là in cattedrale si è cercato di essere a loro servizio, perché si è cercato di far capire che stavano facendo un'opera buona anche loro; cioè li abbiamo conquistati in pratica tutti quanti, con l'amicizia, e anche don Ottorino ha detto che quando è venuto giù lui, che ha preso in mano la situazione lì in refettorio, c'era già un clima adatto, un ambiente preparato. Io penso che tutti quelli che c'erano lì non se lo dimenticheranno...
Io non so perché il Signore abbia dato a me questa gioia di dare l'assoluzione a uno e di confessarlo per la strada, perché io l'ho confessato quando voi li avete salutati, io son partito a braccetto per di qui per la strada, sono andato fino al bar San Gaetano, poi siamo tornati per la strada, abbiamo fatto un giro dentro il cortile e così... abbiamo fatto le nostre cose. La prima volta che capita a me. A don Ottorino è capitata qualche altra volta. Io non so proprio, insomma... Erano venuti qua, a quanto pare, anche dalle domande che facevano, per trovare la contestazione anche qua a Vicenza, perché l'argomento del giorno è la contestazione. Anche Fantoni lo chiedeva: "Qua com'è con il vostro vescovo?". Però a me in questi giorni avevo, mi pareva di aver capito una cosa: alle volte don Ottorino ha anche, mi pare, ha un certo modo di fare, di trattare anche, supponete, tutta la questione lì del diaconato col vescovo, per me che sono giovane, e penso che anche per voi che siete giovani, alle volte certi atti, no, che lui fa, non li farei perché mi parrebbe quasi che fosse politica, cioè certi modi che lui usa per arrivare a ottenere una cosa che pare sia voluta dal Signore, a me parevano che fosse magari politica, cioè di andare per le vie, proprio prendere... riuscire con la bontà e invece proprio mi sono accorto, e ho cercato anche di farlo capire ai giovani là della mia parrocchia, che questo è proprio frutto squisito della carità. Perché se ad una cosa si può arrivare con la carità, si può arrivare facendo contento sia noi che raggiungiamo questa cosa sia l'altro che ci dà questa cosa, è meglio andare così perché così ci ha insegnato il Signore. E io son convinto che... alle volte noi crediamo magari di andare direttamente così, cioè quasi contestando, con i modi forti e invece siamo scontenti noi, non riceviamo noi quello che cerchiamo, non otteniamo quello che vogliamo e facciamo star male gli altri. Io penso che una cosa che abbia colpito e io mi sono sforzato di farla capire anche... e penso anche che tutti gli altri, cioè questo modo di fare con bontà, ottenere... e con la bontà si ottiene quello che si vuole, mi pare che l'abbiano capito proprio anche loro. Non so neanche io come si sia creato questo clima che c'era giù lì in refettorio e che è continuato poi tutta ieri, perché ieri, ieri mattina, si è sempre continuato su quel tono, su quel clima. E mi diceva Bottegal: “Io non mi sono accorto, li ho accompagnati all'albergo tre: il regista e Bersellini, quello dei baffi, l'operatore, e un altro che non mi ricordo neanche chi fosse. Comunque per la strada commentavano questi fatti e avevano gli occhi rossi veramente, perché - ha detto - abbiamo respirato un po' di purezza, un po' di serenità, perché loro si sono meravigliati insomma della serenità che ci sprizzava negli occhi”. E questo che ha fatto impressione a me... che quella gente lì che forse è la più preparata a contestare, a discutere perché loro, l'ha detto Fantoni: “Noi i problemi del cristianesimo li viviamo forse meno cristianamente di voi ma più drammaticamente, per cui ci si mettono in mezzo...”, però non è mai venuto fuori un momento di discussione tra di noi, mi pare, non so, Vinicio, cosa ne dici tu? Mai! Abbiamo parlato così da amici.

MO260,7 [24-01-1969]

7. Io, per esempio, quella mattina che ero in cattedrale ho chiesto a loro cosa... che diaframma devo adoperare per la macchina e ho chiesto così proprio con semplicità, e ho visto che lui poi, l'operatore, tutto disposto veniva a dirmi: "Guarda, adopera questo diaframma qua, adopera quest'altro, sta' attento qua, sta' attento là”, cioè basta metterci al nostro posto e trattare la gente con bontà. Ecco, io penso sì sono utili tante cose che studiamo, sono utili, utilissime senz'altro per darci una certa quadratura, ma però l'indispensabile è l'altro insomma: aver qualche cosa dentro per cui i... Non so, ecco... Cioè sì, dobbiamo essere dei catalizzatori, mi pare, cioè di quelli che fanno scoccare la reazione tra Dio e loro. Perché, chi di noi si pensava... Eravamo già tutti diffidenti verso il mondo di quella gente lì, perché pensare alla vita che fanno loro che vanno da Vicenza a Roma, da Roma in Svezia, in Africa, eccetera, che gira in tutte le parti del mondo e non certo, non trovano mica città buone come Vicenza. Quando vanno in certi altri luoghi, in certe città del Nord frequentano certi ambienti... ma da per tutto insomma... per cui loro hanno una certa difficoltà, e per noi forse c'è anche, c'era fino adesso come fosse gente già perduta o che so io. Invece vediamo che il Signore... Restano, hanno un fondo buono tutti quanti, basta sapere, ecco, far proprio da catalizzatori, lasciar passare la grazia del Signore.
E questo è quello che, mi pare, don Ottorino voglia farci andar dentro insomma; sì, cultura, altre cose, saper parlare, sapere tante altre cose, ma quello, prima di tutto insomma, lasciar passare la grazia del Signore, ecco. Io non... Anche faccio fatica dirvi altre cose. Comunque, per esempio, lì l'operatore mi ha tanto raccomandato che quando vado a Milano vuole che vada a trovarlo, che vuole... “Se avete bisogno di qualche cosa non abbiate paura, vengo... vi aiuterò, se avete bisogno di materiali, eccetera”. Cioè anche tanta disponibilità! E a quella gente... io penso che si può far fare del bene proprio anche nel loro campo e penso... da questo incontro qua saremo anche facilitati se vorremmo fare qualche... documentare qualche cosa, perché... Forse vi avrà già detto don Ottorino che anche il regista è andato via proprio conquistato, tanto che all'aeroporto ha baciato don Ottorino e Bottegal, ha baciato me, proprio e ci ha raccomandato: “Quando venite a Roma, mi raccomando, venite a trovarmi, non solo perché abbiate bisogno, ma soprattutto per questo contatto insomma di amicizia umana”, ma che è fondata su qualche cosa d'altro che non è solo umana. Perché il loro ambiente, lo diceva uno: “Sì, voi qua siete in un ambiente fortunato; il nostro ambiente è fatto di sgambetti, di raccomandazioni: com'è che si fa a vivere così?”. E allora don Ottorino portava un esempio che non mi ricordo neanche... mi pare dell'arancio... cioè saper prendere gli uomini col bene, quel bene o quel male che hanno, cioè con le virtù e i difetti e guardare... essere ottimisti insomma nei riguardi degli altri, vedere che in tutti c'è del buono. E noi prima di tutti abbiamo visto che anche in loro... c'è tanta, tanta buona pasta; saper lasciare passare la grazia del Signore, insomma, ecco, incanalarla. Sia lodato Gesù Cristo!