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L’APOSTOLO EVITA OGNI COMPIACENZA UMANA

MI145 [21-02-1967]

21 Febbraio 1967

All’inizio il testo registrato è lacunoso, con rumori e applausi. Anche per questa meditazione don Ottorino si serve del libro di HEINZ SCHÜRMANN, Prima lettera ai Tessalonicesi, Città Nuova editrice Roma 1965, dal quale prende una sola citazione, dalla pag. 48, che viene riportata di seguito in corsivo.

Cfr. 1 Tessalonicesi 2,5-6.

Luciano Bertelli frequentava all’epoca il 3° anno del corso teologico.

Silvio Vittoriano Rossato era fra gli ultimi Religiosi scesi a Crotone e quindi il meno esperto.

MI145,1 [21-02-1967]

1 Con l’aiuto della Madonna ritorniamo al nostro caro San Paolo.
“... mai uno scopo recondito di cupidigia, e Dio ce ne è testimone, mai cercammo la considerazione umana, vostra o altrui...”. Lasciamo stare la cupidigia perché adesso, forse, non c’è l’occasione per noi, dato che siamo Religiosi, e la cupidigia è essere avari; piuttosto è facile essere prodighi, non sapere che cosa costa il denaro e quindi consumarlo con faciloneria... il pericolo per noi, oggi, è soltanto quello di fare la fatica di domandare il permesso. Importante invece è la seconda parte: “... mai cercammo la considerazione umana, vostra o altrui...”, cioè non cercare la considerazione degli uomini. È chiaro che quando si fa un’azione, si cerca l’approvazione di qualcuno; è umano, è umano! Se, per esempio, il nostro caro Luciano Bertelli dovesse fare una predica e in chiesa fosse presente sua mamma, venuta apposta per ascoltarlo, accompagnata da sua sorella, dal marito della sorella, dai cognati, dai parenti fino al terza generazione fino a riempire la chiesa... se lui sa che tutte queste persone sono presenti, fa la predica per i ragazzi, per i giovani, per gli amici, ma, la persona principale è la mamma. Se, poi, fosse presente il vescovo, se fosse presente in chiesa monsignor Zinato, senza volerlo penserebbe: “Devo stare attento perché c’è il vescovo!”. È quello che hanno provato i confratelli a Crotone quando hanno iniziato fare scuola di religione: la prima persona a cui piacere era il maestro, anche per Vittoriano . Poi, quando hanno capito dalle domande che facevano che i maestri non capivano niente di religione, non sapevano niente, e poi che tutti i maestri erano poco preparati in pedagogia, quando hanno sentito insomma che i maestri ne sapevano meno di loro, allora si sono sentiti maestri loro. Il primo momento è questo. Non dobbiamo scoraggiarci: è umano, anche se non ce ne accorgiamo, che quando facciamo un’azione siamo preoccupati di piacere. Non c’è niente da fare; è inutile cercare di liberarsene. Sarebbe come dire: “Io non ho mai fame! Io? No, ti assicuro, io mangio di tutto...”; sei uno stupido, allora, non capisci niente perché non è lo stesso mangiare rospi o mangiare pollo, non è lo stesso! Nelle azioni umane è umano cercare di piacere, sentire la gioia. Anche la stessa mamma, quando il papà e i figli vanno a mangiare, è contenta perché mangiano di gusto.

VIZI avarizia

PECCATO passioni

CREATO

Elio Piccolo era passato dal seminario vescovile alla Casa dell’Immacolata dopo il corso ginnasiale e all’epoca stava facendo l’anno di noviziato.

MI145,2 [21-02-1967]

2 Quello a cui bisogna stare attenti è cercare, sì, di piacere, sfruttando questa natura umana, questa tendenza umana, ma mettendo una persona al primo banco: Nostro Signore. Ecco la santità! Non vi dico di soffocare la natura umana o di cambiarla; lasciamola come il Signore ce l’ha data o come è stata un po’ corrotta, ma mettiamo al primo banco il Signore. E perciò io cerco di piacere al Signore, il quale vuole che io cerchi di piacere anche agli altri; prima accontento lui, e accontentando lui sono contenti anche gli altri. In pratica, torniamo allo spirito della Congregazione: cercare di piacere a Dio, cercare di essere in relazione con Dio, di fare la volontà di Dio, di essere in contatto continuo con Dio, altrimenti, è facilissimo umanizzare il nostro lavoro. Cioè è facile che, a un dato momento, senza accorgersi, si cominci nel nostro lavoro, un pochino alla volta, a essere preoccupati di piacere alle creature, e Dio non voglia che queste creature siano di sesso diverso, magari specificate con nome e cognome, perché allora, invece che essere creature al plurale, è una persona al singolare! Piano piano, piano piano incontrerai quella creatura che, come Elio , continua a dire: “Oh, che bella conferenza! Oh, che bella predica! Come ha parlato bene questa sera... Oh, qua... Oh, là... Ma guarda, ma guarda...!”. Insisti oggi e insisti domani...
State buoni, figlioli, state buoni!

DOTI UMANE

DIO centralità

di...

CONSACRAZIONE santità

CONGREGAZIONE spiritualità

L’assistente Giuseppe Filippi era destinato alla Comunità che aveva appena iniziato il suo servizio in Brasile.

Associazione Cristiana Lavoratori Italiani: aveva lo scopo della formazione cristiana dei lavoratori e del loro sostegno nelle rivendicazioni dei diritti sociali ed economici sanciti dalle leggi e dagli accordi sindacali. Presso la sede nazionale delle Acli don Ottorino aveva amici che seguivano le pratiche della Congregazione presso i Ministeri dello Stato.

MI145,3 [21-02-1967]

3 Prendiamo come esempio l’assistente Filippi che va a San Paolo. Se io parlo di Filippi, so che non si offende perché questo non è mai capitato. Supponiamo dunque che Filippi vada a San Paolo e ci sia una signorina professoressa che cominci a dire: “Ho visto che lei in chiesa parla veramente bene. Così va bene, così va bene”. È logico che la domenica seguente, avendo la stessa signorina davanti, non potrà restare indifferente nel parlare. E magari è una signorina gentile, buona, santa, che frequenta la chiesa, una buona ragazza di Messa e comunione quotidiana, una buona figliola. E in un’altra occasione gli dice: “Mi hanno fatto molto bene quelle tre paroline che ha detto in commento... veramente bene! Sa, non ci avevo mai pensato!”. Insisti oggi e insisti domani, una parolina di lode oggi, una parolina tra quindici giorni... Filippi non può restare insensibile. Signori miei, io sono uomo: io non sarei capace di restare indifferente, lo confesso, e penso che neanche voialtri! Che dopo si vinca la battaglia è un conto, ma che si rimanga completamente indifferenti non è possibile. Se non è così siete fatti di ricotta o di sasso!
Ah, figlioli, per vincere queste battaglie, che senz’altro troverete, occorre prudenza e umiltà! Quando andrete a confessare troverete in confessionale quella pia donna che dirà: “Ah, non ho mai trovato un padre come lei! Ah... ah!”. Quando siamo andati alle ACLI , a Roma, mentre aspettavamo l’amministratore che stava telefonando, la signorina che era in ufficio ha detto: “Che impressione ha lei di Roma?”. Credeva che fosse la prima volta che andavo a Roma. Le risposi: “C’è il bene e c’è il male”. Allora lei prese a dire: “Che cosa vuole, in città, a Roma c’è di tutto. Io mi trovo in questa condizione: ringraziando il Signore vado in chiesa, partecipo a Messa alla domenica, faccio la comunione, ogni giorno faccio una visita in chiesa, ma la difficoltà enorme qui a Roma è che non si trova un prete, non si trovano preti per confessarsi, o meglio ci si confessa, ma il prete dà l’assoluzione e basta, senza aggiungere una parola, senza dedicarsi a un po’ di direzione spirituale, un’assoluzione in fretta e basta. Non si trovano preti che abbiano pazienza, che abbiano un po’ di tempo per aiutare un pochino un’anima”.

CROCE tentazioni

CREATO

APOSTOLO uomo

VIRTÙ

prudenza

VIRTÙ

umiltà

PASTORALE

AUTOBIOGRAFIA viaggi

Giuseppe Giacobbo frequentava all’epoca il 3° anno del corso teologico.

Modo scherzoso con il quale don Ottorino chiamava qualche volta Giuseppe Giacobbo.

Tutto è puro per i puri (cfr. Tito 1,15).

Don Pietro Martinello stava preparandosi a partire per il Chaco (Argentina).

Don Ugo Caldini era partito per il Guatemala nel novembre del 1966.

MI145,4 [21-02-1967]

4 Lasciamo stare, ma questo discorso sia una lezione per tutti noi. Supponiamo che adesso uno di voi sia sacerdote, ad esempio Giacobbo , e si incontra con un’anima bella in confessionale che gli dice: “Senta, io...”, e allora lui comincia a dirigerla. E, poi, a un dato momento lei gli dice: “Non ho mai trovato un’anima come lei in tutta Roma, in tutta Roma... Ah, ah!”. Figlioli miei, come si fa a restare indifferenti? Vero, Giacobetto ? “Omnia munda mundis” , non è vero?
Ora, attenti, attenti! Attenti anche nel Chaco, caro don Pietro , attenti! State attenti perché anche qualcuno che sembra orso è alla fine qualche volta meno orso degli altri. State attenti, perché io ho visto nella vita apostolica qualcuno che sembrava orso... Caldini , per esempio, umanamente parlando, è orso, la sua natura è così. Perciò non siete capaci di concepire un Caldini sdolcinato... è il classico carattere ruvido che butta là le cose così. Natura è natura, la sua è così... Bene, io ho visto nature simili che, arrivate a trentacinque o quarant’anni, si sono lasciate prendere da questi lacci. Questi compiacimenti umani fanno perdere la testa. Perché? Perché se non siamo preoccupati di piacere a Dio, naturalmente saremo preoccupati di piacere agli uomini. Mentre io parlo a voi è impossibile che non cerchi di piacere a qualcuno. Se facendo una torta mi riesce bene è inutile che dica che per me è indifferente; se mi riesce bene sono contento di fare bella figura: non c’è niente da fare. Se le cose, umanamente parlando, vanno bene, siete contenti; se vanno male, dispiace fare la brutta figura. Questo vale per don Ottorino, vale per il Papa Paolo VI, vale per tutti gli uomini che sono sopra la terra. Se uno dice: “Ma, io resto indifferente!”, ditegli che è un bugiardo perché quando le cose vanno bene si è contenti, e quando capita una brutta figura la si offre al Signore, ma si sente la sofferenza. Sarebbe come dire che quando uno soffre con gioia per amore del Signore non sente neanche la sofferenza. Ma quello è un insulso: se prendo uno schiaffone, mi fa male. Anche Gesù nell’Orto ha pregato: “Padre, se vuoi, passi questo calice”, e questo vuole dire che gli faceva male. La croce è sempre croce, la sofferenza è sempre sofferenza...

VIRTÙ

prudenza

VIRTÙ

retta intenzione

CREATO

APOSTOLO uomo

CROCE tentazioni

ESEMPI vari

CROCE sofferenza

Cfr. Salmo 7,10.

Don Ottorino, per la sua attività educativa in favore dei ragazzi abbandonati di Vicenza, aveva ottenuto dall’amministrazione comunale come riconoscimento ufficiale una medaglia d’oro di benemerenza, in occasione del XXV dell’ordinazione sacerdotale

MI145,5 [21-02-1967]

5 Fratelli miei, state attenti a quella benedetta ambizione, a questo benedetto desiderio umano di piacere agli uomini! Perciò nelle conversazioni, anche quando parlate, in refettorio o in cortile con i compagni e con gli amici, non cercate voi stessi. Anche se raccontate qualche cosa che riguarda voi, parlate con semplicità, come Papa Giovanni che raccontava con semplicità. Se volete fatelo pure, per carità, ma preoccupatevi di farlo sempre alla presenza di Dio. Fratelli miei, il grande segreto per non cadere è di avere sempre Dio presente... “Scrutans corda et renes, Deus” . Dio scruta nell’intimo e ti può dire: “Sì, sì... quella signorina o quel signore ti fanno gli elogi... sì, sì, sì ti fanno gli elogi perché non sanno per chi tu hai lavorato. Io solo posso farti gli elogi”. Ah, cambiano tante cose, fratelli miei, quando ci si mette alla luce di Dio; quando, per esempio, si ricevono lodi e rimproveri alla presenza di Dio, tante cose cambiano colore. Le azioni si fanno alla luce di Dio e tutto si riceve alla luce di Dio.
Per esempio, quante volte vi capiterà l’umiliazione di ricevere delle lodi che voi sentite di non meritare, come una medaglia d’oro, per esempio, l’umiliazione di ricevere una lode, una medaglia, una vera umiliazione. E la devi ricevere, perché il Signore ti ha messo lì, pregando nel tuo cuore: “No, Signore, no...”. Lui ti dice: “Ricevi e taci sempre!”. Allora si conclude: “Va bene, pazienza!”. In quei casi dovete ricordarvi una cosa: quando si ricevono quelle lodi, si ricevono sempre per procura, come quando un uomo è in America e la sua ragazza in Italia e viene chiesto il matrimonio per procura, per cui l’uomo che ha fatto il matrimonio per procura non può portarsi a casa la donna perché lui ha soltanto rappresentato quell’altro che è in America. Anche voi quando ricevete lodi, ricordatevi che le ricevete per procura: sono del Signore, è stato lui che ha fatto! Un altro esempio lo possiamo ricavare dal fatto che, ringraziando il Signore, si sta arrivando verso il diaconato. Se uno dicesse: “Ah, lei, don Ottorino, sapeva...!”. Non capite che bastava che soltanto un anello di tutta la catena non fosse riuscito - e che colpa ne avrei avuto io? - per farci tribolare di più, per metterci in difficoltà? Il Signore ci ha voluto portare un dono così, ma uno che c’è stato in mezzo, che ha visto tutto questo lavorio di Dio, sa quante volte il Signore ha dovuto - secondo l’espressione liturgica “mirabiliter reformasti” - riformare tutti gli sbagli che avevo fatto per strada aggiustando, mettendo a posto e rabberciando. Chi ha visto la mano di Dio che ha accompagnato e rabberciato, non ha il coraggio di dire: “Sono stato io!”; neanche per sogno, neanche per sogno! Qualche volta il ricevere una lode per procura diventa il momento di portare l’umiliazione. Perciò, fratelli miei, le lodi che riceviamo, le riceviamo per procura. Quando invece riceviamo biasimi e rimproveri, questi non sono per procura perché abbiamo tante miserie da pagare, che se non li meritiamo per un motivo, li meritiamo per un altro perché sono veramente tanti i debiti che abbiamo verso il Signore, sono tante le nostre infedeltà. E qui si tratta proprio di capire che cosa siamo, che cosa vuol dire avere peccato, che cosa vuol dire avere offeso Dio, che cosa vuol dire non avere corrisposto alla grazia del Signore.

VIRTÙ

retta intenzione

VIRTÙ

semplicità

DIO passaggio di...

DIO scoperta di...

VIZI superbia

ESEMPI vari

DIO lode a...

DIACONATO

VIRTÙ

Il riferimento è a don Luigi Mecenero, don Lino Dal Moro e l’assistente Giovanni Sgarbossa.

L’assistente Antonio Zordan, che era in procinto di partire per il Chaco (Argentina), aveva lavorato per alcuni anni nelle parrocchie di Crotone affidate alla Congregazione.

MI145,6 [21-02-1967]

6 Bisogna che ci mettiamo dinanzi a Dio che è presente, che nonostante le nostre miserie ci ha scelti, ci accompagna, ci ha dato una vocazione e si serve di noi, povere creature. Ma si servirà di noi finché saremo povere creature; quando cesseremo di essere povere creature, quando cesseremo di crederci povere creature, Dio non si servirà più di noi. È tremendo, sapete! Pensate ai nostri fratelli in America Latina che in questo momento sono entrati a Resende a portare Dio. Dio si servirà di loro tre finché saranno convinti di essere povere creature; quel giorno che crederanno di essere qualcosa, Dio non si servirà più di loro.
Ed allora ecco che San Paolo può dire apertamente dinanzi a tutti: “... mai cercammo la considerazione umana, vostra o altrui...”. Che bello se, un domani, poteste scrivermi dai vari posti di missione: “Don Ottorino, abbiamo tante miserie, ma possiamo dire in coscienza che abbiamo lavorato sempre dinanzi al Signore, sempre per il Signore e mai abbiamo cercato, mai, - tenete presente questa parola - mai la nostra gloria, mai abbiamo cercato il nostro onore: abbiamo cercato solo l’onore di Dio”! Che brutta cosa sarebbe, per esempio, uno che andasse a lavorare i campi e che tornasse a casa alla sera con una sporta di roba rubata! Un fattore che alla sera si portasse via la macchina piena o uno che andasse in stabilimento e si portasse via cuscinetti a sfera... quello è un ladro! Ebbene, se noi portiamo via la gloria a Dio, se rubiamo la gloria per noi, siamo ladri, fratelli miei, siamo ladri! Antonio Zordan, tu che hai esperienza apostolica, ho torto o ho ragione, caro? È facile lavorare “in humanis”? Eh, vedete, lui che ha più esperienza di me, può parlare delle nostre missioni; è vero o no? Volevo trattare altri temi, ma ho sentito il bisogno di fermarmi un momentino su questo punto. È facile oggi, ma è facilissimo un domani scivolare, perché oggi siamo in un ambiente di famiglia e in fondo in fondo sono piccole cose, ma un domani quando andate fuori sarete messi sul piedistallo.

VIRTÙ

umiltà

MISSIONI

DIO centralità

di...

VIRTÙ

retta intenzione

Religiosi impegnati pastoralmente a Monterotondo all’epoca erano l’assistente Mario Zorzi e i sacerdoti don Flavio Campi e don Graziano Battistella

Don Luigi Furlato era all’epoca il maestro dei novizi.

Don Leonzio Nicolai era l’arciprete del duomo di Monterotondo, don Giuseppe Boccetti era il parroco di Santa Maria, altra parrocchia di Monterotondo. Don Ciccio è, forse, don Francesco Rocca, canonico e parroco della chiesa cattedrale di Crotone.

A. Manzoni nel III capitolo di “I promessi sposi” riporta la narrazione fatta da fra Galdino, il frate cercatore dei Cappuccini del convento di Pescarenico, di un fioretto francescano avvenuto per opera di un santo frate cappuccino, padre Macario, in un convento di Romagna.

Cfr. Matteo 6,5

MI145,7 [21-02-1967]

7 Ho visto a Monterotondo l’affetto della gente per i nostri Religiosi: “Don Mario... Signor Mario.. Padre Flavio.. Don Graziano...”. Tutti quanti li cercano, tutti li vogliono, tutti vanno lì, non è vero don Luigi ? Si vede in ogni circostanza una grande quantità di gente; sentirsi al centro dell’interesse favorisce il compiacimento umano. A un dato momento la gente comincia a dire: “Ah, guai se non venivate qui voialtri! Ah, guai, guai! Solo voi potevate portare questo entusiasmo, solo voialtri potevate...”. A un dato momento ti incensano; magari ti tirano il turibolo sulla testa qualche volta, ma intanto ti incensano, ti incensano. A un dato momento è facile mettersi in chiesa e dire davanti al Signore: “Signore, ti ringrazio perché non sono come don Leonzio, come don Giuseppe e come don Ciccio. Ti ringrazio perché non sono come loro: io, sempre con il tuo aiuto, ma, insomma, sono qualcosa!”.
Ah, figlioli cari, attenti, perché il miracolo delle noci potrebbe verificarsi ancora, per cui a un dato momento il granaio, invece di essere pieno di noci, potrebbe essere pieno di foglie marce! Dopo aver lavorato e lavorato - evviva il lavoro! - ci sentiremo dire dal Signore: “Iam recepisti mercedem tuam: hai già ricevuto la tua mercede!”. “Io?!”. “Sissignore! Sei andato ad elemosinare quel sorriso, hai lavorato per gli uomini, hai lavorato per te stesso; hai cercato la gloria umana, e non hai cercato la mia gloria!”.

MISSIONI

DOTI UMANE stima

VIZI superbia

VIRTÙ

retta intenzione

VIZI egoismo

Raffaele Testolin era all’epoca ancora novizio

Don Ottorino invita al dialogo nominando Ruggero Pinton, che all’epoca frequentava il 1° anno del corso teologico, e don Erasmo De Poli, che era il direttore della Scuola F. Rodolfi per semiconvittori, Nel testo registrato si ascolta, a questo punto, qualche commento; in particolare poi qualcuno sottolinea i pericoli che possono nascere dal rapporto con le penitenti che concorrono al confessionale, per cui don Ottorino riprende la conversazione da queste osservazioni.

Don Ottorino usa questo termine in senso figurato; sta per cibo spirituale solido da offrire a un’anima.

Nel testo registrato si ascolta, a questo punto, una voce che commenta: “Per esempio, don Matteo ha trattato così per un po’ una donna e, ha detto, quella non è più ritornata”.

MI145,8 [21-02-1967]

8 Se vogliamo lavorare, una sola è la strada: io e lui, lui ed io. Parlo con lui, vado da lui, converso con lui, tratto con lui e cerco di piacere a lui, e poi in mezzo agli uomini possiamo essere brillanti, sereni, moderni del duemila, a cavallo, in macchina, in aereo, alla radio, alla televisione... ma con lui e per lui. “In ipso et per ipsum”! Sì, caro Raffaele mio: questa è la strada, e questo lo dico anche per i cristiani. Quante volte i cristiani lavorano per motivi umani: quando arriveranno in Paradiso, non troveranno niente...
Punto, e andiamo avanti! Avete obiezioni da fare su questi argomenti? Qualcuno ha da domandare qualcosa? Niente? Volevo fare dialogo. Ruggero? Tu, don Erasmo? Siete d’accordo su tutte queste cose? In confessionale bisogna credere a quello che i penitenti dicono, come: “A me qualche volta verrebbe la voglia di uccidermi...”. E poiché il nostro scopo è la carità, il nostro emblema è la carità, la bontà, se abbiamo bontà con tutti, dobbiamo averla anche con una creatura che attraversa una situazione difficile e dirle una parolina buona. È naturale che quella dica: “Ecco, solo lei mi dice parole buone, solo lei mi capisce...”. Una parola buona la si dice, uno che ha capito il problema dice: “Senta, anima di Dio...”, e cerca di portarla subito a offrire la croce al Signore. “Crede che la vita sia senza croci? Crede che la vita sia...”. Quando si comincia a parlare di questo pane biscotto , subito si va al concreto, cioè al Cristo, ma questo lo si fa se uno ha Cristo presente. Subito si vede Cristo crocifisso vicino e si dice: “Senta, è vero quello che dice, e io capisco; però si ricordi che la vita è fatta così... Questa è la realtà... La scuola più bella e più grande per lei è questa. Guardi che siamo cristiani e lei è qui inginocchiata per confessarsi, perché è cristiana, e si ricordi che il Cristo lo vediamo sempre così, crocifisso...”. Se si comincia a parlare così non ci si attacca neanche per sogno! Ormai sono ventisette anni che sono prete, e ho un po’ di esperienza. E, allora, se è una creatura che vuol salire, continuerà a venire, e ‘Deo gratias’, e allora si continuerà a fare direzione spirituale; se invece questa creatura va cercando nel confessionale l’uomo perché nel mondo non ha il moroso e cerca un uomo nel confessionale, allora quella non viene più, e ‘Deo gratias”! È vero o no? Per forza, per forza! Questo vale non solo per il confessionale, ma anche al di fuori del confessionale. Queste creature che vengono in cerca di sentimento, devono sentire che l’uomo di Dio non è soltanto un uomo, ma che è un uomo di Dio. E allora se cercano Dio torneranno ancora da voi, ma se cercano l’uomo, andranno a finire da qualche altra parte, ma non da voi. L’importante è questo: bisogna che sentano in voi l’odore di Dio, l’odore dell’uomo di Dio, non del sentimentalone, della signorina, del signorino; devono sentire nella semplicità, nella signorilità e nell’austerità l’uomo di Dio. E allora, se onestamente vanno cercando Dio, presto o tardi tornano; se invece non vanno cercando Dio è preferibile che vadano da un’altra parte. L’errore è lì, è lì, è lì... L’errore è questo! “Ma, allora, è un disastro!”, si potrebbe obiettare. No, no, si tratta solo che ci si sforzi di mettersi in meditazione. Per esempio, è fondamentale mettersi davanti al tabernacolo e parlare con il Signore, creare con il Signore il dialogo, l’unione, la fraternità, per cui quando si parla con queste persone il Signore che è dentro di noi, dice: “Sta’ attento, sta’ attento al cuore!”. “Signore, hai ragione: bruumm”. “Sta’ attento, sta’ attento”. Il Signore fa come la mamma che mi diceva: “Ottorino, sta’ attento. Non toccare lì, non toccare lì...”.

APOSTOLO chi è

l’

apostolo

APOSTOLO attivismo

GRAZIA Confessione

PASTORALE

FORMAZIONE direzione spirituale

CONSACRAZIONE verginità

APOSTOLO uomo di Dio

APOSTOLO uomo

DIO profumo di...

EUCARISTIA tabernacolo

PREGHIERA unione personale con Dio

Il riferimento è ai protagonisti principali di “I promessi sposi” di A. Manzoni, libro molto caro a don Ottorino.

MI145,9 [21-02-1967]

9 Si presenta una signorina, una dello stampo che abbiamo prima indicato, e si presenta, per esempio, a don Luigi: “Sa, don Luigi.... Oh, che bei fiori! Oh, che bello qua, che bello là...”. Tu senti già il cuore che batte, ma subito il Signore ti richiama: “Don Luigi, attento!”. Se sei abituato ad avere il Signore presente, se lo hai presente, ti dà uno di quegli scapaccioni in quel momento che ti sveglia immediatamente. Ma deve essere presente; e anche se non viene al momento, appena vai in chiesa ti dice: “Ah, bravo, don Luigi! Tutte le meditazioni che hai fatto ai ragazzi, le belle predichette che hai fatto... e tu sei stato con la signorina mezz’oretta! Ti ho lasciato là apposta, sono rimasto nascosto per vedere quello che facevi...”. E don Luigi: “Signore, hai ragione: non lo farò più!”. Nel pomeriggio capita un’altra volta! Ma, intanto, ma intanto... Se c’è questa abitudine si può resistere e vincere.
Qualcuno fa il sorrisetto sotto i baffi: “A me questo non capita!”. Figlioli, capiterà a tutti, più o meno, in una forma o in un’altra o in quest’altra. Ma se voi vi abituate a parlare con il Signore, se cercate di piacere al Signore, non abbiate paura. Sembra la cosa più difficile ed è la cosa più facile: quando voi vi siete incontrati con Cristo e vi siete innamorati di Cristo diventa la cosa più facile. Per un giovane è una cosa difficile mantenersi puro, ma quando il giovane è sposato, è la cosa più facile perché deve pensare alla nuova famiglia. Domandate a Lorenzo Tramaglino: ha la sua Lucia e non si permette tante storie. Fondamentale è incontrarsi con Cristo, e Cristo vale ben più di una donna! Inoltre c’è il vantaggio che Cristo ti è sempre vicino e ti vede dentro nel cuore. Con le persone puoi imbrogliare un pochino di giorno e di notte, puoi imbrogliare con il pensiero, ma con Cristo non è possibile perché se ti sei incontrato sul serio con lui, ti segue di giorno e di notte e non puoi imbrogliarlo; ma, nello stesso tempo, è l’unico che ti comprende, l’unico che ti capisce, l’unico che sa sopportarti, che sa correggerti e che sa darti una mano.

CREATO

APOSTOLO uomo

VIRTÙ

prudenza

CONSACRAZIONE verginità

DIO rapporto personale

GESÙ

centro

GESÙ

incontro personale

GESÙ

La “cura del sole” è una delle espressioni forti e tipiche di don Ottorino, con la quale voleva trasmettere ai suoi Religiosi la convinzione che è fondamentale per una solida spiritualità fermarsi a lungo davanti al Signore Gesù presente nel tabernacolo e restare in intima unione con lui e in amorosa contemplazione.

Nel testo registrato si ascoltano, a questo punto, commenti e voci un po’ confuse.

Il testo registrato è lacunoso nella parte finale per cui le ultime parole non sono intelligibili.

MI145,10 [21-02-1967]

10 L’apostolato è una cosa meravigliosa, è una cosa difficile ed è una cosa facile: è facile e meraviglioso soltanto quando l’apostolo si è incontrato con lui, quando è preoccupato di vivere con lui. Se l’apostolo finisce per fare quattro pratiche di pietà alla buona, soltanto perché bisogna farle, a un dato momento, diventa un funzionario, si umanizza. Bisogna che vi fermiate proprio davanti a Dio, bisogna fermarsi in chiesa, come abbiamo fatto tante volte con la famosa cura del sole magari un minuto, non interessa tanto, ma che io parli con lui, che io stia lì e che parli con il Signore!
Abituatevi a fare questo al mattino quando vi alzate e poi in due o tre momenti della giornata: io parlo con lui e sento che lui mi guarda, che lui mi segue, che lui mi accompagna e che lavoro per lui. Quando l’apostolo è in questo contatto, anche se fa qualche errore, si rialza, non abbiate paura, si rialza! E qualche volta, magari, il Signore permette anche qualche mezzo errore perché questa creatura che, magari, era un po’ superbetta e credeva di essere chissà che cosa, abbassi la fronte dinanzi al Signore. Io non mi spavento degli errori; mi spavento soltanto della superbia, mi spavento quando uno non vuole mettersi dinanzi al Signore, quando uno crede di essere lui quello che fa tutto e allora casca il palco. Gratias agimus tibi, Domine, quia...

PASTORALE

APOSTOLO attivismo

EUCARISTIA cura del sole

DIO rapporto personale

VIRTÙ

umiltà